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La discrezionalità tecnica

INDISPONIBILITA’ DEL TRIBUTO, FUNZIONE AMMINISTRATIVA E TRANSAZIONE FISCALE

3. La discrezionalità tecnica

L’aver correttamente individuato l’essenza del potere discrezionale e, conseguentemente, il punto di discrimine rispetto alla funzione vincolata e, ancora, l’aver già esaminato il concetto di norma imprecisa o elastica con i problemi che ne sono derivati, consente di fare un ulteriore passo in avanti nell’analisi introducendo il concetto di discrezionalità tecnica.

Come in parte già anticipato, nonostante il comune sostantivo, tale figura seppur spesso e volentieri venga messa in contrapposizione alla discrezionalità amministrativa poc’anzi analizzata (in simili contesti anche detta “pura” ai fini classificatori) in realtà non ha alcuno dei connotati tipici della funzione assunta a confronto318.

Prima di approfondire l’analisi, è bene premettere come la stessa esistenza della categoria sia stata da sempre319 fortemente osteggiata dalla dottrina di gran

317 Cfr. B. GIUSEPPE, voce Discrezionalità (Dritto Amministrativo), cit., 8 e ss., per il quale: “questi tre aspetti della discrezionalità possono presentarsi singolarmente; ma può essere che si presentino in coppia, e può ben avvenire che un atto si atteggi come discrezionale con riguardo all’an, al quid e al quomodo. E’ questo un problema che non può porsi in via teorica, ma facendo attenzione alle norme che regolano l’atto stesso essendo rimesso al legislatore di stabilire se in una determinata fattispecie sia più opportuno configurare come vincolati o come discrezionali certi elementi”.

318 Cfr. E. PRESUTTI, Discrezionalità pura e discrezionalità tecnica, cit., 46, il quale, nonostante le critiche rivolte, come evidenziato nella nota successiva, alla esistenza della categoria, cionondimeno rileva come non via sia una ontologica differenza fra le due figure, in quanto entrambe producenti lo stesso effetto giuridico (la insindacabilità dell’operato dall’Amministrazione): “il che vuol dire che in altro, come già fu accennato, sta il criterio di distinzione fra discrezionalità pure e discrezionalità tecnica, e cioè, che nell’un caso per giudicare della conformità dell’atto, al diritto obiettivo manca il termine di confronto tacendo la norma giuridica, mentre nell’altro caso il termine di confronto vi è, ma è interdetto al giudice di farlo nei punti, in cui ha luogo discrezionalità tecnica”. Ed invero, la posizione dell’illustre Autore risulta comprensibile solo muovendo da due premesse: i) in primo luogo, la circostanza che per egli il nucleo della discrezionalità sarebbe consistito nel solo momento intellettivo e non anche in quello valutativo ciò che, effettivamente, porta ad avvicinare le due figure; ii) in secondo luogo, la circostanza che lo stesso (Autore), al pari della dottrina maggioritaria del tempo, muove dalla assoluta incensurabilità della discrezionalità tecnica in sede di cognizione di legittimità.

319 Critiche alla nozione ed alla valenza sostanziale della categoria si rinvengono difatti già a partire dagli inizi dello scorso secolo. Cfr. E. PRESUTTI, discrezionalità pura e discrezionalità tecnica, cit., 20, per il quale: “La discrezionalità tecnica è un istituto contingente, storico, residuo non ancora eliminato, ma che tende a restringersi sempre più, di un ordinamento giuridico di altri tempi. Esso invero è l’ultimo, ineliminato residuo dei grandi, estesi ed incontrollati poteri, che dovette arrogarsi il potere regio nel così detto Stato di polizia per por fine al regime feudale”. In

lunga maggioritaria, finendo per essere definita finanche un errore storico o comunque un istituto privo di alcuna vera rilevanza.

Ed invero, il motivo di fondo alla base di una simile posizione pare per lo più riconducibile non già alla valenza definitoria della categoria, quanto e piuttosto alle conseguenze che, soprattutto in via giurisprudenziale320, venivano ricollegate al suo riconoscimento.

Per ciò che, una volta che il discorso venga legittimamente321 epurato dalle stesse (conseguenze) e che quindi, come verrà anche meglio messo in luce nel prosieguo, alla sussistenza della categoria non venga associata l’insindacabilità da parte del giudice delle valutazioni compiute, allora la figura può continuare ad avere una propria ragion d’essere se non altro ai fini classificatori ed anzi, può rappresentare un valido strumento per effettuare quella necessaria opera di limatura del confine tra esercizio di una funzione discrezionale ed esercizio di una funzione vincolata.

Tanto premesso, nel suo nucleo forte la discrezionalità tecnica si manifesta tutte le volte in cui, ai fini dell’attuazione della norma, siano necessari accertamenti nell’ambito di un determinato procedimento amministrativo che richiedano una complessa attività accertativa nell’apprezzamento del fatto o nella

senso analogo, seppur muovendo da premesse, tanto in ordine all’essenza della discrezionalità tecnica, quanto in ordine alla sua sindacabilità, del tutto opposte si esprime anche F. CAMMEO, La competenza di legittimità della IV sezione e l’apprezzamento dei fatti valutabili secondo criteri tecnici, cit., 276 e ss..

320 Ed è infatti noto come al ricorrere della discrezionalità tecnica, veniva tradizionalmente associata l’insindacabilità, da parte del giudice, delle questioni tecniche complesse, Per ciò che la tutela giurisdizionale veniva limitata o addirittura esclusa per la difficoltà di sindacare la valutazione tecnica dell’Amministrazione. Cfr., per l’impostazione più risalente, E. PRESUTTI, ult. op. cit., 30 e ss., mentre, per l’impostazione più recente, P. LAZZARA, Discrezionalità tecnica e situazione giuridiche complesse, cit., 221 e ss..

321 Sebbene non del tutto pacifica, la dottrina più recente e di gran lunga maggioritaria, attraverso uno sforzo concettuale di non poco momento proteso ed evidenziare la carenza del momento volitivo e, quindi, del concreto apprezzamento dell’interesse pubblico, nelle ipotesi di discrezionalità tecnica, tende ormai a riconoscere la piena sindacabilità delle valutazioni operate dall’Amministrazione. In questo senso, per tutti si v.: V. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità, cit., 485 e ss.; P. LAZZARA, Discrezionalità tecnica e situazioni giuridiche soggettive, cit., 229 e ss.; S.BACCARINI, Giudice amministrativo e discrezionalità tecnica, in Dir. Proc. Amm., 2001, 80 e ss.; N. PAOLANTONIO, Il sindacato di legittimità sul provvedimento amministrativo, Padova, 2000, 344 e ss.; F.CINTOLI, voce Discrezionalità tecnica, cit., 482 e ss.. F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, Milano, 2008, 1359.

qualificazione della fattispecie, a sua volta riferentesi a particolari conoscenze scientifiche o, più in generale, tratte dalle varie discipline umane.

A tal fine, quasi in un’ottica circolare, parrebbe riassumere rilevanza la precisione/imprecisione o elasticità/anelasticità della fattispecie, in quanto nell’applicazione della norma imprecisa spesso e volentieri vi sarebbe la fusione di due momenti, di interpretazione ed integrazione tecnica, per giungere alla comprensione dell’effettivo significato e, quindi, alla sua applicazione322

In un simile contesto, l’opinabilità o meno del risultato cui si perviene dipende ovviamente dal grado di certezza, maggiore nelle scienze esatte e, di converso, minore nelle discipline umanistiche, delle regole scientifiche applicate.

Purtuttavia, la maggiore o minore opinabilità andrebbe situata comunque su di un piano diverso rispetto al momento volitivo dell’agire funzionalizzato e non consentirebbe comunque di rintracciare quella ponderazione di interessi riservata, tipica invero della funzione discrezionale323.

322 P. G. PONTICELLI, voce Merito amministrativo (e giurisdizione di merito), in Enc. Giur., Roma, 1990, 2 e ss.. In termini consimili si v. anche: F. CINTOLI, voce Discrezionalità tecnica, in Enc. Dir., Annali II, Milano, 2008, 474 e ss., il quale definisce la discrezionalità tecnica come: “l’espressione che designa quelle valutazioni amministrative, diverse sia dalla discrezionalità sia dall’attività vincolata, le quali si basano su norme giuridiche recanti concetti indeterminati di carattere tecnico ed opinabile”.

323 Cfr. CAMMEO, La competenza di legittimità della IV sezione e l’apprezzamento dei fatti valutabili secondo criteri tecnici, cit., spec. 278 e 279, l’A., muovendo proprio dalla distinzione tra fatti semplici e fatti complessi afferma, in relazione a questi ultimi: “Il giudizio in questi casi pur essendo più elevato e complesso segue tuttavia delle regole necessaria, quelle che sono dettate deduttivamente dalla buona politica amministrativa, e dalle scienze positive, cui ciascuna specie si riferisce, e queste regole tecniche sono dal precetto di legge, che ad esse si richiama, assunte ad importanza di norme giuridiche. Vi è sempre cioè nella materia dei fatti complessi, non diversamente che in quella dei fatti semplici, un giudizio nel senso logico di quest’espressione: e in entrambi il procedimento psicologico […] attiene alla ragione e non alla volontà ed esclude il concetto di vera discrezionalità, che è procedimento volitivo…”. E’ noto come le posizioni del CAMMEO, siano state criticate, talvolta assumendo anche contorni polemici, dal PRESUTTI per il quale la distinzione tra fatti semplici e fatti complessi sarebbe risultata poco chiara e, ancora : “cosa si vogli comprendere per fatti complessi , non sì intende: il nome non designa la cosa, ciò che sarebbe tanto più necessario in quanto il CAMMEO illustra il suo concetto con esempi, ma non lo definisce […] non si comprende pertanto in che il criterio di distinzione proposto dal CAMMEO

consista, quantunque indubbiamente esiste la distinzione” (PRESUTTI, ult. op. cit., 46 e 47.). Per il PRESUTTI, invero, il criterio distintivo sarebbe risieduto proprio nella maggiore o minore opinabilità del risultato, nel senso di negare la sussistenza di qualsivoglia tipo di discrezionalità, allorquando il giudizio di valore si fosse potuto estrinsecare nella coppia esistenza-inesistenza di un determinato fatto. Viceversa, nel caso in cui il giudizio di valore avesse implicato anche la determinazione del grado o della misura di esistenza di quello stesso fatto, allora si sarebbe stato in presenza proprio dinanzi alla figura della discrezionalità tecnica.

Appare dunque considerevole la distanza fra i due Autori, la quale (distanza) può essere compresa ancora una volta solo rammentando il diverso ruolo che l’elemento volitivo, centrale nel CAMMEO, assolutamente residuale nel PRESUTTI, assume ai fini della funzione discrezionale. Ed infatti, se al

Detto altrimenti, pur allorquando l’accertamento o la qualificazione della fattispecie risulterà particolarmente complessa, cionondimeno questo implicherà sempre e solo un’attività intellettiva e non anche volitiva324, giacché in siffatte ipotesi manca alla radice, perché non prevista dalla norma attributiva del potere, la facoltà di scelta tra più soluzioni possibili325; quel che, invece, per quanto detto sino ad ora, connota la discrezionalità amministrativa strictu sensu intesa326.

Se fino a questo punto le distanze fra la discrezionalità tecnica e quella pura potrebbero apparire legittimamente siderali, la dottrina327 più attenta non ha mancato di sottolineare come, in determinate ipotesi, le posizioni tenderebbero a riavvicinarsi se non nelle premesse, quantomeno nelle conseguenze.

Ciò, in particolare, si verificherebbe in due casi.

Il primo caso, quando la valutazione tecnico-scientifica in realtà si saldi inscindibilmente ad una valutazione a carattere politico attinente all’apprezzamento dell’interesse pubblico e, per ciò solo, rimessa dalla legge alla sfera riservata dell’Amministrazione.

momento volitivo non deve essere assegnata un’importanza residuale, è evidente come proprio alla discrezionalità tecnica ove il momento intellettivo raggiunge il suo apice, non possa che essere assegnato un ruolo del tutto consimile a quello della funzione discrezionale pura. Sebbene muova da premesse decisamente diverse, giunge ad un risultato tutto sommato analogo a quello del PRESUTTI soprattutto nel caso di risultato opinabile: G. BARONE, voce Discrezionalità (Diritto amministrativo), cit., 9.

324 Salvo le precisazioni contenute nella nota precedente e nella nota n. 326.

325 Poiché, in realtà, tale scelta e, quindi, tale ponderazione è già stata effettuata a monte dal legislatore.

326 Non può qui essere sottaciuto come in dottrina non siano comunque mancate voci discordanti per le quali, nei casi di valutazioni tecniche, vi sarebbe comunque uno spazio proprio della sfera volitiva.

Secondo siffatte ricostruzioni, in particolare, la discrezionalità tecnica consterebbe di due distinti momenti: i. un primo momento, nel quale l’Amministrazione procede alla qualificazione dei fatti normativamente indicati così individuando, in concreto, l’interesse pubblico tutelato; ii. un secondo, in cui l’Amministrazione effettuerebbe la scelta (momento volitivo) che meglio soddisfa l’interesse tutelato.

Sicché, se il primo momento potrà essere trattato alla stregua di un’attività vincolata, non così il secondo il quale dovrebbe rientrare a pieno titolo, proprio in virtù della presenza dell’apprezzamento dell’interesse pubblico, nella sfera della discrezionalità pura. Su tali posizioni, si v.: N. PAOLANTONIO, Interesse pubblico specifico ed apprezzamenti amministrativi, in Dir. Amm., 1996, 413 e ss..

327 V. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità, cit., 467 e ss..

In questa ipotesi verrebbe quindi a saltare la linea di demarcazione definita poc’anzi in funzione della presenza o assenza del momento volitivo, in quanto parte della valutazione tecnica sarebbe in realtà essa stessa frutto di una scelta328.

Il secondo caso si presenterebbe allorquando, pur a fronte di un’attività che sia pacificamente di natura solo tecnica, cionondimeno questa sia caratterizzata tanto della soggettività assoluta dell’elemento valutativo, per ciò che la soggettività del giudizio sarebbe tale da rendere incontestabile da parte di un terzo il risultato conseguito, quanto da quello della sua irripetibilità, per ciò che il risultato conseguito, scientificamente corretto o meno, per sua natura non consentirebbe una controverifica329.

4. Il rapporto delle categorie concettuali alle specificità del fenomeno