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Discrezionalità e vincolatezza dell’agire funzionalizzato

INDISPONIBILITA’ DEL TRIBUTO, FUNZIONE AMMINISTRATIVA E TRANSAZIONE FISCALE

2. Discrezionalità e vincolatezza dell’agire funzionalizzato

Tanto premesso, si può ora avviare l’analisi muovendo dall’esame dei concetti fondamentali che ci occupano.

Come è stato univocamente rilevato290, in via di primissima battuta il tema della discrezionalità e della vincolatezza del potere amministrativo è sempre stato studiato ponendo in netta contrapposizione le due figure, nel senso quindi di una reciproca escludenza.

In un simile contesto, la figura che ha sempre ricevuto maggiori attenzioni dottrinali, per motivazioni storiche, ideologiche e pragmatiche291, è stata la prima e non anche la seconda.

Per ciò che, la figura della discrezionalità ha per così dire una duplice funzione.

288 E’ qui evidente il richiamo alla dottrina dei privilegia fisci sulla quale si v. retro nota n. 180.

289 Ciò, peraltro, parrebbe tanto più vero nella misura in cui si ponga in luce la circostanza per la quale la predetta assunzione, la specialità del diritto tributario, è sempre stata utilizzata per impedire, da un lato, una parificazione fra l’obbligazione tributaria e quella di diritto privato e, dall’altro, per giustificare il trattamento potiore riconosciuto al credito erariale rispetto a quello comune.

Ma se così è, allora il minimo comun denominatore fra le due necessità cui la specialità funge da condizione derogatoria, è riconducibile pur sempre all’esigenza di distinguere i connotati di una funzione pubblica, quella tributaria, rispetto all’agire dei privati e non certo quella di distinguere differenti funzioni pubbliche le quali, pur se certamente connotate da specificità le une con le altre, rappresentano pur sempre species del più ampio genus afferente al diritto pubblico.

290 L’affermazione è a tal punto pacifica da essere ripresa da tutti gli Autori menzionati nel presente paragrafo.

In primo luogo, quale specifica tipologia di funzione connotata da tratti peculiari e distintivi al cui ricorrere l’ordinamento, prima, e la dottrina poi, ricollega una pluralità di conseguenze quali l’individuazione della posizione in capo al privato in rapporto all’atto espressione della funzione, la selezione dell’organo giudiziario competente ai fini della giustiziabilità della stessa, la concreta geometria che il vaglio giurisdizionale può assumere e così via292.

In secondo luogo, funge da termine di confronto, da discrimine, per distinguere tutto quello che non è esercizio di una funzione discrezionale.

Cosicché, l’attività vincolata è da sempre stata individuata per sottrazione (o, se si preferisce, per differenza), fermi restando gli spazi da riconoscersi al merito amministrativo e alla c.d. discrezionalità tecnica, rispetto all’attività discrezionale. Ciò posto, e volgendo lo sguardo all’esperienza maturata dalla dottrina amministrativistica, l’essenza della funzione discrezionale è sempre stata interpretata secondo una secca diversità di fondo293.

Tale diversità di vedute, parrebbe in buona sostanza riconducibile al diverso ruolo che si intenda assegnare alla sfera volitiva dell’Amministrazione e, quindi, al diverso modo di intendere la produzione degli effetti giuridici per il tramite dell’atto.

Più nel dettaglio, secondo le elaborazioni tradizionali meno recenti, il nucleo della discrezionalità sarebbe consistito nella espressione di un’attività meramente giuridico-intellettiva, non assumendo ruolo alcuno le modalità di determinazione successive da parte dell’Amministrazione.

Detto altrimenti, il potere discrezionale veniva riconosciuto tutte le volte in cui la formulazione della norma si presentasse elastica, imprecisa ovvero

292 Ed invero, è necessario premettere sin d’ora come ciascuno degli esempi fatti potrebbe in realtà apparire come il frutto dell’adozione di un modello concettuale a monte su altri e diversi temi quali il modo di intendere il riparto giurisdizionale nel nostro ordinamento, il modo di intendere la categoria dell’interesse legittimo rispetto al diritto soggettivo, il modo di intendere i rapporti tra l’atto vincolato e quello discrezionale. Ora, per quanto tali opzioni dovranno sicuramente essere effettuate nel corso della presente sezione, cionondimeno per il momento gli esempi riportati vogliono essere intesi come mera esemplificazione delle ricadute sistematiche, pacificamente presenti sebbene con declinazioni talvolta differenti, a seconda che si approcci una funzione vincolata da una discrezionale.

293 Per una ricostruzione, anche in chiave storica del dibattito dottrinale formatosi sul tema si v., tra gli altri: L. BENVENUTI, La discrezionalità amministrativa, Padova, 1986, 109 e ss.; F.LEDDA, Potere, tecnica e sindacato giudiziario sull’amministrazione pubblica, in Dir. Proc. Amm., 1983, 371 e ss..

imperfetta294. Per ciò che, la discrezionalità altro non si sarebbe dovuta tradurre che nell’attività di doverosa integrazione interpretativa295 da parte dell’Amministrazione di tutto ciò che non fosse stato espressamente previsto dalla legge, onde applicare la regola al caso concreto296.

Pur nella copiosità delle elaborazioni proposte, le critiche che nel corso del tempo sono state mosse ad una simile impostazione sembrerebbero riconducibili a tre schemi concettuali di fondo.

In primo luogo, la circostanza che così argomentando, si finisca per confondere il concetto di esercizio del potere discrezionale con quello di interpretazione integrativa, non residuando alcun vero margine per apprezzare la scelta compiuta dall’Amministrazione297.

294 Ed invero, negli anni è stata proposta un’ulteriore sfumatura di siffatto modello, per la quale l’essenza della funzione discrezionale si sarebbe condensata in due elementi: “in primo luogo, il carattere funzionale del potere (intendendo il termine “funzione” in quello dei suoi significati con cui si esprime il collegamento del potere con interessi non propri del soggetto agente, potere che perciò assume il carattere di munus), da cui deriva l’obbligo che il suo esercizio si effettui in modo da soddisfare la funzione. In secondo luogo la mancanza o la incompletezza delle predisposizioni normative relative ai comportamenti da seguire per soddisfare nei singoli casi gli interessi per cui il potere è conferito, con la conseguente esigenza che l’agente ricerchi altre predisposizioni regolative dei rapporti cui dà vita, tali da far giungere ad una decisione idonea nel caso concreto a soddisfare l’interesse avuto di mira”. Sicché, in questa prospettiva, aggiunge l’Autore, la discrezionalità sarebbe quindi caratterizzata da una natura ibrida, in quanto per n verso vincolata dalla funzione e, per altro verso, libera nella ricerca dei mezzi attraverso cui essa funzione può trovare soddisfazione. C. MORTATI, voce Discrezionalità, in Noviss. Dig., Torino, 1962, 1100 e ss.. Per un approfondimento del concetto di “norma elastica” con specifico riferimento al settore tributario, si v.: G. ZINGALI, L’elasticità della norma e la discrezionalità dell’amministrazione nel campo tributario, in Dir. e Prat. Trib., 1960, 3 e ss..

295 Ai fini dell’attività integrativa, dipoi, secondo taluni Autori ed in funzione del caso concreto, sarebbero state valevoli anche le regole sociali o le massime di esperienza in quanto il problema non sarebbe consistito nel: “dimostrare l’esistenza di queste ultime, o la loro rilevanza per il diritto positivo, bensì l’altro consistente nell’individuare la specie di tale rilevanza. Problema che può essere collegato all’altro più generale relativo ai casi di rinvio a norme di altri ordinamenti, e per cui si presentano le stesse difficoltà che quest’ultimo solleva. Non sembra sussistano serie ragioni per giungere a differenziare i due casi, non apparendo a ciò valida la circostanza che le regole sociali, a differenza delle altre, non sono ricollegabili ad un ordinamento giuridico”. C. MORTATI, ult. op. cit., 1104.

296 Come autorevoli esponenti di questa impostazione, tra gli altri, si v.: O RANELLETTI, Principi di diritto amministrativo, I, Napoli, 1912, 131 e ss.; E PRESUTTI, Discrezionalità pura e discrezionalità tecnica, in Giur. It.,, 1910, IV, 10 e ss.. E. CASETTA, Attività e atto amministrativo, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 1957, 307 e ss.; F. LEVI, L’attività conoscitiva della pubblica amministrazione, Torino, 1967, 267 e ss..

297 P. LAZZARA, , Discrezionalità tecnica e situazioni giuridiche soggettive, in Dir. Proc. Amm., 2000, 230 e ss..

In secondo luogo, e sempre sulla stessa falsariga, si rileva298 come in quest’ottica risulterebbe del tutto impossibile distinguere la vera funzione discrezionale da altra e differente funzione, di cui con la prima condivide solo il nome, rappresentata dalla discrezionalità tecnica ed avente, una volta assunta la sua esistenza, profili genetici e strutturali radicalmente diversi299.

In terzo ed ultimo luogo, e secondo un percorso argomentativo che risulterà per certi versi dirimente allorquando si confronteranno i risultati della ricerca con l’istituto oggetto d’indagine, è stato acutamente rilevato come in realtà seguendo l’opzione argomentativa oggetto di critica verrebbe meno la stessa valenza della categoria e, quindi, la sua natura discretiva rispetto ad altre funzioni che discrezionali non sono.

Maggiormente nel dettaglio, fra le due premesse del ragionamento, quella maggiore (formulazione imprecisa) e quella minore (presenza di una funzione discrezionale) sarebbe impossibile predicare un rapporto di reciproca interdipendenza o di coessenzialità300.

Detto altrimenti, non tutte le volte in cui la norma si presenti imprecisa ne deriverebbe l’attribuzione di un potere discrezionale e viceversa. Ed anzi, accadrebbe spesso che norme a carattere impreciso, elastico o indefinito, nascondano invero non un momento di discrezionalità della fattispecie, bensì soltanto un’attività, più articolata e complessa che in altri casi, di mera attuazione della legge e, quindi, una fattispecie vincolata301.

Sul frangente opposto, a partire dalle storiche intuizioni del GIANNINI302,si è collocata la dottrina maggioritaria303, per la quale l’essenza dell’esercizio del

298 Cfr. M. S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Milano, 1939, 66 e ss., per l’Autore, difatti: “questa formula generica si presta a molti equivoci, in quanto il completamento soggettivo di norme da applicare al caso concreto ricorre in altre figure giuridiche, come l’interpretazione, l’integrazione, certe formule di elaborazione interpretativa, di ricognizione della norma, di accertamento del fatto della norma, la deduzione di effetti giuridici, la discrezionalità tecnica, ecc.”.

299 Si rinvia al paragrafo successivo per l’esame della figura, cfr. infra Cap. II, Sez. II, par. 3.

300 Il rilievo è evidenziato da: V. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità, in Dir. Proc. Amm., IV, 1984, 495 e ss

301 In termini analoghi si v., altresì: F. LEDDA, Potere, tecnica e sindacato giudiziario sull’amministrazione pubblica, cit., 386 e ss..

302 Vi è infatti unanimità di vedute su come si debba proprio al GIANNINI la costruzione teorica più moderna e che ha goduto, e tutt’ora continua a godere, del più ampio seguito.

potere discrezionale non può essere ricondotta alla mera sfera intellettiva dell’integrazione, dovendosi altresì positivamente valorizzare il frangente volitivo della scelta compiuta dall’Amministrazione.

Detto altrimenti, la funzione discrezionale diviene allora sintesi tra giudizio e volontà304, quale ponderazione comparativa di interessi contrapposti, quello primario e quelli secondari305, funzionalmente orientata alla miglior cura dell’interesse pubblico306.

In questo senso, tale funzione risulterebbe caratterizzata da un primo momento di natura intellettiva307, al cui interno si condenserebbero il reperimento ed il 303 Oltre alla monografia già citata del GIANNINI, fra gli altri si v., sebbene con sfaccettature talvolta differenti: A. PIRAS, voce Discrezionalità Amministrativa, in Enc. Dir., XIII, Milano, 1964, 22 e ss.; V. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità, cit., 463 e ss.; G. BARONE, voce Discrezionalità (Diritto Amministrativo), in Enc. Giur., XIII, Roma, 1989, 2 e ss; A. PUBUSA, voce Merito e discrezionalità amministrativa, in Dig. Disc. Pubbl., Torino, 1994, 1 e ss.; P.LAZZARA, Discrezionalità tecnica e situazioni giuridiche soggettive, cit., 212 e ss.; ID., voce Discrezionalità tecnica, in Noviss. Dig., 2010, 4 e ss.; F. G. SCOCA, La discrezionalità nel pensiero del Giannini e nella dottrina successiva, in Riv. Trim. Dir. Pubb., 2000, 1045 e ss.. Riferimenti al rilevo del momento volitivo, sono peraltro già rinvenibili in F. CAMMEO, La competenza di legittimità della IV sezione e l’apprezzamento dei fatti valutabili secondo criteri tecnici, in Giur. It., III, 1902, 276 e ss..

304 M. S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, cit., 71 e ss., per il quale: “L’apprezzamento politico della discrezionalità consiste pertanto in una comparazione qualitativa e quantitativa degli interessi pubblici e privati che concorrono in una situazione sociale soggettiva, in modo che ciascuno venga soddisfatto secondo il valore che l’autorità ritiene abbia nella fattispecie”.

305 Vengono definiti interesse primario, l’interesse pubblico di cui sia portatore l’Amministrazione agente, ed interessi secondari gli interessi dei privati che possono essere astrattamente incisi nell’esercizio del potere volto alla cura del primo e che quindi si situano in conflitto con lo stesso.

306 Ed è infatti dato ormai acquisito dall’esperienza scientifica che la libertà nell’esercizio del potere non sia in alcun modo attributo della funzione discrezionale. Ed infatti, quantunque la funzione sia discrezionale, questa non potrà mai dirsi libera perché sarà sempre vincolata nel suo fine ultimo, nel senso che qualunque scelta compiuta dovrà pur sempre essere orientata alla miglior cura di quello specifico interesse pubblico per la cui cura il potere è stato attribuito. Sicché, da un punto di vista teleologico, tutte le funzioni amministrative potrebbero essere dette vincolata al perseguimento di un pubblico interesse. Cfr. M. S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, cit., 44 e ss..

307 Rileva acutamente G. BARONE, ult. op. cit., 7, come spesso accada che il legislatore non positivizzi (cioè non distingua nettamente) tale elemento rispetto a quello volitivo. Ciò, tuttavia, non implica affatto che tale momento non esista, anzi, sarebbe imposta dalle regole della logica, prima ancora che da regole giuridiche, la circostanza per la quale ad ogni momento volitivo corrisponda sempre un preliminare momento valutativo essendo i due termini della questione avvinti da un legame inscindibile. Proprio la valorizzazione di tale legame, porta quindi ad affermare un’importanza preminente del primo momento a scapito del secondo (comunque presente), per ciò che se l’Autorità nel momento in cui raccoglie e valuta gli elementi gode di una certa libertà, nel senso che può attribuire un maggiore o un minore peso ad un elemento piuttosto che ad un altro, ciò vuol anche dire che: “quando la valutazione si è esaurita, si è per così dire cristallizzata, il provvedimento da adottare apparirà uno ed uno solo e l’amministrazione potrà volere solo quello. Di conseguenza il momento volitivo non costituisce esercizio del potere discrezionale, giacché esso è vincolato ad una precedente valutazione”.

giudizio dei vari interessi secondari in relazione al primario e, altresì, da un secondo momento di natura volitiva, cioè di disposizione e quindi di scelta, tra più soluzioni possibili308, sulla base dei risultati del primo.

Ed allora, proprio in virtù della valorizzazione del profilo volitivo, la funzione discrezionale diviene individuabile anche in riferimento al modo di prodursi dell’effetto giuridico sotteso all’atto interessato.

Nel senso che si ritiene che gli atti discrezionali siano necessariamente costitutivi degli effetti giuridici e che, viceversa, quegli atti che non siano direttamente costitutivi degli effetti non possano essere detti discrezionali309.

Così definita la funzione discrezionale, è possibile individuare per differenza quella vincolata.

Nella sua accezione più ristretta310 la funzione vincolata altri non è che l’esatto contrario della funzione discrezionale, nel senso che è precluso

308 Cfr. E. CAPACCIOLI, Riserve e collaudo nell’appalto di opere pubbliche, Milano, 1960, 172 e ss., il quale, nella sua messa a confronto fra discrezionalità privata e discrezionalità pubblica afferma “ma, come ognun vede, i due fenomeni si differenziano in relazione al divario fra discrezionalità privata e discrezionalità pubblica, quella contrassegnata dalla normatività delle scelte solo che rispondano a volontà spontaneamente determinatesi (entro i noti confini esterni e negativi), questa caratterizzata dalla predeterminazione legislativa degli effetti legittimamente possibili”.

309 E. CAPACCIOLI, Riserve e collaudo nell’appalto di opere pubbliche, cit., 173, nota 64. L’illustre Autore, si mostra in realtà dubbioso circa la seconda conclusione del ragionamento che, invero, si deve al FALSITTA. Per il CAPACCIOLI, difatti, la negazione della natura discrezionale dell’atto nella misura in cui questo non sia direttamente produttivo dell’effetto giuridico sarebbe la legittima conclusione “per saldare il cerchio” ma che, tuttavia “questa ulteriore affermazione può dar luogo a gravi dubbi […] e non è qui il caso di formularla né di soffermarsi sull’argomento”. Come si diceva, “il cerchio” è stato successivamente saldato dal FALSITTA, per il quale, muovendo dalla correttezza della prima affermazione, non ci si potrebbe sottrarre anche alla seconda. Più in particolare, l’A. fonda la propria conclusione sulla base della valorizzazione delle conseguenze che derivano dalla predeterminazione degli effetti dell’atto, per ciò che: “la creatività che è insita nella discrezionalità non consiste, per ciò, nel determinare la nascita di effetti che la norma attributiva del potere non contempla, ma nell’operare una selezione e la scelta tra gli effetti contemplati come astrattamente possibili. Si capisce, allora, perché, sussistendo la discrezionalità, si possa sempre dire che sotto il profilo genetico gli effetti si riportano al provvedimento e non alla legge. Non riesce affatto chiaro, invece, come ciò si possa egualmente sostenere con riguardo al provvedimento totalmente vincolato, perché se la vincolatezza è davvero globale (an, quid, quomodo) manca la pluralità di effetti possibili e il potere di scelta, e l’autorità deve limitarsi a porre in essere la fattispecie necessaria per la nascita dell’unico effetto previsto dalla norma. Qualsiasi elemento di creatività è in tal senso assente e l’effetto si riporta per intero alla norma e non alla fattispecie.” G. FALSITTA, Natura e funzione dell’imposta, con speciale riguardo al fondamento della sua “indisponibilità”, cit., 67, nota 34. Si v. però Contra A. GUIDARA, Indisponibilità del tributo, cit., 154, per il quale anche nelle fattispecie vincolate l’esercizio del potere sarebbe necessario alla produzione dell’effetto giuridico nel senso che, se l’Amministrazione non agisce l’effetto non si produce. Così argomentando l’A. riporta quindi la genetica dell’effetto non alla norma, bensì all’atto, seppur dovuto, posto in essere dall’Amministrazione.

all’Amministrazione anche solo il reperimento di interessi diversi rispetto al primario, non residuando quindi alcuno spazio per ponderazioni di sorta.

Detto altrimenti, l’Amministrazione oltre ad essere obbligata nel fine è, altresì, obbligata nel volere, nel senso di non poter esercitare, una volta verificata la sussumibilità del caso concreto nella fattispecie generale ed astratta, alcuna tipologia di scelta, divenendo l’applicazione della fattispecie un atto dovuto.

Se tale è il piano dei rapporti tra le due figure sul fronte formale, più complicato diviene quello materiale.

Ed infatti, l’aver distinto così nettamente la funzione discrezionale da quella vincolata, può portare all’idea che allorquando si sia in presenza di una figura, vi sia la necessaria assenza della seconda.

Ed invero, l’affermazione si presenta come corretta soltanto in parte, essendo dato acquisito all’esperienza scientifica l’impossibilità di ridurre in maniera semplicistica, sul piano della concreta attuazione, il rapporto tra le due figure.

Detto altrimenti, se è vero che la discrezionalità è l’opposto della vincolatezza, allo stesso tempo, pur allorquando si sia in presenza di una fattispecie discrezionale, ciò non vuol dire che tale sia l’attributo necessario dell’intero potere esercitato311.

Tale affermazione, peraltro, si situerebbe su di una latitudine diversa rispetto alla dottrina dell’atto complesso312, assumendo una valenza più generale.

Più nel dettaglio, da un punto di vista attuativo, ove si sia in presenza di un potere discrezionale, ciò implica che la legge si limiti a disciplinare solo alcuni elementi della fattispecie313 al di là dei quali il potere, fermo restando quanto già 310 In quanto si è già visto (cfr. retro nota n. 306), come in una prospettiva teleologica, e quindi in un’accezione più ampia, anche le attività discrezionali possano essere dette vincolate nel fine. Tanto è vero alcuni illustri Autori, quali il CAPACCIOLI, alla tradizionale distinzione attività vincolata ed attività discrezionale, sostituiscono la distinzione tra, rispettivamente, attività vincolata nel merito ed attività vincolata nel fine (Cfr. E. CAPACCIOLI, disciplina del commercio e processo amministrativo, in Studi in memoria di E. Gucciardi, I, Padova, 1978, 301 e ss.). La possibilità di aversi una doppia accezione del termine, ampia e ristretta, è magistralmente messa in luce da A. GUIDARA, Indisponibilità del tributo, cit., 154.

311 V. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità, cit., 475.

312 Cfr. G. BARONE, ult. op. cit., 2 e ss.

313 Cfr. V. CERULLI IRELLI, ult. op. cit., 480, ove l’A. riporta gli esempi degli adempimenti procedurali, dei termini e delle condizioni di fatto o di diritto da accertare come presupposti per l’esercizio del potere.

argomentato in ordine all’insufficienza della mera imprecisione della norma per fondare una funzione discrezionale314, si può estrinsecare senza ulteriori vincoli.

Quanto sopra, anche solo in via meramente logica, implica che, in riferimento agli elementi della fattispecie del potere individuati dalla norma, in realtà non sia