4. L’equity-based crowdfunding
4.5 Criticità della normativa sull’equity-based crowdfunding e prospettive future
Pur dovendosi senz’altro apprezzare lo sforzo compiuto dalla Consob per trovare un equilibrio tra le istanze di flessibilità della cornice regolatoria proveniente da un’industria nascente, da un lato, e le esigenze di tutela del pubblico risparmio dalle insidie di un mercato dai confini oggi inediti e nebulosi, dall’altro, permangono alcune criticità, principalmente legate ad alcune scelte a suo tempo compiute dal Governo nella stesura del Decreto crescita bis, che meritano di essere segnalate.
95 Innanzitutto, la disciplina nazionale del crowdfunding si caratterizza attualmente come uno strumento eccezionale, utilizzabile da una platea circoscritta di beneficiari. L’appello al pubblico risparmio attraverso portali
online è, infatti, esclusivamente rivolto alla raccolta di capitali in favore di start up innovative che presentano gli stringenti requisiti fissati dal Decreto
crescita bis, mentre non è utilizzabile dalla generalità delle imprese e neppure dalla generalità delle start up. La razionalità della scelta del legislatore di limitare l’ambito applicativo della disciplina alle sole start up innovative, impedendo che anche altre realtà possano accedere a questa particolare ed innovativa forma di finanziamento, sfugge per più ragioni. In particolare:
a) non si capisce perché solo tali società possano attingere a questa forma di finanziamento e non sia, invece, indiscriminatamente accessibile;
b) per la rischiosità di gran lunga più elevata delle imprese in fase di
start up, a maggior ragione in un ambito, quello delle tecnologie
innovative, caratterizzato da un’intrinseca ed elevata incertezza sul raggiungimento dei risultati attesi.
Nel motivare l’impossibilità di allargare l’ambito di applicazione della normativa relativa all’equity crowdfunding ad imprese diverse dalle start
up innovative, la Consob ha richiamato la delega contenuta nel Decreto
crescita bis che sembra escludere tale possibilità, in questo modo trincerandosi dietro un formalismo giuridico sicuramente ineccepibile ma di fatto limitando ab origine molte delle potenzialità che il ricorso a tale forma di raccolta può rappresentare. Pertanto, sul punto è auspicabile, già nel corso del 2014, un’apertura della normativa sull’equity crowdfunding a tutte le tipologie di start up (così come sostanzialmente avvenuto negli
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Stati Uniti77), non limitatamente alle sole start up innovative, magari limitandolo alla platea delle piccole e medie imprese. Solo una tale apertura della normativa potrà portare con sé un aumento davvero importante delle realtà interessate a tale fenomeno.
Alla criticità summenzionata se ne accompagnano inevitabilmente altre inerenti alla mancanza di chiarezza in merito al perimetro della definizione di start up innovativa, ancorata unicamente alla descrizione del relativo oggetto sociale78 (che può essere, tra l’altro, esclusivo o prevalente), e agli stringenti requisiti previsti dalla legislazione italiana per potersi considerare
start up innovativa ed usufruire dei relativi benefici che, di fatto,
disincentivano, al posto di incentivare, l’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle Imprese di tali società. In particolare, si fatica a comprendere come l’innovatività possa essere alternativamente garantita da un certo rapporto tra spese in ricerca e sviluppo rispetto al costo o al valore della produzione (maggiore o uguale al 15%), o dalla presenza di un certo numero di dipendenti o collaboratori che siano dottori di ricerca, dottorandi o laureati, oppure dalla titolarità (o dalla licenza) delle privative industriali e dei diritti di cui all’art. 25, comma 2, lett. h), n. 3, d.l. 179/2012.
Incomprensibile appare, altresì, la scelta di escludere dalla cerchia delle
start up innovative le società costituite mediante “fusione, scissione
societaria o a seguito di cessione di azienda o ramo di azienda” (art. 25, comma 2, lett. g), d.l. cit.). Si può facilmente immaginare che tale disposizione sia stata dettata per scongiurare che operatori economici già esistenti eludano i requisiti prestabiliti e traggano vantaggio dal regime di privilegio temporaneamente accessibile per queste iniziative. Fermo
77 Si noti come proprio l’ambito di applicazione soggettiva dell’istituto rappresenti una delle più rilevanti
differenze con la normativa statunitense, che in uno sforzo teso a sostenere sviluppo ed occupazione, ha concepito l’equity crowdfunding come strumento di sostegno genericamente destinato a piccole imprese commerciali o artigiane.
78 Consistente nello “sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto
valore tecnologico” (art. 25, lettera f), Decreto crescita bis:
97 restando che l’aggiramento di tale divieto non si presenta particolarmente arduo, meno agevole è trovare una giustificazione per la ricaduta di quest’esclusione, la quale impedisce di fatto che questa particolare forma di
crowdfunding possa rappresentare un rimedio alla diffusa e cronica
sottocapitalizzazione delle imprese nostrane.
Non risulta poi condivisibile la scelta di limitare l’offerta tramite portali
online alla raccolta di capitali di rischio (azioni di S.p.a. e quote di S.r.l.),
escludendo la possibilità per le start up di offrire al pubblico strumenti di debito, titoli subordinati e strumenti ibridi non rappresentativi del capitale. Anche questa opzione, se può forse trovare un’apparente giustificazione nel proposito di rafforzare la struttura finanziaria dell’impresa “innovativa” attraverso apporti di equity (senza esporla all’indebitamento), si traduce:
da un lato in un rischio molto più elevato per l’investitore, in quanto con l’equity si diventa soci della start up e si mette in conto il rischio di perdere l’intero capitale investito, data l’alta mortalità delle start
up e l’assenza di dividendi per i primi anni di vita anche quando
vanno bene;
dall’altro in una esclusione dalla cerchia dei potenziali investitori, dei soggetti con preferenze e portafogli finanziari che non contemplano l’investimento a titolo di capitale di rischio.
Un’ulteriore critica può essere mossa alla mancanza di una disciplina relativa alle modalità di successiva compravendita delle partecipazioni o all’eventuale instaurazione di un mercato secondario relativo agli strumenti finanziari offerti, mancanza nuovamente motivata dall’Autorità come conseguenza del fatto che tali fenomeni esulano dalla potestà regolamentare delegata a Consob. In particolare, nella fase di consultazione pubblica l’attenzione di molti commentatori si era concentrata sulla definizione di “offerte”, non essendo chiaro se queste ultime potessero
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avere ad oggetto la sola sottoscrizione delle partecipazioni nelle start up innovative ovvero anche la loro compravendita. Si era da più parti suggerito di prevedere altresì una regolamentazione aggiuntiva relativa alle modalità di successiva compravendita delle partecipazioni e ai compiti e doveri del gestore del portale nell’ambito di tale attività. Le attese legate all’introduzione di una tale disciplina sono, purtroppo, andate deluse.
Per quanto riguarda i dubbi interpretativi in merito alla nozione di “offerta”, secondo quanto argomentato da Consob, non si può fare a meno di osservare come l’art. 100 ter del Testo Unico preveda che la stessa possa avere ad oggetto solo la sottoscrizione di strumenti finanziari emessi da
start up innovative, non comprendendo anche la compravendita degli
stessi. Sul tema è interessante però notare come Consob, nelle valutazioni relative all’articolato contenuto del Regolamento, si preoccupi di chiarire che le attività volte ad agevolare la compravendita tra investitori degli strumenti finanziari oggetto di offerta possono rientrare tra le attività accessorie esercitabili dal gestore del portale online. Via libera, dunque, alla possibilità, almeno teorica, da parte dei gestori dei portali di creare apposite sezioni del proprio sito destinate a fungere da vero marketplace o luogo di incontro tra domanda e offerta dei titoli relativi alle start up innovative. Tuttavia, resta da verificare in concreto quanto questo modello di creazione di un mercato secondario affidato allo stesso gestore della piattaforma online di equity crowdfunding sia la soluzione preferibile o consigliabile o se, al contrario, altre soluzioni debbano essere preferite (quali, ad esempio, la creazione di accordi di partnership da parte del gestore del portale online dedito alla raccolta tramite equity crowdfunding con altri operatori designati a fungere da separato luogo di incontro per la creazione di un mercato secondario). Allo stato attuale, dunque, è di fatto vietato alle start up innovative di negoziare nei mercati organizzati (ad esempio, la Borsa Italiana) i propri strumenti finanziari. Tale divieto, se da
99 un lato “protegge” la società dall’esposizione al mercato e alle sue oscillazioni, dall’altro potrebbe far sì che gli strumenti acquisiti dagli investitori tramite i portali siano poi difficilmente cedibili e, conseguentemente, illiquidi. Da ciò, oltre che la difficoltà per i sottoscrittori di effettuare il disinvestimento, deriva anche la difficoltà di calcolare il reale valore di mercato degli strumenti emessi. Pertanto, chi compra tali strumenti deve essere consapevole del fatto che, accanto al rischio di perdita dell’intero capitale investito, vi è anche il rischio di illiquidità collegato sia al divieto per un primo periodo di essere scambiati su mercati organizzati e sia al fatto che – almeno inizialmente – non esiste un mercato secondario sul quale è possibile effettuare gli scambi una volta che gli strumenti sono stati sottoscritti.
Un’ulteriore critica alla normativa, soprattutto in materia di diritto societario, può essere mossa nei confronti dell’implicita identificazione nella S.r.l. quale veicolo d’elezione per lo svolgimento di attività ad elevato grado d’innovazione. Basti pensare alla deroga al generale divieto per le quote di S.r.l. di costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, previsto dalla normativa sull’equity crowdfunding per le start up innovative costituite in forma di S.r.l. Al riguardo, infatti, vi sono forti dubbi sulla compatibilità della S.r.l. con il mercato dei capitali, essendo tale tipo di società strutturata (a differenza della S.p.A.) per essere partecipata da un ristretto numero di soci, che spesso rivestono anche il ruolo di amministratori79. A titolo esemplificativo, si pensi al diritto previsto in capo ai soci non amministratori delle S.r.l., a prescindere dalla quota di capitale sociale detenuta, di consultare i libri sociali ed, in generale, tutti i
79 Secondo la definizione codicistica (art. 2462), la S.r.l. appartiene al novero delle società chiuse. In
particolare, la S.r.l. è una società di capitali di dimensioni normalmente minori di una S.p.a. dove le partecipazioni dei soci sono rappresentate da quote e non da azioni. Dotata di personalità giuridica è stata concepita per permettere anche a coloro che non dispongono di ingenti capitali di costituire una società con un suo patrimonio totalmente separato da quello dei soci in modo da limitare la loro responsabilità solo a quanto hanno conferito.
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documenti relativi all’amministrazione della società. È chiaro che, laddove tramite lo strumento dell’equity crowdfunding un soggetto (magari un concorrente) possa, con l’esborso di pochi euro, diventare socio di una start
up innovativa in forma di S.r.l., il rischio che lo faccia al fine di consultare
documentazione potenzialmente riservata (soprattutto nell’ambito di società che producono prodotti o servizi innovativi ad alto valore aggiunto) non può essere escluso. In aggiunta a quanto detto, si sommano anche le difficoltà insite nella gestione di una base azionaria allargata, con le connesse implicazioni in tema di corporate governance, e all’apertura del capitale a soggetti poco competenti o consapevoli con cui dover condividere le scelte strategiche.
Infine, pur dovendosi valutare positivamente l’eliminazione della regola contenuta nella precedente bozza di Regolamento posta in consultazione, che prevedeva la possibilità per un’azienda di iniziare la propria raccolta
online solo dopo la preventiva sottoscrizione da parte di investitori
professionali di almeno il 5% degli strumenti finanziari oggetto di offerta80, non si può fare a meno di evidenziare come qualche perplessità desti anche la nuova disposizione. In particolare, la versione finale del Regolamento prevede, quale condizione di perfezionamento dell’offerta sul portale, che una quota almeno pari al 5% degli strumenti finanziari oggetto di offerta sia sottoscritta da investitori professionali o da fondazioni bancarie o incubatori di start up innovative certificati. Se, da un lato, con tale modifica si è inteso ridurre il rischio di ostacolare la raccolta, consentendo la presentazione di offerte al pubblico non ancora sottoscritte da investitori professionali, dall’altro non può non sottolinearsi come la sottoscrizione da parte di investitori professionali potrebbe non realizzarsi affatto,
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Recependo le istanze sollevate da molti operatori in sede di consultazione, secondo cui la prevista condizione di ammissibilità dell’offerta sul portale online avrebbe introdotto una barriera all’utilizzo da parte delle start up innovative dello strumento senza peraltro determinare significativi vantaggi per gli investitori non professionali, la Consob ha modificato tale disposizione configurando la quota riservata agli investitori professionali quale condizione non già di ammissione ma di perfezionamento dell’offerta.
101 vanificando in questo modo l’attività ed i costi della raccolta di capitali tramite equity crowdfunding nel frattempo effettuati. Permangono, inoltre, dubbi sui benefici in termini di garanzia per gli investitori non professionali circa la bontà dell’investimento e sulla concreta possibilità di reperire soggetti professionali disposti a sottoscrivere gli strumenti finanziari oggetto di offerta, in particolar modo se si guarda alla definizione di investitori professionali individuati dalla Consob all’interno del Regolamento. Si fa riferimento ai cosiddetti investitori professionali “di diritto”, come individuati nell’Allegato 3, punto 1, del Regolamento Consob in materia di intermediari (banche, SIM, SGR, imprese di assicurazione, fondi pensione, imprese di grandi dimensioni che soddisfano certi requisiti, ecc.), mentre restano esclusi sia i clienti professionali su richiesta (vale a dire le persone fisiche per le quali siano stati accertati il possesso di specifiche competenze ed esperienze in tema di operazioni finanziarie) che, soprattutto, business angels e venture capitalists, cioè le categorie di soggetti in grado di valutare un’iniziativa imprenditoriale in fase di sviluppo e maggiormente interessate ad investire in start up innovative. Infatti, vista la modesta entità dei capitali raccolti per ogni singolo progetto, gli investitori professionali potrebbero non avere alcun interesse a essere coinvolti in queste operazioni (o a investire risorse per valutarle), impedendone così la realizzabilità.
Alla luce delle criticità appena illustrate, ne risulta un complesso quadro regolatorio che, pur mosso dal lodevole intento di promuovere la reputazione del nuovo istituto, apprestando garanzie di serietà a protezione degli investitori non professionali, si presenta allo stato estremamente oneroso e incapace di ridurre i costi di raccolta del capitale. Probabilmente, si sarebbe potuto adottare un approccio meno invasivo e gravoso, per lo meno in questa fase iniziale, anche per verificare se il mercato del
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informazioni realizzabile tramite il web 2.0 e i social media. Come tutti i primi tentativi, anche questa disciplina potrà senza dubbio essere ulteriormente affinata soprattutto in base alle esperienze concrete che si andranno a configurare nei prossimi mesi.
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5. L’equity-based crowdfunding in Italia: il caso StarsUp S.r.l.
Nel contesto italiano la prima società ad aver chiesto e ottenuto l’autorizzazione dalla Consob per la raccolta online di capitali di rischio destinati alle start up innovative, come previsto dall’art. 50 quinquies del Testo Unico della Finanza, è il Portale StarsUp S.r.l.
Fondata da tre dottori commercialisti (Matteo Piras, Carlo Piras e Alessandro Scutti), con comprovata esperienza in materia di consulenza aziendale e societaria, la piattaforma è divenuta operativa dal novembre 2013 in seguito al procedimento di istruttoria, superato con precisione millimetrica rispetto ai tempi assegnati dal regolamento, e all’iscrizione nella sezione ordinaria del registro tenuto a cura della Consob avvenuta in data 18 ottobre 201381.
L’idea di dar vita a StarsUp nasce a seguito di un attenta analisi del sistema imprenditoriale, sulla base della quale si è osservato che:
un vasto numero di imprese (non quotate), organizzazioni o imprenditori ha bisogno di capitali per poter avviare e/o sviluppare validi progetti imprenditoriali, anche a carattere sociale, che però, spesso, rimangono “sulla carta”. Anche per le iniziative di maggior talento la raccolta di capitali rappresenta la fase più difficile da superare e, di conseguenza, molte aziende potenzialmente di grande successo non riescono a decollare;
molti soggetti, investitori professionali o persone fisiche, dispongono di liquidità finanziaria (anche in piccola quantità) che investirebbero volentieri in iniziative imprenditoriali o sociali di loro gradimento, per diversificare il proprio portafoglio di attività, per ottenere un (eventuale) beneficio economico futuro, per spirito imprenditoriale
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e/o volontà di far parte di una iniziativa di successo. Spesso però non hanno conoscenza di iniziative che potrebbero interessargli.
In tale ambito, StarsUp si propone di far incontrare, attraverso il proprio portale, idee interessanti e persone disposte a dotarle della necessaria forza finanziaria. Tale portale si caratterizza per lo spiccato taglio professionale potendo offrire, alle start up e agli investitori, un’ampia gamma di servizi consulenziali sia nella fase preparatoria e di lancio, sia nella fase di raccolta, sia, infine, in quella della gestione operativa delle attività di implementazione del progetto.
StarsUp offre innanzitutto e principalmente la possibilità, attraverso il proprio sito www.starsup.it, di raccogliere capitali di rischio da parte delle
start up innovative, permettendo ad esse di pubblicare il proprio progetto
ed effettuare la raccolta del capitale. In caso di esito positivo dell’operazione, qualora cioè venga raccolto l’intero ammontare di capitale richiesto, l’operazione è conclusa e a StarsUp è riconosciuta una commissione, in genere su base percentuale dell’ammontare raccolto (dal 3% al 7%), che viene stabilita caso per caso.
StarsUp può inoltre supportare le parti durante le fasi di raccolta del capitale (incluse quelle preparatorie alla raccolta stessa) e di sviluppo e gestione del progetto (Figura 382).
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105 In particolare, StarsUp, come si evince dalle informazioni disponibili sul sito83, può, direttamente o attraverso il proprio network professionale, eventualmente offrire servizi professionali per la migliore gestione dell’iniziativa supportando:
le start up che richiedono capitale, attraverso l’analisi preventiva del progetto da avviare e dei requisiti necessari alla sua pubblicazione sul portale, l’individuazione delle attività organizzative e societarie propedeutiche alla raccolta di capitale, il supporto nella ricerca di investitori professionali interessati alla sottoscrizione della quota di capitale necessaria all’avvio della raccolta online e, successivamente, la presentazione del progetto presso investitori, professionali e non, durante la fase di offerta;
gli investitori, attraverso l’esame delle informazioni necessarie alla valutazione dell’investimento e l’individuazione dei rischi collegati; la predisposizione di canali di comunicazione con la start up che offre gli strumenti finanziari;
le start up che hanno raccolto il capitale, attraverso il supporto all’avvio dell’attività, l’analisi strategica, la predisposizione di piani industriali, la valutazione sui sistemi di controllo, la compliance normativa e regolamentare.
Ritenendo che l’innovazione possa rappresentare un fattore di crescita economica e sociale per il Paese, StarsUp mira a:
valorizzare il meglio dell’innovazione italiana, soprattutto nei campi in cui il nostro paese è “tradizionalmente” all’avanguardia (manifatturiero in primis, ma anche agroalimentare, turistico – culturale, della creatività);
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proporre progetti di new economy, specialmente se in grado di fornire un servizio utile per la collettività;
individuare start up veramente innovative con idee in grado di conquistare i mercati.
Questi propositi vengono portati avanti cercando di coinvolgere l’eccellenza imprenditoriale italiana, la ricerca, i progetti sociali, le università, gli incubatori ed il mondo professionale con l’obiettivo di offrire agli investitori progetti che siano comprensibili ed il più possibile coinvolgenti e visionari e garantire agli emittenti un percorso giudicato affidabile ante e post offerta. La selezione delle realtà da mettere “in vetrina” viene fatta direttamente dai tre creatori di StarsUp, che puntano a proporre 10-15 progetti nel corso del primo anno con un taglio minimo di raccolta da 250-500 mila euro per ciascuno di essi. Tale proposito non sembra essere eccessivamente ottimistico e illusorio e c’è da scommettere che le richieste da parte delle oltre 1968 start up innovative già iscritte nell’apposita sezione speciale del Registro delle Imprese84
non tarderanno ad arrivare. Allo stato attuale sul portale è presente un unico progetto, Cantiere Savona, mentre altri due verranno a breve inseriti. Cantiere Savona S.r.l. è una start up innovativa creata nel 2010 da un gruppo di giovani sardi, con esperienze diverse in ambito nautico ai massimi livelli, accomunati dalla passione per il mare, la navigazione e la Green Economy. Ai potenziali investitori la realtà sarda chiede un contributo di 380 mila euro per ideare, produrre e diffondere una nuova linea di yacht eco-