Volendo procedere alla classificazione di un fenomeno così complesso e variegato, si possono individuare quattro modelli ben affermati di
crowdfunding e, di conseguenza, di piattaforme, con tutta una serie di
varianti e sottomodelli: il reward-based, il donation-based, il lending-
based e l’equity-based35. Questi modelli, che non esauriscono l’insieme
delle forme di crowdfunding esistenti a livello globale, si distinguono in base al “tipo di ritorno” che le persone ottengono in cambio del denaro erogato per finanziare un progetto: ricompense/premi, interessi su (micro)prestiti, azioni/partecipazioni finanziarie.
A prescindere dalla classificazione proposta, ciò che rileva per l’investitore è la partecipazione ad un progetto condiviso verso cui nutre apprezzamento. Egli, infatti, solo in ipotesi residuali è mosso esclusivamente dalla prospettiva di un ricavo monetario, il più delle volte compiacendosi di una piccola ricompensa36.
Alle distinzioni prospettate se ne può aggiungere un’altra legata al “fattore temporale”, ossia quella tra ex ante ed ex post crowdfunding, in cui la raccolta dei fondi avviene, rispettivamente, prima o dopo che il prodotto da finanziare sia stato realizzato o comunque pronto per essere erogato.
35 Ai quattro modelli succitati si sta affiancando un quinto ancora emergente, il royalty-based
crowdfunding, il quale prevede che chi finanzia una attività possa beneficiare, in parte, dei profitti da essa
generati. Ne consegue che tale classificazione è passibile di essere alterata dai futuri sviluppi evolutivi del fenomeno in questione.
36 Questa è una delle valide ragioni per ritenere che il crowdfunding non sia un fenomeno passeggero,
57 Nei paragrafi seguenti analizzeremo le caratteristiche di ognuna di queste tipologie, focalizzando l’attenzione sull’equity-based crowdfunding che rappresenta l’argomento principale di questa tesi.
3.3.1 Reward-based crowdfunding
Il reward-based crowdfunding (o “crowdfunding basato su ricompense”) è il modello utilizzato da progettisti che vogliono raccogliere donazioni per un progetto specifico dando in cambio ricompense non monetarie o premi. In particolare, le persone che decidono di finanziare un progetto ricevono in cambio della donazione effettuata una specifica ricompensa, che può essere materiale (come un prodotto non ancora sul mercato) o intangibile (come nel caso di un ringraziamento sul sito web), oppure un premio. Le ricompense offerte, che insieme alla motivazione intrinseca spingono al contributo economico gli utenti, sono strettamente legate al progetto stesso, hanno un forte valore simbolico ed emozionale e il loro valore economico, solitamente inferiore rispetto alla cifra conferita (in modo da assicurare che ci sia abbastanza denaro per dare concreta attuazione al progetto), varia in relazione all’ammontare dell’offerta. Il progettista, infatti, al momento del lancio della campagna di crowdfunding stabilisce l’importo che intende raccogliere e determina diverse possibili fasce di donazioni, ad ognuna delle quali associa una differente ricompensa che il donatore avrà diritto investendo nel progetto.
Diversi sono poi i vantaggi derivanti dall’utilizzo di questo sistema di raccolta del capitale. In primo luogo, il soggetto promotore (a differenza di quanto avviene per il prestito bancario) non è tenuto a offrire alla crowd alcuna garanzia reale o patrimoniale in vista del finanziamento. Infatti, l’erogazione del credito da parte di quest’ultima non avviene sulla base
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delle garanzie più o meno solide che il promotore può vantare, bensì della realizzabilità e probabilità di successo che la sua idea potrà avere sul mercato. Inoltre, egli non deve restituire ai suoi finanziatori né il capitale prestato né i relativi interessi, in quanto la “fiducia monetaria” riposta dagli investitori nel progetto verrà ripagata in altro modo, solitamente, come detto, sotto forma di ricompensa.
Nell’ambito del reward-based crowdfunding esistono due varianti:
il “tutto o niente” (o all or nothing); il “prendi tutto” (o keep it all).
Il modello “tutto o niente”, di gran lunga il più utilizzato, prevede che il denaro raccolto venga destinato al finanziamento del progetto solo se si raggiunge l’ammontare target prefissato entro una data stabilita, altrimenti il proponente non ricevere nulla e il denaro resterà o verrà ritrasferito sul conto dei donatori37.
Nel modello “prendi tutto”, invece, tutte le offerte vengono trattenute dalla piattaforma e trasferite al proponente del progetto a prescindere se esso raggiunga o meno la somma target entro la scadenza prefissata.
Generalmente, la modalità “all or nothing” è preferibile rispetto a quella “keep it all” sia dal punto di vista motivazionale che della trasparenza. In particolare, il modello “tutto o niente” comporta un incremento della motivazione:
del proponente, maggiormente responsabilizzato nella ricerca e coinvolgimento della propria community, nella comunicazione e ideazione di ricompense adeguate e allettanti;
37 Nel caso “all or nothing”, il denaro dell’utente che decide di effettuare una donazione viene
“congelato” finché il budget obiettivo non viene raggiunto. Quando questo accade l’importo della donazione viene effettivamente prelevato dal conto corrente o dalla carta di credito del donatore, altrimenti la richiesta di finanziamento del progetto si considera fallita e non avviene alcuna transazione.
59 della community dei sostenitori, più propensa a donare in quanto il denaro elargito, essendo vincolato al raggiungimento di un budget necessario alla realizzazione del progetto come descritto dal progettista, è più sicuro;
del singolo sostenitore che, una volta fatta l’offerta, se vuole che il progetto “veda la luce” e abbia successo sarà più portato a spingerlo nell’ambito della propria community.
Inoltre, tale modello si traduce anche in una maggiore trasparenza in quanto il progettista è disposto a spiegare il perché della richiesta di finanziamento e le caratteristiche e le modalità di realizzazione del progetto.
La maggior parte dei siti, sia all or nothing o keep it all, consente la cosiddetta over-subscribing, ovvero nel caso in cui il progetto accumuli più denaro di quello richiesto dal progettista, questi ha diritto a prendere l’intero importo raccolto.
Il reward-based è sicuramente il modello maggiormente diffuso nel nostro Paese e nel mondo e quello che dimostra una forte e costante crescita. Ad oggi le piattaforme di crowdfunding al mondo che hanno adottato questo modello sono più dei 2/3 e tra le più popolari troviamo la statunitense
Kickstarter e l’italiana Eppela.
3.3.2 Donation-based crowdfunding
Il modello del donation-based, utilizzato per lo più da organizzazioni no-
profit a scopi di beneficenza e molto vicino all’online fundraising
tradizionale, consiste nel finanziamento a “fondo perduto” di iniziative a sfondo etico, sociale, culturale e politico. Tale modello prevede che chi conferisce denaro alla campagna lo fa in termini di donazione pura,
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principalmente per ragioni filantropiche o di sponsorizzazione, senza alcuna aspettativa di un ritorno finanziario. La motivazione principale dietro i singoli contributi in questo caso corrisponde a un desiderio personale di sostenere lo sviluppo e la realizzazione di un progetto che è in qualche modo significativo per il contribuente. Il crowdfunding basato sulle donazioni solitamente non prevede ricompense materiali a fronte della donazione effettuata dal finanziatore, se non riconoscimenti intangibili e per così dire simbolici, come riconoscimenti pubblici di varia entità o partecipazioni speciali a eventi legati al progetto. Tale aspetto distingue il
donation-based dal reward-based crowdfunding, anche se in realtà in
quest’ultimo caso le ricompense che il finanziatore riceve hanno, per lo più, un valore simbolico.
3.3.3 Lending-based crowdfunding
Il lending-based crowdfunding, ovvero il crowdfunding per i prestiti, consiste in un prestito da parte di privati ad altri soggetti privati, ricompensato con il pagamento di interessi38, che sono eventuali e variabili a seconda delle modalità scelte e dalla relazione con cause socialmente rilevanti o meno, ed effettuato per il tramite di piattaforme online, che mettono in contatto i soggetti interessati, trattenendo una percentuale quale commissione per il servizio effettuato. In particolare, si tratta di una modalità di raccolta fondi che sposa gli ideali promossi dalla microfinanza, intendendo offrire, grazie all’intervento della “folla”, un aiuto finanziario agli imprenditori (soprattutto del Terzo Mondo) che tradizionalmente non hanno accesso ai prestiti bancari perché non solvibili (cd. unbanked).
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61 Il lending-based include due sottomodelli principali39:
il microprestito, ovvero la fornitura di servizi finanziari a clienti con bassi redditi, inclusi semplici consumatori e lavoratori in proprio, che tradizionalmente non hanno accesso a servizi bancari e finanziari. Il denaro è raccolto da un gruppo di persone ed è gestito da un intermediario locale;
il social lending (o prestito peer-to-peer40), cioè il prestito diretto tra persone che non prevede la mediazione di alcun intermediario finanziario. Il social lending, letteralmente prestito sociale, consiste in prestiti concessi da privati a privati per finanziare progetti di varia natura, remunerati con gli interessi. In particolare, esso si propone come un canale alternativo di credito via internet, che semplifica e velocizza il processo, dove un lender (o prestatore) presta denaro a più richiedenti che incontra sui mercati online, senza intermediazioni delle tradizionali istituzioni finanziarie e permettendo tassi maggiormente sostenibili di prestito. Generalmente, il tasso d’interesse applicato è inferiore (anche notevolmente) al tasso di mercato e il prestatore può anche decidere di rinunciarvi.
Il social lending non avviene né in banca né presso una finanziaria, ma esclusivamente online: è una forma di prestito tra persone, che si svolge tramite registrazione su portali autorizzati dalla Banca d’Italia gestiti da società online, che promuovono questo tipo di finanziamento, attraverso la creazione di community online dove richiedente e prestatario possono incontrarsi. In pratica il prestatore, dopo aver effettuato la registrazione su un apposito portale, deposita
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A questi due modelli se ne affianca un terzo, il Peer-to-business (P2B), tramite il quale piccoli risparmiatori possono prestare denaro a piccole e medie imprese o start up.
40 Il prestito sociale è una delle tendenze più innovative in tema di prestiti e, per certi versi, anche una
delle più antiche: con il social lending si ritorna al prestito tra persone, solo che nell’era del web 2.0 si preferisce chiamarlo prestito peer-to-peer.
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il denaro su un conto intestato alla piattaforma di social lending, il quale rimane in attesa di essere erogato ai vari richiedenti che, ovviamente, devono aver effettuato a loro volta la registrazione. Oltre a garantire costi di gestione e intermediazione ridotti al minimo, che si traducono in condizioni vantaggiose di finanziamento per i partecipanti, il social lending consente che le persone associno i propri investimenti ad individui o cause in cui credono. I cambiamenti nelle aspettative e la personalizzazione dei finanziamenti sono prodotti di quella nuova mentalità legata alla continua interazione sui social media. Naturalmente, non è tutto oro quello che brilla e, infatti, uno dei più gravi problemi di questo sistema risiede nell’alto tasso di default dei contraenti che si è registrato soprattutto in passato presso alcune piattaforme online poi chiuse.
A dispetto dello scopo mutualistico, che potrebbe erroneamente indurre a pensare che questa modalità assuma un carattere marginale o eventuale, la sua diffusione sul web raggiunge livelli considerevoli ed è in grado di mobilitare ingenti capitali.
3.3.4 Equity-based crowdfunding
Quando tramite l’investimento online si acquista un vero e proprio titolo di partecipazione in una società, si parla di equity-based crowdfunding (o
crowdfunding basato su partecipazione finanziaria collettiva). Si tratta, in
particolare, di una forma di crowdfunding che consente ad una “folla” di piccoli finanziatori di ottenere, quale “ricompensa” per il finanziamento erogato, quote o azioni di una società, tipicamente una start up innovativa,
63 e i relativi diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell’impresa.
In termini pratici, gli ideatori del progetto, in collaborazione con i gestori della piattaforma online, stabiliscono un periodo di tempo e un ammontare
target che viene successivamente diviso in parti uguali e offerto ai
finanziatori sotto forma di quote o azioni a prezzo fisso41. Le azioni acquistate attraverso le piattaforme equity-based possono scendere o salire in valore e possono essere considerate come un vero e proprio investimento azionario. Poiché il processo di investimento in capitale di rischio è pesantemente regolamentato nella maggior parte delle giurisdizioni42, nella fase antecedente all’elaborazione della normativa espressamente dedicata all’equity-based, le piattaforme di crowdfunding hanno operato secondo due modelli, entrambi finalizzati ad aggirare le norme sulla sollecitazione al pubblico risparmio:
il modello club, con il quale i potenziali investitori vengono reclutati dalle piattaforme come membri di un club di investimento chiuso, rendendo perciò l’offerta di azioni non propriamente rivolta al pubblico;
il modello cooperativa (noto anche come modello holding o
modello veicolo), in cui i finanziatori sono riuniti virtualmente in
una sorta di cooperativa fittizia che effettuerà l’investimento.
In entrambi i casi, la raccolta, sebbene aperta a chiunque, assume l’aspetto di un’operazione riservata ad un nucleo chiuso e ristretto di soggetti consapevoli.
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Le offerte si protraggono fino a quando non si raggiunge il target, dopo di che ha inizio una vera e propria fase di investimento.
42 In Italia, come in altri paesi, gli investimenti nel capitale di rischio non possono essere promossi
liberamente, ma è necessaria l’autorizzazione della Consob e la pubblicazione di un prospetto informativo.
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Come verrà approfondito in seguito, questo è il modello che la Consob e il legislatore italiano hanno adottato per la stesura del regolamento in materia.
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