• Non ci sono risultati.

4. L’equity-based crowdfunding

4.1 La disciplina in Italia

Come accennato in precedenza, l’equity-based crowdfunding costituisce una nuova modalità di finanziamento attraverso cui gli imprenditori possono reperire capitali di rischio tramite la rete internet, offrendo in cambio quote di partecipazione al capitale della società. In particolare, la

start up innovativa, che decide di raccogliere capitali di rischio mediante

emissione di strumenti finanziari attraverso uno o più portali, elabora un documento informativo conforme alle prescrizioni del Regolamento Consob43. Il gestore del portale prescelto – o i gestori, nel caso l’emittente decida di raccogliere fondi tramite più portali – fornisce le informazioni relative alle start up e alle singole offerte, tramite la predisposizione di schede dettagliate, e raccoglie gli ordini di adesione ricevuti dagli investitori, li registra e li trasmette alle banche e/o alle imprese di investimento incaricate di curare il perfezionamento degli ordini stessi. Inoltre, il gestore assicura che per ciascuna offerta venga costituita una provvista nel conto indisponibile intestato all’emittente presso le banche e/o le imprese di investimento alle quali sono trasmessi gli ordini44. Al perfezionamento dell’offerta, la provvista viene trasferita all’emittente ed i titoli sottoscritti attribuiti all’investitore; nel caso, invece, in cui l’offerta non si perfezioni – o qualora l’investitore eserciti il diritto di recesso o di revoca conformemente a quanto previsto nel Regolamento – la provvista torna nella piena disponibilità degli investitori.

43 Diversamente da quanto generalmente previsto per le sollecitazioni di investimento, le informazioni

sull’offerta non sono sottoposte ad autorizzazioni da parte della Consob.

44 Non vi è, quindi, alcun trasferimento di fondi al gestore del portale: a questo, infatti, è espressamente

66

L’attenzione per tale fenomeno non è soltanto dettata dalla sua innovatività, ma soprattutto dai recenti interventi normativi che hanno reso l’Italia il primo Paese al mondo a dotarsi di una normativa ad hoc sul tema, in questo anticipando sul tempo anche gli Stati Uniti, in cui la normativa sull’equity

crowdfunding era stata abbozzata da tempo, tramite il cosiddetto JOBS Act,

entrato in vigore il 5 aprile 2012, ma implementato solo all’inizio del 2013, a seguito dei ripetuti interventi della SEC che ne ha limitato e affinato i parametri45. Anche a livello europeo l’attenzione per il fenomeno è crescente: ad oggi esistono per lo più alcuni documenti pubblicati dalle Autorità di vigilanza del settore finanziario a fini illustrativi delle caratteristiche delle varie tipologie di crowdfunding, dei rischi per l’investitore e degli ambiti normativi vigenti nei quali il fenomeno può essere inquadrato giuridicamente, ma non una regolamentazione esaustiva ed armonizzata, capace di incorporare tutti gli aspetti essenziali del fenomeno in questione. Le difficoltà da questo punto di vista sono legate alle molteplici implicazioni che la pratica della raccolta fondi online tocca, con profili normativi che afferiscono ad aree diverse.

Per certi versi, si può affermare che in Italia la regolamentazione ha anticipato il pieno sviluppo del mercato che, invece, è ancora in una fase embrionale. Tale ritardo è, per così dire, “fisiologico” in quanto l’Italia, rispetto ad altri Paesi, parte con uno svantaggio strutturale non indifferente, ovvero una bassa diffusione di banda larga e conseguente uso ridotto di

internet, che implica una limitata cultura del web e una fiducia nei

meccanismi di e-commerce ancora troppo bassa (in parte giustificata dal rischio di incappare in iniziative illecite o in vere e proprie truffe).

45 Negli Stati Uniti d’America l’equity crowdfunding è stato autorizzato e regolamentato dal Jumpstart

Our Business Startup Act (JOBS Act), approvato ed entrato in vigore sotto la spinta del Presidente Barack

Obama il 5 aprile del 2012. Si tratta di un pacchetto legislativo volto a rimuovere una serie di restrizioni legali e agevolare l’accesso alla raccolta di capitali anche per le imprese più piccole che dispongono di limitate risorse, con particolare occhio di riguardo alle start up. In tale contesto, la Securities and

Exchange Commission (SEC) è stata rivestita dell’incarico di definire le regole e le linee guida specifiche

67 Ci si potrebbe domandare, allora, per quale motivo l’Italia si sia affrettata a disciplinare un fenomeno prima ancora che fosse realizzabile e senza potersi avvalere delle esperienze comparabili di altri paesi46. Al riguardo, non vi è un’unica risposta. Gli argomenti più convincenti sono ravvisabili nell’intento di impedire la nascita di iniziative oltremodo spregiudicate e suscettibili di mettere a repentaglio il risparmio privato, costituzionalmente garantito, e nella convinzione che dall’affermazione dell’equity

crowdfunding, come strumento credibile sul mercato ed affidabile per i

cittadini, possano scaturire le premesse per un cambiamento di ampio respiro nell’economia italiana. In ogni caso, il fatto che tale fenomeno sia stato introdotto nella legislazione italiana rappresenta certamente un grande passo innovativo che pone l’Italia all’avanguardia a livello mondiale nella regolamentazione di un fenomeno che in altre giurisdizioni ha raggiunto punte di diffusione notevoli (Stati Uniti su tutti). Per una volta, quando il mercato sarà maturo la legislazione sarà già lì pronta ad aspettare.

In Italia l’equity crowdfunding trova la propria base giuridica nel Decreto crescita bis, poi convertito in Legge nel dicembre 201247, e nel Regolamento in materia di “raccolta di capitali di rischio da parte di start

up innovative tramite portali online”, adottato dalla Consob con delibera n.

18592 del 26 giugno 2013 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 162 del 12 luglio 201348. Il campo di applicazione della normativa in oggetto (sia primaria che secondaria) è limitato all’equity-based crowdfunding rivolto al finanziamento delle “start up innovative”, come definite dall’art. 25 della

46 In Inghilterra ed Olanda, ad esempio, il disegno di una cornice regolamentare sta maturando dopo una

prima fase pionieristica durante la quale i gestori hanno elaborato schemi operativi che non si ponessero in conflitto con la normativa.

47 La Legge n. 221 del 17 dicembre 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 18 dicembre 2012 n. 297

ed entrata in vigore il 19 dicembre 2012, ha convertito, con modificazioni, il Decreto Legge n. 179 del 18 ottobre 2012, cd. “Decreto crescita bis”, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese (il testo del Decreto è disponibile all’indirizzo: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/01/11/13A00321/sg).

48 Il Regolamento è stato adottato dalla Consob in attuazione degli artt. 50 quinquies e 100 ter del Decreto

Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (“Testo Unico della Finanza”), introdotti dall’art. 30 del cd. “Decreto Crescita bis” (il testo del Regolamento è consultabile all’indirizzo:

68

Legge n. 221/2012. Pertanto, sono completamente escluse dall’ambito applicativo della normativa vigente sia la sottoscrizione di capitale delle società che non sono classificabili come start up innovative, sia le altre forme di crowdfunding, diverse dall’equity-based, la cui regolamentazione è fatta rientrare nell’ambito di applicazione di discipline già esistenti49. Altresì meritevole di nota per l’attenzione mostrata al crowdfunding, in

primis quale strumento per il finanziamento delle start up, è il rapporto

“Restart Italia!”, elaborato dalla task force istituita presso il Ministero dello Sviluppo Economico, guidato dall’allora Ministro Corrado Passera, al fine di approfondire il fenomeno del crowdfunding e presentare proposte e idee al Governo italiano (la quasi totalità delle quali sono state inserite all’interno del Decreto crescita bis) volte a favorire la nascita e la crescita di start up.