1.1 Prima fascia
L’iscrizione musiva presente nella decorazione parietale del complesso dell’atrio, nel lato ovest, all’interno della Basilica di San Marco, a Venezia: in particolare, nella Cupola della Genesi. Il mosaico si data fra il secondo e il terzo decennio del XIII secolo235 e si può supporre che l’iscrizione sia ascrivibile allo stesso arco cronologico.
La collocazione attuale risulta la stessa dell’origine nella parete musiva dell’atrio, nel lato ovest, all’interno della basilica di San Marco, a Venezia.
La tipologia del manufatto ha funzione didascalica, ed esso è costituito da tessere musive.
Lo stato di conservazione risulta essere integro e completo, privo di danneggiamenti, danni di qualsiasi tipo, o reimpieghi. L’area interessata subì un primo restauro nel 1818-1822, ad opera dei mosaicisti Liborio Salando e Nicolò Pizzamano, a cui seguirono alcuni interventi di Giovanni Moro nella prima metà del XIX secolo, altri nel 1880-1890 ad opera di Saccardo e infine quelli nel 1948- 1950 di Marangoni e Forlati236.
Per quanto concerne l’impaginazione del testo, l’iscrizione figura in campo aperto, su sfondo dorato, distribuita in posizione esterna rispetto al rosone centrale: il testo si dispone circolarmente in un'unica riga, che risulta completa; non sono visibili linee guida.
Lo spazio fra le parole è molto ristretto e il testo risulta in scriptio continua.
La tipologia scrittoria afferisce alla capitale romanica con tendenza al gotico: sono lievemente visibili le apicature e il contrasto fra pieni e filetti non è particolarmente accentuato.
La misura delle lettere non è rilevabile.
L’impaginazione della scrittura è rettilinea destrorsa e la tecnica di esecuzione prevede l’applicazione di tessere musive.
Il testo dell’iscrizione inizia dopo il signum crucis, posto in corrispondenza della scena in cui viene raffigurata la separazione della terra dalle acque, identificata dall’iscrizione didascalica terram. Sono presenti le seguenti abbreviazioni: all’interno delle parole principium, Deus, et e terram troviamo abbreviazioni per contrazione, che non vengono segnalate da alcun segno tachigrafico o di compendio; all’interno delle parole Spritus e Dei troviamo nuovamente abbreviazioni per contrazione, che in questo caso è più immediato individuare grazie alla presenza del segno di compendio. A questi esempi seguono una serie di abbreviazioni per troncamento, che possiamo
riscontrare in ferebatur, lucem, diem, et e noctem, che mostrano il segno di compendio solo nei primi due casi elencati, mentre in super notiamo la presenza di un segno tachigrafico; infine, riscontriamo altre due abbreviazioni per contrazione e troncamento in firmamentum e aquarum, non segnalate da compendio.
Per quanto riguarda i nessi, essi sono presenti all’interno della parola terram, in cui l’asta di T viene condivisa da E, in aquas, in cui la traversa di V viene condivisa da A, in tenebras, dove T ed A condividono un’asta, in noctes, dove ancora una volta T condivide un’asta con E e infine in
firmamentum, tra T e V.
Inoltre, è possibile notare la presenza di un nesso sul finire del testo epigrafico, nella parola
aquarum, che coinvolge le lettere U e A.
Sono presenti sistemi interpuntivi in forma di punto, posizionati nella parte mediana delle lettere, e in forma di punto e virgola, posizionati a loro volta ad altezza mediana ma terminanti sul rigo di base: il punto e virgola è visibile dopo le parole terram, aquas e noctem, mentre il semplice punto viene inserito dopo il punto e virgola che segue a terram, e dopo diem.
Nell’iscrizione, il testo viene introdotto un il signum crucis.
Sotto il profilo paleografico, è opportuno soffermarsi sulla presenza di E in forma arrotondata, riconducibile ai modelli onciali o di scrittura alla greca, che possiamo individuare all’interno delle parole creavit, et (fra celum e terram), nuovamente in et (fra diem e tenebras), e infine in medio; nei restanti casi in cui compare la lettera E, essa afferisce al tipo della capitale epigrafica, con tratto mediano allineato.
A questo si aggiunga che nella parola firmamentum, rispetto agli esempi della stessa lettera presenti nell’iscrizione, il trattino verticale prodotto dall’incrocio delle traverse della seconda M sembra prolungarsi maggiormente verso il rigo di base (pur non toccandolo), e si può notare il modulo leggermente più allungato e la curva più concava delle traverse: questi elementi non sono forse sufficienti per inserire con certezza questa lettera nella tipologia delle scritture alla greca, ma ad ogni modo essa ne ricorda la morfologia, e non è escluso che possa averne risentito l’influenza. Concludendo, la tessitura del testo non risulta eccessivamente fitta e il modulo delle lettere è omogeneo e regolare.
L’iscrizione viene riportata senza commento, ma trascritta e fotografata in DA VILLA URBANI, 1991, p. 140.
1 ((Crux)) In p(rin)cipio creavit D(eu)s celum e(t) te(r)ra(m). Sp(iritu)s D(e)i ferebat(ur) sup(er) aquas: luce(m) die(m) e(t) tenebras nocte(m). Fiat fi(r)mam(en)tu(m) in medio aquaru(m).
1.2 Seconda fascia
L’iscrizione musiva si trova nella decorazione parietale del complesso decorativo dell’atrio, nel lato ovest, all’interno della Basilica di San Marco, a Venezia: in particolare, nella Cupola della Genesi. Il mosaico si data fra il secondo e il terzo decennio del XIII secolo237 e si può supporre che l’iscrizione sia ascrivibile allo stesso arco cronologico.
La collocazione attuale risulta la stessa dell’origine, all’interno della basilica di San Marco, a Venezia.
La tipologia del manufatto ha funzione didascalica, ed esso è costituito da tessere musive.
Lo stato di conservazione risulta essere integro e completo. L’area interessata subì un primo restauro nel 1818-1822, ad opera dei mosaicisti Liborio Salando e Nicolò Pizzamano, a cui seguirono alcuni interventi di Giovanni Moro nella prima metà del XIX secolo, altri nel 1880-1890 ad opera di Saccardo e infine quelli nel 1948-1950 di Marangoni e Forlati238. L’oggetto non risulta aver subito danni, reimpieghi, delocalizzazioni o danneggiamenti di alcun tipo; i restauri non sembrano aver compromesso l’iscrizione.
Per quanto concerne l’impaginazione del testo, l’iscrizione figura in campo aperto, su sfondo dorato, distribuita attorno alla fascia esterna del primo registro iconografico, che vede al centro il rosone: il testo si dispone circolarmente in un'unica riga, che risulta completa; non sono visibili linee guida.
Lo spazio fra le parole è molto ristretto e il testo risulta in scriptio continua.
La tipologia scrittoria afferisce alla capitale romanica con tendenza al gotico: sono lievemente visibili le apicature e il contrasto fra pieni e filetti non è particolarmente accentuato.
La misura delle lettere non è rilevabile.
L’impaginazione della scrittura è rettilinea destrorsa e la tecnica di esecuzione prevede l’applicazione di tessere musive.
Il sistema interpuntivo compare sottoforma di punti e virgola sovrastati da punti, o di semplici virgole, entrambi posti ad altezza mediana delle lettere e discendenti verso il rigo di base; sono invece assenti i simboli.
Sono presenti numerose abbreviazioni: dall’inizio del testo fino al primo segno interpuntivo, ci sono abbreviazioni per contrazione in fiant, in, firmamento, Deus, producant, aque, anime, viventis,
te(r)ram, fra le quali sono firmamento e in presentano segno di compendio; per troncamento nella
preposizione in, eciam, super, e nuovamente terram, fra le quali le ultime lettere di super vengono riassunte da segno tachigrafico e le ultime di terram sono segnalate da compendio.
Nel testo compreso fra il secondo e terzo segno di interpunzione, troviamo abbreviazioni per contrazione in iumenta, omnia, terre, genere, hominem e nostram; tutte le parole appaiono sovrastate da segno di compendio; abbreviazioni per troncamento si trovano invece nella preposizione in, faciamus, imaginem, similitudinem e in nostram, tutte segnalate da segno di compendio o da accorgimenti tachigrafici (fig. 2 e 3).
La terza sezione di testo racchiusa tra segni interpuntivi, vede la presenza di abbreviazioni per contrazione in bene e septimo, e di abbreviazioni per troncamento, in bene e in dixit, tutte segnalate da segno di compendio (fig. 4).
La quarta sezione di testo racchiusa fra segni interpuntivi, presenta abbreviazioni per contrazione in
et (tracciato con scrittura tachigrafica, in forma di sette) inspiravit, e abbreviazioni per troncamento,
nella preposizione in, faciem, eius e spiraculum, presentando tutte segno di compendio (fig. 4). Infine, nell’ultima parte del testo sono visibili abbreviazioni per contrazione in paradiso, e per troncamento in eciam, in, paradiso (la prima lettera è tracciata con scrittura tachigrafica, in forma di P tagliata) e lignumque, tutte evidenziate da segno di compendio (fig. 4).
Per quanti riguarda i nessi, procedendo secondo l’ordine del testo possiamo notare la loro presenza nelle seguenti parole: in firmamento, dove M ed E condividono un’asta; in aque, dove la cauda di Q si fonde con l’asta di E; in terram, in cui l’asta di T funge da asta anche per E; in terre, dove l’asta di T viene utilizzata da asta anche dalla E che segue; in immaginem e in similitudinem, in cui N ed E condividono un’asta; in nostram, dove N ed R condividono un’asta; in inspiravit, che mostra la condivisione di una traversa fra A e V, che segue; in vite, dove l’asta T viene impiegata da sta anche per E; in eciam e vite, dove la traversa finale della prima parola si lega alla traversa di V nella parola seguente, e ancora in vite, tra T e la seguente E; infine, in lignumque, fra N ed U e fra Q ed E. sono assenti i legamenti.
Dal punto di vista paleografico, è rilevante la presenza di E in forma arrotondata, che ricorda i modelli onciali o di epsilon, e dunque riconducibile al modo delle scritture alla greca: essa è presente nelle parole eciam, volatiles, in tutte e tre le congiunzioni et che seguono, e infine in eius e
eciam; negli altri casi, la lettera E compare in forma di capitale. Si fa ricorso all’impiego della
lettera E con morfologia arrotondata in quasi tutte le congiunzioni (tre sulle cinque presenti); in altri casi, essa viene forse impiegata per creare un contrasto a livello grafico con la E di tipo capitale che la precede: ciò accade nel secondo et (preceduto da immaginem), in eius (preceduto da faciem) e nella volta in cui compare eciam (preceduto da vite). Inoltre, in modo quasi speculare, E con forma arrotondata compare all’interno della prima eciam e nell’ultima.
Rimanendo nell’ambito delle scritture alla greca, assume una certa rilevanza anche la morfologia di M, in similitudine: l’attacco delle traverse si pone quasi impercettibilmente al di sotto dell’estremità delle aste, ma senza dubbio al di sotto dell’apicatura delle stesse.
Infine, la tessitura del testo appare molto fitta, ricca di nessi e abbreviazioni, e di numerose lettere di modulo minore che risultano talvolta incluse, quali la seconda I in reptilia (che presenta anche l’asta della T che fuorisce del sistema bilineare, andando così a porsi all’altezza dei segni di compendio) e la terza I in similitudine; queste caratteristiche, in concomitanza alla omogeneità morfologica delle lettere A, le quali presentano l’apice di coronamento allungato verso sinistra, e al segno tachigrafico alla fine di lignumque, che può ricordare di una psi o di una phi greca, riconducono alla tradizione scrittoria bizantina.
L’iscrizione viene riportata senza commento, ma trascritta e fotografata in DA VILLA URBANI, 1991, p. 140
Il testo epigrafico è perfettamente conservato, e privo di qualsiasi lacuna.
1 Fia(n)t luminaria i(n) fir(ma)me(n)to celi dixit ecia(m) D(eu)s p(ro)duca(n)t aq(u)e reptile a(n)i(m)e vive(n)tis et volatile sup(er) t(e)ra(m) ium(en)ta et o(mn)ia reptilia t(e)re i(n) g(e)n(er)e suo. faciam(us) ho(m)i(n)em ad i(m)magine(m) et similitudine(m) n(os)tra(m) et b(e)n(e)dix(it) diei sept(im)o (et) i(n)spiravit i(n) facie(m) ei(us) spiraculu(m) vite ecia(m) vite i(n) medio p(ar)adisi lignu(mque) siencie boni