17 Profeta Osea
19. Profeta Michea
L’iscrizione musiva è presente nella decorazione parietale del complesso della Cupola della Pentecoste, all’interno della Basilica di San Marco, a Venezia: precisamente nei pinakes. Il mosaico è opera di un Maestro e dei suoi aiutanti, nell’ambito di un unico Laboratorio dei profeti de Pinakes, ascrivibile al 1230–1235227; si può supporre che l’iscrizione sia ascrivibile allo stesso arco cronologico. L’opera subì alcuni interventi di restauro per mano del Proto Saccardo nel 1888-1889, e nel 1916-1919 per mano del Proto Marangoni, che decise di far ricoprire i mosaici con carta e tela
per proteggerli durante la guerra e che per l’occasione eseguì piccoli restauri e infine nel 1977, dal Proto Scattolin228.
L’epigrafe giace in situ, all’interno della basilica di San Marco, a Venezia e non mostra di aver subito spostamenti o danneggiamenti.
La tipologia del manufatto ha funzione didascalica, ed esso è costituito da tessere musive. Lo stato di conservazione risulta integro e completo.
L’iscrizione figura all’interno di uno specchio di corredo su fondo bianco, delimitato da una linea grigio-azzurra che viene a formare l’immagine di una pergamena, retta dalla rappresentazione del profeta Michea, come viene identificato dall’epigrafe che si trova all’altezza del capo, e che funge da apparato iconografico alla nostra iscrizione; le misure non sono rilevabili.
Il tipo di superficie dell’area iscritta è piatto e il livello di stesura del testo risulta alla medesima quota; il numero delle linee è completo e si nota la presenza di linee guida.
La disposizione del testo è orizzontale ed esso si dispone in nove righe, che risultano complete. Lo spazio fra le lettere e fra le parole risulta omogeneo, mentre il testo è in scriptio continua.
La tipologia scrittoria afferisce alla capitale romanica ormai tendente al gotico; il contrasto fra pieni e filetti è evidente, la misura delle lettere non è rilevabile.
L’impaginazione della scrittura è rettilinea destrorsa e la tecnica di esecuzione prevede l’applicazione di tessere musive.
Sono presenti abbreviazioni per troncamento in super, e per contrazione e Dominus, segnalate da segno di compendio solo nel primo caso.
Non sono presenti nessi, legamenti o simboli, mentre si può apprezzare la presenza di un segno interpuntivo sotto forma di due punto e virgola, in chiusura del testo epigrafico, e in forma di punto e virgola dopo suo. Presenti anche le apicature.
Sotto il profilo paleografico, risulta evidente la presenza di E in forma arrotondata, che richiama la scrittura onciale o più verisimilmente la morfologia di epsilon e appartiene dunque agli esempi di scrittura alla greca: essa compare nella prima vocale di egredietur, et, nella prima vocale di
descendet, super e infine nell’ultima lettera di terre. Nei Casi restanti in cui figura la lettera E, essa
afferisce al tipo capitale, con tratto mediano allineato.
Può essere significativo considerare l’errore presente alla terza riga, che vede la parola priva di significato lolo invece di loco: forse chi eseguì il mosaico redasse distrattamente una L in luogo di C originariamente in forma quadrata, la quale compare effettivamente anche nel nome Micheas, nell’iscrizione posta poco sopra; più complicato giustificare l’errore presente alla settima riga, che vede calcarit in luogo di calvavit.
L’iscrizione viene riportata senza commento, ma trascritta e fotografata in Da Villa Urbani (1991) p. 119.
Lo stato di conservazione appare integro e non sono presenti lacune epigrafiche.
1 Ecce D(omi)n(u)- s egredi- etur de lo[c]- o suo et 5 descen- det et ca- lca[b]it s- u(er) exce- lsa terre
La frase è tratta da Mi. 1,3.
20. Profeta Geremia
L’iscrizione musiva è presente nella decorazione parietale del complesso della Cupola della Pentecoste, all’interno della Basilica di San Marco, a Venezia: precisamente nei pinakes. Il mosaico è opera di un Maestro e dei suoi aiutanti, nell’ambito di un unico Laboratorio dei profeti de Pinakes, ascrivibile al 1230–1235229; si può supporre che l’iscrizione sia ascrivibile allo stesso arco cronologico. L’opera subì alcuni interventi di restauro per mano del Proto Saccardo nel 1888-1889, e nel 1916-1919 per mano del Proto Marangoni, che decise di far ricoprire i mosaici con carta e tela per proteggerli durante la guerra e che per l’occasione eseguì piccoli restauri e infine nel 1977, dal Proto Scattolin230.
L’epigrafe giace in situ, all’interno della basilica di San Marco, a Venezia e non mostra di aver subito spostamenti o danneggiamenti.
La tipologia del manufatto ha funzione didascalica, ed esso è costituito da tessere musive. Lo stato di conservazione risulta integro e completo.
L’iscrizione figura all’interno di uno specchio di corredo su fondo bianco, delimitato da una linea grigio-azzurra che viene a formare l’immagine di una pergamena, retta dalla rappresentazione del profeta Geremia, come viene identificato dall’epigrafe che si trova all’altezza del capo, e che funge da apparato iconografico alla nostra iscrizione; le misure non sono rilevabili.
Il tipo di superficie dell’area iscritta è piatto e il livello di stesura del testo risulta alla medesima quota; il numero delle linee è completo e si nota la presenza di linee guida.
229 DA VILLA URBANI 1991, p. 119. 230 DA VILLA URBANI 1991, p. 119.
La disposizione del testo è orizzontale ed esso si dispone in dieci righe, che risultano complete. Lo spazio fra le lettere e fra le parole risulta omogeneo, mentre il testo è in scriptio continua.
La tipologia scrittoria afferisce alla capitale romanica ormai tendente al gotico; il contrasto fra pieni e filetti è evidente, la misura delle lettere non è rilevabile.
L’impaginazione della scrittura è rettilinea destrorsa e la tecnica di esecuzione prevede l’applicazione di tessere musive.
È presente un’unica abbreviazione per troncamento in cum, alla sesta riga, segnalata la segno di compendio che evidenzia l’assenza della nasale.
Non sono presenti nessi, legamenti o simboli, mentre si può apprezzare la presenza di un segno interpuntivo sotto forma di punto dopo est, alla quinta riga, e in forma di tre punti seguiti da una virgola e altri due punti, in chiusura di testo espigrafico. Presenti anche le apicature.
Sotto il profilo paleografico, risulta evidente la presenza di E in forma arrotondata, che richiama la scrittura onciale o più verisimilmente la morfologia di epsilon e appartiene dunque agli esempi di scrittura alla greca: essa compare in hec, terris, est, et, conversatus e nuovamente est.
L’uso di questa particolare morfologia per la lettera E, viene impiegato uniformemente all’interno del testo. L’iscrizione viene riportata senza commento, ma trascritta e fotografata in Da Villa Urbani (1991) p. 119.
Lo stato di conservazione appare integro e non sono presenti lacune epigrafiche.
1 Post h- ec in te- rris vi- sus es- 5 t et c- u(m) hom- inibus conve- rsatu- 10 s est
La frase è tratta da Bar. 3,38.