CAPITOLO 7. APPROCCIO ALLA PERSONA MIGRANTE
7.1. Cura della persona
Nel processo di apprendimento della lingua intervengono elementi che trascendono lo sviluppo delle competenze linguistico-comunicative. Fattori identitari, psico-affettivi e socio-culturali richiamano la necessità di una programmazione didattica che dovrà inevitabilmente accordare centralità alle caratteristiche e alle esigenze dello studente.282 L’obiettivo dell’insegnante e della scuola dovrebbe essere quello di educare, non di istruire. Mentre quest’ultimo termine deriva dal latino instruere, ovvero “fabbricare”, “costruire”, “addottrinare” e mira all’insegnamento di un insieme di conoscenze e abilità pratiche selezionate e fornite dall’insegnante allo studente, il primo deriva dal latino educere, ovvero “far uscire fuori”, “trarre” ciò che l’apprendente elabora, promuovendo “l’emergere di potenzialità che conducono allo sviluppo della sfera intellettiva, cognitiva, psico-affettiva e sociale.”283
Per cura della persona si intende, dunque, il riconoscimento del migrante nella totalità del suo essere, favorendo lo sviluppo onnidirezionale delle sue capacità e il riconoscimento delle implicazioni sociali, affettive e cognitive che la graduale integrazione nella nuova società comporta.
La scuola di italiano L2 si costituisce, così, come mediatrice del processo di inserimento sociale vissuto dal migrante. Luogo familiare, accogliente e incoraggiante, nel quale si proibisce l’ingresso alle barriere sociali, alle posizioni e ai ruoli di subordinazione che creano distanze e portano a relazionarsi agli studenti sulla base delle etichette, stereotipi e luoghi comuni che si creano e si alimentano intorno a loro.
282 Cfr. P. DIADORI, M. PALERMO e D. TRONCARELLI, Manuale di didattica dell’italiano L2,
Perugia, Guerra Edizioni 2009, p. 76
283
Le finalità e le azioni (…) [della scuola] sono quelle di creare e mantenere contesti educanti interculturali di accoglienza e di cura, e di offrire così percorsi che restituiscano alle persone la loro “interezza” e siano il più possibile onnicomprensivi rispetto ai loro bisogni.284
La cura della persona presuppone, come condizione a priori, la vera conoscenza del migrante: Altro, proveniente da contesti sconosciuti, portatore di una cultura differente da quella italiana ed europea. Gli unici strumenti a disposizione che permettano di arrivare ad una vera comprensione sono quelli del dialogo, della comunicazione, del conoscersi e svelarsi reciprocamente.
“Per i migranti la scuola è luogo ideale di ospitalità e cura perché garantisce continuità nella relazione e utilizza il gruppo, valorizzandolo, sia come strumento di apprendimento che di cura dei singoli.”285 La classe è, prima di tutto, luogo d’incontro, non occasionale e inaspettato ma proposto e ricercato, nella quale si creano relazioni forti e stabili tra insegnante e studenti e tra studenti stessi. Il gruppo, con il passare del tempo e con l’accumularsi di esperienze vive e cariche di significato, assume una propria identità, che non sarà semplice somma delle identità dei suoi componenti, divenendo uno spazio familiare nel quale riconoscersi, abbandonandosi nella condivisione dei propri successi e delle proprie difficoltà.
L’insegnante-educatore “si rapporta al gruppo, ma ha una conoscenza intima e una comunicazione specifica con tutti, utilizzando vari canali comunicativi sia verbali che fisici (sguardi, abbracci…)”.286 Coltiva rapporti informali con gli alunni, non lasciandosi limitare dalle difficoltà proprie della comunicazione linguistica. Costruisce, insieme ai discenti, rapporti di amicizia che trascendono le mura scolastiche. Il rapporto che si coltiva “è centrato sullo studente, con il quale entra empaticamente allo stesso livello comunicativo e del quale conosce i tratti tipici della personalità.”287
In classe il ruolo di protagonista è svolto dal migrante, mentre l’insegnante ricopre il ruolo di regista, di coordinatore, di facilitatore della comunicazione. Si riscopre così il protagonismo e la centralità di una figura che, nella società, è costantemente passivizzata e relegata ai margini. Curare le relazioni, ridare importanza alle persone,
284 Creare contesti di apprendimento, testo contenuto nella sezione “Aree educative” dal sito di Asinitas
Onlus http://www.asinitas.org/contesti.html
285
Scuola sperimentale, testo contenuto nella sezione “Aree educative” dal sito di Asinitas Onlus http://www.asinitas.org/scuola_sperimentale.html
286 Spunti metodologici, documento contenuto nella pagina di bibliografia presente nella sezione “Creare
contesti di apprendimento” dal sito di Asinitas Onlus http://www.asinitas.org/bibliografia.html, p. 15
287
significa attivare un processo di empowerment attraverso il quale lo studente riscopra le proprie potenzialità trasformatrici della realtà personale e sociale che vive e sperimenta ogni giorno.
Una scuola di italiano è l’invenzione di uno spazio creativo dove costruire relazioni di uguaglianza tra non uguali, liberato da rapporti di dipendenza e potere. Levinas definisce l’incontro con l’altro un evento fondamentale e aggiunge: “dinanzi all’Altro devo mettermi su un piano di eguaglianza e mantenere un dialogo; ma ho anche il dovere di essere responsabile di lui.”288
La scuola è, dunque, responsabile verso i suoi studenti: a lei l’incarico di creare un contesto non pregiudicante di ascolto, di accoglienza, di ospitalità; di formazione di gruppo e di cura della persona.
Il suo primo compito consiste nel sostenere l’interesse dei migranti verso l’apprendimento della lingua italiana, incoraggiandoli affinché non si demoralizzino, soprattutto nei primi mesi di lezione, “quando il mondo dei segni sembra tutto aggrovigliato”.289
L’insegnamento non consiste in una corsa contro il tempo. È necessario riconoscere e rispettare i tempi di apprendimento degli studenti, che saranno diversi in base alla familiarità che ogni componete del gruppo classe ha con la nuova lingua. “Il ritmo a cui dobbiamo adagiarci è quello della tartaruga”290, procedendo passo a passo, verificando che tutti abbiano capito e sperimentato con efficacia quanto appreso. Per questo risulta fondamentale andare per gradi, ovvero inseguire una gradualità nell’insegnamento che miri, da una parte, a non lasciare indietro nessuno, e dall’altra, a dare sempre la sensazione allo studente di aver appreso qualcosa di utile e di aver accresciuto le proprie conoscenze.291
Vi è, quindi, un forte legame tra il contesto educativo e le relazioni di cura ricercate e coltivate con ogni studente. “Ciascuno cresce solo se sognato”292, sosteneva Danilo Dolci, ed ecco che la scuola deve essere il primo, in molti casi purtroppo l’unico, ambiente di incontro sociale, di scambio interculturale, di coesione, di convivialità nel quale il migrante cessa di essere un pericolo e un problema e torna ad essere un essere umano che sogna, e, allo stesso tempo, è sognato.
288 S. HONEGGER, Aiuti alla lettura e alla scrittura, dattiloscritto a cura di Asnada, scuola di italiano per
migranti di Milano, p. 1
289 Ibid. 290 Ibid. 291 Cfr. Ibid. 292