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CAPITOLO 4. COLTIVARE LA LINGUA DIDATTICA DELL’ITALIANO L

4.2. Programmazione didattica

Mentre nelle scuole trasmissive, nel quale l’unico metodo di insegnamento consiste nella lezione frontale, la programmazione didattica è decisa a priori dall’insegnante, nel modello di scuola comunicativa che stiamo configurando la programmazione delle attività verrà decisa in concerto con i componenti del gruppo classe, ai quali si richiede partecipazione attiva e protagonismo sin dalla scelta delle tematiche da affrontare. L’insegnamento/apprendimento non viene inteso come un percorso prestabilito, standardizzato e applicato in classi e ambienti diversi, ma consiste in una continua

176 Ivi, p. 159 177

ricerca e sperimentazione, non predeterminata, che trova origine e nutrimento nell’interesse mostrato dagli studenti. L’insegnante/educatore:

- ha davanti a sé l’oggetto del suo lavoro, con il quale deve interagire in una situazione strutturata come quella scolastica;

- ha in sé un bagaglio di potenzialità, positive e negative interne, all’interno del soggetto, con cui l'educatore deve fare i conti e che è molto più difficile non solo controllare ma anche conoscere.

Ogni esperienza educativa è il risultato complesso dell’incrocio e dell’interazione di queste due condizioni. Quando quest’ultime, quelle del soggetto e quelle dell'oggetto, sono in conflitto, si produce un’esperienza non educativa e una cosiddetta routine negativa. Non si può quindi programmare a priori una didattica che non tenga conto dell'identità dei soggetti interagenti e delle loro esperienze precedenti.178

Nell’istruzione formale trasmissiva, i contenuti della didattica sono “principalmente generali, definiti dalle strutture educative ufficiali”179. La centralità del processo educativo è assegnata a nozioni, conoscenze e informazioni, che vengono fornite al gruppo classe indipendentemente dalla sua composizione e dai bisogni espressi.

Nell’istruzione non-formale comunicativa, invece, i contenuti della programmazione didattica vengono scelti dagli studenti, che divengono il fulcro, il centro del processo educativo. Non vi è così nessuna definizione a priori degli argomenti da trattare in classe, che verranno selezionati e modellati da alunni e insegnante insieme, al fine di costruire un percorso quanto più attinente alle necessità e agli interessi degli studenti stessi.

John Dewey180 e Maria Montessori, due pietre miliari nel campo della pedagogia, contemporanei seppur operanti in luoghi diversi, erano accomunati dalla “critica della scuola del tempo e dal riconoscimento della centralità del bambino nel processo educativo”.181 Ancora oggi, una delle principali critiche mosse all’educazione nonviolenta trova origine dal riconoscimento dell’efficacia dei metodi comunicativi associati però a una tempistica che le scuole non si possono permettere. Semplificando, seppur non si mettano in dubbio i risultati ottenuti in contesti comunicativi e cooperativi, le scuole di oggi, e dunque gli insegnanti, hanno una tabella di marcia

178 R. ROSSOLINI, Jonh Dewey – Maria Montessori. Il concetto di esperienza come motore

dell’educazione educativa, dattiloscritto riassuntivo del “Corso di specializzazione montessoriano per

insegnanti della scuola primaria”, Comune di Chiaravalle, 2006, p. 6

179

B. MIDA-BRIOT, L’istruzione non-formale come strumento per l’inclusione di tutti, dattiloscritto, p. 1

180 John Dewey (Burlington 1859 – New York 1952), scrittore, filosofo e pedagogista statunitense. Opere

principali: Il mio credo pedagogico, Scuola e società, Le fonti di una scienza dell’educazione, Esperienza

ed educazione.

181 R. ROSSOLINI, Jonh Dewey – Maria Montessori. Il concetto di esperienza come motore

dell’educazione educativa, dattiloscritto riassuntivo del “Corso di specializzazione montessoriano per

molto rigida da seguire, a causa di una fin troppo ricca programmazione didattica che, nell’utilizzo di un metodo sperimentale partecipativo ma inevitabilmente più lento, difficilmente potrebbero portare a termine.

Allo stesso tempo, l’educazione nonviolenta, nonostante richieda tempistiche diverse rispetto a quella convenzionale, è più rispettosa verso i tempi d’apprendimento di cui gli studenti hanno bisogno, fornendo loro il tempo di fare esperienza e metabolizzare gli argomenti trattati, assicurandosi lo “stare alla pari” di tutti. L’insegnante “rispetta i tempi degli studenti, è paziente, ascolta e sa attendere”.182

L’apprendimento non è una gara, una corsa contro il tempo. Riempire i discenti di contenuti senza dar loro il tempo di sperimentarli e interiorizzarli è controproducente, perché quelle stesse nozioni, non essendosi sedimentate nello studente, saranno presto dimenticate e sostituite da altre più attuali.

Bisogna passare da metodologie dove l’attore principale risulta essere l’insegnante, a metodologie dove gli attori siano i ragazzi e il docente diventi sempre più il regista del processo apprenditivo. È per questo che dovremmo cambiare il modello di insegnamento/apprendimento, da uno di tipo individualistico-competitivo ad un altro di tipo collaborativo-democratico.183

L’insegnante si converte così da trasmettitore di contenuti pre-incartati, forniti e selezionati dalle alte sfere del mondo dell’istruzione, a ricercatore alla guida di un’equipe di “scienziati” composta dagli alunni e orientata all’approfondimento dei “fenomeni” che stimolano l’interesse e la curiosità dell’equipe stessa.

Questa impostazione dell’insegnante ricercatore, ha una lunga tradizione. È presente ad esempio, in C. Freinet, il quale fin dagli anni ’30, aveva provocatoriamente eliminato i libri di testo ufficiali, e cominciato a costruire insieme ai propri alunni, i propri libri di testo, costituiti da ricerche fatte insieme.184

I libri per l’apprendimento della lingua italiana, stracolmi di esempi banali e spersonalizzati, vengono metaforicamente gettati dalla finestra e la lezione viene

182

Spunti metodologici, documento contenuto nella pagina di bibliografia presente nella sezione “creare contesti di apprendimento” dal sito di Asinitas Onlus http://www.asinitas.org/bibliografia.html, p. 14

183 J. DEWEY, cit. in Il superamento della lezione frontale: apprendimento cooperativo e le risorse del

gruppo classe, p. 3, materiale del III Convegno “La qualità dell’integrazione nella scuola e nella società”

tenutosi a Rimini il 9-10-11 novembre 2001, documento contenuto nella sezione “Lezione frontale? Ma anche no!” facente parte della macrosezione “Educare nell’ambito della L2” dal forum di discussione per

i partecipanti del corso di formazione “L’insegnamento partecipato”

http://asinitasl2.lefora.com/2012/03/29/lezione-frontale-ma-anche-no/#post2

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costruita dall’insegnante insieme agli studenti, sulla base di testi da loro prodotti, personali e portatori di emozioni.

E’ sempre dalla lingua viva che si parte, senza libri di testo perché è la classe, è il gruppo, è la sperimentazione a fare giorno dopo giorno, settimana dopo settimana la programmazione, le linee guida di un apprendimento dove sempre devono convivere tecnica e spirito = concretezza.185

La programmazione didattica non viene calata dall’alto e stabilita a priori all’inizio dell’anno. Chiaramente l’insegnante è cosciente della necessità di affrontare argomenti particolari durante l’anno scolastico, poiché possono rappresentare, ad esempio, pilastri di una costruzione lessicale e grammaticale che non potrebbe reggersi senza di essi. Ma codesti argomenti, invece di essere imposti, verranno trattati dopo un preliminare percorso di approfondimento compiuto con i componenti del gruppo classe, che giungeranno naturalmente a concepirne l’importanza e l’utilità.

È fondamentale, dunque, che l’insegnante “progetti la sua lezione in modo flessibile, prevedendo momenti di contrattazione dove gli alunni possano scegliere tra una gamma di alternative (autonomia di scelta)”:186

pensiamo a come può essere formativa la scelta fatta insieme degli obiettivi, del tema, delle modalità di lavoro, dell’ordine di esecuzione, dei tempi, delle ricompense, dei momenti di confronto e di elaborazione a piccoli gruppi, di riflessione meta cognitiva a livello di intergruppo (alternanza tra momenti di relazione insegnante-alunni e momenti di relazione solo tra compagni).187

185

Scuole, testo contenuto nella sezione “Aree educative” dal sito di Asinitas Onlus

http://www.asinitas.org/scuole.html

186 Il superamento della lezione frontale:apprendimento cooperativo e le risorse del gruppo classe, p. 4,

materiale del III Convegno “La qualità dell’integrazione nella scuola e nella società” tenutosi a Rimini il 9-10-11 novembre 2001, documento contenuto nella sezione “Lezione frontale? Ma anche no!” facente parte della macrosezione “Educare nell’ambito della L2” dal forum di discussione per i partecipanti del corso di formazione “L’insegnamento partecipato” http://asinitasl2.lefora.com/2012/03/29/lezione- frontale-ma-anche-no/#post2

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