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CAPITOLO III La Digital Reputation

1. La cura della reputazione online attraverso i social network site

Quando si parla di social recruiting non si può prescindere dal considerare anche quella che viene definita digital reputation, vale a dire la reputazione di cui, chi utilizza i social media, gode o si costruisce attraverso l’utilizzo degli strumenti e dei canali digitali disponibili sul web. Sono infatti due facce della stessa medaglia in quanto i job seeker che utilizzano i social network site per cercare lavoro non possono non essere coscienti che la loro proiezione online è tenuta in considerazione e analizzata dai recruiter nelle fasi iniziali del processo di ricerca e selezione del personale.

Il recruiting, ma anche la gestione delle risorse umane in generale, sempre più spesso finiscono nel circuito mediatico dei siti di social network sui quali dipendenti o ex dipendenti, manager d’azienda e potenziali candidati posseggono un profilo pubblico che possono utilizzare, nel bene e nel male, per parlare di un’organizzazione. Non è necessario che i commenti siano coerenti alla realtà dei fatti di cui si parla per suscitare reazioni nell’opinione pubblica e, a prescindere dal torto o dalla ragione di chi li “posta”, gli uffici delle risorse umane devono tenere in alta considerazione questi canali per ciò che concerne la ricerca di nuove risorse da assumere ma anche monitorando le attività online di coloro i quali sono già dipendenti presso l’organizzazione perché «il danno non è solo la perdita di reputazione sociale, a questa va aggiunta la diffidenza di altri professionisti che scoraggiati dalle critiche non si candidano più per i ruoli disponibili» (Lampignano 2016, p. 113). In ballo quindi non c’è solo la reputazione ma anche l’affidabilità stessa dell’organizzazione.

«Sempre più persone trascorrono il loro tempo online sui social media, dove gli scambi comunicativi, a differenza di email e chat, sono per lo più pubblici. Gli utenti scrivono, condividono contenuti e link e si rispondono in maniera visibile e monitorabile. Le tracce della loro attività online sono immediatamente visibili e rimangono accessibili nel tempo direttamente e tramite i motori di ricerca» (Monotti 2011, p. 297).

Avere una buona digital reputation può fare la differenza nell’ottenere una nuova occupazione perché permette di essere notati con più facilità dai recruiter, gli head

hunter in particolare. Le informazioni che si possono trovare monitorando le attività degli

utenti sui social network site sono molteplici e, anche se questa può essere definita una pratica rischiosa perché basata su una valutazione superficiale, è pur vero che ciò fotografa la realtà sociale contemporanea. Nel contesto competitivo del mercato del

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lavoro un uso sbagliato dei canali social può essere una delle cause principali di esclusione di un candidato dal processo di recruiting. Non è raro infatti che un recruiter possa decidere di non convocare per un colloquio di lavoro una persona che abbia condiviso post contrari al buon gusto o, più semplicemente, alla cultura aziendale dell’organizzazione. I selezionatori controllano i profili social dei candidati anche per verificare la coerenza tra ciò che leggono sul curriculum a loro inviatogli e quello che emerge dall’analisi delle loro attività online. Diventa perciò sempre più necessario fare attenzione alla propria reputazione online avendo cura dei contenuti postati sul proprio profilo social e utilizzando con criterio e intelligenza i filtri di privacy che le varie piattaforme mettono a disposizione dell’utenza (PageGroup 2017).

«Nello scenario digitale dominato dalle reti sociali e dalle interconnessioni tra individui […] la digital reputation assume un significato peculiare, da cui discendono strategie e tattiche operative assolutamente inedite e a volte determinate più dall’esperienza pratica e dalla sperimentazione che da consolidate e condivise “best practices”, in cui è più facile indicare ciò che non funziona, rispetto a “ciò che funziona”» (Diegoli 2011, p. 83).

È quindi evidente, scrive Diegoli (2011), che nel mutato scenario sociale basato sul ruolo sempre crescente della digitalizzazione, la reputazione trova il principale luogo di creazione e diffusione proprio online: il web è infatti un complesso mondo pieno di informazioni e dati personali e di contenuti multimediali. In questo contesto, i social

network site dando la possibilità di creare profili pubblici, rendono possibili le connessioni

non più soltanto tra persone che si conoscono anche “offline” ma anche tra individui che hanno interessi in comune pur non conoscendosi personalmente. Online e offline diventano pertanto dimensioni che non hanno più una netta linea di demarcazione che le separa: al contrario, l’una condiziona l’altra e diventa quindi importante riuscire a integrarle.

È quindi cambiato il concetto di pubblico e, a tal proposito, danah boyd44 (2010) ha teorizzato il concetto di “pubblici interconnessi” per descrivere le relazioni sociali che si instaurano nell’ambito dei siti di social network concentrandosi su quattro proprietà:

• la persistenza: gli scambi comunicativi online sono automaticamente registrati e archiviati e pertanto qualsiasi cosa scritta sul web è reperibile anche dopo molto tempo dalla sua pubblicazione;

• la replicabilità: i contenuti digitali sono facilmente duplicabili grazie agli strumenti digitali;

44 «Ci sono motivi politici e personali che portano l’autrice statunitense a non usare le maiuscole

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• la scalabilità: la visibilità dei contenuti è potenzialmente enorme, aperta sostanzialmente a chiunque abbia accesso a Internet;

• la ricercabilità: i contenuti sono accessibili e verificabili attraverso la ricerca. Come sostiene anche Diegoli (2011), bisogna far attenzione alle dinamiche riguardanti le informazioni che si immettono sul web e che potrebbero essere alla base del processo formativo della reputazione online. Di fatti, occorre sempre tener presente che l’inserimento di tracce multimediali come dati e informazioni personali o anche commenti su post altrui e attività di altro genere sul web, può avere delle conseguenze anche negative in quanto ogni traccia può assumere le seguenti caratteristiche:

• l’indeperibilità: l’informazione rimane intatta, non viene perso o modificato il messaggio dopo la trasmissione ripetuta tra soggetti;

• la virulenza: ogni traccia presente in rete può essere diffusa tramite un semplice copia/incolla e correre in rete, diventando virale molto rapidamente;

• l’incancellabilità: anche quando l’informazione viene cancellata dai server originari può ricomparire in un secondo momento in altri siti o blog. Un esempio concreto di ciò che può vanificare ogni tentativo di distruggere una traccia digitale una volta che è stata immessa online, è rappresentato dalla tecnica dello

screenshot45;

• la ponderabilità: la reputazione digitale è basata su un susseguirsi di opinioni di molte persone. In questo senso acquisiscono importanza gli influencer che avendo una reputazione consistente su gruppi di follower, immettendo un’opinione su un’azienda o un servizio, la caricano di ulteriore potenza mediatica;

• l’incontrollabilità: la digital reputation dipende dalla sintesi di tutte le dinamiche appena elencate. La reputazione online è data dalla somma di opinioni espresse da terze parti ed è dunque impossibile controllare a dovere ciò che viene comunicato su sé stessi.

Va comunque precisato che, sebbene sia un argomento abbastanza complesso, la distribuzione digitale delle informazioni può in alcuni casi essere arrestata. In tal senso, scrive Lampignano (2016), i legislatori stanno tentando di limitare la memoria infinita del web anche se questa è un’operazione che richiederà ancora molti sforzi e soprattutto tanto tempo. Sostanzialmente, è concesso a chiunque di chiedere a Google, e a tutti gli altri detentori di informazioni personali altrui, di avviare procedure di rimozione dei dati che la persona non ritiene compatibili con la sua proiezione sociale. Questa però

45 Termine composto che deriva dalle parole inglesi screen (schermo) e shot (scatto fotografico).

In italiano può essere tradotto come il fermo immagine che cattura ciò che è visualizzato sulla schermata di un dispositivo.

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è una procedura tutt’altro che semplice da realizzare in quanto una volta avviata la richiesta di deindicizzazione a Google o altri motori di ricerca, occorrerebbe contattare e richiedere la cancellazione delle informazioni anche ai vari media che l’hanno pubblicata, perché i motori di ricerca sebbene indichino i siti web dove le notizie sono depositate, non ne sono gli effettivi titolari. Per tutte queste ragioni, la questione non è di facile soluzione considerando che si può intervenire soltanto dopo che queste informazioni sono state messe in rete e non aprioristicamente e che eventuali crisi reputazionali, solitamente, avvengono senza preavviso cogliendo di fatto impreparate persone e organizzazioni.

Il tema della reputazione online, del resto, è abbastanza delicato: ledere la reputazione altrui attraverso i social network site è sanzionabile penalmente. Spiega Frosini (2014) che nell’era digitale caratterizzata dalla forma durevole e difficilmente cancellabile dei contenuti multimediali, il diritto dell’individuo a ottenere il rispetto della propria reputazione è tutelato dalla legge46 e pertanto una violazione di questo diritto può comportare la nascita di controversie legali. Coloro i quali ritenessero che dei contenuti multimediali postati da altri o comunque presenti e rintracciabili attraverso motori di ricerca sul web ledano la propria reputazione o non facciano più parte della propria identità personale possono pertanto chiederne la rimozione rivendicando il “diritto all’oblio”47 e intentare cause legali nei confronti di chi li ha messi in rete, qualora lo ritenessero necessario.

Molto spesso si tende a mettere sullo stesso piano il concetto reputazione e quelli di notorietà e immagine. «La prima considerazione da fare attiene alla distinzione tra

notorietà e reputazione […] la reputazione è rappresentata dalla proiezione pubblica di

un insieme di caratteristiche socialmente rilevanti e condivise (stereotipate), mentre la

notorietà è rappresentata dalla quantità di soggetti riceventi tali informazioni»

(Lampignano 2016, pp. 9-10). La seconda, riguarda le differenze tra immagine e reputazione che, spiega ancora Lampignano (2016), sono molte: utilizzano strumenti, metodi realizzativi e di controllo diversi, hanno un impatto emotivo differente e un’influenza sull’opinione pubblica dissimile. In sostanza, l’immagine è ciò che si vuol far vedere e che, di conseguenza, le persone percepiscono. Non necessariamente rappresenta ciò che si è realmente. Inoltre, è controllata dal soggetto che la può modificare a suo piacimento. Per contro, la reputazione è l’idea pubblica che gli individui

46 Artt. 594 e 595 del codice penale riguardanti ingiuria e diffamazione (Capo II – “Dei delitti contro

l’onore”).

47 «Con la locuzione "diritto all'oblio", in diritto si intende una particolare forma di garanzia che

prevede la non diffondibilità, senza particolari motivi, di precedenti pregiudizievoli dell'onore di una persona […] cioè il diritto a non restare esposti a tempo indeterminato ai danni che la reiterata pubblicazione di una notizia può arrecare all'onore e alla reputazione» (Concas 2014, http://www.diritto.it/docs/36656-il-diritto-all-oblio-definizione-e-caratteri).

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si fanno su un soggetto. Rappresenta la stima e la considerazione che gli altri nutrono nei confronti della persona o dell’organizzazione e, sebbene gestibile, non è totalmente controllabile dal soggetto emittente. Tutto ciò, contribuisce a spiegare la natura più effimera dell’immagine e quella più complessa e duratura della reputazione.

Sul web il confine tra vero e falso è labile e ciò può diventare fonte di problemi. Parlare degli altri, nel bene o nel male, è sempre stata una pratica abbastanza diffusa che però, in passato, restava confinata ai presenti e al passaparola che ne derivava, che a un certo punto rallentava la sua velocità, fino a fermarsi. Ma con il web è tutto cambiato: il passaparola è velocissimo e la portata delle parole si espande in modo incontrollabile cosicché il commento di uno sconosciuto può diventare la miccia che può far esplodere una dura discussione tra utenti. In questo scenario, la digital reputation di un’azienda o di un individuo può risentirne per molto tempo in quanto i contenuti digitali e le discussioni che ne derivano dalla loro pubblicazione online rimarranno registrate nel database di qualche server e pronte a essere riutilizzate in futuro.

Un’altra caratteristica importante della reputazione, sostiene Lampignano (2016), è quella dell’ereditabilità che, in termini economici vuol dire sostanzialmente che un nuovo prodotto lanciato da un’azienda con una buona reputazione è considerato affidabile. Viceversa, un prodotto nuovo immesso nel mercato da un’azienda con una scarsa reputazione è visto con iniziale diffidenza e considerato quindi poco affidabile. Allo stesso modo di un prodotto, la reputazione mantiene questa caratteristica di ereditabilità anche con le persone e i contenuti che esse inseriscono nelle piattaforme social. Un eventuale comportamento sleale da parte di un solo dipendente di un’organizzazione può comportare una seria crisi per l’azienda.

Per ciò che concerne la gestione della digital reputation, Lampignano (2016) ha teorizzato un ciclo reputazionale che egli sintetizza nelle seguenti cinque fasi:

1. ideazione: il momento iniziale è quello di ideare un’ipotesi di proiezione futura della reputazione che si vorrà ottenere considerando il passato del soggetto e il sistema concorrenziale in cui si agisce;

2. programmazione: riguarda le linee guida da seguire, i canali mediatici da utilizzare e le regole d’attuazione tenendo conto di eventuali limiti, vincoli e costi; 3. progettazione: in questa fase vengono scelte le risorse umane e stanziate quelle materiali per la realizzazione del processo seguendo tempi e metodi realistici e vengono costituiti i gruppi di lavoro;

4. realizzazione: la reputazione realizzata è quella che viene resa pubblica attraverso azioni seguendo i piani di lavoro stabiliti in precedenza;

5. percezione: consiste nel monitorare ciò che il mondo esterno ha percepito. Le informazioni relative alla reputazione percepita devono essere raccolte in

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database in modo da poterne analizzare nel tempo l’andamento cosicché si possa avere, in futuro, una base di dati utili al fine di progettare ulteriori processi reputazionali.

In definitiva, analizzare le similitudini e le differenze tra la reputazione ideata inizialmente e quella percepita alla fine del ciclo, può rappresentare un valido indicatore della qualità della piano strategico adottato.