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Social Recruiting e Digital Reputation: opportunità e criticità legate all'uso dei social network site nel mondo del lavoro

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

LM 59

“COMUNICAZIONE D’IMPRESA E POLITICA DELLE RISORSE UMANE”

TITOLO TESI:

“Social Recruiting e Digital Reputation:

opportunità e criticità legate all’uso dei social network site nel

mondo del lavoro”

Anno Accademico 2016/2017

RELATRICE

Prof.ssa Roberta Bracciale

CANDIDATO

Stefano Morabito

Matricola 511756

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Alla mia famiglia e in memoria di Luigi

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INDICE

Introduzione 1

1. Capitolo I – L’evoluzione del concetto di recruiting 4

1. Cosa si intende per recruiting? 4

2. Le fasi del recruiting 5

3. Il passaggio dal recruiting tradizionale al recruiting 2.0 10

3.1. Il recruiting nella fase del web 1.0 11

3.2. Cosa cambia col passaggio al web 2.0: nuovi attori e nuovi canali 13 3.3. I siti specializzati nella mediazione tra domanda e offerta di lavoro

nell’e-recruiting

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4. Verso un altro passo in avanti: i social network site aprono al recruiting 3.0?

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2. Capitolo II – Il Social Recruiting 23

1. Una panoramica sul social recruiting 23

2. La presenza online delle aziende e dei job seeker 25 3. Il modo in cui vengono utilizzati i social network site per il social

recruiting 28 3.1. LinkedIn 29 3.2. Facebook 32 3.3. Twitter 34 3.4. YouTube 36

4. Una nuova figura professionale: il social recruiter 36

5. L’Employment Advertising 40

6. Vantaggi e criticità del social recruiting 42

3. Capitolo III – La Digital Reputation 47 1. La cura della reputazione online attraverso i social network site 47 2. Le figure professionali legate alla reputazione online 52

3. L’Employer Branding 54

4. Il Personal Branding 56

5. Le crisi reputazionali sui social network site: rischi e conseguenze 58

4. Capitolo IV – Un’analisi dei dati relativi al Social Recruiting in Italia 62 1. Il flusso di utilizzo dei social network site in Italia 62 2. Analisi del Work Trends Study di Adecco Italia 64

Conclusioni 72

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INTRODUZIONE

Da quando, 25 anni fa circa, Tim Berners-Lee lanciò il primo progetto di sito web dando inizio a quello che, da quel momento in avanti, sarebbe stato conosciuto come il

World Wide Web, la società è profondamente cambiata. Quella di Internet è stata senza

dubbio una di quelle invenzioni che possono essere definite epocali. Il web è entrato a far parte della quotidianità di tantissime persone a tal punto di aver mutato completamente il modo di comunicare degli individui e quello di operare delle organizzazioni. Molteplici sono, infatti, i cambiamenti che la tecnologia ha reso possibili all’interno delle aziende, sia a livello comunicativo che strategico e procedurale. Uno di questi è rappresentato dall’ingresso sulla scena mediale dei social network site che hanno aperto una vastissima gamma di nuovi canali comunicativi e di business.

Lo scopo di questo elaborato è quello di affrontare, nel contesto delle risorse umane, le innovazioni e le opportunità che l’utilizzo di queste piattaforme digitali ha reso possibili, in particolare sul tema del reclutamento del personale e sulle facilitazioni nel far incontrare domanda e offerta di lavoro ma, allo stesso tempo, mettere in guardia sui rischi che può comportare un utilizzo scorretto dei canali social.

Nel primo capitolo di questa tesi verrà affrontato il tema dell’evoluzione del concetto di recruiting nel tempo, ovvero di come si siano evoluti i processi di ricerca e selezione del personale, dal momento in cui il web è stato inventato fino a quando, col passare del tempo, è diventato un protagonista assoluto della società contemporanea. Dapprima verranno esposti i punti salienti di quello che è il processo di recruiting in sé e delle fasi che si susseguono dal momento in cui si avvia una ricerca di lavoro a quello in cui si esaurisce, con l’assunzione e l’inserimento della risorsa all’interno dell’organizzazione.

In seguito, sarà affrontato il tema dei cambiamenti procedurali che sono avvenuti nel passaggio dalla fase del recruiting tradizionale a quello del cosiddetto recruiting 2.0, ossia come sono cambiati gli approcci da parte dei recruiter all’iter di ricerca e selezione del personale da quando gli strumenti digitali del web hanno facilitato le loro funzioni e reso possibile la presenza di ulteriori attori nel mondo del lavoro, grazie all’introduzione di nuovi canali di reclutamento. Tra questi, ad esempio, vi sono i siti web nati con lo scopo di facilitare l’incontro e la mediazione tra domanda e offerta di lavoro aprendo la strada a quello che viene comunemente definito e-recruiting, ovvero la ricerca e la selezione del personale utilizzando il web.

Nella parte finale del primo capitolo, verrà introdotto il tema dei social network site e del modo in cui essi hanno rivoluzionato l’intera sfera comunicativa della società contemporanea, aprendo nuovi scenari in molti settori aziendali e, ovviamente, anche in quello delle risorse umane al punto che, in molti, parlano oggi di recruiting 3.0 per definire

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appunto l’ulteriore evoluzione del modello di ricerca e selezione del personale attraverso l’utilizzo dei social media.

Nel secondo capitolo si discuterà del tema principale di questo elaborato, ovvero quello riguardante il Social Recruiting. L’analisi inizierà da una panoramica generale sull’argomento, per poi focalizzarsi sulle principali modifiche che l’approccio social al

recruiting ha portato all’interno del settore delle risorse umane e dei benefici che

l’enorme mole di dati che il web mette a disposizione di recruiter e candidati può portare in termini di riduzione dei tempi e dei costi per il processo di reclutamento per le aziende e di nuove opportunità professionali per i job seeker.

In seguito si analizzerà la presenza sulla scena mediale digitale dei candidati e delle aziende, i vari modi in cui essi operano sui social, intrattengono scambi comunicativi tra loro e le opportunità che, stando in rete con una strategia di presenza efficace, si possono creare per ottenere vantaggi competitivi sul mercato.

Successivamente, sarà discusso nei dettagli l’utilizzo dei social network site per il

social recruiting e verranno esposte le modalità con le quali i job seeker e le

organizzazioni sfruttano le opportunità professionali che danno le principali e popolari piattaforme social come LinkedIn, Facebook, Twitter e YouTube.

L’utilizzo dei social network site nel processo di ricerca e selezione del personale ha reso necessaria, per le organizzazioni, la formazione di nuove figure professionali: i

social recruiter. Questi, devono avere delle competenze trasversali relative non solo al recruiting in sé ma anche al marketing e alla comunicazione. Verranno quindi spiegate

nel dettaglio le mansioni di questa risorsa che, oltre a svolgere le ovvie funzioni del selezionatore, deve saper anche creare un valore aggiunto per l’azienda nel momento in cui dovrà pubblicizzare una posizione vacante come fosse un prodotto da vendere, per quella che viene definita come strategia di employment advertising.

Nel terzo capitolo, verrà invece posta l’attenzione sul tema della Digital Reputation. Dapprima si discuterà dell’importanza di possedere una buona reputazione sia per poter essere considerati affidabili da un potenziale datore di lavoro, nel caso dei job seeker che per mantenere attrattività nei confronti dei migliori talenti, per quanto riguarda le organizzazioni. Successivamente, ci si concentrerà sulla cura della reputazione online attraverso i contenuti che vengono postati sui social network site, facendo attenzione a non lasciare tracce sconvenienti in rete che, nell’era digitale, possono rappresentare un serio ostacolo per la carriera di un professionista o per mantenere competitivo il brand di un’azienda.

In seguito, verrà affrontato il tema dell’utilità di avere delle figure professionali specializzate per la cura della digital reputation affinché l’azienda eviti crisi reputazionali

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o che, in presenza di esse, abbia dei professionisti pronti a limitarne le conseguenze negative.

Saranno poi affrontati i temi dell’Employer Branding e del Personal Branding, ossia vere e proprie strategie di marketing e di comunicazione incentrate su un concetto che sta alla base di entrambe: il trasmettere all’esterno e con l’ausilio delle piattaforme di social media, un’immagine positiva al fine di creare o mantenere un vantaggio competitivo rispetto ai competitor. Questo concetto, se ben applicato, nell’ambito delle risorse umane, si traduce in un aumento dell’attrattività dell’azienda nei confronti dei migliori talenti disponibili sul mercato del lavoro e, per ciò che concerne gli individui, la possibilità di emergere tra tanti e facendosi notare dai recruiter.

A conclusione del terzo capitolo, verrà affrontato il tema della gestione delle crisi reputazionali sui social network site: utilizzare in modo superficiale queste piattaforme, infatti, può comportare delle problematiche che possono finire per danneggiare sia la reputazione individuale che del brand aziendale e, a tal proposito, saranno citati dei casi concreti nei quali una comunicazione errata ha portato a gravi conseguenze.

L’ultima parte di questo elaborato, infine, avrà lo scopo di dare un quadro di quelli che sono i numeri reali delle varie attività svolte online relative al social recruiting e alla cura della digital reputation attraverso l’analisi di un’indagine svolta da Adecco (2015) su un campione di recruiter e candidati, i quali si sono resi disponibili a rispondere a specifiche domande inerenti al tema principale di questa tesi, dando così un ulteriore spunto di riflessione su quelli che potranno essere, in futuro, i benefici derivanti da una sempre maggiore attività online dei selezionatori e dei job seeker sui social media.

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CAPITOLO I

L’evoluzione del concetto di recruiting

1. Cosa si intende per recruiting?

Chiunque voglia intraprendere una carriera professionale in azienda, sia essa pubblica o privata, dovrà affrontare uno dei momenti più delicati ma, allo stesso tempo, importante della propria vita: il colloquio di lavoro. Quest’ultimo è, nella grande maggioranza dei casi1, un incontro faccia a faccia tra la persona che sta cercando lavoro ed il recruiter, al quale l’azienda delega il compito di selezionare la persona da inserire nel proprio organico. «Il reclutamento è l’insieme delle attività attraverso le quali l’impresa esprime la propria domanda di lavoro e attiva nei propri riguardi l’offerta potenziale di lavoro, monitorando allo stesso tempo le dinamiche evolutive del mercato» (Costa e Gianecchini 2013, pp. 178-179). Grazie a queste attività, combinate tra esse, i selezionatori avranno a disposizione un certo numero di candidati per la proposta di lavoro su cui iniziare a verificare le competenze e l’adattabilità al ruolo richiesto. Va detto che, a seconda del grado e della posizione per la quale si avvia un processo di selezione e/o la celerità con la quale l’azienda chiede al proprio team di risorse umane di affidare quella data mansione ad una nuova figura, i selezionatori possono, come scelta iniziale, procedere a un’indagine interna per valutare se occorra o meno, avviare una ricerca esterna di personale. «Spesso, infatti, in azienda si trovano già lavoratori in grado di ricoprire la posizione: immediatamente o dopo un periodo di formazione e addestramento» (Costa e Gianecchini 2013, p. 184). Perciò, ove ci fossero i presupposti, si ricorre al recruiting interno, vale a dire la promozione o il cambio di mansione per un lavoratore già assunto presso l’azienda stessa. In questo caso, c’è un notevole risparmio in termini di tempo (in quanto si conosce già la persona ed il suo livello di professionalità) e costi di ricerca, selezione, formazione professionale ed inserimento.

Se ciò non fosse possibile, i selezionatori dovranno guardare al di fuori dell’organizzazione e quindi optare per la soluzione della ricerca esterna. Secondo Costa e Gianecchini (2013), il ricorso al reclutamento sul mercato esterno, si ha quando si manifestano dei limiti nel mercato interno sia quantitativi (numero insufficiente di persone che possono essere reclutate) che qualitativi, in termini di qualità di competenze interne. Pertanto, da quel momento in avanti, si innescheranno le varie fasi di ricerca e selezione delle nuove figure professionali.

1 Il colloquio “faccia a faccia” non è l’unica modalità utilizzata dai selezionatori per incontrare i

candidati. A volte, si può anche ricorrere, per svariati motivi che ne impediscono l’incontro fisico, a interviste telefoniche o in videoconferenza, grazie all’utilizzo di Skype o similari.

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2. Le fasi del recruiting

Il processo che porterà, come risultato finale, all’assunzione di una o più persone all’interno dell’azienda, segue un iter abbastanza comune a tutti i team di risorse umane, che si concretizza nel susseguirsi di alcune fasi, l’una propedeutica all’altra. La ricerca e la selezione dei lavoratori da inserire in organico, come scrivono Costa e Gianecchini (2013) passa sostanzialmente dalle seguenti fasi:

1. Job analysis

2. Pubblicazione dell’offerta di lavoro 3. Screening dei curricula

4. Colloquio di lavoro 5. Scelta del candidato 6. Inserimento in azienda

Va detto che questo tipo di processo, non sempre è svolto dall’azienda che è alla ricerca di personale ma, in alcuni casi o per determinate posizioni, può essere parzialmente o interamente delegato ad altri attori2 operanti nel mercato del lavoro.

La job analysis è il primo passo da compiere per trovare il candidato più adatto a ricoprire il ruolo per il quale si sta avviando la ricerca. Essa consiste nella raffigurazione astratta del prototipo ideale della risorsa da assumere. Concretamente è la combinazione tra i requisiti personali e professionali che dovrà possedere la nuova risorsa da ricercare e la job description.

Per ciò che concerne la valutazione dei requisiti, riassumendo il pensiero di Costa e Gianecchini (2013), sarà importante definire in questa analisi i seguenti tratti distintivi:

• range di età anagrafica

• abilità e competenze professionali

• eventuali anni di esperienza nel ruolo per il quale si è avviata la ricerca • livello di formazione e grado di istruzione

• certificazioni necessarie a ricoprire specifici ruoli • altre competenze personali di varia natura

Per quanto riguarda la job description, invece, essa dovrà sintetizzare le caratteristiche pratiche del lavoro e cioè:

2 Alcune aziende si affidano, per la ricerca di nuove figure professionali, ad Agenzie per il Lavoro

(APL) che, dietro accordi contrattuali stipulati con le aziende mandatarie, si incaricano di svolgere per conto di esse tutte le fasi del recruiting consegnandogli, nei tempi concordati, la figura professionale più idonea a svolgere quel ruolo.

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6 • il titolo della posizione in azienda

• la descrizione dettagliata delle mansioni che, chi si candida, dovrà svolgere • il ruolo e l’inquadramento professionale

• i livelli di autonomia e responsabilità • gli obiettivi lavorativi da raggiungere • gli strumenti di lavoro

• il luogo in cui si dovrà svolgere il lavoro • il livello di retribuzione

• la tipologia e la durata del contratto

Una volta completata questa analisi dettagliata, nel modo più chiaro e sintetico possibile, gli addetti alle risorse umane possono passare alla fase successiva.

Alla conclusione della job analysis si ha ben chiara la figura professionale che si deve andare a ricercare nel mercato del lavoro. Pertanto si passa alla seconda fase, ovvero alla pubblicazione dell’offerta di lavoro sui diversi canali che si hanno a disposizione. L’offerta dovrà essere pubblicata in modo chiaro, al fine di limitare al minimo le possibili incomprensioni. A seconda della tipologia di lavoratore che si sta ricercando, gli addetti alle risorse umane scelgono il canale che ritengono più idoneo a fare in modo che la propria proposta raggiunga la più grande quantità di potenziali candidati e soprattutto coloro i quali ritengono più adatti a ricoprire il ruolo richiesto. Per questi motivi, come scrivono Costa e Gianecchini (2013), le offerte di lavoro potranno essere pubblicate attraverso:

• gli organi di stampa, siano essi quotidiani oppure riviste specializzate, in sezioni espressamente dedicate agli annunci di lavoro. Un problema caratteristico dei quotidiani è, paradossalmente, anche il proprio punto di forza, ovvero la sua diffusione, perché gli annunci pubblicati sui giornali arrivano a moltissime persone, ma con un basso filtro. A volte quindi sarà consigliabile, al fine di scremare il mercato, rivolgersi ad un certo tipo di riviste in quanto «per esempio, per reclutare un programmatore di computer, l’uso di riviste specializzate in informatica consentirà di non disperdere il messaggio e di attivare uno specifico segmento di offerta» (Costa e Gianecchini 2013, p. 191). Questo tipo di inserzioni sono notoriamente le più utilizzate, ma allo stesso tempo quelle che rappresentano per l’azienda un costo maggiore, in quanto pubblicare un annuncio di lavoro su un giornale ha un costo sicuramente superiore rispetto alla scelta di altre modalità di pubblicazione;

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• i siti web3 specializzati nel raccogliere le offerte di lavoro e a pubblicarle successivamente sul loro portale. Il vantaggio rappresentato da questa modalità di pubblicazione è che gli annunci rimangono più a lungo in circolazione, sono meno costosi per l’azienda e soprattutto più semplici da consultare, supponendo comunque che, in questo caso, si stia ricercando una figura professionale di un certo livello e ci si stia rivolgendo pertanto ad un pubblico sufficientemente alfabetizzato da un punto di vista informatico e digitale, cosa che, allo stato attuale, non va data ancora per scontata;

• sui portali delle aziende. Le offerte possono essere pubblicate, qualora l’organizzazione sia presente online, sul proprio sito aziendale dove, all’interno del portale stesso, sarà certamente presente un’apposita sezione dedicata4 che consente l’invio telematico del curriculum e la sua conservazione dentro il database interno dell’azienda. Questa opzione è molto utile in quanto può fare in modo che una candidatura, che in quel particolare momento non risultasse in linea con i requisiti richiesti dalla posizione da ricoprire, possa tornare ad essere considerata qualora, in futuro, si dovessero riaprire delle ricerche per altre figure professionali.

Infine, un altro canale a disposizione delle aziende è la pubblicazione delle proprie offerte nelle bacheche digitali delle università5 in modo da attrarre studenti in procinto di laurearsi o appena laureatisi. In quest’ultimo caso, risulta evidente però che la scelta delle organizzazioni di rivolgersi agli atenei, rappresenta una chiara volontà di restringere il campo della propria attenzione soltanto verso profili professionali di un certo tipo e cioè quelli considerati di alto livello di specializzazione.

Compiuto questo secondo passo, ai selezionatori non resta che attendere la ricezione delle candidature da analizzare e, successivamente, passare alla fase dello screening dei curricula. In questa fase «i candidati vengono filtrati in base al possesso di alcune caratteristiche “di soglia”. A questa prima scrematura ne segue una effettuata dai selezionatori, che controllano e analizzano le informazioni fornite dal candidato nel curriculum» (Costa e Gianecchini, pp. 203-204). Questo è un momento delicato del

3 Tra i più noti e consultati si possono citare: Monster, InfoJobs, Indeed e Bancalavoro, ma la

crescita di questi siti è in costante aggiornamento.

4 Quasi tutte le aziende che possiedono un sito internet hanno la sezione dedicata alla

pubblicazione delle proprie offerte di lavoro o alla ricezione delle candidature spontanee, che solitamente è denominata “Lavora con noi”.

5 Tutte le università italiane hanno un portale web chiamato Job Placement che consente a

studenti e aziende di entrare in contatto, facilitando l’ingresso nel mondo del lavoro per gli studenti e la possibilità di reclutare personale giovane e altamente qualificato per le aziende. La bacheca del servizio di job placement dell’Università di Pisa è consultabile al seguente indirizzo: http://jobplacement.unipi.it/

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processo in quanto, subito dopo la pubblicazione di un’offerta di lavoro, le aziende ricevono una quantità molto elevata di candidature, alle quali si possono aggiungere anche le autocandidature spontanee che, solitamente, vengono inviate da chi è alla ricerca di nuove opportunità lavorative, anche in periodi nei quali le aziende non hanno attivato alcuna offerta di lavoro. Pertanto, il compito dei recruiter sarà, in primo luogo, scartare tutte quelle candidature non meritevoli di attenzione perché non pertinenti con i requisiti richiesti e, in seconda battuta, procedere all’attenta analisi dei curricula adatti, in quanto in linea con la job description precedentemente stilata dall’azienda. Un’attenta attività di screening sarà importante al fine di individuare soltanto una rosa ristretta di persone che posseggono sia le caratteristiche necessarie per il lavoro richiesto che un profilo professionale interessante per l’azienda, da contattare ed eventualmente convocare per la fase seguente, onde evitare inutili perdite di tempo.

A questo punto, si può procedere con il colloquio di lavoro. Questo è il momento in cui azienda e candidato entrano per la prima volta in contatto. Secondo Costa e Gianecchini (2013), tra tutte le candidature analizzate dai selezionatori, vengono scelte quelle più meritevoli di approfondimento e, a quel punto, si procede al contatto telefonico (o via e-mail) della persona da convocare in azienda. Il contatto telefonico è già, di per sé, una forma di colloquio in quanto può far emergere, sin da quel momento, una prima impressione relativa al modo in cui la persona si pone nei confronti dell’opportunità lavorativa che gli si sta proponendo. Rispondere “al primo colpo” e in maniera garbata e disponibile nei confronti dell’interlocutore rappresenta un ottimo biglietto da visita per il colloquio vero e proprio. Questo, sarà uno scambio reciproco di informazioni a tutto campo, dove sia il recruiter che il candidato si confronteranno in modo tale da chiarire tutti gli aspetti legati alla posizione da occupare in azienda. Infatti, non spetta soltanto a chi si candida dare una buona impressione di sé, ma anche il recruiter, che ha il compito di presentare l’impresa e trasferirne una buona immagine all’interlocutore, deve riuscire ad essere chiaro e persuasivo per fare in modo che, al termine dell’incontro, il candidato non abbia ripensamenti o rimanga deluso dall’azienda e dalla prospettiva lavorativa che gli viene illustrata.

Le tecniche utilizzate sono numerose e in continuo aggiornamento, ma l’intervista “faccia a faccia” ed i colloqui di gruppo sono quelli più frequenti. In questa fase, sarà importante, per il selezionatore, fare le domande più appropriate per ottenere quelle informazioni finalizzate a verificare se le competenze lette nel curriculum dell’individuo sono realmente coerenti con le caratteristiche salienti della posizione che egli dovrà

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andare a svolgere. In quest’ottica, potranno essere somministrati ai candidati anche dei test6, i cui risultati potranno avere una rilevanza specifica nel momento della scelta finale. Una volta finito il ciclo dei colloqui, il team dei selezionatori si prende del tempo, che varia in base anche all’urgenza che si ha di assumere la risorsa, per valutare attentamente ogni aspetto riguardante le competenze professionali ed il lato umano e della personalità che sono emersi durante le interviste. Dopo di che, si passa alla scelta

del candidato: è questo, senza dubbio, il momento cruciale dell’intero processo di

recruiting perché è quello che precede l’ingresso della nuova risorsa in azienda. In

questa fase, oltre alle ovvie valutazioni basate sulle competenze professionali e sull’aspetto della personalità, giocano un ruolo importante, anche se non sempre decisivo, eventuali incentivi occupazionali che può offrire in quel dato periodo il mercato del lavoro7. Pertanto, a parità di giudizio su due candidati, uno potrà avere la meglio sull’altro se all’azienda convenisse, da un punto di vista economico, assumere una risorsa che rientra in una particolare categoria soggetta a ricevere degli incentivi economici o degli sgravi fiscali. Una volta completate le verifiche necessarie, e analizzati gli aspetti burocratici legati all’assunzione della nuova risorsa, i recruiter decidono di assumere il candidato che è risultato essere il più incline a svolgere quel lavoro e vicino all’iniziale prototipo di candidato che era stato idealizzato durante la prima fase, quella della job analysis.

L’ultima fase del processo di recruiting consiste nell’inserimento in azienda, ossia nell’accompagnare la risorsa appena selezionata nel suo nuovo ambiente lavorativo. Solitamente, prima di passare all’assunzione a tempo indeterminato, ai nuovi arrivati vengono proposte delle tipologie di contratto, che Costa e Gianecchini (2013) definiscono come una modalità “soft” per favorire l’ingresso dei lavoratori in azienda, volte a misurare in un dato intervallo temporale (solitamente compreso tra i 3 e i 12 mesi) la reale predisposizione a svolgere in modo sempre più autonomo e soddisfacente quelle determinate mansioni. A tal proposito, i contratti di stage, tirocinio, apprendistato ed altre tipologie di contratti a tempo determinato, hanno la funzione specifica di permettere al team delle risorse umane un’attenta valutazione della performance dei nuovi assunti nell’ottica finale di un’assunzione a tempo indeterminato. L’inserimento in azienda, si concretizza con la presentazione della figura professionale neo assunta ai colleghi e ai

6 «I test più utilizzati nell’attività di selezione sono riconducibili a due principali categorie: test

cognitivi e test di personalità. Tra i test cognitivi si distinguono i test di abilità generale, psicoattitudinali e di conoscenza […] La seconda categoria di test è costituita dai test di personalità, strumenti che si propongono di verificare le caratteristiche emotive, motivazionali, relazionali e di atteggiamento che sono alla base dell’interazione di un individuo con il proprio ambiente di riferimento» (Costa e Gianecchini 2013, pp. 206-207).

7 Il mercato del lavoro offre degli incentivi e degli sgravi fiscali alle aziende nel momento in cui

assumono persone che fanno parte di determinate categorie per le quali sono state assegnate dei bonus occupazionali: ad esempio, i bonus per l’assunzione di giovani o di donne.

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superiori con i quali la risorsa andrà ad interagire, specificando in maniera dettagliata ciò di cui egli si andrà a occupare, predisporre eventuali corsi di formazione professionale e, infine, affiancargli una o più persone che abbiano maturato già una certa esperienza, le quali avranno il compito di fargli da punto di riferimento per i primi giorni di lavoro, in modo tale da rispondere ad eventuali dubbi e dargli consigli utili per svolgere bene le sue mansioni.

3. Il passaggio dal recruiting tradizionale al recruiting 2.0

Il progresso tecnologico che si è sviluppato dal momento in cui Internet è entrato in pianta stabile nella quotidianità di molte persone, ha inevitabilmente inciso nel cambiamento di tanti aspetti della società, modificando i tradizionali modi di interagire degli individui e tante altre consuetudini, in quanto «l’onnipresenza della tecnologia in qualsiasi aspetto della vita quotidiana ha come conseguenza quella di interagire con la delicata sfera dei valori individuali e con il modo in cui la società di relaziona ad essi» (Bennato 2011, p. 123).

Oggi, infatti, viviamo l’epoca del digitale e chi non si adegua a questo cambiamento rischia l’esclusione, non soltanto dal mondo del lavoro, ma anche da tutte le altre sfere d’interazione della società: «l’era digitale costituisce, infatti un punto di non ritorno, un po’ come lo è stato il capitalismo a partire dalla sua nascita e diffusione» (Sena 2015, p. 35). Il divario digitale, del resto, rappresenta ancora oggi uno dei motivi di inclusione/esclusione dalla società, che però non può essere fatto risalire soltanto all’indicatore relativo alla possibilità di accedere o meno a Internet. Le disuguaglianze digitali dipendono da molti altri fattori tra i quali: le condizioni economiche, il grado di istruzione, le infrastrutture, le differenze anagrafiche e di genere e la zona geografica.

Per questi motivi, sapersi adattare al “nuovo mondo digitale” è, perciò, fondamentale sia per le organizzazioni che per i lavoratori o aspiranti tali. L’impatto della tecnologia sulle aziende, è stato talmente forte da spingerle a prendere delle contromisure per evitare di perdere competitività rispetto alle concorrenti sul mercato. Ciò è avvenuto in ogni ambito, dal pubblico al privato, sia quindi per le pubbliche amministrazioni che per le piccole, medie e grandi imprese, andando soprattutto ad incidere su molti aspetti gestionali e operativi del ciclo funzionale di un’azienda. Al giorno d’oggi, molte attività di cruciale importanza per le organizzazioni avvengono quasi interamente sul web o comunque con l’ausilio degli strumenti digitali che l’evoluzione tecnologica ha reso disponibili.

Ovviamente, il mondo del lavoro è progredito di pari passo al cambiamento epocale della società degli ultimi trent’anni ed è mutato, di conseguenza, anche l’approccio delle aziende alle tecniche di reclutamento del personale. Per ciò che

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riguarda le tecniche di recruiting, sono molteplici i cambiamenti che si sono registrati negli ultimi anni in materia di gestione delle risorse umane. Mutamenti che hanno modificato l’approccio sia dal punto di vista della domanda che dell’offerta della ricerca di lavoro. Infatti, sul tema del risparmio sui costi e sul tempo, le aziende hanno trovato un ulteriore input ad organizzarsi in modo sempre più aperto verso la tecnologia. Come già accennato nel paragrafo precedente, pubblicare un’offerta secondo metodi tradizionali, passando cioè attraverso canali come i quotidiani o le riviste specializzate, rappresenta non solo un costo maggiore, ma anche tempi più lunghi nell’attesa che la propria proposta sia letta e presa in considerazione dagli interessati. Inoltre, come sostiene Di Fraia (2011) la sempre crescente inclusione digitale delle persone, impone la presenza online delle aziende, perché una loro eventuale assenza dalla rete, può rappresentare un grosso limite per lo sviluppo del business e una perdita notevole di competitività sul mercato. Ciò vale anche per la gestione e lo svolgimento delle funzioni relative al reclutamento del personale perché, oggi, l’80% dei candidati svolge le sue ricerche di lavoro sul web (Adecco 2015) manifestando un allontanamento notevole dai metodi tradizionali di ricerca, considerati ormai obsoleti. Si evince ormai in maniera evidente che «la rete non è un semplice mezzo di comunicazione, ma un mezzo di relazione sociale» (Bennato 2011, p. 55).

Il punto fondamentale nel passaggio dal vecchio al nuovo modello di recruiting è stato, senza ombra di dubbio, lo sviluppo del web che si è evoluto notevolmente nel corso degli ultimi anni, tanto è vero che molti studiosi ed esperti del settore hanno lavorato a numerose ricerche e ne hanno teorizzato almeno tre fasi cruciali: il web 1.0, il web 2.08 e, infine, quella del web 3.0 che è quella che stiamo vivendo attualmente.

3.1. Il recruiting nella fase del web 1.0

La prima fase, quella del web 1.0, è cronologicamente fatta risalire al 1991, quando un informatico inglese, Tim Berners-Lee, lanciò il primo progetto di sito web presso il CERN9 dando inizio a quello che, da quel momento in avanti, sarebbe stato conosciuto come il World Wide Web. Questa dei primi anni novanta è una fase di Internet che si può definire embrionale, caratterizzata da connessioni molto lente ed un utilizzo assai sporadico da parte dell’utenza, contrapposto ad una presenza online da parte delle aziende ancora abbastanza minimale. Anche da un punto di vista estetico, le pagine del

8 Come scrive Bennato (2011) la nascita del termine web 2.0 è da attribuire a Tim O’Reilly,

fondatore e amministratore della O’Reilly Media, una casa editrice specializzata in informatica, il quale utilizzò questo neologismo per la prima volta in una conferenza dedicata al mondo del business e delle Ict tenutasi in California nel 2004.

9 Il CERN (Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire) è il più grande laboratorio al mondo

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cosiddetto web 1.0, non apparivano molto curate ed erano abbastanza statiche, anche per via della lentezza di connessione e per il linguaggio di programmazione utilizzato dai programmatori in quegli anni. Inoltre, l’accesso alla rete non era ancora molto diffuso. L’interazione tra chi naviga ed il produttore di contenuti pubblicati online era quasi inesistente, limitata soltanto alla posta elettronica, e la comunicazione era praticamente ad una sola direzione e di tipo top-down, vale a dire organizzata dall’alto (chi produce il contenuto) verso il basso (chi ne usufruisce), evidenziando una struttura ancora assai gerarchica della rete.

In questa fase, l’utente può quasi esclusivamente consultare documenti e, non avendone ancora intuito a pieno le reali potenzialità, anche le aziende non utilizzano gli strumenti tecnologici e del web per implementare le fasi del recruiting ma, piuttosto, sfruttano Internet giusto come una sorta di vetrina promozionale inserendo online poche pagine e poche informazioni, per lo più utili al fine di essere contattate attraverso i canali tradizionali della comunicazione. Per la ricerca e la selezione del personale, i team di risorse umane, continuano perciò ad utilizzare i vecchi metodi seguendo la tradizionale prassi definita in modo rigido e sequenziale. Le proposte di lavoro vengono ancora pubblicate attraverso i giornali e le riviste dedicate. Le sole eccezioni ammesse al tradizionale iter di recruiting sembrano ancora essere rappresentate dalla possibilità, sia dal punto di vista del job seeker che da quello dell’azienda, di rivolgersi ai Centri per l’Impiego, a cui viene delegato il compito di mediare tra chi cerca e chi offre lavoro o, in alternativa, ricorrere al meccanismo delle referenze. Grazie a quest’ultime, i selezionatori possono ottenere delle informazioni utili, ma che vanno comunque sempre ulteriormente verificate, riguardanti le competenze professionali di un individuo, contattando i precedenti datori di lavoro dello stesso. Un altro escamotage, utilizzato quantomeno al fine di ridurre i tempi del processo, è rappresentato dallo sfruttamento delle relazioni umane attraverso il cosiddetto “passaparola” che «è una ricerca informale che si basa sui contatti interpersonali. È lo strumento di ricerca privilegiato per imprese di piccole e medie dimensioni, dove l’organizzazione di sistemi formali di reclutamento e selezione è limitata. In questo caso, i lavoratori già impiegati in azienda segnalano al mercato esterno la presenza di posizioni vacanti» (Costa e Gianecchini 2013, p. 188).

Anche per chi è alla ricerca di nuove opportunità lavorative, il fatto di avere accesso al web nei primi anni novanta, non rappresenta ancora un vantaggio competitivo rispetto a chi non utilizza affatto Internet, in quanto le aziende non sono, per il momento, incentivate a curare nei dettagli la propria pagina online e non hanno ancora attivato nessun canale per farsi inviare le candidature in forma digitale. I curriculum dei candidati, contenenti nella maggioranza dei casi poche informazioni basilari e tutte da approfondire in sede di colloquio di lavoro, continuano a pervenire in forma cartacea agli uffici dei

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selezionatori, i quali devono aggiornare costantemente e, per lo più manualmente, gli archivi a loro disposizione.

In conclusione, nei primissimi anni della diffusione di Internet, per quanto riguarda le tecniche utilizzate per la ricerca e la selezione del personale nelle aziende, si nota uno scenario ancora abbastanza fermo allo status quo ante, ovvero non ancora del tutto aperto all’integrazione nei processi di recruiting dei progressi sia tecnologici che procedurali che il passaggio all’era digitale sta iniziando ad apportare. Sebbene sia chiaro alla maggior parte degli addetti ai lavori che il web possa diventare in un futuro ormai prossimo uno strumento utile al miglioramento di tutte le funzioni aziendali, comprese, appunto, quelle relative al processo di recruiting, il reale apporto di Internet è ancora marginale. Anche se è evidente che qualcosa sta cambiando, finché l’innovazione tecnologica non sarà concretamente adottata e comunemente sentita come indispensabile da tutti gli attori che fanno parte del mondo del lavoro, si continua sostanzialmente a seguire lo schema routinario, descritto da Costa e Gianecchini (2013) e Sena (2015), assai dispendioso in termini economici e caratterizzato da una lunghezza notevole del processo, di quello che è comunemente noto come recruiting 1.0.

3.2. Cosa cambia con il passaggio al web 2.0: nuovi attori e nuovi canali

Con l’upgrade al 2.0, il web acquisisce finalmente un vero ruolo da protagonista. In linea generale, è aumentato in modo esponenziale il numero dei siti web; le connessioni sono diventate molto più veloci grazie all’avvento della ADSL e gli utenti adesso non solo possono interagire tra di loro e con i produttori di contenuti ma, possono addirittura crearne loro stessi come, ad esempio, nel caso dei blog. Si fa spazio, perciò, anche nel mondo digitale la figura del prosumer10. Il flusso comunicativo non è più, dunque, ad una sola direzione ma diviene bidirezionale. Avere una connessione a Internet non dovrebbe essere più soltanto un’esclusiva di pochi, anche se stando ai dati Eurostat11 (2017a) riguardanti l’indicatore della frequenza individuale dell’accesso12 a Internet, si nota come l’inclusione digitale degli italiani, che al 2016 è data al 67%, sia ben al di sotto della media europea, stimata invece al 79%. Ciò denota dunque che esiste ancora un divario digitale abbastanza importante e che non va sottovalutato. Per contro,

10 «Espressione coniata da Alvin Toffler nel libro “The third wave” (1980): è una crasi dei

termini producer e consumer che indica un consumatore che è a sua volta produttore o, nell’atto stesso che consuma, contribuisce alla produzione» (Treccani 2008, http://www.treccani.it/enciclopedia/prosumer_(Enciclopedia-della-Scienza-e-della-Tecnica)/).

11 L'Eurostat è l’Ufficio Statistico dell'Unione Europea, con base a Lussemburgo, che raccoglie e

elabora dati dagli Stati membri dell'Unione europea a fini statistici, promuovendo il processo di armonizzazione della metodologia statistica tra gli Stati membri.

12 L’indagine mira a valutare l’inclusione digitale e ha come unità di misura la percentuale degli

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da un’altra indagine Eurostat (2017b) avente come oggetto d’analisi il livello d’accesso13 delle famiglie a Internet, risulta che quelle italiane che accedono al web, al 2016, sono il 79% a fronte di una media europea dell’85%. Anche questo non è un dato molto incoraggiante se comparato con quello dei maggiori paesi europei, ma risulta essere comunque in costante crescita rispetto agli anni precedenti, e lascia sperare che, in un futuro abbastanza prossimo, il dato relativo all’accesso a Internet delle famiglie italiane possa allinearsi a quello della media europea. Quello che comunque risulta evidente è che, adesso, chi naviga non ha più, come accadeva in passato, opportunità limitate nella sua esperienza online ma, grazie all’avvento del cosiddetto web 2.0 che ha aperto un ventaglio di possibilità maggiori per l’interazione e la produzione dei contenuti, è consapevole di poter dare attivamente un proprio contributo nella produzione di materiali digitali come, ad esempio, nel caso dei wiki14 o nella condivisione e nella diffusione di quelli prodotti da altri.

Secondo Bennato (2011), i concetti chiave del web 2.0 sono sostanzialmente due: l’architettura della partecipazione e l’intelligenza collettiva. Con il concetto di architettura della partecipazione (che per la prima volta appare nell'articolo di O'Reilly del 2005) si descrivono quei modelli mediante i quali le società 2.0 promuovono il coinvolgimento del maggior numero di utenti possibile, facendo aumentare il valore del servizio stesso che, grazie al principio economico delle esternalità di rete, migliora a sua volta, in quanto beneficia positivamente dell’aumento del numero di individui che utilizzano quel servizio. Con intelligenza collettiva, invece, va inteso quel comportamento collettivo che prende forma attraverso le tecnologie, le quali consentono l'aggregazione dell'intelligenza distribuita in vari individui e in diversi gruppi sociali avvalendosi della collaborazione autonoma delle persone, del loro coordinamento nel distribuirsi i compiti per competenze e, infine, della tecnologia stessa, perché è essa che consente che le forme di intelligenza collettiva possano essere espresse. Il passaggio al web 2.0, non implica un passaggio tecnologico ma progettuale: le tecnologie alla base della rete sono rimaste quasi uguali mentre è cambiato il modo in cui esse sono usate.

La sempre più crescente digitalizzazione delle imprese e la loro conseguente presenza attiva su Internet, incide notevolmente sui processi aziendali per lo svolgimento delle diverse funzioni delle organizzazioni. Per il mondo delle risorse umane e, in particolar modo, per i selezionatori è un’evoluzione importante perché adesso, essi

13 L’indagine si riferisce alla percentuale delle famiglie che hanno accesso ad Internet da casa,

considerando tutte le forme di utilizzo di Internet. Il range d’età della popolazione che è stata presa in esame va dai 16 ai 74 anni.

14 «Il termine wiki – parola della lingua hawaiana che vuol dire veloce – indica una particolare

classe di software […] il cui scopo è la possibilità di creare siti in cui chiunque sia registrato può contribuire alla produzione di un contenuto» (Bennato 2011, p. 81). Uno tra i più celebri siti wiki è l’enciclopedia online Wikipedia.

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riescono ad ottenere con più facilità l’accesso ad informazioni alle quali, in passato, potevano accedere soltanto ricorrendo all’utilizzo dei canali tradizionali. Inoltre, si riducono drasticamente i tempi che intercorrono dal momento che va dall’avvio della ricerca a quello che sancisce l’inserimento in azienda e, soprattutto, si concretizza un notevole risparmio in termini economici poiché le nuove tecnologie permettono di utilizzare tecniche di recruiting molto meno dispendiose del passato.

Con l’avvento del digitale «pensiamo, ad esempio, ai documenti cartacei tradizionali che vanno scomparendo, sostituiti da quelli in formato elettronico; al reclutamento del personale, che si avvale ormai prevalentemente di forme di

e-recruitment, nonché di database elettronici condivisi da più imprese su Internet» (Sena

2015, p. 27). Il curriculum scritto “a mano” ha quindi lasciato il posto a quello compilato in modo più sintetico e con dei format15 abbastanza standardizzati, in modo tale da rendere, ai selezionatori, il compito di lettura e di valutazione del documento più semplice e rapido; d’altra parte, anche la gestione dei curricula stessi è diventata meno complicata grazie alla possibilità di inserirli nei database digitali aziendali permettendo, quindi, alle aziende di sbarazzarsi degli archivi cartacei, considerati obsoleti e fastidiosi per via del fatto che devono essere continuamente aggiornati manualmente. Il passaggio dall’archivio cartaceo tradizionale a quello digitale rappresenta, pertanto, un notevole risparmio in termini di costi e di tempo per l’azienda che, in qualsiasi momento, può aggiornare in pochi semplici passi il database e, allo stesso tempo e con la medesima facilità, andare a reperire dei curricula pervenuti in passato senza dover mettere mano a vecchi faldoni.

Le innovazioni tecnologiche, quando sono di questa portata, vanno a ridefinire i confini sociali e relazionali di chi ne fa uso. Perciò, come è stato per il web, anche per il

recruiting, parleremo di un passaggio dal modello 1.0 a quello del 2.0, meglio noto come e-recruitment. In questa nuova fase, i team di risorse umane, accolgono la tecnologia

come ausilio per ogni loro funzione: dalla gestione alla valutazione del personale e delle loro performance, ai fini contabili e amministrativi, per la formazione e l’addestramento dei dipendenti, per l’aggiornamento continuo dei database ora diventati digitali e ovviamente per il reclutamento e la selezione online. Con questo upgrade, acquisiscono centralità nel processo i dati. Attraverso la digitalizzazione del processo, i dati a disposizione delle aziende, si moltiplicano ed iniziano a rappresentare una risorsa importante per la velocizzazione dei processi e per il risparmio sui costi totali legati all’adempimento delle funzioni aziendali. Se prima i pochi dati di cui disponevano i

15 Il curriculum in formato europeo o europass è quello maggiormente utilizzato dai job seeker e,

molto spesso, esplicitamente richiesto dai selezionatori al momento della pubblicazione dell’offerta di lavoro.

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selezionatori erano basilari e dovevano essere approfonditi nel momento del colloquio di lavoro, ora sono più numerosi, più dettagliati e, di conseguenza, più utili ai fini del processo di selezione.

Come sintetizza Sena (2015), l’e-recruitment permette di offrire lavoro attraverso il sito web dell’organizzazione o per mezzo di siti specializzati nelle offerte di lavoro, dando la possibilità agli interessati di inviare i loro curricula per e-mail o attraverso gli appositi form16 presenti sulla pagina internet dell’azienda. Ciò è utile anche per i

recruiters in quanto consente loro di accedere ai dati dei potenziali candidati attraverso

l’utilizzo di questi nuovi strumenti, attraverso i quali possono anche sottoporgli dei test utili al fine di ridurre ulteriormente i costi di reclutamento. Ma come ogni innovazione considerata epocale, anche la digitalizzazione del processo di recruiting porta con sé delle insidie. Di fatti, non sempre un progresso tecnologico viene assorbito facilmente da tutti i dipendenti di un’organizzazione. Sostengono Frigotto e Trentin (2016) che se per i giovani, non necessariamente nativi digitali17, e altre persone aperte ed inclini alle innovazioni, l’ausilio dei supporti tecnologici rappresenta sempre una piacevole novità che viene vista in un’ottica semplificativa e di aiuto a sfruttare a pieno le proprie potenzialità professionali, per molti altri invece può rappresentare un motivo di perdita di fiducia nelle proprie capacità lavorative. Soprattutto il personale “vecchio stampo” che ha lavorato per tanto tempo con strumenti e metodologie tradizionali, ha spesso difficoltà a fare proprie le nuove tecniche e, addirittura, vede con cattiva luce i cambiamenti che gli vengono proposti in quanto hanno la sensazione di non sentirsi più adeguati al nuovo modo di concepire il loro lavoro. Sarà quindi compito del management aziendale fare in modo che si stabilisca, in tutti i dipendenti dell’organizzazione, il giusto clima intorno alle innovazioni sia strumentali che metodologiche legate all’utilizzo di nuovi canali digitali, facendo leva sulle conseguenze positive che essi comportano. Per rendere possibile ciò, i manager più illuminati e attenti al benessere psicologico dei propri dipendenti, sono soliti investire delle risorse in corsi di aggiornamento e formazione professionale al fine di consentire anche ai più refrattari al progresso tecnologico di mettersi allo stesso livello dei propri colleghi.

Volendo dunque sintetizzare i punti salienti del recruiting 2.0 abbozzando una sorta di analisi SWOT18 troviamo tra i punti di forza:

16 Si intende, in informatica, l'interfaccia di un programma che consente a un utente di un sito web

di inserire e inviare uno o più dati.

17 Espressione tradotta dall’inglese digital natives e coniata dallo scrittore statunitense Marc

Prensky in un suo articolo del 2001 intitolato Digital Natives, Digital Immigrants.

18Come scrive Bertini (2000) l’analisi SWOT è quella tipologia di analisi che le organizzazioni

utilizzano per pianificare un progetto o un’attività e che consiste nell’evidenziare i punti di forza (Strenght), di debolezza (Weakness), le opportunità (Opportunity) e le minacce (Threat) che si riscontrano per il raggiungimento dell’obiettivo che l’azienda si prefigge di raggiungere.

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17

• la maggior celerità del processo di recruiting; • l’abbattimento di barriere geografiche; • il risparmio sui costi;

• la possibilità di rivolgersi a un’utenza assai più vasta ed eterogenea; • la facilità di utilizzo del mezzo digitale;

• la possibilità di archiviare i curricula in database digitali catalogati per parole chiave.

D’altra parte, potranno verificarsi anche delle criticità, più che svantaggi o punti di debolezza veri e propri, che dovranno essere messe in conto dai recruiter e che possono essere le seguenti:

• l’eccessiva quantità di candidature pervenute per una posizione;

• l’elevato numero di individui che si candidano per posizioni per le quali non ne hanno i requisiti;

• un maggior tempo da dedicare all’attività di screening;

• il rischio di standardizzazione dei curricula e la conseguente perdita di originalità dei candidati;

• la possibilità di incappare, sia per le aziende che per i job seekers, in problemi legati all’utilizzo errato della tecnologia.

Per quanto riguarda invece gli aspetti legati alle opportunità e alle minacce, si può affermare che, essendo quello della digitalizzazione del processo di recruiting un discorso in continua evoluzione e che procede di pari passo allo sviluppo del web in generale, esse saranno monitorate ed analizzate di conseguenza alle modifiche al processo che l’utilizzo di eventuali nuovi canali e nuove metodologie saranno in grado di apportare.

«Se da un lato, quindi, le nuove tecnologie digitali possono favorire la competitività, l’internalizzazione, la riduzione dei costi e, attirando giovani creativi e aperti al cambiamento, l’innovazione delle organizzazioni […] dall’altro esse necessitano di essere accompagnate da un mutamento culturale e cognitivo che faccia sì che non vengano vissute dai lavoratori e dai professionisti del management in modo ostile e intrusivo, ma come opportunità di miglioramento della qualità del lavoro stesso» (Sena, 2015, pp. 34-35).

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18

3.3. I siti specializzati nella mediazione tra domanda e offerta di lavoro

nell’e-recruiting

Tra i nuovi attori protagonisti nel mondo del lavoro che operano con le tecniche proprie del recruiting 2.0 vi sono appunto alcuni siti internet (il cui numero negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente), che sono nati con lo scopo di fare incontrare la domanda e l’offerta di lavoro. Questi siti fungono da vera e propria piattaforma19 dove sia il job seeker che il recruiter possono trovare un’importante facilitazione a conseguire i rispettivi obiettivi.

«I servizi offerti da questi siti alle persone sono di varia natura: la possibilità di creare un account personale che permette di gestire l’invio di curricula e lettere di presentazione diversificati, il motore di ricerca per la consultazione delle ricerche tramite parole chiave, gli agenti di ricerca automatica che inviano nella casella del candidato tutti gli annunci rispondenti ai criteri impostati […] I servizi per le aziende sono relativi a: pubblicazione degli annunci, ricerca di curricula nel database internazionale, attività di promozione, attività di

pre-screening» (Costa e Gianecchini 2013, pp. 192-193).

Nello scenario mutato del recruiting, quindi, il web divenuto il principale luogo di scambio di dati ed informazioni, è ormai un canale privilegiato per la raccolta dei curricula dei candidati e delle offerte di lavoro delle aziende. Il ruolo di mediatore che prima era affidato soltanto al collocamento pubblico dei Centri per l’Impiego e, in seconda battuta, a seguito di alcune riforme legislative alle Agenzie per il Lavoro, ora è aperto anche a questa tipologia di siti. Va fatta, però, una distinzione tra quelle che sono vere e proprie bacheche virtuali, dette anche job board, e quei siti che invece si limitano soltanto ad essere degli aggregatori online di annunci di lavoro:

• Una job board è una bacheca virtuale che funge da database alimentato continuamente con i curricula dei job seeker inseriti in forma digitalizzata e le offerte di lavoro che le aziende pubblicano e hanno interesse a promuovere in questo genere di piattaforma. Attraverso queste job board è possibile dunque, per le aziende, amministrare in via digitale e rapida un numero elevato di candidature e, per i candidati, gestire attraverso un account personale, il proprio profilo professionale arricchendolo e aggiornandolo con nuove esperienze, competenze o interessi personali di vario genere. Inoltre, attraverso questi siti, quando un’offerta di lavoro è ritenuta in linea con i propri interessi, il candidato

19 Bennato (2011) associa al termine piattaforma almeno quattro significati (uno computazionale,

uno architettonico, uno figurato e uno politico) che sottendono la stessa idea: uno strumento che facilita la realizzazione di qualcosa.

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può direttamente proporsi all’azienda che l’ha pubblicata attraverso i form presenti sul portale, nei quali inserirà le informazioni personali e professionali che gli verranno richieste. Alcune di queste job board danno anche la possibilità di tracciare la propria candidatura facendo vedere, in tempo reale attraverso il sito web o l’applicazione, lo stato della candidatura stessa, vale a dire se è arrivata a destinazione, se è stata letta, se passa al vaglio dei recruiter e, nel caso non fosse in linea coi parametri dell’azienda, se è stata ritenuta non idonea. Monster20 è un esempio di questo genere di portali;

• Gli aggregatori di annunci di lavoro raccolgono semplicemente in un unico sito o applicazione, tutti gli annunci presenti sul web, senza distinzione di provenienza. Fungono in sostanza da motori di ricerca che consentono a chi cerca lavoro di avere a disposizione, attraverso l’inserimento di alcune parole chiave inerenti alla posizione ricercata oppure alla zona geografica di interesse, una quantità considerevole di annunci, estrapolati da job board, pagine web aziendali o di Agenzie per il Lavoro, quotidiani e riviste specializzate. In sostanza, attraverso un aggregatore di annunci non ci si può candidare direttamente per un’offerta di lavoro ma si viene reindirizzati sul portale dal quale quell’annuncio che ha suscitato un interesse è stato pubblicato. Un aggregatore molto consultato dai

job seekers è Indeed21.

Anche la maggior parte delle Agenzie per il Lavoro, che in principio svolgevano le loro funzioni di recruiting e collocamento attraverso l’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro soltanto presso le loro sedi fisiche, hanno aperto al servizio di registrazione e di intermediazione online. Da anni ormai è infatti possibile, sia per le aziende che per i job seeker, registrarsi sui portali delle Agenzie per il Lavoro e inserire la propria offerta o la propria candidatura comodamente attraverso un computer in modo tale da evitare di recarsi fisicamente nelle sedi. Questo sicuramente moltiplica le possibilità di trovare il miglior matching tra domanda e offerta in minor tempo rispetto a quanto accadeva in passato e, inoltre, apre anche ad un aumento della mobilità dei lavoratori che, in base alle proprie possibilità e necessità, possono decidere di consultare ed eventualmente candidarsi per delle proposte di lavoro anche se queste comportano un trasferimento al di là della propria provincia di residenza. Per concludere, anche alcuni quotidiani importanti quali, ad esempio, Il Corriere della Sera22, hanno deciso di

20 La versione italiana di Monster è parte di Monster Worldwide, una società statunitense che

opera soltanto online e che si occupa di e-recruiting in molti paesi del mondo.

21 Indeed è stato fondato nel 2004 e raggiunge oltre 50 paesi nel mondo. Al momento, è uno degli

aggregatori di offerte di lavoro più consultato a livello mondiale.

22 La sezione tematica online de Il Corriere della Sera dedicata al lavoro è denominata trovolavoro

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digitalizzare il loro inserto (prima soltanto cartaceo e che veniva venduto esclusivamente insieme al giornale) dedicato alla ricerca di lavoro allineandosi così al nuovo modo di fare recruiting.

Una cosa che accomuna tutti questi siti web specializzati, proliferati grazie allo sviluppo del web, è il servizio di job alert che, sfruttando il modello tipico delle

newsletter23, consente di ricevere al proprio indirizzo e-mail, le offerte di lavoro nel momento stesso in cui queste vengono pubblicate sui sopra citati portali. Come scrive Di Fraia (2015) gli strumenti di alerting consentono di impostare attraverso delle chiavi di ricerca, l’invio di comunicazioni di posta elettronica a frequenza predefinita. La cadenza con la quale si ricevono queste mail viene decisa direttamente dall’utente, il quale può scegliere di riceverle quotidianamente, settimanalmente o mensilmente in base alle proprie esigenze, mentre il genere di offerte che si riceveranno nella propria casella di posta elettronica saranno in linea con i parametri impostati dall’utente stesso e cioè relativi al tipo di impiego che si desidera ottenere, la zona geografica del posto di lavoro ed altre caratteristiche di altra natura che possono rappresentare, per esso stesso, oggetto di interesse.

4. Verso un altro passo in avanti: i social network site aprono al recruiting 3.0?

Da un punto di vista sociologico, un importante avvenimento che ha condizionato la sfera delle relazioni umane è stato senza dubbio la nascita e la diffusione dei siti di social network. Secondo Bennato (2011) i social network site fungono da strumento per aumentare il capitale sociale semplificando i processi di costruzione dei rapporti, con le reti sociali che diventano parte integrante degli spazi digitali. Siamo in presenza quindi di un ulteriore passo in avanti, non tanto per quanto riguarda lo sviluppo del web (che mantiene le caratteristiche dinamiche proprie del web 2.0), bensì riferito all’impatto dei social media nella società, che ha una rilevanza particolarmente evidente nel momento in cui le relazioni umane e, soprattutto, il modo di interagire delle persone attraverso questi nuovi canali, aiutano a ridefinire i confini della comunicazione superandone i tradizionali metodi.

«Ciò che dunque più distingue i due momenti evolutivi del Web è che nella sua prima fase, Internet era prevalentemente una rete di computer e i suoi effetti […] si erano manifestati soprattutto a livello di organizzazioni complesse: dalle aziende, agli Stati. Con l’avvento dei social media, essa è diventata, invece, una rete di persone (individui, gruppi amicali,

23 Di Fraia (2011) definisce le newsletter come una forma di email marketing rappresentato

dall’invio di comunicazioni periodiche con una struttura definita, ossia una sorta di bollettino informativo.

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21

collettività di interessi…), avviando un processo i cui effetti stanno andando a impattare non solo sulle dimensioni delle relazioni sociali dell’esperienza, ma anche sui modelli culturali» (Di Fraia 2011, p. 10).

È risaputo che i siti di social network possono essere di varia natura e orientati a diversi scopi: riassumendo ciò che scrive Di Fraia (2011) ci sono quelli nati con fini comunicativi e di collaborazione online o quelli che hanno reso agevole operazioni quali la condivisione di foto e video oppure opinioni su prodotti e servizi. Il concetto che sta alla base dei social network site è quello di mettere insieme alcune dimensioni che, unite, costituiscono un nuovo scenario nell’era digitale. «Apertura, relazione, partecipazione, collaborazione, creatività sono dunque le dimensioni sottostanti al successo di Internet nella sua evoluzione 2.0» (Di Fraia 2011, p. 13).

Più cresce l’utilizzo di queste piattaforme, più crescono i gruppi di utenti che ne fanno parte e, di conseguenza, maggiormente aumentano le esternalità di rete e le potenzialità che i social network site possono avere in ogni ambito della società. Quella che, all’inizio, appariva come una rivoluzione tecnologica interessante solo dal punto di vista sociologico (in quanto portatrice di un notevole mutamento del modo di comunicare e relazionarsi tra persone), è ormai diventata d’interesse anche in ambiti professionali. Ciò non solo dal punto di vista della comunicazione d’impresa o del marketing, ma anche da quello puramente organizzativo delle aziende. Da un’indagine svolta dall’Istat24 (2017) per studiare le attività svolte in Internet dagli individui, si evince che negli ultimi anni si è notevolmente affievolito non soltanto il gap che esisteva inizialmente tra chi aveva l’accesso ad Internet e chi invece non ce lo aveva, ma anche il divario generazionale tra le persone che utilizzano i social media. Infatti, se nel 2010 i social

network site erano per lo più frequentati da utenti giovani (ben oltre il 70% degli individui

dai 18 ai 24 anni a fronte del 38% su cui si assestava la classe d’età che 35-44 anni), nel 2016 il dato percentuale della classe 35-44 anni è cresciuto fino al 62,5% dimostrando il fatto che, oggi, possiedono un profilo pubblico su una o più piattaforme social, anche una parte di quegli individui dapprima molto distaccati e critici rispetto a questo nuovo modo di interagire.

È chiaro che tutto ciò ha anche delle conseguenze per quanto riguarda il recruiting. La cosiddetta presenza always on dell’utenza, grazie anche alla crescita esponenziale del mercato degli smartphone, impone alle aziende di organizzare il loro modello di

24 L’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) è un ente di ricerca pubblico italiano con sede a Roma,

le cui attività comprendono: censimenti sulla popolazione, sui servizi, sull’industria e sull’agricoltura ma anche indagini campionarie sulle famiglie (consumi, forze di lavoro, aspetti della vita quotidiana, salute, sicurezza, tempo libero, famiglia e soggetti sociali, uso del tempo) e indagini economiche (contabilità nazionale, prezzi, commercio, istituzioni, imprese, occupazione).

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comunicazione e business, orientandolo ai diversi target di coloro che utilizzano i social media al fine di risultare efficaci sia da un punto di vista prettamente promozionale e finalizzato ad un tornaconto economico, che dal punto di vista dell’attrattività dell’azienda stessa, al fine di suscitare l’interesse dei job seeker a lavorare per loro. I siti di social network, quindi, attraverso la creazione di profili pubblici, fungono da strumento per l’agevolazione della comunicazione e la collaborazione sia tra privati che per i gruppi professionali, contribuendo perciò a sviluppare delle comunità di lavoratori, siano essi vicini o anche molto distanti da un punto di vista geografico. Le aziende, oggi, sono presenti attivamente ed interagiscono tra loro e con i job seeker sul web, bypassando la tradizionale forma di contatto face to face proprio grazie all’utilizzo dei canali social che diventano quindi fondamentali, in quanto non utilizzarli o ritenere che essi non abbiano ormai un ruolo ormai di primo piano rappresenterebbe un grave errore di valutazione poiché «un’azienda che non è presente in rete o nei social media è un’azienda che comunica la propria assenza» (Di Fraia 2011, p. 20).

Il mondo dei social network site è dunque interessante, sicuramente ricco di contraddizioni al suo interno per via dell’utilizzo che alcuni utenti fanno dei canali social, ma è possibile affermare che è un mondo che ha ottenuto e, in futuro otterrà sempre di più, un’attenzione particolare da parte di chi opera nel campo della ricerca e nel mondo del lavoro, tanto è vero che, al fine di studiarne gli aspetti sociali e le relative conseguenze, sono nati nuovi ambiti a livello di comunicazione e di marketing e nuove figure professionali ad essi annesse. Pertanto se è comunemente riconosciuto che l’innovazione tecnologica rappresentata dai siti di social network abbia apportato delle importanti modifiche al modo di operare delle organizzazioni a tutti i suoi livelli, la presenza sempre più attiva delle aziende su queste piattaforme digitali, le sta accompagnando verso un ulteriore passo in avanti nel loro modo di rapportarsi all’utenza. Un rapporto sempre più diretto tra consumatore e organizzazione che investe anche il mondo delle risorse umane e di coloro i quali si occupano di migliorare le tecniche di reclutamento. È quindi possibile iniziare a pensare ad un nuovo modello di ricerca e selezione del personale che possiamo definire recruiting 3.0 proprio a causa degli effetti della presenza attiva sulle piattaforme social degli attori che operano nel mondo del lavoro.

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23

CAPITOLO II

Il Social Recruiting

1. Una panoramica sul social recruiting

Il mondo dei social network site è divenuto un punto di riferimento di cruciale importanza sia per chi offre che per chi cerca lavoro. La ricerca di lavoro è ormai sempre più “social” e questo perché, in linea generale, attraverso l’utilizzo delle nuove piattaforme digitali che il web ha reso disponibili, si potrebbe trovare un’occupazione in modo più rapido e, forse, anche riuscire a ottenere quella che più si avvicina alle proprie aspettative e competenze. Sicuramente i social media agevolano i tempi del matching tra i job seeker e chi fa selezione, probabilmente perché entrambi gli attori che si incontrano in questo particolare settore del mondo del lavoro, hanno accesso in tempi più rapidi ad una mole maggiore di informazioni. C’è, infatti, la possibilità per i candidati di proporsi direttamente alle aziende valorizzando le proprie competenze, mentre i

recruiter, dal canto loro, hanno la possibilità di agire in modo più celere ed efficace sui

cosiddetti “candidati passivi”, cioè quelle persone che non hanno manifestato esplicitamente la volontà di cercare un nuovo posto di lavoro. Se queste persone, in passato, erano quasi impossibili da raggiungere o andavano scovate tramite ricerche informali quali il passaparola oppure attraverso il meccanismo delle referenze, oggi grazie all’ausilio dei siti di social network utilizzati a fini professionali, possono essere reclutate grazie al contatto diretto tramite i rispettivi profili pubblici.

Uno dei vantaggi dell’utilizzo dei social network site per scopi professionali, è quello di avere la possibilità di creare una propria rete di contatti e avere delle informazioni generali sui datori di lavoro prima ancora di entrare in azienda a fare il colloquio vero e proprio con i selezionatori. Viceversa, chi invece opera dall’altro lato, ovvero il recruiter, può reperire preventivamente alcune importanti informazioni relative alle competenze già sviluppate dal candidato in precedenti esperienze professionali e quindi avere una panoramica generale non solo dal punto di vista prettamente lavorativo ma anche sul suo modo d’essere e sui propri interessi.

Come sostiene Baccarini (2015), nella web society ci si affida con sempre maggior frequenza a Internet, al fine di attuare una selezione delle risorse umane, proprio perché nel contesto dell’attuale società tecnologica, la comunicazione face to face viene ormai frequentemente sostituita dalla comunicazione tramite i nuovi mezzi di comunicazione tecnologici. Ad ogni modo, i metodi utilizzati seguendo il processo di recruiting sui social media, non sostituiscono affatto il colloquio tradizionale o il più classico invio del curriculum da parte dei candidati, ma si affiancano alle tecniche tradizionali, fornendo delle informazioni complementari al normale processo di ricerca e selezione del

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