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CAPITOLO II Il Social Recruiting

4. Una nuova figura professionale: il social recruiter

Da quando le organizzazioni hanno adottato in pianta stabile nel proprio modello aziendale l’utilizzo, non solo a scopo promozionale, delle piattaforme di social network,

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si è resa necessaria la formazione di figure professionali che abbiano le dovute competenze per rendere efficace la presenza delle imprese nel vasto panorama dei

social network site. Al fine di migliorare le strategie aziendali è opportuno far collaborare

quei settori che, con l’avvento dei nuovi canali digitali, sono diventati sempre meno distanti come quello delle risorse umane e quelli del marketing e della comunicazione. Essendo però quello dei social un mondo in cui l’elevato bacino di utenti che lo popola rende la quantità dei dati a disposizione di chi lavora sul web potenzialmente illimitata, il saper gestire bene i profili aziendali è un’attività abbastanza delicata perché, se tanti possono essere i benefici che si possono ottenere usando queste piattaforme, sono anche molte le criticità che possono scaturire da un utilizzo sbagliato di questi strumenti digitali e creare problemi all’azienda. È chiaro che per muoversi con dimestichezza in questo mondo, c’è bisogno quindi di professionisti ben preparati ai cambiamenti procedurali che l’approccio social porta con sé anche perché «un recruiter oggi arriva ad avere molte più informazioni di quante il candidato stesso possa immaginare o possa desiderare di voler condividere» (Martini e Zanella 2017, p. 20).

Le figura professionale legata ormai da un doppio filo sia al mondo dei social media che, naturalmente, a quello del reclutamento del personale è quella del social recruiter. Egli è il professionista che mantiene le classiche caratteristiche salienti di un normale selezionatore ma con la peculiarità di muoversi maggiormente sui canali social per lo svolgimento della sua attività. Deve possedere, scrive Martini (2017), anche competenze di natura amministrativa poiché deve fare in modo che orari, agende e incontri siano organizzati nel miglior modo possibile al fine di concludere velocemente le ricerche dell’azienda. Il social recruiter utilizza quotidianamente i social network site per reperire informazioni sui candidati e comunicare con essi, ma oltre a svolgere queste mansioni, deve avere un’infarinatura generale relativa agli aspetti economici e legali del mercato del lavoro per non farsi trovare impreparato al momento del contatto diretto con i job

seeker.

Un buon social recruiter, scrive Martini (2017), deve essere in grado di:

• cercare i candidati passivi, i quali rappresentano un bacino d’utenza enorme su cui concentrare le proprie attività di ricerca. Saper chi cercare e, soprattutto, i social più adatti dove andare a scovare i migliori candidati è una delle attività principali che svolge il social recruiter al fine di ridurre drasticamente i tempi e i costi della ricerca;

• verificare CV: se ne ricevono tantissimi e non sempre completi delle informazioni utili al fine di avere un quadro completo del candidato. Perciò utilizzare i social per andare a capire il motivo di alcune incongruenze tra ciò che si legge sul

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curriculum e la realtà è un’attività necessaria per approfondire meglio la conoscenza del candidato;

• verificare il network del candidato: dalla verifica della rete dei contatti dei candidati (sempre ammesso che sia libera da vincoli di privacy) si possono ottenere delle utili informazioni come, ad esempio, con chi ha lavorato in precedenza, chi segue, se punta su un network di quantità o di qualità e i suoi interessi personali e professionali;

• verificare i contenuti postati dal candidato: leggendo i post pubblici dei candidati si possono analizzare i commenti lasciati sul web che possono fornire ai selezionatori un primo quadro sulla sua reputazione online e, ancora, scoprire tratti della sua personalità partendo dalla verifica delle pagine che segue o sulle quali interagisce maggiormente;

• fare screening dei CV, che è una delle attività più frequenti per qualsiasi recruiter, attraverso i social può diventare più rapida magari utilizzando l’ausilio di LinkedIn con la speranza di trovare le stesse informazioni presenti sul curriculum, magari anche più complete e dettagliate;

• inserire annunci di lavoro, ovviamente utilizzando la sezione “Lavora con noi” sul sito aziendale e le job board dei siti specializzati nella mediazione tra domanda e offerta di lavoro, ma anche sui propri profili professionali in modo tale da sfruttare, attraverso le funzionalità delle varie piattaforme, la propria rete di contatti con la speranza che questi condividano a loro volta l’annuncio cosicché si possano coinvolgere nel processo di ricerca il maggior numero di candidati; • analizzare le offerte di lavoro dei competitor, così da poter eventualmente

prendere spunto dai tanti annunci già pubblicati online da chi ha più esperienza nel settore, in modo tale da avere un punto di partenza per capire cosa poter imitare nello svolgimento della propria attività e cosa invece non replicare perché ritenuto non interessante o poco efficace;

• postare contenuti che stimolino i job seeker: pubblicare contenuti interessanti inerenti la propria attività lavorativa e l’azienda per la quale si svolge la funzione di ricerca può essere importante per attrarre i migliori profili di candidati;

• coltivare il proprio network, costruendo relazioni produttive da un punto di vista qualitativo e non solo quantitativo, interagendo attivamente sui propri canali social sempre tenendo però presente che la rete di contatti di un recruiter è molto eterogenea;

• cercare le possibili aziende clienti: un recruiter non deve limitarsi a ricercare candidati su commissione, ma deve anche attivarsi per trovare dei profili interessanti da proporre alle aziende senza averne avuto da esse il mandato

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sfruttando le potenzialità dei social network site in modo da capire in anticipo le tendenze del mercato del lavoro;

• comunicare con i candidati online e offline: uno dei tratti caratteristici dei social è la comunicazione bidirezionale. Conseguentemente, un social recruiter non dovrà sottovalutare questo aspetto e dovrà essere disponibile a intrattenere dei dialoghi diretti con i candidati. Un colloquio di lavoro, infatti, può iniziare online attraverso lo scambio di messaggi attraverso i profili social del selezionatore e del candidato o con una videochiamata via Skype, per poi trasferirsi offline con l’incontro vero e proprio;

• elaborare la presentazione all’azienda dei candidati, magari utilizzando degli strumenti che possano far risaltare la fantasia personale nell’elaborazione di contenuti digitali.

In sostanza, il social recruiter deve far sue quelle competenze e caratteristiche proprie dell’head hunter e del social media manager in modo tale da avere un bagaglio di competenze trasversali che lo facciano diventare una risorsa imprescindibile per l’organizzazione.

L’head hunter (la traduzione italiana è “cacciatore di teste”, termine che potrebbe suonare come una minaccia) in realtà non è altro che un recruiter che grazie all’ausilio di queste piattaforme vede notevolmente migliorato il suo modo di lavorare in quanto, adesso, svolge maggiormente sui siti di social network la propria attività di ricerca nel tentativo di reclutare professionisti che in quel particolare momento siano o già legati ad altre aziende, oppure che siano passivi per svariati motivi. In sostanza fa sourcing, vale a dire che «svolge ricerca proattiva di candidati altamente qualificati per posizioni aperte o programmate» (Martini 2017, p. 56). Non è più il candidato che cerca il responsabile delle risorse umane, inviando il proprio curriculum, ma è l’head hunter che si mette alla ricerca dei professionisti facendo da intermediario tra la potenziale risorsa da reclutare e l’azienda, illustrandogli la propria offerta, avanzando anche trattative e chiedendogli la disponibilità all’invio della propria candidatura per poter essere eventualmente assunto presso l’azienda mandataria. È evidente che il professionista che si occupa di head

hunting è un recruiter con esperienza e che ha maturato notevoli abilità sui metodi di

ricerca. Ha padronanza dei canali social, dai quali può carpire molte informazioni utili nella fase della sua ricerca, e sa qual è la miglior strategia da utilizzare per essere persuasivo agli occhi dei candidati (per lo più passivi), utilizzando gli strumenti che queste piattaforme mettono a disposizione.

Il social media manager, invece, è colui che si occupa di curare per conto delle aziende una o più piattaforme di social media. Ha inoltre il compito di coordinare la comunicazione via social di tutte le strategie dei diversi reparti che operano in

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un’organizzazione «per far sì che i messaggi non siano discordanti, si definiscano bene i target, si utilizzino metriche comparabili, si focalizzino gli sforzi laddove ha più senso» (Zanella 2017, pp. 69-70). Associato al contesto del recruiting, il social media manager deve quindi definire gli obiettivi in base ai target che si vuole prefiggere di raggiungere, deve saper scegliere su quali siti di social network è meglio essere presenti affinché il suo messaggio risulti efficace, deve decidere cosa dire, come dirlo e quando dirlo e deve, infine, visionare frequentemente l’andamento dei post grazie agli strumenti di

dashboard43 che le piattaforme stesse mettono a disposizione gratuitamente per controllare quanti likes ha ottenuto un post e quali hanno ottenuto più successo e condivisioni da parte di chi li ha letti.

Per concludere, se in passato il recruiter era più che altro una figura professionale che doveva avere le competenze proprie di uno psicologo del lavoro quali la capacità d’ascolto e la comprensione del linguaggio verbale e non verbale dei candidati unite a buone doti relazionali, adesso il suo profilo professionale si deve completare con competenze trasversali, che uniscono in un unico mondo quello delle risorse umane, del marketing e della comunicazione visto che, nel moderno processo di recruiting, è richiesta una strategia che metta in contatto tutti questi settori. Pertanto, in questo contesto, le competenze digitali e la conoscenza di tutte le opportunità che i social media mettono a disposizione dei professionisti che operano nelle risorse umane, diventano indispensabili per coloro i quali vogliano affacciarsi alla professione del moderno selezionatore del personale.