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Da questa interessante indagine (Adecco 2015) emerge innanzitutto il ruolo da protagonista che il web ha ottenuto nel settore del recruiting visto che, dai dati fin qui esposti, risulta che l’80% delle ricerche di lavoro da parte dei job seeker avviene online e il 64% delle attività di ricerca del personale da parte dei recruiter avviene proprio sul web.

Allo stato attuale, sia i job seeker che i recruiter preferiscono ancora utilizzare le bacheche di annunci di lavoro online e i siti aziendali piuttosto che i canali social ma, stando a ciò che sostengono i selezionatori intervistati, il dato relativo all’utilizzo dei

social network site per lo svolgimento delle attività di recruiting, aumenterà in futuro dal

23% al 29% e ciò porterà il dato totale relativo all’utilizzo dei canali digitali (di cui fanno parte anche le job board e le sezioni dedicate alla raccolta dei CV dei siti aziendali) a raggiungere il 71%, a riprova del fatto che l’attenzione sul tema della penetrazione dei social media nel mondo del lavoro è massimale.

Un altro aspetto che emerge da quest’indagine è quello relativo ai ruoli ricercati online: la maggior parte delle ricerche dei selezionatori viene svolta per coprire posizioni che richiedono un alto livello di qualifica professionale (8 ricerche su 10 vengono svolte su candidati con profili manageriali). Questo denota un interesse ancora piuttosto scarso verso i lavoratori poco qualificati o con un livello medio di istruzione, probabilmente perché essi non utilizzano le piattaforme social a scopi professionali bensì per usi personali e di intrattenimento oppure perché i settori nei quali si concentrano la maggior parte delle ricerche online sono ambiti in cui sono richieste specifiche competenze tecnologiche e ottima padronanza degli strumenti digitali. A conferma di quest’ultima affermazione c’è il fatto che i profili più ricercati attraverso le ricerche svolte attraverso i

social network site sono infatti quelli relativi all’ambito delle Information Technology

(40%).

Il Work Trends Study (2015), inoltre, mette in luce la tendenza a utilizzare LinkedIn per scopi pratici e puramente professionali quali la diffusione del proprio curriculum, lo sviluppo del network di contatti e la ricerca di annunci di lavoro, mentre Facebook viene utilizzato per motivi sociali quali il personal branding e il controllo della reputazione di candidati e datori di lavoro. Sostanzialmente, Facebook e LinkedIn sono piattaforme pressoché similari quando si tratta di controllare reputazione e verificare alcuni aspetti relativi alla personalità dei candidati, ma, per tutte le altre attività, i recruiter prediligono l’utilizzo di LinkedIn, considerato da essi più utile per lo svolgimento delle proprie mansioni.

Infine, l’attenzione viene posta sulla cura della propria proiezione online che è altresì importante nel momento in cui si decide di utilizzare le piattaforme social per scopi professionali. Un recruiter su quattro tra quelli intervistati dichiara infatti di aver escluso

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un potenziale candidato dopo aver visionato i suoi profili sui siti di social network. I dati relativi alle esclusioni dai processi di selezione a causa dei motivi sopra citati, tra i quali spicca la pubblicazione di contenuti multimediali sconvenienti, fotografano un contesto nel quale gli utenti dei social network site non hanno probabilmente ancora percepito fino in fondo le reali potenzialità del mezzo, cadendo spesso in comportamenti socialmente scorretti che finiscono per compromettere le possibilità di ottenere l’occupazione desiderata.

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Conclusioni

Nella scena mediale contemporanea, i social network site sono ormai diventati assoluti protagonisti. Hanno rivoluzionato il mondo della comunicazione a tutti i livelli e sono penetrati in diversi settori delle organizzazioni, le quali li adoperano per vari scopi, tra i quali: promuovere le proprie attività, interagire con gli utenti e sfruttarne le potenzialità al fine di sviluppare un’efficace strategia di employer branding. Lo scopo principale di questo elaborato è stato quello di indagare sul ruolo dei siti di social network all’interno del mondo delle risorse umane, in particolare quello della ricerca e della selezione del personale, analizzandone i vantaggi e le criticità.

Che le innovazioni tecnologiche proprie del cosiddetto web partecipativo, meglio noto come web 2.0, avessero già rivoluzionato le attività di reclutamento del personale era evidente già sul finire degli anni ’90 e nei primi anni del nuovo millennio: ormai da tempo, infatti, era possibile cercare lavoro sul web grazie ai siti dedicati al tema (job

board e aggregatori di annunci di lavoro online) e alle sezioni “Lavora con noi” presenti

su molti portali aziendali. La sferzata innovativa che da qualche anno ha mutato il modo di concepire il recruiting è stata appunto quella di rendere protagonisti del processo di reclutamento anche i social network site, teorizzando sostanzialmente un’ulteriore evoluzione: dal recruiting 2.0, altrimenti noto come e-recruiting, al recruiting 3.0, ovvero il social recruiting.

Si è però visto come il fenomeno della ricerca e della selezione del personale attraverso l’ausilio delle piattaforme dei social media, non è da ricondurre al solo settore delle risorse umane ma vanno tenuti in considerazione anche altri ambiti. Il social

recruiting infatti unisce in una sola sfera operativa anche i rami della comunicazione e

del marketing, un tempo separati, e pertanto chi opera nel campo del recruiting deve oggi possedere competenze trasversali in modo da far interagire le varie discipline. A tal proposito è nata la figura professionale del social recruiter che è colui il quale si occupa di gestire l’intero processo di ricerca e selezione sfruttando unicamente, o quasi, le piattaforme social.

La maggior parte degli iscritti ai social network site, li utilizza però per scopi personali e d’intrattenimento e la ricerca di Cosenza (2017), a tal proposito, conferma questa tendenza nel momento in cui certifica una enorme differenza sia sul numero totale di iscritti che sul tempo di permanenza online sulle varie piattaforme. Questo porta però alcuni spunti di riflessione relativi al corretto utilizzo dei social network site da parte degli utenti per cercare lavoro: da un lato, l’aumento degli iscritti a LinkedIn (diventata la quarta piattaforma social per numero di utilizzatori in Italia) fa comprendere come gli utenti italiani stiano intuendo l’utilità dei canali social per farsi notare mentre, dall’altro, il tempo di permanenza sulla piattaforma dedicata ai professionisti rispetto alle altre, è un

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segnale poco incoraggiante. Si ha come l’impressione che gli italiani ritengano sufficiente, ad esempio, iscriversi su LinkedIn, inserire i propri dati e le proprie esperienze professionali e formative e poi aspettare di essere contattati ma, in realtà, ciò non basta: la ricerca di un lavoro è essa stessa un lavoro e, come tale, deve essere affrontata. Attraverso la capacità di sviluppare delle strategie efficaci di personal

branding, accrescendo il proprio network con contatti qualitativamente validi e

monitorando quotidianamente i profili aziendali alla ricerca di posizioni aperte, sarà molto più probabile avere chance di trovare un’occupazione.

Uno dei quesiti principali ai quali si è tentato di dare una risposta in questa tesi è: quali sono i vantaggi e le criticità del social recruiting? L’utilizzo delle piattaforme social porta senza dubbio alcuni benefici alle organizzazioni. I principali sono quelli citati nell’ultimo paragrafo del secondo capitolo di questo elaborato, ovvero: dare la possibilità ai recruiter di verificare attraverso i profili social dei candidati se quanto scritto da essi nel CV sia coerente con la realtà, la velocizzazione e le semplificazione dell’intero processo di reclutamento e il risparmio netto sui costi di recruiting, la possibilità di avere un database di curricula costantemente aggiornato, l’abbattimento dei confini geografici e soprattutto la possibilità di raggiungere i candidati passivi, cioè quelle persone che non hanno manifestato esplicitamente la volontà di cercare un nuovo posto di lavoro. Questo è probabilmente il più evidente tra i vantaggi perché se questi, in passato, erano quasi impossibili da raggiungere, oggi grazie all’ausilio dei social network site utilizzati a fini professionali, diventa invece realizzabile. Inoltre, dall’indagine svolta da Adecco (2015), la ricerca dei candidati passivi, risulta essere la principale tra le attività svolta dai recruiter sulle piattaforme di social media, seguita dalla verifica della coerenza dei CV e dall’inserimento degli annunci di lavoro.

Le opportunità sono quindi tante, ma i rischi altrettanto. Le principali criticità del social recruiting riguardano infatti: i limiti della privacy che spesso rendono inefficaci le ricerche attraverso i social media, la difficoltà a reclutare tutti i tipi di professionisti in quanto la maggior parte delle ricerche si basa su profili altamente qualificati e le possibili discriminazioni che possono avvenire dopo aver visionato il profilo social di un candidato, pratica questa, che può comportare delle problematiche derivanti dal divieto di indagare su fatti non rilevanti ai fini della valutazione professionale dei candidati (Baccarini 2015). Quest’ultima criticità sposta l’attenzione sull’argomento della digital reputation che, se da un lato può rappresentare un punto di forza sia per i candidati che per le aziende (vedi personal branding e employer branding), dall’altra, paradossalmente può essere la causa principale di un’esclusione da un processo di selezione o della perdita di competitività di un’organizzazione a seguito dello scoppio di una crisi reputazionale.

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Il web non dimentica, ma raccoglie e conserva ogni traccia immessa in rete. Occorre dunque tenerlo presente nel momento in cui si decide di utilizzare una piattaforma di social media per fini professionali sapendo che qualsiasi commento, foto, video e condivisione se non opportunamente protetta da particolari filtri di privacy, potrebbe in ogni momento essere vista da un numero enorme di persone. È perciò fondamentale non sottovalutarne le insidie e avere cura della propria reputazione online per avere maggiori chance di mettersi in evidenza o mantenere un posizionamento di privilegio in un mercato del lavoro sempre più competitivo.

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