• Non ci sono risultati.

CAPITOLO II Il Social Recruiting

6. Vantaggi e criticità del social recruiting

Si è visto come da un punto di vista professionale, i siti di social network abbiano senza ombra di dubbio trasformato il rapporto tra gli attori che operano nel campo della ricerca e della selezione del personale. Lo scambio delle informazioni utili ai fini dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro è mutato al punto da farlo passare da uno scambio standardizzato e lineare a una sorta di relazione tra i selezionatori e i candidati, accrescendo così il network di contatti a disposizione di ambo le parti.

«Si deduce che gli strumenti di e-recruitment offrano alla direzione HR l’opportunità di ridurre le attività più operative inerenti al processo di selezione (spesso gestite in modo cartaceo), concedendo in particolare l’opportunità di rispondere in modo efficace e tempestivo alle diverse esigenze della propria organizzazione e consentendo di avere a disposizione un elevato numero di CV di potenziali candidati» (Baccarini 2015, p. 74).

Ma come ogni novità, anche l’approccio social nella ricerca e nella selezione del personale presenta, soprattutto nei primi periodi, dei pro e dei contro. Al fine di avere un quadro quanto più esaustivo del contesto in cui si adopera l’approccio social per il

43

recruiting, si possono pertanto analizzare i vantaggi e gli svantaggi che porta con sé

l’adozione di questa tecnica di reclutamento.

Tra i vantaggi che il social recruiting porta all’azienda agevolando il compito degli addetti alle risorse umane per la ricerca e la selezione del personale, vi sono:

• scoprire realmente chi è il candidato: tante volte quando si compila il proprio CV, si tende a esagerare, finendo per dare un’impressione di sé stessi costruita ad

hoc per poter immedesimarsi nel prototipo del candidato perfetto. A volte però,

questa esaltazione eccessiva delle proprie competenze può risultare agli occhi dei selezionatori troppo costruita a tavolino e perdere quindi di credibilità. Andare ad analizzare preventivamente i profili social dei candidati prima di un possibile contatto per stabilire un colloquio di lavoro, serve per ottenere alcune informazioni sulla persona cogliendone dettagli e caratteristiche che altrimenti non si potrebbero analizzare se non in sede di colloquio. In sostanza si fa una sorta di controllo incrociato tra le informazioni che il candidato scrive sul proprio curriculum e quelle che possono emergere dall’analisi del suo profilo social; • avere un vantaggio competitivo rispetto alle aziende concorrenti: sfruttando le

esternalità di rete che derivano dall’utilizzo sempre crescente dei social media, si possono ottenere delle informazioni generali e dei feedback rispetto alle strategie adottate che porteranno l’azienda ad avere un posizionamento migliore rispetto alle organizzazioni che rimangono ancora ferme alle tecniche tradizionali di recruiting;

• semplificazione e rapidità del processo: reclutare personale attraverso i social

network site permette di concludere il ciclo di ricerca e selezione in modo più

rapido rispetto ai sistemi tradizionali. Questo avviene quando si utilizza Internet sia nella fase di pubblicazione dell’offerta di lavoro che in quella di ricezione dei curricula dei candidati. Per quanto concerne il job seeker, il vantaggio è similare in quanto dopo aver finito di compilare il proprio curriculum, egli può farlo arrivare a tutte quelle aziende presenti sui social in tempi ristretti e in modo totalmente gratuito;

• risparmio sui costi di recruiting: utilizzando i siti di social network non occorre più rivolgersi ad altri canali come giornali, riviste specializzate, siti di mediazione o Agenzie per il Lavoro per pubblicizzare la propria offerta di lavoro perché grazie a Internet che è funzionante ad ogni ora del giorno, i costi della pubblicazione dell’offerta sono praticamente inesistenti e i tempi della ricezione delle candidature diminuiscono drasticamente portando benefici in termini di risparmio per l’organizzazione;

44

• possibilità di alimentare costantemente il database: osservando quanto scritto nella già sopra citata ricerca (Frigotto e Trentin 2016) riguardante i social media nel reclutamento e nella gestione delle risorse umane, si legge come i social media siano diventati un importante database per la ricerca di personale grazie al gran numero di informazioni riguardanti i candidati che sono presenti nel web. Le aziende possono fare ricerche su tutti i profili degli iscritti ai social media, definendo i criteri di loro interesse contattando direttamente chi corrisponde maggiormente al profilo ricercato. Inoltre, non occorre dover aspettare che i candidati inviino la propria candidatura o mostrino interesse verso l’azienda per poterli raggiungere;

• raggiungimento dei candidati passivi: questo è probabilmente il più evidente tra i vantaggi che l’approccio social al recruiting comporta. I recruiter che operano quotidianamente sui social network site possono andare a contattare questa tipologia di candidati semplicemente inserendo qualche parola chiave nei motori di ricerca;

• abbattimento dei confini geografici: per entrambi gli attori, recruiter e job seeker, Internet significa totale abbattimento dei confini geografici. Così, una persona che ha problemi nel cercare lavoro nella sua zona di residenza, può tranquillamente sondare sui social media le possibilità di candidarsi in un’azienda che opera a migliaia di chilometri da lui e, allo stesso tempo, le aziende hanno un pubblico molto più vasto da poter raggiungere grazie al web. Se, in passato, era assai raro che le ricerche si svolgessero fuori dai limiti geografici in cui operava l’organizzazione, oggi Internet ha reso praticabile anche questa possibilità.

Ma utilizzare soltanto, o comunque in maggior misura rispetto agli altri canali tradizionali, i siti di social network per il recruiting può avere anche dei limiti e portare alcuni svantaggi all’organizzazione, come ad esempio:

• i limiti della privacy: non tutte le persone che possiedono un profilo sulle varie piattaforme di social media hanno il profilo aperto al pubblico. Molto spesso, infatti, vengono applicati dei filtri che sono stati ideati appunto al fine di tutelare la privacy di coloro i quali non vogliono rendere pubblico, a chi non faccia parte della propria cerchia di contatti, ciò che postano sulla propria pagina personale. Ciò comporta che, per il selezionatore, andare a visualizzare questi profili diventa un’attività totalmente inutile ai fini del processo di recruiting;

• probabile difficoltà nel reclutare professionisti poco qualificati: se è vero che il pubblico al quale ci si può rivolgere utilizzando gli strumenti che il web ha messo

45

a disposizione dei selezionatori è potenzialmente illimitato, è altrettanto vero che la maggior parte dei profili sui quali si effettuano le ricerche sono di alto livello professionale, per lo più di tipo manageriale. Potrebbe infatti esserci molta difficoltà nel raggiungere tutti i tipi di professionisti. Non è ancora così scontato che un lavoratore non (o poco) qualificato, per esempio, utilizzi un profilo social per scopi professionali. A tal proposito, sia i dati Istat (2017) riguardanti le attività svolte dagli utenti sul web attraverso i siti di social network che i dati del Work Trends Study di Adecco (2015), sembrano confermare questa tendenza visto che le ricerche di figure professionali non manageriali risultano essere appena il 12% a fronte di un dato che supera l’80% quando ci si riferisce, invece, ai profili manageriali;

• comportare discriminazioni: avere un profilo pubblico e aperto quindi alle visualizzazioni di chiunque può creare dei problemi come, ad esempio, nel caso in cui, prima o dopo un colloquio di lavoro, analizzando i profili social di un candidato si possono scoprire orientamento sessuale, religioso, politico oltre che lati privati del carattere. Questo comporta un grosso problema e consentire il libero accesso alle proprie informazioni sul web, se da una parte può avere un ritorno positivo perché può facilitare i recruiter ad avere un quadro più completo della personalità di chi si candida per una loro offerta di lavoro, d’altro canto potrebbe rivelarsi una scelta sbagliata e produrre un esito negativo nella selezione. Va comunque ribadito che, di norma, i selezionatori non dovrebbero avere atteggiamenti discriminatori, soprattutto inerenti alla fede, alle simpatie politiche, agli orientamenti sessuali o all’aspetto fisico nella valutazione dei candidati;

• problemi legati al digital divide: se un’azienda opta per trasferire parte del processo di recruiting sui siti di social network sa che può incappare in alcuni rischi legati al digital divide. Infatti dare per scontato che la maggior parte di coloro i quali sono alla ricerca di un’occupazione abbiano un profilo social e lo utilizzino attivamente rappresenta un potenziale errore di sopravvalutazione del numero degli utenti che realmente popolano i social network site per scopi professionali; • sopravvalutazione della reale utilità di questa metodologia di recruiting: secondo Roiatti (2017), per quanto riguarda il processo decisionale relativo alla selezione del personale, appare dubbio affermare che un algoritmo possa davvero essere più efficace di un colloquio di lavoro. Così come è controversa la proposta di abbandonare la tradizionale analisi dei curriculum in favore di tecniche di analisi condotte attraverso l’aggregazione di dati per la gestione del talento.L’accesso a immensi depositi di informazioni su candidati e persone già impiegate rischia

46

di condurre ad una spersonalizzazione dell’intero processo di reclutamento e della gestione del personale.

47

CAPITOLO III