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LIBRARY , MS GARRET

D ESCRIZIONE E STERNA

FASCICOLAZIONE. Venti fascicoli: I-XIX10, XX6-2 (ternione mutilo degli ultimi due ff., visibilmente asportati).330 I fascicoli iniziano con il lato carne; rispettata la regola di Gregory. Segnature a registro,

scritte a inchiostro, talvolta ancora parzialmente visibili nel marg. inf. dx. del recto dei ff., laddove non rifilate (cfr. in particolare i ff. 4, 12-15, 43-46, 53-55, 92-94, 115, 125, 142-145, 151-155). Richiami orizzontali di mano del copista, nel margine inf. dx. del verso dell’ultimo foglio di tutti i fascicoli.

RIGATURA. A secco. In alcuni fascicoli sono visibili nel margine esterno i fori guida per tracciare le

righe orizzontali (cfr. i ff. 5, 13, 24-27, 47, 65-66, 95-98, 122-130) e talvolta anche i due fori per le righe di giustificazione verticale, nel margine inf. Disposizione del testo a piena pagina; giustificazione doppia (Derolez 33). Specchio mm 36 [205] 86 ´ 37 [120] 76; 30 ll. su 31 rr.; la scrittura comincia sotto la prima riga.

SCRITTURA E MANI. Scrittura antiqua del copista tedesco Johannes Lamperti de Rodenberg, che sottoscrive il codice a f. 194v: «Iussu Nicolai pape V Iohannes Rodenberg transcripsit».331 Inchiostro marrone scuro. Titoli e rubriche di incipit ed explicit dei libri in scrittura capitale, a inchiostro rosa, di mano del Rodenberg.

ANNOTAZIONI E REVISIONI. Numerosi notabilia, di mano del copista, a inchiostro rosa.332

FIGURAZIONE. Attribuita al cosiddetto ‘miniatore di Niccolò V’ (PASUT 2000, pp. 125 e 150). A f.

1r, figurazione consistente in una cornice lineare su quattro lati, contornata da fregio a intrecci fitomorfi (foglie tondeggianti, fiori con lunghi pistilli, infiorescenze dorate, melograni); nel margine inf., al centro, inscritto in un medaglione esagonale figura lo stemma di Niccolò V (di rosso alle due chiavi d’oro, sormontato da triregno e cinto da anello blu recante l’inscrizione «NICOLAUS PAPA QUINTUS»);333 iniziale «N» (h. mm 50) ‘abitata’ da un ritratto di Poggio Bracciolini. In corrispondenza del principio dei libri, analoghe iniziali ‘abitate’ in campo d’oro, raffiguranti Diodoro nell’atto di tenere fra le mani la sua Biblioteca, con l’indice alzato in atteggiamento precettistico; inoltre, fregio fogliaceo e floreale esteso sui tre margini della pagina (inf., sup., esterno): sono ai ff. 1r, 2v, 25r, 54r, 118v (qui manca il libro fra le mani di Diodoro) e 161r; a f. 82v (incipit del libro IV) l’iniziale non è ‘abitata’ bensì decorata a motivo fitomorfo.334

LEGATURA. Sec. XVII, prima metà (risalente al pontificato di Urbano VIII). Assi di legno, ricoperti

di cuoio chiaro (mm 343 ´ 240). Piatti ant. e post. decorati con due cornici concentriche di impressioni a secco (quella esterna a fasci di tripli filetti, quella interna più ampia, ornata con impressioni a secco a motivo fitomorfo); negli angoli, api barberiniane impresse in oro. Al centro dello specchio ant., stemma di Urbano VIII in oro (scudo con le tre api, sormontato dal triregno e dalle due chiavi) e, in basso, etichetta cartacea con segnatura «1812»; al centro dello specchio post., stemma del cardinale Scipione Cobelluzzi bibliotecario (1618-1626).335 Dorso arrotondato, con nervature, a cinque compartimenti, ciascuno recante ape barberiniana impressa in oro. Taglio esterno e piede dorati. Cfr. la legatura dei mss. Vat. lat. 1814 e 1815.

SEGNATURE E NOTE DI BIBLIOTECA. Segnatura «Vat. lat. 1812» scritta su etichetta cartacea applicata sul contropiatto ant. e riportata a matita blu sul contropiatto ant. Numero «1812» vergato a inchiostro marrone al centro del marg. sup. del f. 1r. Timbro della BAV ai ff. 1r, 2v e 194v.

STORIA DEL MANOSCRITTO. Copia realizzata per papa Niccolò V (cfr. f. 194v: «Iussu Nicolai pape V

Iohannes Rodenbergh transcripsit»). Registrato fra i manoscritti presenti nel cubiculum personale del 330Il testo si arresta proprio alla fine del quarto foglio dell’originario ternione, quindi il codice non risulta mutilo dal punto di vista testuale: l’asportazione è probabilmente avvenuta a scopo di riuso dei fogli di pergamena rimasti inutilizzati.

331Sul copista, cui si deve anche il celebre Tucidide del Valla per Niccolò V (ms. Vat. lat. 1801), cfr. CALDELLI – PASUT 2000, pp. 90-91 e CALDELLI 2006, p. 118.

332Si tratta della medesima serie di notabilia che Poggio ha vergato sul ms. Garret 105 (= Pr), cfr. § I.5 e I.6 e Appendici 1-2.

333MARUCCHI 1964, p. 82; per gli stemmi di Niccolò V cfr. anche MANFREDI 1994a, pp. LXXVI-VII. 334Per una più dettagliata descrizione della figurazione del codice cfr. la scheda in PASUT 2000, p. 125 e tav. XXIV.

pontefice al momento della sua morte.336 Identificabile anche nell’inventario dei codici latini stilato da Cosimo di Monserrat subito dopo il decesso del pontefice su incarico del successore Callisto III, e in tre successivi inventari della Biblioteca papale (rispettivamente del 1475, 1481 e 1533).337

DESCRIZIONE INTERNA

ff. 1r-v: POGGIO BRACCIOLINI, Lettera di dedica a papa Niccolò V («PROHEMIUM IN LIBROS DIODORI SICVLI QVOS POGGIVS FLORENTINVS LATINOS FECIT AD NICOLAVM QUINTVM SVMMVM PONTIFICEM», f. 1r)

Inc., f. 1r: «NVllus antea quantu(m)uis p(re)clarus reru(m) scriptor fuit sanctissime pater...».

Expl., f. 1v: «notitia labori n(ost)ro gra(ti)am habituros. Sed iam ip(s)e diodor(us) loqatur».

ff. 2r-194v: DIODORO SICULO, Biblioteca storica, libri I-V, traduzione latina di POGGIO BRACCIOLINI,

divisa in sei libri. Presenti gli argumenta dei libri, eccetto quelli del primo («DIODORI SICVLI HISTORIARUM PRISCARUM A POGGIO IN LATINVM TRADVCTI INCIPIT LIBER PRIMVS IN QVO HEC CONTINENTVR», f. 2r).

Inc., f. 2v:«Magnas merito gratias rervm scriptoribus homines debent qui suo labore...».

Expl., f. 194v: «...barbaris plures ex eis tenuer(un)t q(ui)bus de reb(us) suo loco scribet(ur) a nobis. Sextus et ultim(us) finit. Iussu Nicolai p(a)pe V Iohannes Rodenbergh t(ra)nscripsit)».

RIPRODUZIONI

Riproduzione digitale disponibile sul sito della BAV al seguente Url: http://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.lat.1812

BIBLIOGRAFIA

NOGARA 1912, p. 281; MARUCCHI 1964, p. 82; DE LA MARE 1996, p. 174; MANFREDI 1994a, pp. 244- 45, 507 e tav. V. MANFREDI 1998, p. 295; CALDELLI –PASUT 2000, pp. 90-91; PASUT 2000, pp. 125, 150,

tav. XXIV; CALDELLI 2006, p. 118; GIONTA 2004, p. 172 n. 3 e tav. XLVI; MANFREDI 2010, pp. 164, 165 (fig. 13), 178, 191; POMARO 2010, p. 152; COHEN-SKALLI –MARCOTTE 2015, pp. 67 e 68 n. 33;

MONFASANI 2016, p. 102.

¨V

3 = CITTÀ DEL VATICANO

, BIBLIOTECA APOSTOLICA V

ATICANA, VAT

.

LAT. 1813

Perg., mm 328 ´ 229; ms. unitario, fascicoli legati, in folio; ff. II + 180 + III (rigati ma lasciati in bianco i ff. 178v e 179-180); numerazione dei fogli di età moderna, a inchiostro, nel margine sup. dx.; nella stessa posizione, residui di una precedente numerazione a inchiostro, poi perlopiù rifilata (ancora visibile ai ff. 83 e 128-139). [Roma/Siena], anni ’50 o ’60 XV secolo.

DESCRIZIONE ESTERNA

FASCICOLAZIONE. Diciotto fascicoli: I-XVIII10. I fascicoli iniziano sempre con il lato carne; rispettata la regola di Gregory. Segnature dei fascicoli assenti (probabilmente rifilate). Richiami orizzontali di mano del copista, nel margine inf. dx. del verso dell’ultimo foglio di tutti i fascicoli.

RIGATURA. A punta secca. In alcuni ff. sono visibili nel margine inf. i fori guida per tracciare le due

righe di giustificazione verticale (cfr. ff. 19-30, 82 e 122-170). Disposizione del testo a piena pagina (Derolez 11). Specchio mm 39 [207] 82 ´ 31 [136] 62; 32 ll. su 32 rr.; la scrittura comincia sopra la prima riga.

SCRITTURA E MANI. Una sola mano, in scrittura antiqua rotunda. Inchiostro marrone scuro.

ANNOTAZIONI E REVISIONI. Poche annotazioni e varianti ad opera di due differenti mani coeve o di

336Cfr. MANFREDI 1994a, p. 507.

337Ivi, pp. 244-45; il ms. è sempre citato come ricoperto da una legatura di velluto rosso a decorazioni argentee.

poco posteriori a quella dello scriba principale (ff. 7v, 19v, 22r, 22v, 26r, 112r,128v, 132r, 138r, 142v, 144r, 154v, 164r e 169r).

FIGURAZIONE. A f. 1r, cornice a girari bianchi sottili su campo policromo (verde, blu e porpora),

all’interno della quale sono collocati putti con tuba o con l’arco, uccelli, una lepre; nel margine inf. due putti reggono un clipeo bordato di alloro recante lo stemma della famiglia Piccolomini (d’argento, alla croce piena d’azzurro, caricata di cinque montanti d’oro) sormontato da cappello cardinalizio. Iniziali in oro (h. mm 40-45) ornate con motivo a girari bianchi, con code che si estendono lungo il margine della pagina: sono ai ff. 1r, 2v, 23r, 48v e 75r. Ai ff. 108v e 147r, in corrispondenza degli incipit dei libri V e VI, spazio lasciato in bianco per iniziali miniate, mai realizzate. Le miniature sono attribuite al miniatore Gioacchino de Gigantibus.338

LEGATURA. Fine sec. XVIII (rifatta sotto il papato di Paolo VI, cfr. infra). Piatti di cartone, con

coperta di cuoio rosso (mm 341 ´ 229). Specchi ant. e post. contornati da sottile cornice a dentelle impressa in oro. Dorso arrotondato, con nervature rilevate da dentelle dorata; sei compartimenti, recanti impressioni in oro: stemma di papa Pio VI (papa Braschi, 1775-1799) nel primo, foglie d’acanto entro losanghe in quelli centrali, nell’ultimo stemma del cardinal Francesco Xavier de Zelada bibliotecario (1799-1801).339 Taglio e piede dorati. Controguardie ant. e post. e ff. Iv e II1v in carta marmorizzata.

SEGNATURE E NOTE DI BIBLIOTECA. Segnatura «Vat. lat. 1813» scritta su etichetta cartacea applicata

sulla controguardia ant. Semplice dicitura «Vat. lat.», priva di indicazione numerica, scritta a matita blu sul f. di guardia Ir. Numero «1813» scritto a inchiostro marrone al centro del marg. sup. del f. 1r. Timbro della BAV ai ff. 1r e 178r.

STORIA DEL MANOSCRITTO. Lo stemmad’argento alla croce piena d’azzurro caricata di cinque

montanti d’oro (cfr. f. 1r) fu usato sia da Enea Silvio Piccolomini (dal 1458 asceso al soglio papale con il nome di Pio II), sia dal nipote Francesco Todeschini Piccolomini (futuro papa Pio III, fra il settembre e l’ottobre 1503);340 il ms. potrebbe dunque essere ascritto alla committenza di Enea Silvio nei due anni in cui fu cardinale (dal 1456 al 1458), oppure a quella di Todeschini Piccolomini dopo il 1460, data della sua consacrazione a cardinale.341 Considerato l’interesse di Enea Silvio Piccolomini per le traduzioni latine di Diodoro (su cui cfr. POMARO 2010), è forse lievemente più probabile che il codice sia appartenuto a quest’ultimo.342 In tal caso, la confezione del codice dovrebbe essere collocata a Roma fra il 1456 e il 1458, anni del cardinalato di Enea Silvio e di presenza di Gioacchino de Gigantibus nell’Urbe; in alternativa, essa andrà situata dopo il 1460, data di assunzione del cardinalato da parte del Todeschini-Piccolomini, e probabilmente collocata a Siena, città di cui questi era divenuto arcivescovo nel 1460, soggiornandovi a lungo, e dove risulta che il De Gigantibus si fosse spostato dal 1460. Alla morte di uno dei due Piccolomini, il codice passò al fondo Vaticano antico. È registrato nell’inventario composto da Ferdinando Ruano nel 1550 (oggi mss. Vat. lat. 3967-3968-3969), con il numero «2163»;343 è inoltre identificabile nell’inventario del 1597 di Domenico Ranaldi, Inventarium Librorum Latinorum mss. 338Si tratta di un miniatore di origini tedesche, attivo dapprima nella Roma papale almeno dal 1448 al 1460, poi a Siena fino al 1468 – dove lavorò per il Duomo e ricevette committenze da Pio II, alternando tuttavia periodi di soggiorno a Roma, al servizio di Paolo II nel 1469-70 – in seguito a Napoli per gli Aragonesi (dal 1471 circa) e infine nuovamente a Roma dal 1481; si vedano RUYSSCHAERT 1968, pp.

267-280 e PASUT 2004, con bibliografia citata. Ruysschaert riporta che lo stemma sul marg. inf. è sovrapposto a uno precedente, ma si tratta forse di una svista, perché l’esame autoptico non mi ha permesso di rilevare la presenza di alcuno stemma sottostante a quello Piccolomini.

339NOGARA 1912, p. 282.

340MARUCCHI 1964 (p. 83) propende per un’attribuzione al Todeschini Piccolomini, perché a suo avviso Pio II possedeva già un esemplare del Diodoro latino, ossia il ms. Vat. lat. 1816; si tratta però di una svista, perché questo manoscritto fu sì allestito per Pio II, ma non contiene la traduzione di Poggio, bensì quella dei libri XI-XIV, 64 di Diodoro ad opera di Jacopo da San Cassiano (cfr. NOGARA 1912, p.

282). Probabilmente Marucchi intendeva piuttosto riferirsi al ms. Vat. lat. 1815 (su cui cfr. infra la scheda), che la studiosa attribuisce alla committenza di Pio II sulla base del colophon del ms., contenente un rimando al pontefice che però a mio avviso non indica necessariamente una committenza diretta o un possesso del codice da parte di questo papa. Per la questione si veda la scheda di V5 (Vat. lat. 1815). 341Todeschini Piccolomini fu eletto cardinale nel 1460, cfr. SANFILIPPO 2000, in particolare p. 23. 342Anche MONFASANI 2016 (p. 102) esprime qualche perplessità in merito a un’attribuzione del Vat. lat. 1813 al cardianal Todeschini-Piccolomini.

Bib. Vat., Tomus Tertius, p. 217, consultabile in riproduzione presso la BAV con la segnatura Sala manoscritti Rosso, n° 303.

DESCRIZIONE INTERNA

ff. 1r-v. POGGIO BRACCIOLINI, Lettera di dedica a papa Niccolò V.344

Inc., f. 1r: «NVLLVS ANTEA QVANTVMVIS PREclarus rerum scriptor fuit sanctissime pater...».

Expl., f. 1v: «noticia labori nostro gratiam habituros. Sed iam ip(s)e diodor(us) loqat(ur)».

ff. 2v-178r: DIODORO SICULO, Biblioteca storica, libri I-V, traduzione latina di POGGIO BRACCIOLINI,

divisa in sei libri. Assenti gli argumenta dei libri.345

Inc., f. 2v:«Magnas merito gratias rerv(m) scriptoribus homines debent qui suo labore...».

Expl., f. 178r: «...barbaris plures ex eis tenuerunt q(ui)b(us) de rebus suo loco scribetur a nobis. Deo gratias amen».

RIPRODUZIONI

Riproduzione digitale disponibile al seguente Url: https://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.lat.1813

BIBLIOGRAFIA

NOGARA 1912, p. 282; MARUCCHI 1964,p.83;RUYSSCHAERT 1968,p. 271; FOHLEN –PETITMENGIN

2006, p. 64; MONFASANI 2016, p. 102.

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4 = CITTÀ DEL VATICANO

, BIBLIOTECA APOSTOLICA V

ATICANA, VAT

.

LAT. 1814

Cart. (perg. il f. di guardia I, originario), mm 290 ´ 211; ms. unitario, fascicoli legati, in folio; ff. I + 168 (ultimi 4 ff. rigati ma lasciati in bianco); numerazione dei fogli a inchiostro, nel margine sup. dx. del recto dei ff. (si arresta al f. 164, in seguito il solo f. 168 è numerato a matita da mano contemporanea). Roma, 1453 (cfr. f. 164v: «Poggii sex librorum Diodori siculi translatio explicit, Rome annis 1453»).

DESCRIZIONE ESTERNA

FASCICOLAZIONE. Diciassette fascicoli: I-XVI10, XVII8. Richiami orizzontali di mano del copista, preceduti da gamma capitolare, collocati nel margine inf. dx. del verso dell’ultimo foglio di tutti i fascicoli.

RIGATURA. ff. 1-20 (fasc. I-II): a inchiostro; ff. 21-168 (fasc. III-XVII): alla mina di piombo le righe

di giustificazione verticale, a inchiostro quelle orizzontali. Quasi sempre visibili a sin. e a dx. del marg. sup. e in alto nel marg. esterno le coppie di fori guida per tracciare rispettivamente le righe di giustificazione verticale e orizzontale; a partire dal f. 29, visibili anche nel margine inf., a sin. e dx., le coppie di fori per le righe verticali. Disposizione del testo a piena pagina. Giustificazione doppia. Specchio mm 31/5 [201] 5/53 ´ 55/5 [110] 5/36; 39 ll. su 41 rr.; la scrittura comincia sotto la seconda riga.

FILIGRANA. Fasc. I-VIII e XIV: Lettere ‘T’ inscritta in un cerchio, accostabile al tipo BRIQUET 9127

(Napoli 1444; var. id. Roma 1447-52); fasc. IX-XIII e XV-XVII: échelle simile a Briquet 5904 (Venezia 1451; var. id. Ratisbona 1452-59; Firenze 1453-59).

SCRITTURA E MANI. Una sola mano, in scrittura semi-umanistica ancora molto influenzata dalla gotica, di piccolo modulo e leggermente inclinata verso destra; il copista è il tedesco Iohannes Pottere, che si sottoscrive a f. 164v: «Poggii sex librorum Diodori siculi translatio explicit, Rome annis 1453 per Ioh(ann)em pottere his copiata figuris, Ob quod personis sit laus et gloria trinis. Amen amen amen».346

344La dedica è adespota e anepigrafa.

345La traduzione è adespota e anepigrafa. Ai ff. 1r, 2r-v, 23r, 48v, 75r, 108r e 147r il copista ha lasciato in bianco uno spazio per la stesura dei titoli e degli argumenta, che probabilmente dovevano esseres stesi a inchiostro rosso, ma non sono mai stati realizzati. La confezione del codice non è quindi stata portata de tutto a compimento, considerato anche che le iniziali dei libri V e VI non sono state miniate (cfr. supra).

Titoli e rubriche prevalentemente in gotica maiuscola, talvolta in scrittura capitale. Inchiostro marrone scuro.

ANNOTAZIONI E REVISIONI. Numerosi notabilia marginali di mano del copista stesso.347

FIGURAZIONE.Spazio riservato per iniziali miniate, poi non realizzate, ai ff. 1r, 2r, 20v, 44r, 68r, 98v e 135r.

LEGATURA. Sec. XVII, prima metà (realizzata sotto il pontificato do Urbano VIII). Assi di legno,

ricoperti di cuoio rosso (mm 299 ´ 215). Piatti ant. e post. decorati con cornici concentriche (esterna a fasci di tripli filetti, interna a fascia, decorata con impressioni a secco a motivo fitomorfo); ai quattro angoli, api barberiniane in oro. Al centro dello specchio ant., armi di Urbano VIII impresse in oro (scudo con le tre api, sormontato dal triregno e dalle due chiavi). In basso, etichetta cartacea con numero «1814» scritto in rosso; al centro dello specchio post., stemma del cardinale Scipione Cobelluzzi bibliotecario (1618-1626).348 Dorso arrotondato, con nervature decorate con impressioni di doppi filetti; cinque compartimenti, tre dei quali decorati con ape barberiniana impressa in oro. Cfr. la legatura dei mss. Vat. lat. 1812 e 1815.

SEGNATURE E NOTE DI BIBLIOTECA. Segnatura «Vat. lat. 1814» su etichetta cartacea applicata sul

contropiatto ant.; è riportata anche a matita blu sul contropiatto anteriore. Numero «1814» vergato con inchiostro marrone al centro del marg. sup. del f. 1r. Timbro della BAV ai ff. 1r e 164v.

STORIA DEL MANOSCRITTO. Copia eseguita da Iohannes Pottere per l’ecclesiastico e uomo politico francese Jean Jouffroy (1412-1473), cfr. il colophon a f. 164v. Subito dopo la morte del cardinale, la sezione romana della sua ricca biblioteca (ivi compreso il Vat. lat. 1814) passò al fondo Vaticano antico.349 Il codice è identificabile nell’inventario stilato nel 1597 da Domenico Ranaldi, Inventarium Librorum Latinorum mss. Bib. Vat., Tomus Tertius, p. 217, consultabile in riproduzione presso la BAV con la segnatura Sala manoscritti Rosso, n° 303.

DESCRIZIONE INTERNA

ff. 1r-2r: POGGIO BRACCIOLINI, Lettera di dedica a papa Niccolò V («Prohemium in libros Diodori Siculi

q(uo)s Poggius florentinus latinos fecit ad Nicolaum summum pontificem», f. 1r). Inc., f. 1r: «NULLUS antea quantumuis preclarus reru(m) scriptor fuit sanctissime pater...».

Expl., f. 2r: «noticia Labori nostro graciam habituros. Sed iam ipse diodorus Loqatur».

ff. 2r-164v: DIODORO SICULO, Biblioteca storica, libri I-V, traduzione latina di POGGIO BRACCIOLINI,

divisa in sei libri. Presenti gli argumenta dei libri, eccetto quelli del primo («Diodori siculi Historiarum priscarum a Poggio in latinum traducti incipit liber primus in quo hec continetur, f. 2r»).

Inc., f. 2r:«MAGNAS merito gracias rerum scriptoribus homines debent qui suo Labore...».

Expl., f. 164v: «...barbaris plures ex eis tenuerunt. quibus de rebus suo loco scribetur a nobis. Poggii sex librorum Diodori siculi translatio explicit, Rome annis 1473. per Ioh(ann)em pottere his copiata figuris, Ob quod personis sit laus et gloria trinis. Amen amen amen».

RIPRODUZIONI

Riproduzione digitale disponibile al seguente Url: https://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.lat.1814

BIBLIOGRAFIA

NOGARA 1912, p. 282; CALDELLI 2006, pp. 119-120, 186, 252; CALDELLI 2007, p. 108; MONFASANI

2016, p. 102.

p. 565 n. 565.

347È la medesima serie che troviamo anche nei mss. Be F4 P1 Ott Ricc S Urb, cfr. § I.6 e Appendice 1. 348NOGARA 1912, p. 282.

349Monaco, poi abate di Luxeuil e vescovo di Arras, fu al servizio di Filippo il Buono di Borgogna e in seguito del re di Francia Luigi XI, che gli fece ottenere la porpora cardinalizia nel 1461. Venne per la prima volta in Italia nel 1438; commissionò una serie cospicua di manoscritti, molti dei quali presso la bottega di Vespasiano da Bisticci; a Roma, invece, si avvalse soprattutto dei servigi del copista Iohannes Pottere. Per un profilo biografico cfr. MÄRTL 1996. Per l’attività di bibliofilo di Jean Jouffroy e la sua

biblioteca cfr. invece MERCATI 1946, LACONELLI 1980 e DE LA MARE 1996, pp. 189-190 e n. 79, p. 201

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5 = CITTÀ DEL VATICANO

, BIBLIOTECA APOSTOLICA V

ATICANA, VAT

.

LAT. 1815

Cart., mm 410 ´ 230; ms. unitario, fascicoli legati, in folio; ff. II + 130 (129) + II1 (f. 129v bianco); guardie originarie; antica numerazione dei fogli, a inchiostro, nel margine sup. dx. del recto di ogni foglio.350 [Roma], 1459 (f. 129r: «LIBER SEXTVS & VLTIMVS FINIT FOELICITER PER ME IOANNEM DE

LVMEL #1459#PII II»).

DESCRIZIONE ESTERNA

FASCICOLAZIONE. Tredici fascicoli: I-XIII10. Segnature interne a registro, nel marg. inf. dx. del recto dei primi cinque ff. dei fascicoli, ancora parzialmente visibili a seguito di rifilatura in tutti i fasc. eccetto che nel III, XII e XIII. Richiami orizzontali di mano del copista, al centro del margine inf. del verso dell’ultimo foglio di tutti i fascicoli.

RIGATURA. A secco, eseguita con tabula ad rigandum. Disposizione del testo a piena pagina.

Giustificazione doppia (del tipo Derolez 36, ma sul marg. esterno è tracciata una riga aggiuntiva). Specchio mm 56/7 [240] 7/100 ´ 10/16/6 [120] 7/16/55; 36 ll. su 36 rr.; la scrittura comincia sopra la prima riga.

FILIGRANA. ciseaux (forbici), di tipo molto a BRIQUET 3668 (Roma, 1455; var. sim. Roma 1456-60; Napoli 1459; Salisburgo 1462). Fogli di guardia (originarî): monts vagamente accostabili al tipo BRIQUET

11709 (Pisa 1466).

SCRITTURA E MANI. Una sola mano, del copista fiammingo Giovanni di Lumel di Liegi, in scrittura umanistica corsiva di tipo librario; il copista sottoscrive il codice a f. 129r, in lettere capitali a inchiostro rosa «LIBER SEXTVS & VLTIMVS FINIT FOELICITER PER ME IOANNEM DE LVMEL #1459#PII II».351 Inchiostro marrone scuro. Titoli in lettere capitali e a inchiostro rosa, di mano del medesimo copista; in scrittura capitale, ma a inchiostro marrone, anche la riga iniziale del testo di ciascun libro.

ANNOTAZIONI E REVISIONI. Presenza di notabilia in scrittura umanistica corsiva, di almeno quattro

mani diverse. Sono del copista Giovanni di Lumel le integrazioni di brevi lacune testuali ai ff. 63r e 65r e la variante a f. 111r (cotonisteria). Secondo MONFASANI 2016, p. 103) i notabilia ai ff. 36r-42v, 92v-94r

sarebbero di Giovanni Andrea Bussi, che possedette il codice (cfr. infra), ma MARUCCHI 1967-1968 (p.

176 n. 1) e CALDELLI 2006 (p. 186) asseriscono che il ms. non reca traccia della mano del Bussi.352

FIGURAZIONE. A f. 1r, frontespizio con capolettera in oro («N» di h. mm 50) inscritto in un campo rettangolare decorato con motivo a bianchi girari su campo policromo, dal quale si diparte una coda terminante in infiorescenze dorate; sul marg. sin., all’estremità della coda della lettera, si trova un uccello con petto rosso e coda verde e ali gialle e blu; sul marg. inf., fregio a girari bianchi su campo policromo culminante ai due lati in fiori bianchi e d’oro e contornato da infiorescenze dorate; al centro compare lo stemma di Giovanni Andrea Bussi (1417-1475):353 scudo fasciato di verde e di rosso, alla banda d’argento, sormontato da tiara vescovile e inscritto in corona d’alloro bordata d’oro.354 In corrispondenza dell’incipit di ciascun libro, capilettera in oro di dimensioni medie o grandi, inscritti in

350Questa cartulazione omette di contare un’unità fra il foglio 58 e il 59 e risulta dunque da lì in avanti diminuita di un’unità: la si adotta comunque nel riferimento ai fogli del ms., per ragioni di praticità. 351Su Giovanni Lumel cfr. TARRANT REEVE 1983,pp. 150 n. 5 e 151 n. 14 (i due studiosi ipotizzano un legame diretto fra questo copista fiammingo e il teologo e cardinale tedesco Niccolò da Cusa [Nicola Cusano]) e, soprattutto, CALDELLI 2006, p. 116.

352Marucchi riporta erroneamente il contenuto del ms. come «Sidonio Apollinare». 353Sul Bussi cfr. la voce nel DBI MIGLIO 1972.

354Sullo stemma cfr. MARUCCHI 1964, p. 83, che lo descrive senza identificarlo, e CALDELLI 2006, p. 186; entrambe le studiose asseriscono che lo stemma del Bussi non è originario, ma sovrapposto a quello di Pio II, che a loro avviso sarebbe primo possessore del codice (sulla scorta della sottoscrizione del Lumel a f. 129r, su cui però cfr. il seguito); Marucchi e Caldelli riportano inoltre che sotto la tiara arcivescovile