• Non ci sono risultati.

essersi generati nel corso di un processo di copiatura per attrazione del contesto (cfr l’es 5), oppure ancora, in un caso (es 2), producono come esito un testo

contraddittorio. La presenza di mende attestate in tutti i testimoni (con qualche

eccezione che sarà via via disussa), unita alla fondamentale testimonianza fornitaci da

Poggio stesso all’interno del suo epistolario e già discussa al § I.4, suggerisce che la

tradizione superstite dipenda da un manoscritto idiografo poi sottoposto a lunga

correzione (d’ora in avanti designato p), in cui dovevano essersi infiltrati alcuni errori

che possono essere sfuggiti alla revisione d’autore, considerata la lunghezza del testo.

430

I luoghi corrotti in tutta la tradizione – o comunque fortemente sospetti di erroneità –

sono di fatto solo un esiguo mannello, ma il loro numero assai probabilmente salirebbe,

se si effettuasse una collazione integrale del testo. Si veda la seguente T

AVOLA

1.

431

430Si rammenti la lettera a Pietro da Noceto del 9 agosto 1449, in cui Poggio si dichiara intenzionato a far trascrivere anche l’ultimo libro della traduzione da un copista di nome Domenico, per poi sottoporre il tutto a correzione, cfr. POGGIO BRACCIOLINI, Lettere, III, p. 92. Preciso che per ‘manoscritto idiografo’

intendo, secondo la definizione di CHIESA 2002 (p. 148), un esemplare non autografo ma «autorizzato

dallo scrittore e corrispondente alla sua volontà», nel quale «possono trovarsi errori di vario genere, introdotti dal copista e sfuggiti poi all’autore nella fase di controllo».

431In questa e nelle seguenti tavole, salvo diversa indicazione, cito il testo greco secondo l’edizione critica di riferimento (tutte edizioni Les Belles Lettres, tranne che per il libro IV). Libro I = DIODORE DE

SICILE I (ed. Bertrac), 1993; libro II = DIODORE DE SICILE II (ed. Eck); libro III = DIODORE DE SICILE

III (ed. Bommelaer); libro IV = DIODORI Bibliotheca Historica, (ed. Vogel); libro V = DIODORE DE SICILE

V (ed. Casevitz). Quando è utile ad agevolare la comprensione dell’esempio, riporto in nota la traduzione italiana. Riporto anche quanto registrato nell’apparato greco, ma solo se indispensabile a spiegare la lezione che troviamo nel latino di Poggio. A tale proposito, è necessario un chiarimento preliminare: gli apparati delle ed. greche rendono conto solo delle lezioni dei quattro capostipiti da cui discendono i restanti mss. della prima pentade diodorea oggi noti (tot. 28), designandoli con le sigle già illustrate nel § I.1, che rammento di seguito: D (Da + Db in quanto manoscritto composito) = ms. Neapolitanus suppl. gr. 4; C = Vat. gr. 130; L = BML, Laur. 70.1; V = Vat. gr. 996. Ricordo che il ms. Vat gr. 995, il quale, stando a COHEN-SKALLI –MARCOTTE 2015, dovrebbe essere stato l’exemplar di base della traduzine

poggiana, è un ms. particolare, frutto di contaminazione fra le famiglie L e V; il Laur 70.16, che dovrebbe essere stato la fonte secondaria, appartiene alla famiglia V; la probabile fonte sussidiaria di Poggio, ms. Marc. gr. 374, è discendente di D. Per quanto concerne la versione di Poggio, qui e nelle tavole che seguono propongo il testo critico presumibile basandomi, come anticipato, sul ms. Pr, di cui rispetto la grafia (mi limito a normalizzare l’uso di maiuscole e minuscole, di i/j e di u/v e ad inserire la punteggiatura). Qualora Pr stesso sia erroneo, si è comunque adeguata a tale manoscritto base la grafia delle lezioni accolte a testo, che sono ricostruite – se l’errore è dell’intera tradizione come in questa TAVOLA 1 – oppure sono selezionate criticamente in base a scandaglio del resto della tradizione, negli

altri casi. In questa specifica TAVOLA 1, la grafia della lezione erronea che caratterizza l’intera tradizione

segue quella di Pr (tranne nei casi in cui si cita la lezione di un singolo manoscritto). Prima di ogni citazione del testo poggiano indico il numero di libro da cui è tratto il passo e il numero di foglio

T

AVOLA

1

LEZIONE CRITICA PRESUMIBILE LEZIONE CODD. E STAMPE

1. Bibl. st. I. XIV, 3

Θεῖναι δὲ φασι καὶ νόμους τὴν Ἶσιν, καθ’ οὓς ἀλλήλοις διδόναι τοὺς ἀνθρώπους τὸ δίκαιον

I (Pr f. 8r)

Leges quoque Isidem statuisse ferunt, quibus iustitia eque

hominibus servaretur omnibus

2. Bibl. st. I. XV, 1

Κτίσαι δέ φασι τοὺς περì τòν Ὄσιριν πόλιν ἐν τῇ Θηβαΐδι

I (Pr f. 8r)

Fertur etiam Osiridis tempore condita esse urbs in Thebaida Isidis

L’errore, di per sé, potrebbe anche essere d’autore (presumibilmente non della fonte greca, ho effettuato un controllo sui mss. Laur. 70.16 e Marc. gr. 374 e ringrazio Aude Cohen-Skalli per averlo effettuato dietro mia richiesta sul ms. Vat. gr. 995): abbiamo infatti a che fare con uno scambio di termini all’interno di una coppia di nomi, Iside e Osiride, che più volte vengono menzionati assieme all’interno di questa sezione del libro I diodoreo. Potrebbe dunque trattarsi di un lapsus d’autore (per casi relativi a coppie di nomi propri cfr. TIMPANARO 2002,pp. 52-57) o comunque di una sostituzione

erronea dovuta al fatto che nel passo immediatamente precedente si discorre a lungo di Iside, non di Osiride (questa, ad esempio, la frase che leggiamo appena prima del passo preso in esame, f. 8r: «hac de causa priscos Grecos Isidem legiferam appellarunt, tamquam primam legum inventricem»). C’è però da dire che l’errore provoca forte contraddizione con quanto asserito poco sotto; il testo prosegue infatti così: «Fertur etiam Isidis tempore condita esse urbs in Thebaida Egypti centum portarum a matre denominata. Posteri vero partim Iovis civitatem, nonnulli Thebas dixere. Eius enim conditorem urbis non solum reliqui scriptores, sed etiam Egyptii sacerdotes incertum habent. Plures tradunt non Osiridis tempore, sed multos post annos a rege quodam Thebas fuisse conditas». È tutto sommato abbastanza probabile che, se di svista d’autore si fosse trattato, procedendo poco oltre con la traduzione, o comunque rileggendo il passo almeno una volta, Poggio si sarebbe avveduto dell’incongruenza e sarebbe tornato a correggere. È peraltro interessante osservare le soluzioni dei due volgarizzatori per ovviare al problema, cfr. I. XV, 1 (testo A) e I. VIII, 4-5 (testo B).432

corrispondente in Pr; per quanto riguarda il numero di libro, ricordo che dopo il paragrafo I. XLII esso sarà sempre aumentato di un’unità rispetto all’originale greco, perché Poggio divise in due il primo libro di Diodoro.

432Segnalo che un caso di errore tipologicamente affine a questo si rileva in corrispondenza di Bibl. st. II. XVLI, 3 Ἡρακλέα φασὶ τὸν ἐξ Ἀλκμήνης καὶ Διὸς (controllati i mss. Vat. gr. 995, Laur. 70.16 e Marc. gr. 374) > III, f. 62r Herculi Semeles ac Iovis filio. Lo scambio di Semele con Alcmena è probabilmente indotto per accostamento con Dioniso, l’altro celebre figlio di Zeus nato dall’unione con una donna, che in più luoghi dei primi cinque libri diodorei viene menzionato come figlio di Zeus e Semele. In questo caso, a differenza che in quello inserito nella tavola, non si può escludere che il lapsus sia da attribuire a Poggio (non si realizza infatti contraddizione con quanto asserito dopo, l’errore rimane circoscritto e non ha consegeunze sul seguito della narrazione); è chiaro però che potrebbe altresì trattarsi di errore del copista dell’archetipo. Segnalo che il volg. B si accorge dell’errore, infatti a testo troviamo Hercol figliuol de Alcmena (libro III, f. 63v), ma a margine l’estensore del codice Trotti ha annotato «‘di Semele’ dice el latino».

LEZIONE CRITICA PRESUMIBILE LEZIONE CODD. E STAMPE

3. Bibl. st. III. XLIX, 1

οἱ δ’Αὐσχίσαι (ex Herodoto V, 171)] Αὐοχεῖται Da,

Αὐχεῖσαι C, Αὐχῆσαι V, Αὐοχεῖσαι L IV (Pr f. 86r)

Auochite (?) Anochite

È probabile che la lezione originaria fosse Auochite/Avochite, derivante dal ms. greco Da:per questa sezione del libro III, COHEN-SKALLI –MARCOTTE 2015(p. 90-92) hanno infatti rilevato nella traduzione di Poggio la presenza di lezioni che non si spiegano se non con il ricorso a un ulteriore codice sussidiario della famiglia D (probabilmente il Marc. gr. 374, appartenuto al Cardinal Bessarione; tramite potrebbe essere stato il Trapezunzio, cfr. supra il § I.2). La lezione originaria Auochite potrebbe essere stata letta come Anochite dal copista incaricato di trascrivere dall’autografo di Poggio la copia in pulito da sottoporre a revisione. Il caso, però, è leggermente dubbio perché è anche vero che lo stesso Poggio potrebbe aver letto una ν in luogo della υ, ma è circostanza assai meno probabile rispetto allo scambio u/n in latino.

4. Bibl. st. IV. V, 1 πυριγενῆ I, f. 100r

Pyrigenius Pyngenius

Si tratta di un appellativo attribuito a Dioniso (‘nato dal fuoco’). L’errore deriva chiaramente da cattiva lettura del nesso ri come n; non può dunque risalire a Poggio, ma può ben spiegarsi come svista di lettura dello scriba incaricato di trarre una copia dal brogliaccio di lavoro autografo dell’umanista. 5. Bibl. st. IV. XXXIII, 1

τῆς δὲ τούτου θυγατρὸς Ἱππολύτης συνοικιζομένης Ἀζᾶνι, συνδειπνῶν Ἡρακλῆς καὶ θεασάμενος ἐν τοῖς γάμοις ὑβρίζοντα τὸν Κένταυρον Εὐρυτίωνα καὶ τὴν Ἱππολύτην βιαζόμενον, ἀπέκτεινεν433

V (Pr f. 111v)

Huius filia Hippolita cum Axanio nupsisset, cenans cum ceteris in nuptiis, Hercules Eurytionem centaurum, conspecta eius adversus Ippolytam cui vim inferre parabat iniuria, interemit

Herculeis (Hercules F3 e Pa)

La frase richiede senza dubbio il nominativo Hercules, ma tutta la tradizione legge Herculeis, assai presumibilmente per attrazione del precedente in nuptiis (le nozze non sono di Eracle, sono di Azan e Ippolita; Eracle è sogg. della frase). Fanno eccezione F3 e Pa, fra loro non connessi, per i quali andrà ipotizzata una buona congettura.

6. Bibl. st. Argumentum V libro

Περì Νάξου καì Σύμης καì Καλύδνης VI (Pr f. 134v)

De Naxo, Syma et Calydna Syrna

(Nisyra Barbβ F1)

433‘Poiché la figlia di questi [Dessameno], Ippolita, si stava sposando con Azan, Eracle, che partecipava al pranzo, quando vide che durante le nozze il centauro Euritione insultava Ippolita e cercava di farle violenza, lo uccise’.

L’errore compare nell’argumentum del libro VI ed è, di nuovo, di natura paleografica (scorretta lettura del nesso rn > m). I mss. Barbβ e F1, fra loro apparentati (cfr. § I.7.6.2), testimoniano un interessante tentativo di ricondurre la lezione priva di senso della tradizione a un’isola greca realmente esistente, Nίσυρος, di cui Diodoro effettivamente discorre a V. LIV, 1-3; non riescono a ricostruire che si tratta di Simi (Σύμης), anche se l’isola è poi riportata da tutti i mss. in forma corretta quando Diodoro viene a parlarne all’interno del libro a V. LIII (Syme, cfr f. 152v su Pr, con notabilium autografo di Poggio).

A questi sei luoghi si deve aggiungere un punto molto interessante in cui l’intera