• Non ci sono risultati.

di Loretta Fabbri, Mario Giampaolo

3. Dalla letteratura

Il processo di analisi della letteratura, ancora in corso, ha permesso di individuare, come significative, quattro ricerche che propongono metodolo- gie partecipative e collaborative applicate in percorsi di formazione online e blended.

Brendel, Chou e Bowman (2014) propongono un metodo che, integrato con piattaforme di digital storytelling, permette la riflessione sulle strategie di cambiamento che hanno luogo in un’organizzazione. Professionisti, leader e team di lavoro sono coinvolti nella creazione e nella discussione di storie personali e collettive. Infine, mediante la condivisione di queste, i partecipan- ti possono diventare consapevoli delle narrazioni dei colleghi e comprendere gli schemi di pensiero che limitano la propria predisposizione nei confronti dei cambiamenti.

Lee, Irving e Francurz (2014) propongono un modello per integrare progetti di ricerca azione in percorsi di formazione online. I partecipanti, educatori so- ciali africani e asiatici, conducono un processo di ricerca azione nelle proprie organizzazioni e comunità. In seguito, utilizzano spazi virtuali privati o colla- borativi per riflettere sulle attività realizzate. Il processo di condivisione tra pari e lo spazio privato permesso contemporaneamente dalla tecnologia, innescano riflessioni per impostare le successive fasi di apprendimento.

Kim, Wong e Lee (2018) propongono una metodologia con la quale hanno condotto un corso blended che ha unito in un’unica classe insegnanti statuni- tensi e sud-coreani. La metodologia utilizza la costruzione di artefatti digitali, discussioni online, in presenza e riflessioni scritte fondandosi, come base teori- ca, sull’apprendimento strumentale, comunicativo e sul concetto di costruzione di significato della teoria trasformativa. In questo modo permette di acquisire gli strumenti necessari per sviluppare una “prospettiva globale” verso l’inse- gnamento (Hanvey, 1975).

Mentre i precedenti studi hanno adottato un approccio di ricerca qualita- tivo, raccogliendo dati testuali mediante riflessioni scritte dai partecipanti, l’ultimo studio presentato utilizza un approccio di ricerca a metodi misti im- piegando un pre-test e un post-test a risposta multipla e una scrittura riflessi- va finale sull’esperienza condotta. La metodologia utilizzata da Stransberry e Kymes (2007) è integrata dall’utilizzo di un e-portfolio. Le attività di cre- azione di artefatti, la collaborazione e la riflessione contraddistinguono tutta la metodologia e sono incorporate nel processo di sviluppo finale dell’e-port- folio. Nella ricerca, insegnanti in formazione, grazie alla metodologia e allo strumento proposti, possono riconsiderare le potenzialità di un apprendimen- to mediato dalla tecnologia.

3.1. Il collaborative digital storytelling

La metodologia del Collaborative Digital Storytelling (CDS) invita a condi- videre, riflettere, mappare, trasformare e riformulare le proprie storie di cambia- mento lavorativo e metterle in relazione con quelle della propria organizzazione (Brendell, Chou e Bowman, 2014). La metodologia si articola in quattro fasi: • Creare, riflettere e revisionare la storia individuale. Utilizzando piattafor-

me di storytelling digitale i professionisti sviluppano una storia personale relativa ad un cambiamento organizzativo, incorporando in questa storia, le proprie sfide, le interpretazioni e i risultati desiderati. Un software di story- mapping permette di porre in evidenza le assunzioni, i propri punti di vista o le abitudini di pensiero espressi nella storia.

• Mappare, riflettere e revisionare la storia in gruppo. Utilizzando gli stessi software, i membri di uno stesso reparto dell’organizzazione sono in grado di vedere e ascoltare le storie degli altri e metterle in relazione con le pro- prie. Viene chiesto al gruppo di collaborare per esplorare criticamente le loro prospettive individuali e trovare un consenso su una singola storia che descriva la comune comprensione di un cambiamento, dei valori condivisi e degli obiettivi.

• Consolidare, riflettere e trasformare la storia organizzativa. I leader di cia- scun reparto condividono la storia comune in gruppo. Anche in questo caso i leader possono comparare le storie in modo da sviluppare consenso su aspetti del cambiamento a livello dell’intera organizzazione.

• Esplorare le relazioni tra le storie a livello individuale e organizzativo. Tutti i membri dell’organizzazione sono incoraggiati a riconsiderare le relazioni tra le storie individuali e le storie collettive. L’obiettivo di quest’ultima fase è fornire alle persone un maggior senso di come le loro storie fanno parte e sono allineate con i cambiamenti organizzativi.

Gli autori forniscono inoltre i riferimenti di applicazioni online che permet- tono la progettazione di storie ed espongono il loro punto di vista sull’utilizzo di strumenti come blog e Youtube per realizzare un digital storytelling.

3.2. L’action learning supportato da pari

Il modello presentato dalla ricerca (Lee, Irving e Francuz, 2014) trae origine da un’esperienza di formazione online incorporata in comunità e organizzazioni africane e asiatiche. Gli autori individuano la ricerca azione come una delle op- portunità chiave per promuovere apprendimento trasformativo. Gli educatori so-

ciali che partecipano al corso svolgono le attività di ricerca e utilizzano uno spa- zio online che consente un apprendimento supportato da pari riservando tempo e spazio per rifl essioni private. Il modello proposto prevede tre spazi unici che contribuiscono in modo signifi cativo e differente all’apprendimento (Figura 3).

Figura 3 – Modello del Peer-Supported Action Learning tratto da Lee, Irving & Francuz (2014)

Potenzialmente questi tre spazi sono mutualmente rinforzanti: lo spazio d’apprendimento dell’action learning condotto nel luogo di lavoro, lo spazio d’apprendimento della comunità online e lo spazio privato. Lo spazio dell’ac- tion learning fornisce opportunità per una ricerca azione pratica, incorporata nella comunità in cui il professionista lavora.

Questa azione sul campo è ancora più forte perché direttamente supportata da uno spazio online di apprendimento tra pari dove la discussione permette di far emergere elementi sociali e cognitivi della ricerca-azione. Infi ne, lo spazio online di rifl essione privato permette agli individui, in maniera autodiretta, di integrare i diversi spazi per rifl ettere, sintetizzare e adattare cosa è rilevante per loro stessi e per il contesto. Lo scopo della facilitazione e dell’instructional de- sign di ambienti virtuali è di collegare effettivamente questi spazi e farli rinfor- zare vicendevolmente.

3.3. Lo sviluppo di progetti basati sul compito

Alla luce della prospettiva dell’apprendimento trasformativo, la metodolo- gia prevede lo sviluppo di progetti basati sui compiti (mappe concettuali e pre- sentazioni video), interazioni online e momenti di rifl essione scritta (Kim, Wong e Lee, 2018). Gli autori hanno progettato e applicato il modello (Tabella 1) durante sei settimane di lezione attraverso un Learning Content Management System (LCMS) che ha permesso il confronto tra insegnanti appartenenti a di- verse culture.

Tabella 1 – Le fasi per lo sviluppo di progetti basati su compiti. Apprendimento strumentale Progetti basati su compiti Apprendimento comunicativo Interazioni online Costruzione di significato Riflessione

Fase 1 Introduzione (orientamento al

progetto)

Post di video introduttivi e messaggi di benvenuto

Riflessioni scritte precedenti al progetto

Fase 2 Costruzione di mappe concettuali

Post di mappe concettuali e discussioni on-line (forum e chat)

Discussioni in classe

Fase 3 Sviluppo di presentazioni (anche

video registrate) Post delle presentazioni e discussioni online (forum e chat) Discussioni in classe

Fase 4 Riflessioni scritte successive al progetto

Durante la prima fase introduttiva i partecipanti sono invitati a presentarsi condividendo sia mediante chat sia con riflessioni scritte le proprie prospettive in merito alla loro professione. Dopo la fase di introduzione, ai partecipanti vie- ne chiesto di creare una mappa concettuale e successivamente di partecipare ad una sessione chat di un’ora per discutere con i propri colleghi sugli artefatti cre- ati. Nella terza fase i partecipanti devono creare una presentazione video ispi- randosi alla mappa concettuale da loro creata e postarla sul forum del LCMS e su Youtube. Come avviene nella prima fase, anche in questa i video sono con- divisi e discussi in una sessione chat di un’ora.

Il modello propone momenti in cui, grazie alla costruzione di artefatti, ci si può concentrare su compiti orientati alla soluzione di problemi e sulla deter- minazione delle relazioni causa-effetto. A questi se ne affiancano altri in cui si comunicano i propri sentimenti, bisogni e desideri. Infine, lo sviluppo di diver- si progetti sullo stesso topic permette di comprendere se e come i partecipanti hanno sviluppato le proprie idee sull’argomento.

3.4. Il technology learning cycle

La ricerca propone l’utilizzo combinato di un modello collaborativo per l’acquisizione di competenze sulle tecnologie e dell’e-portfolio (Stransberry e Kymes, 2007). Il Technology Learning Cycle (TLC) è un modello utile per ri- flettere sulla propria conoscenza della tecnologia, fornisce un modo per impa- rare a usare nuovi strumenti e incorporarli nelle pratiche lavorative.

Il TLC prevede le seguenti fasi:

• diventare consapevoli delle tecnologie attraverso informazioni ottenute dai media, dagli amici, dai familiari o dai colleghi;

• esplorare le tecnologie e selezionare uno strumento che mostra potenziale per essere utilizzato nella propria pratica;

• raggiungere un livello di comfort con la tecnologia utilizzata sia a livello tecnico, sia pedagogico. A livello tecnico si apprendono i meccanismi per la- vorare con la tecnologia, a livello pedagogico si comprende come preparare, pianificare e praticare attività per facilitare apprendimento;

• implementare un progetto che utilizza la tecnologia di cui si è diventati esperti;

• pensare in modo critico a ciò che si è appreso, condividendo la propria co- noscenza affinché altri possano iniziare il ciclo.

Il modello si ripete ogni volta che si diventa consapevoli di una nuova tec- nologia e si sceglie di implementarla nel proprio lavoro. Ogni ciclo è in genere più sofisticato rispetto al precedente e si propaga perché altri raccolgono le co- noscenze condivise.

Nella ricerca condotta dagli autori, il modello è integrato con un e-portfolio, contenente gli artefatti sviluppati nella fase di applicazione, che riflette la crea- tività individuale, la conoscenza e la crescita sviluppata dai partecipanti.