• Non ci sono risultati.

I ricercatori di domani e le tecnologie digitali: quali bisogni?

di Maria Ranieri, Ersilia Menesini

2. I ricercatori di domani e le tecnologie digitali: quali bisogni?

Nel 2009, la British Library e il Joint Information Systems Committee (JISC) in Inghilterra hanno commissionato lo studio triennale Researchers of Tomorrow, pubblicato nel 2012 e aggiornato nel 2015, sui comportanti dei dot- torandi relativi alla ricerca e all’uso delle informazioni, con una focalizzazione sulla Generazione Y2, ossia gli studenti nati tra il 1982 e il 1994. Lo studio pre-

senta risultati di grande interesse per analizzare i bisogni e le aspettative di una generazione che, pur essendo “nativa digitale” solo in parte, ha avuto accesso a fonti informative prevalentemente digitalizzate per lo studio e la ricerca. Inol- tre, si tratta di uno studio longitudinale spalmato su tre anni (2009-2012) e ciò consente di avere un quadro più solido delle abilità di information literacy dei futuri ricercatori, coinvolgendo oltre 17.000 dottorandi provenienti da più di 70 università. A nostra conoscenza, rimane una delle indagini più ampie su questi temi, fornendo uno spaccato davvero unico. Dall’analisi dei dati raccolti attra- verso una serie di survey, emergono quattro principali risultati che riassumere- mo di seguito.

2. Per Generazione Y, anche nota con gli appellativi Millennial Generation, Generation Next o Net Generation, ci si riferisce alla generazione di coloro che, nel mondo occidentale, sono nati tra i primi anni Ottanta e la fine degli anni Novanta.

2.1. Cercare e usare fonti informative

Ad una domanda sulla loro ultima attività di ricerca di informazioni online, la maggior parte dei dottorandi – trasversalmente alle discipline – ha risposto di aver ricercato fonti secondarie (riviste, libri ecc.) piuttosto che fonti primarie. Anche Gouseti (2017) nel suo studio sui dottorandi britannici ha riscontrato che l’uso più diffuso della rete da parte dei futuri ricercatori è costituito dalla ricer- ca di informazioni nel proprio campo disciplinare. Questa evidente e sorpren- dente dipendenza da risorse di ricerca già pubblicate implica che, come base per la propria attività, pochi dottorandi nelle scienze sociali e nelle discipline umanistiche ricorrono a fonti primarie come giornali, documenti d’archivio e social data. Nelle scienze cosiddette dure, in pochi utilizzano grandi dataset o serie di dati. Le implicazioni di questo comportamento sono così significative da richiedere approfondimenti per verificare se si stia determinando un effettivo cambiamento rispetto ad un decennio fa nella ricerca dottorale basata su fonti primarie. Se così fosse, le conseguenze potrebbero riguardare la qualità stessa della ricerca realizzata; altre preoccupazioni a lungo termine toccano il concet- to di dottorato come “apprendistato di ricerca”, se esso include scarsa esperien- za nel cercare e usare fonti e materiali di ricerca non pubblicati e “primari” nel lavoro di ricerca.

2.2. Comprendere l’ambiente informativo

Le riviste elettroniche costituiscono la principale fonte informativa per tut- ti i settori disciplinari. Poter accedere o meno a risorse informative rilevanti, segnatamente articoli di riviste elettroniche accessibili per abbonamento, rap- presenta uno dei maggiori vincoli all’avanzamento della propria ricerca, preci- samente il secondo in ordine di grandezza, dopo quello temporale. Molti dotto- randi, soprattutto tra i più giovani, osservano che se non riescono ad accedere all’articolo elettronico, si accontentano dell’abstract.

Tra i dottorandi di tutte le età si riscontra una diffusa mancanza di compren- sione e incertezza sull’open access (accesso aperto) e le risorse auto-archivia- te. A livello istituzionale, l’autenticazione dell’accesso e le limitazioni delle licenze relative alle risorse in abbonamento generano tipicamente perplessità tra i giovani studiosi. Particolarmente preoccupante è poi il fatto che non com- prendono il funzionamento della comunicazione accademica online e, pertan- to, dell’ambiente in cui lavorano. Non avendo chiari i meccanismi dell’open access e del copyright, limitano le loro ricerche e la disseminazione dei loro lavori. Sono poi consapevoli che la valutazione basata su citazioni e i criteri di

autenticità nella ricerca accademica e dottorale scoraggino la citazione di mate- riali non pubblicati, come i web-based data, nelle tesi di dottorato.

Tutto ciò induce a chiedersi se i dottorandi siano adeguatamente supportati e attrezzati per navigare attraverso la pletora e la varietà di materiali di ricer- ca e fonti disponibili su Internet. I meccanismi per stabilire l’autorevolezza e la legittimità delle risorse informative (ad esempio, i sistemi di peer review, le citazioni, l’editore ecc.) sono ancora validi e adeguati a supportare i dottorandi nella selezione delle fonti? Oppure dovrebbero essere ampliati per includere, ad esempio, la citazione di web-based dataset?

2.3. Adozione delle tecnologie

Sebbene i dottorandi della Generazione Y siano generalmente utenti com- petenti delle ICT, i dati mostrano che tendono a non essere i primi a adottare i ritrovati tecnologici più innovativi o ad appassionarsi alle ultime release dei software. Un risultato analogo emerge da un lavoro di Esposito (2014) sui dot- torandi italiani: tendono ad essere pragmatici piuttosto che pionieri nell’uso delle tecnologie; solo una limitata porzione di dottorandi manifesta una presen- za attiva sui social media, mentre la stragrande maggioranza è ancora legata a canali comunicativi tradizionali come i seminari e le conferenze.

In area umanistica, la maggior parte delle tecnologie e applicazioni fornite dalle istituzioni di appartenenza, includendo anche le applicazioni open, sono utilizzati a scopo di ricerca da una percentuale limitata di dottorandi, anche se la Generazione Y è predisposta a farne maggior uso rispetto agli studiosi più anziani. I dati rivelano un certo pragmatismo da parte dei futuri ricercatori: le applicazioni più utilizzate sono quelle che vengono facilmente integrate nelle pratiche di ricerca preesistenti.

La gran parte dei dottorandi si rivela scettica verso l’attuale impegno isti- tuzionale nell’adozione di tecnologie web aperte: a non convincere è il basso livello di credibilità di cui godono soprattutto le piattaforme social, pertanto la partecipazione a forum online e social network viene percepita come scarsa- mente legittima sul piano dell’affidabilità scientifica. I nuovi strumenti della comunicazione accademica, da ResearchGate a Publons o Twitter, potrebbero mettere in discussione le loro pratiche di lavoro tradizionali, che sembrano es- sere piuttosto conservatrici.

A questo riguardo ci si può chiedere se gli attori chiave in ambito accade- mico, ad esempio i tutor di dottorato o anche i bibliotecari, possano supportarli nell’adozione di nuove pratiche fornendo modelli d’uso più efficaci ed esempi di buone pratiche in grado di legittimare le prassi accademiche emergenti.

2.4. Collaborare, condividere e disseminare i risultati della ricerca

La maggior parte dei dottorandi della Generazione Y lavora individualmen- te piuttosto che in équipe di ricerca: tendono a condividere i loro risultati di ricerca solo con i loro pari o i colleghi. Si fanno guidare dai loro supervisori rispetto ai livelli di apertura e condivisione della loro ricerca, e le loro opinioni riflettono in generale quelle della comunità accademica.

Nonostante abbiano idee scorrette sull’open access, si riscontra un aumento graduale del numero di dottorandi che hanno pubblicato o intendono pubblicare risultati di ricerca in open access. Nondimeno, l’inadeguata comprensione dei meccanismi di funzionamento dell’open access e i costi che in alcune aree sono molto elevati, rimangono uno dei principali limiti alla diffusione dei loro risul- tati di ricerca; tipicamente le loro riserve riguardano la mancanza da parte delle riviste open di parametri quali impact factor o di credibilità e una marcata pre- ferenza per le riviste sottoposte a peer review, assumendo implicitamente che le riviste ad accesso aperto non siano sottoposte a referaggio. Per i dottorandi essere più aperti nel comunicare e contribuire all’interno di reti di ricerca più ampie può essere di grande valore; tuttavia, questi giovani studiosi sembrano li- mitati da una serie di fattori che vanno dalla scarsa fiducia nel proprio lavoro di ricerca, all’ansia di dimostrare l’originalità del loro lavoro, all’ambivalenza de- gli atteggiamenti dei supervisori, talvolta favorevolmente inclini verso l’open, talaltra no. Tutto ciò mette in discussione le pratiche consolidate nella sfera del- la ricerca dottorale. Si pone allora la questione se, alla luce delle tendenze della ricerca internazionale, vi sia un settore dell’istruzione superiore o un impegno istituzionale ad accettare i cambiamenti nella ricerca dottorale richiesti da una maggiore apertura e condivisione.

2.5. Servizi istituzionali e strutture di supporto alla ricerca

La grande importanza attribuita dai dottorandi della Generazione Y ad alcuni servizi istituzionali (ad esempio, l’abbonamento a riviste online o l’erogazione di riviste stampate) non è accompagnata da altrettanto elevati livelli di soddisfazio- ne per i servizi offerti dalle loro istituzioni. L’area della formazione alla ricerca e all’uso delle informazioni costituisce un ambito caratterizzato da una generale in- soddisfazione. Preferiscono supporto e formazione faccia a faccia, e ricorrono ai pari per una sorta di formazione informale. Contenuti generali, non centrati sulla loro area di ricerca o sui loro bisogni, vengono in generale considerati inefficaci. Sembrerebbe conseguirne che più informale e diretto è il supporto, maggiore è la sua efficacia. Ciò solleva il seguente interrogativo: esistono modelli migliori

per identificare e rispondere ai bisogni formativi dei dottorandi, oltre alle pratiche correnti come, ad esempio, corsi generici basati su lezioni e workshop? Le istitu- zioni accademiche possono individuare pratiche alternative basate sul coinvolgi- mento diretto dei dottorandi per integrare momenti semi-formali e corsi formali allo scopo di identificare bisogni formativi e promuovere competenze?