L’espressione “invecchiamento attivo” e “con successo” (Havighurst, 1963; Rowe & Kahn, 1987; Baltes, P.B. & Baltes M.M, 1990; Bengtson & Schaie, 1999), espressione che nel
corso degli anni, ha conosciuto differenti sottolineature35, è diventata nella nostra società
ormai uno slogan ma conserva una sua verità: in gran parte dei Paesi dell’UE (Zaidi, 2016) l’anziano oggi vive sempre meno una resa incondizionata di fronte alla società ed all’indebolirsi delle risorse del proprio corpo36, e in ciò è favorito dal fatto che al momento di varcare la soglia della pensione è ancora in buona salute e quindi capace di dedicarsi a svariate attività37. L’immagine dell’anziano come “persona seduta, a braccia conserte, e con il capo reclinato” che vive la quotidianità “in maniera sonnolenta” (Corsi & Ulivieri, 2012: 72) fa ormai parte di un passato che non torna più. Molti stereotipi legati alla figura dell’anziano come persona inattiva sul piano dell’iniziativa economica, in condizioni precarie di salute, isolata e confinata in spazi ridotti, con limitate relazioni sociali e famigliari, fondamentalmente passiva e disinteressata a ciò che lo circonda, spesso scontenta e diffidente, non rispondono pienamente al vero. O meglio si avvicinano al vero forse con il progredire dell’età (oltre i 75 anni e per molti anche dopo gli 85), col peggiorare delle condizioni di salute e in dipendenza da altri fattori quali il genere, la famiglia in cui si vive, la presenza o meno di partner attivi, il titolo di studio e il livello
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Tra le altre: “aggiungere anni alla vita e trovare soddisfazione dalla vita” (Havighurst, 1961); “capacità di attivare strategie per affrontare la vita (capacità di risposta)” (Fisher, 1992); “capacità di approdare in età avanzata a un livello di benessere fisico, sociale e psicologico che è positivo per sé e per gli altri” (Gibson, 1995); “combinazione di sopravvivenza (longevità), salute (mancanza di disabilità) e soddisfazione (felicità)” (Palmore, 1995).
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Il concetto di “invecchiamento attivo” fa da sfondo a gran parte degli interventi delle Nazioni Unite, dell’OMS e dell’UE che abbiamo ricordato nel capitolo precedente. Faceva la sua comparsa già nel contributo dell’OMS alla Seconda conferenza mondiale sull’invecchiamento tenutasi a Madrid nel 2002 (Active ageing: a policy framework, 2002 reperibile in:
https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/67215/WHO_NMH_NPH_02.8.pdf;jsessionid=E884301B 2CDF062EFD9606F2618C74AC?sequence=1) ed è stato ripreso dall’UE nella indizione dell’Anno europeo dell’invecchiamento attivo, e della solidarietà tra le generazioni, nel 2012.
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Come non ricordare a questo proposito anche l’iconica frase spesso ripetuta dalla scienziata pluripremiata Rita Levi Montalcini secondo la quale, riprendendo un concetto di Havighurst, occorre “dare vita agli anni e non semplicemente aggiungere anni alla vita”.
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culturale, la regione o il luogo in cui si vive (Demurtas et al., 2014). 38Anche se con modalità e intensità diverse un buon numero di loro si dedica ad attività supportive nei confronti dei figli e delle loro famiglie (fanno i nonni a tempo pieno ad esempio), hanno una fitta rete di relazioni amicali ed attività di carattere ludico-culturale, sono impegnati nell’associazionismo e nel volontariato, partecipano ai corsi dell’Università della Terza Età (Mirabile et al. Cit.; Colombo, 2012; Bramanti & Boccacin, 2012; Facchini, 2012; Innocenti & Vecchiato, 2013; Rossi et al., 2014; Principi et al., 2015). Altre conferme provengono dall’Istat. Nel nostro Paese si sta progressivamente alzando il livello del titolo di studio e quindi il livello culturale degli anziani (Tab. 3.1), il che permette loro di arrivare con più adeguati strumenti culturali, e quindi più “preparati”, ad affrontare questa fase di svolta della loro vita, rallentando così anche il processo di invecchiamento (Maccheroni, 2009). Aumenta altresì il numero di coloro che si dedicano alle attività culturali e sportive, anche se naturalmente questi progressi si manifestano maggiormente nella fascia di età tra i 65
e i 74 anni (ma in proporzione anche nelle coorti successive) (Tab. 3.2 e 3.3). Aumentano
infine anche gli anziani che utilizzano il PC (Tab. 3.4), anche se non appare del tutto superato il digital divide che li separa dalle generazioni più giovani nell’uso pieno e consapevole degli strumenti informatici soprattutto di quelli più sofisticati e in più rapida evoluzione (NNA, 6° rapporto, 2017; Medici, 2014; Cipolla & Guarino, 2009; Buccoliero, 2010).
Tab. 3.1 - Popolazione anziana (65+) per titolo di studio (valori assoluti in migliaia e percentuali). Anni 2005, 2015, 2019
2005 2015 2019
v.a. % v.a. % v.a. %
Nessun titolo di studio o licenza elementare
8.024 72,1 7.540 57,8 6.630 48,9
Licenza scuola media 1.563 14,0 2.662 20,4 3.228 23,8
Diploma di qualifica professionale (2/3 anni) 194 1,7 359 2,8 501 3,7 Diploma di maturità (4/5 anni) 933 8,4 1.664 12,8 2.115 15,6
Laurea e post laurea 420 3,8 811 6,2 1.093 8,0
totale 11.134 100 13.036 100 13.567 100
Fonte: Istat. Dati-anziani.istat.it
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Anche l’idea di “invecchiamento attivo” può generare però stereotipi negativi se associata all’immagine giovanilistica dell’anziano magro, scattante, atletico, attento all’immagine, sempra alla moda. Questa idea di anziano naturalmente non corrisponde al vero, ma fa parte di una sorta di favola dell’eterna giovinezza (Cavazza & Malvi, 2014).
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Tab. 3.2 - Attività culturali, ludiche e ricreative degli anziani (65+) per fasce di età (valori percentuali). Anni 2005-2018
Teatro Cinema Mostre
musei Opera lirica e musica classica spettacoli sportivi Discoteche balere 2005 2018 05 018 05 18 05 018 05 018 05 018 65- 74 12,4 16,5 16,0 23,9 15,1 24,6 7,2 7,6 9,8 11,7 6,9 5,3 75+ 5,3 8,2 5,5 9,0 6,5 10,7 2,7 5,0 3,5 5,7 1,8 3,0
Fonte: Istat. Dati-anziani.istat.it
Tab. 3.3 - Pratica sportiva e attività motorie degli anziani (65+) per fasce d’età (valori percentuali). Anni 2005-2019
Sport (continuativo) Sport (saltuario) Qualche attività fisica
Nessuna attività fisica
2005 2019 2005 2019 2005 2019 2005 2019
65-74 7,0 13,4 3,9 5,3 35,3 37,5 53,3 43,8
75+ 2,1 5,4 1,3 1,8 21,8 51,3 74,1 67,5
Fonte: Istat. Dati-anziani.istat.it
Tab. 3.4 – Utilizzo del PC da parte degli anziani (65+) per fasce d’età (valori percentuali). Anni 2015-2019
età Si Tutti i giorni Una o più
volte a settimana Qualche volta al mese Qualche volta all’anno Mai 2015 2019 2015 2019 2015 2019 2015 2019 2015 2019 2015 2019 65-74 24,4 32,9 13,0 18,8 9,7 10,4 1,3 2,2 0,4 1,5 74,6 65,3 75+ 6,6 10,7 3,4 5,4 2,7 3,7 0,3 1,1 0,2 0,5 91,9 87,7
Fonte: Istat. Dati-anziani.istat.it
Riguardo all’impegno nel volontariato delle persone over 65, sempre l’Istat in una ricerca del 2014 ma riferita al 2013 (Istat. Report del 23 luglio 2014) rileva come le coorti di età più impegnate nel volontariato, sia organizzato che individuale, sono quelle dai 65 ai 74 anni (la cui intensità di impegno è in media di 26,2 ore mensili a testa) e dei 75+ (24,7) contro una media complessiva per tutta la popolazione italiana di 19,0. Il dato trova conferma anche analizzando la condizione lavorativa degli impegnati nel volontariato: i più attivi sono coloro che sono usciti dal mondo del lavoro (25,9 ore di media contro i 15,8 degli occupati e i 20,7 delle casalinghe). Tra l’altro, varie ricerche confermano come vi sia una correlazione virtuosa tra attività di volontariato a favore degli altri, condizione di buona salute percepita e elevata soddisfazione di vita (Dorfman & Moffet, 1987; Hirdes & Forbes, 1993).
A conferma di questo nuovo modo di vivere la dimensione anziana sta la percezione che di essa hanno gli anziani stessi. Una ricerca, ormai risalente al 2012 ma dai risultati
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probabilmente ancora validi, contenuta nel 24° Rapporto Italia dell’Eurispes39 evidenzia proprio questo dato: la stragrande maggioranza degli intervistati anziani (il 45,4%) considera la terza età come un’occasione per dedicarsi più a se stessi e ai propri interessi (Tab. 3.5).
Tab. 3.5 – Percezione che gli anziani hanno della terza età (valori percentuali). Anno 2012
Il periodo in cui si può riposare 19,4
Un’occasione per dedicarsi di più a se stessi e ai propri interessi 45,4
Una fase di declino 27,8
Non sa 6,6
Non risponde 6,8
Totale 100
Fonte: Eurispes (2012)
Anche questa ricerca evidenzia come la diversa percezione dell’anzianità sia in relazione col livello di istruzione. Tra le persone senza titolo di studio o con livello di istruzione elementare il 43,6% la ritiene una fase di declino mentre solo il 18,4% la ritiene tale tra i laureati (ibid.).
“Rispetto agli anziani che hanno vissuto l’esperienza dei conflitti mondiali, quelli che da oggi entrano a fare parte di questo gruppo presentano un vissuto completamente differente; una formazione culturale più elevata, una maggiore attitudine ad interagire con il territorio e con i prodotti tecnologici; aumentate capacità di essere attivi ed in miglior stato di salute; tanto che sociologi, demografi, economisti, pedagogisti, psicologi, hanno cominciato a parlare di nuovi anziani per enfatizzare la distanza dalle precedenti generazioni.” (Baschiera, 2014: 93)
I dati italiani trovano conferma anche su scala internazionale. La Divisione Popolazione delle Nazioni Unite (United Nations, Department of Economic and Social Affairs. Population
Division. Profiles of Ageing) in una ricerca riferita al 2013, evidenzia come le generazioni
nate dopo la Seconda Guerra Mondiale stiano affrontando l’invecchiamento con risorse decisamente migliori rispetto a tutte le generazioni precedenti40. Questi “nuovi anziani” (new old) vivono in condizioni di salute migliori e sono normalmente più attivi ed indipendenti rispetto alle precedenti generazioni. Molte più persone sono abituate a prendere decisioni, ad essere coinvolte attivamente nella famiglia, nella comunità e nella vita sociale e desiderano continuare anche in età avanzata: per questo richiedono servizi di
39 Reperibile su https://eurispes.eu/ricerca-rapporto/rapporto-italia-2012/ 40 Reperibile su https://www.un.org/en/development/desa/population/publications/dataset/urban/profilesOfAgeing2013. asp
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assistenza che consentano loro di farlo. In media, le persone anziane oggi hanno un livello
di educazione maggiore rispetto alle precedenti generazioni41 e sono più esperte nell’uso
della tecnologia. Nella regione dell’UNECE42,la proporzione di persone di età compresa tra
55 e 74 anni che usa un computer ed internet è aumentata notevolmente negli ultimi 10 anni, anche se a livelli molto diversi nei vari Paesi43.
Un tempo, nel mondo arcaico e contadino, il problema di garantire un invecchiamento attivo non esisteva in quanto la persona lavorava fin quando ne aveva le energie e le possibilità e, una volta impossibilitata a lavorare, attendeva in famiglia, per un periodo relativamente breve (molto meno lungo di oggi) l’arrivo della morte. Inoltre l’anziano godeva in quelle società ancora patriarcali di un’autorevolezza e di un ruolo sociale di
trasmettitore di valori che oggi ha indubbiamente perso. Rappresentava la saggezza,
l’esperienza, era una sorta di modello al quale tutti si adeguavano e da cui tutti sapevano di dipendere; era “l’intermediario” col mondo in quanto portava in famiglia le notizie che apprendeva andando in città, esprimeva giudizi, imponeva comportamenti. È, questa, una considerazione in gran parte rispondente al vero, anche se la condizione dell’anziano nelle società arcaiche non va idealizzata oltre misura. Rispetto a quel tempo lontano, connesso alle società preindustriali, il dato che si è affermato sempre di più nelle società industriali avanzate è il distacco tra l’uscita dal lavoro (decretata dalla società stessa indipendentemente dalle condizioni fisiche della persona) e l’arrivo della morte, che si allontana sempre di più. Si tratta di un arco di tempo piuttosto lungo come testimoniato anche dai dati sulla speranza di vita (Fig. 2.8) nel quale le condizioni di salute peggiorano sì ma con una certa gradualità (per l’Italia Tab. 4.1).
Tra l’altro è ormai attestato (ibid.) che il processo d’invecchiamento procede con l’età ma
non in maniera lineare: una prima forte discontinuità avviene tra i 60-64 anni e 65-69, quando l’uscita dal mondo del lavoro si completa e presumibilmente emergono i primi problemi di salute; una seconda cesura è individuabile nel passaggio degli 80 anni. Questo
41
Ad esempio, nel 1950 una persona di 15 anni o più riceveva 7 anni di educazione formale in Europa Occidentale, 4.7 anni nell’Europa dell’Est e 9.6 anni in Nord America e Australia. Nel 1980, la media degli anni di educazione formale per le persone di 15 anni o più è aumentata in queste regioni fino a, rispettivamente, 10.1, 8.1 e 11.8 anni (Van Zanden et al. 2014: 88 e segg).
42
L’UNECE è la Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite. Di essa fanno parte oltre ai Paesi dell’Europa Occidentale e dell’Europa Orientale, anche Stati Uniti, Canada, Israele ed alcuni stati centro- asiatici.
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L’utilizzo del computer varia attualmente dal 9% delle persone tra 55 e 74 anni in Turchia a 91% in Islanda. La percentuale di persone tra i 55 e 74 anni che utilizza internet settimanalmente è ancora la più bassa in Turchia con l’ 8% e la più alta in Islanda con l’85%. Le differenze regionali e nazionali nell’accesso e nell’utilizzo delle tecnologie informatiche e della comunicazione (ICT) sono significative, ma la tendenza all’aumento delle ICT è la stessa (UNECE Statistical Database, 2013).
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avviene per molti, ma non per tutti, perché altri fattori intervengono a rallentare, talvolta a contrastare, quel declino: in primo luogo la struttura famigliare nella quale vive l’anziano e, soprattutto, la presenza di un partner in salute con il quale condividere almeno parte della giornata e degli impegni. La condizione di maggiore dipendenza, infatti, si trova nei vecchi che vivono non in coppia, ma con altri, presumibilmente figli o altri parenti: per la maggior parte, si tratta di vedove e vedovi che si appoggiano ad altri nella vita quotidiana, magari avendo adattato o addirittura abbandonato l’ambiente nel quale erano vissuti con i propri
partner (Tab. 4.5). Un’istruzione elevata, uno stato di salute buono o discreto, delle condizioni economiche soddisfacenti, una sana alimentazione, l’abitudine a stili di vita salubri e la stessa percezione positiva della vita sono altri fattori in grado di rallentare i processi d’invecchiamento o, per lo meno, il processo di rarefazione dei rapporti con gli altri. Proprio questa constatazione apre una finestra di ottimismo nelle prospettive altrimenti preoccupanti d’invecchiamento della popolazione italiana. Il processo di invecchiamento dipende in buona parte dalle scelte individuali e collettive ed è possibile intervenire in modo preventivo per allontanare sempre di più il declino e allungare il tempo di vita in buona salute (Vergani, 1999; Hillman, 1999; Cesa-Bianchi & Cristini, cit; Bertocci, cit.; Pecorelli & Ivanovic, 2012). Le generazioni che entreranno prossimamente in
età anziana, come visto in precedenza, saranno di certo più istruite e in condizioni di salute
tendenzialmente migliori delle generazioni che ora sono anziane e vecchie.
In sintesi si può quindi concludere che non necessariamente la crescita numerica degli anziani nella nostra società comporti in proporzione una crescita del fabbisogno di assistenza, almeno per una buona fascia di età. Questo è confermato anche dall’indice della speranza di vita in buona salute (vedi cap. 4.1). Lo stile di vita salutare e attivo di molte persone anziane contribuisce a mantenerle in buone condizioni di salute e, con il giusto supporto, consente loro di vivere in maniera indipendente per un periodo molto più lungo rispetto alle generazioni precedenti.