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I dati dello smuggling

I DATI E LE ROTTE DEI TRAFFICANTI E DEGLI SMUGGLERS

2. I dati dello smuggling

Distinta dalla tratta di esseri umani, la figura criminis di smuggling rappresenta un fenomeno non meno frequente dello human trafficking. Secondo quanto rilevato dall’IOM (Migrant Smuggling Data and Research: A global review of the

161 tentano di entrare nell’Unione europea lo fa tramite l’ausilio di uno smuggler, soggetto che, come si è visto, aiuta l’irregolare traversata di un confine dietro compenso di denaro.

Le principali rotte dei migranti interessano l’Unione europea (o l’Europa intesa come concetto geografico) lungo due assi principali: l’asse sud – nord e l’asse est- ovest.

Più nello specifico, le traversate principali sono tre. Si tratta dell’asse che dal Marocco porta alle coste spagnole, dell’asse che congiunge la Libia con l’Italia e Malta, nonché della via greco-turca.

Dal 2016 in poi, oltre ai migranti provenienti dall’Africa centrale e dai Paesi nordafricani, si sono aggiunti soggetti provenienti dall’estremo oriente (India, Bangladesh, Cina e Vietnam), che cercano di entrare in Europa attraverso la via greco-turca.

Se la Grecia, l’Italia, la Spagna e Malta sono i principali Paesi di primo ingresso, le mete preferite sono prevalentemente Grecia, Svezia e Regno Unito.

Negli ultimi anni, la via greco-turca è stata la più utilizzata da migranti e smugglers (nel 2015 sono stati 885.000 i migranti che hanno percorso tale rotta), forti della possibilità di scegliere una traversata prevalentemente via terra o una sostanzialmente via mare.

La rotta mediterranea (dalla Libia all’Italia), invece, ha visto flussi ondivaghi nell’ultimo decennio, con un consistente decremento di approdi dal 2015 in poi. Quasi del tutto irrilevante, infine, sembra essere la rotta del nord, che attraversa il confine con la Russia e vede i migranti diretti verso Svezia e Norvegia. Si tratta di flussi che, nel quadro complessivo, rappresentano solamente lo 0.01% dei migranti diretti verso l’Europa.

Bisogna tuttavia sottolineare come, dal 2015 in poi, tale flusso risulti in graduale ma costante crescendo.

Non sempre, inoltre, i migranti che hanno scelto di varcare il confine con l’Unione europea ricorrendo ai servizi di uno smugglers continuano ad affidarsi a questi anche per continuare la traversata all’interno del continente.

162 Seppur, inoltre, non sia possibile generalizzare, si possono individuare delle linee guida comuni in relazione al rapporto tra il punto di varco del confine europeo e la destinazione finale del migrante.

Come rilevato dall’IOM nel succitato Rapporto, infatti, la maggior parte dei migranti che raggiunge la Grecia dalla Turchia attraversa il Peloponneso per poi uscire nuovamente dall’Unione e rientrarvi via terra attraverso Croazia e Serbia, per poi raggiungere la destinazione finale, solitamente Austria e Germania. Diversa, invece, la rotta di coloro che raggiungono l’Italia dalla Libia o dalle coste greche. In questo caso la destinazione privilegiata sono i Paesi dell’Europa occidentale (Spagna, Portogallo), raggiunti attraverso una lunga traversata via terra.

Dei migranti che raggiungono il nord Italia, una parte prende la via del nord Europa, dirigendosi verso Germania, Austria o Francia per tentare la traversata verso il Regno Unito.

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CAPITOLO V

CONCLUSIONI

1. L’esistenza di una definizione consuetudinaria di tratta di esseri umani

Le fonti analizzate evidenziano come, nel passare degli anni, la Comunità internazionale abbia cristallizzato il proprio consenso attorno ad una definizione di tratta di esseri umani che, nei suoi elementi principali, può ormai essere ascritta al diritto internazionale consuetudinario.

L’analisi delle Convenzioni precedentemente citate ha evidenziato come, dalle prime e poco tassative definizioni di tratta di esseri umani, si sia giunti a delineare una figura criminis rispettosa del principio di determinatezza e tassatività, che, a livello di tecnica legislativa, trova la sua più alta espressione nell’art. 3 del

Protocollo anti-trafficking.

Se non bastasse l’alto numero di ratifiche del Protocollo (212) a dimostrare l’ormai

consolidato consenso della Comunità internazionale in merito alla definizione di tratta di esseri umani, un ulteriore elemento a conferma di tale tesi è fornito proprio dalla direttiva 2011/36/UE, che presenta una figura criminis che molto deve, in termini definitori, al precedente Protocollo di Palermo.

A ulteriore riprova, l’analisi dei testi legislativi e della giurisprudenza della Corte di Cassazione italiana ha rappresentato un indizio in più in relazione all’esistenza di un crimine di tratta di esseri umani ormai condiviso in via consuetudinaria.

Ancora una volta, come sottolineato da autorevole dottrina (213), le OIG si dimostrano un elemento catalizzatore per la formazione di regole consuetudinarie. Come emerso dall’analisi precedentemente effettuata, la definizione consuetudinaria di tratta di esseri umani verte attorno al trasferimento spaziale della vittima.

(212) Ad oggi il Protocollo conta 170 Stati parte, come indicato dal sito delle Nazioni Unite https://treaties.un.org/pages/ViewDetails.aspx?src=TREATY&mtdsg_no=XVIII-12-

a&chapter=18&clang=_en.

164 Il fatto che i principali e più recenti strumenti in materia (214) non includano, all’interno della definizione di tratta, la condotta di colui che, senza concorrere in alcun modo al trasporto della vittima, usufruisce dei servizi della stessa, è sintomo di una figura criminis che ruota attorno al trasferimento spaziale della persona trafficata. Ciò anche alla luce del fatto che l’integrazione del fine di sfruttamento oggetto del dolo specifico di reato non è conditio sine qua non per la consumazione del reato di trafficking.

Le considerazioni avanzate avvicinano concettualmente il reato di tratta ai crimini internazionali di deportazione e trasferimento forzato.

Il rapporto tra queste figure delittuose sarà oggetto di studio nel prosieguo della trattazione.

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Parte seconda: la tratta di esseri umani come moderna

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