T RATTA DI ESSERI UMANI E FAVOREGGIAMENTO DELL ’ IMMIGRAZIONE CLANDESTINA NEL DIRITTO PENALE ITALIANO
2. Ipotesi di concorso tra reat
Rilevanti in materia sono anche le disposizioni dei commi 3, 3 bis e 3 ter dell’art. 12 in commento.
Il comma 3 afferma che “[s]alvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui:
a) il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;
b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;
c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;
d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;
e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti”.
156 Proprio in relazione a tale comma, la Corte di Cassazione, in recentissima informazione provvisoria del 21 giugno 2018, ha ritenuto che «le fattispecie previste nell’art. 12, comma 3, d.lgs. n. 286 del 1998 configurano circostanze aggravanti del reato di pericolo di cui al comma 1 del medesimo articolo».
Il comma 3 bis prosegue con: “[s]e i fatti di cui al comma 3 sono commessi ricorrendo due o più delle ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del medesimo comma, la pena ivi prevista è aumentata”.
Da ultimo, il comma 3 ter prevede che: “[l]a pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona se i fatti di cui ai commi 1 e 3:
a) sono commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo ovvero riguardano l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento;
b) sono commessi al fine di trarne profitto, anche indiretto” (corsivo aggiunto).
Proprio tale ultima previsione (frutto, ad avviso di chi scrive, di una tecnica legislativa non impeccabile) apre la porta a numerosi dubbi interpretativi in merito ad un possibile concorso con il crimine di tratta di cui al già menzionato art. 601 c.p.
Invero, riesce assai arduo individuare un ambito applicativo autonomo alla fattispecie di cui al comma 3 ter dell’art.12 del testo unico sull’immigrazione. Grazie alla clausola di riserva “[s]alvo che il fatto costituisca più grave reato” di cui al comma 3 art. 12, infatti, la fattispecie (che a rigor di diritto si configura come un’aggravante, così come la fattispecie di cui al comma 3 bis) di cui al comma 3 ter è applicabile solamente in via residuale.
Trovare un ambito applicativo residuo non coperto dal crimine di tratta di esseri umani ex art. 601 c.p. risulta quantomai difficile.
La tratta di esseri umani, infatti, non presuppone (né come crimine transnazionale, né come crimine interno, né – come si dimostrerà nella seconda parte del presente lavoro – come crimine internazionale) necessariamente la riduzione in schiavitù
157 della vittima. Di conseguenza, non si può perorare la tesi che vedrebbe la fattispecie di cui all’art. 601 c.p. applicata in caso di tratta di schiavi, e la fattispecie di cui all’art 12 comma 3 ter del testo unico sull’immigrazione applicata in caso di trasporto e sfruttamento di una persona non reificata, ossia non ridotta in schiavitù (giova ricordarlo, nell’ordinamento italiano il reato di riduzione in schiavitù si consuma mediante l’esercizio sulla vittima dei poteri inerenti al diritto di proprietà, a mente dell’art 600 c.p. che recita “[c]hiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporsi al prelievo di organi, è punito con la reclusione da otto a venti anni.
La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona”).
Né tantomeno si può ritenere che l’art. 12 comma 3 ter trovi applicazione in presenza di una tratta di esseri umani consumatasi “in forma più tenue”, non essendo chiaro in cosa consista tale maggiore tenuità rispetto alla fattispecie di cui all’art. 601 c.p.
Né può essere d’aiuto, ai fini del distinguo in esame, la giurisprudenza della Corte di Cassazione Sez. III, n. 27748 del 2001, che non traccia una linea di demarcazione tra il crimine in esame e la tratta di esseri umani, quanto piuttosto tra il reato di smuggling aggravato e il reato di sfruttamento della prostituzione. La Cassazione in esame, infatti, afferma che mentre nel crimine di cui all’art. 12 comma 3 ter del testo unico, lo sfruttamento della prostituzione è semplicemente oggetto del dolo specifico di reato, e di conseguenza l’integrazione dello stesso non è indispensabile per l’integrazione del reato, affinchè si consumi il reato di sfruttamento della prostituzione è necessario che si concretino “condotte violente”
158 con un “rigoroso vincolo di subordinazione” che conduca la vittima allo sfruttamento.
Si tratta di un percorso giuridico più che condivisibile, ma che, come accennato, non è sufficiente anche a delineare il confine con la fattispecie ex art. 601 c.p. Ciò, si noti, proprio perché anche il crimine di tratta (finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, o ad altre forme di sfruttamento) è un crimine a dolo specifico che non presuppone, per la propria consumazione, la concretizzazione dell’oggetto del dolo specifico stesso.
Dalle fonti finora analizzate, emerge, in ogni caso, come il diritto interno italiano sia stato fortemente influenzato dalle fonti internazionali in tema di tratta di esseri umani e traffico di migranti, fattispecie che si è visto essere tangente e per alcuni versi molto simile al crimine di tratta.
Ciò altro non è che un ulteriore indizio a suffragio della tesi che conduce all’affermazione dell’esistenza di una definizione consuetudinaria di tratta di esseri umani.
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CAPITOLO IV