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David Sudnow, ivi, p 52 2 David Sudnow, ivi, p 76.

CAPITOLO 2: L'INTERPRETAZIONE WITTGENSTEINIANA DEL CONCETTO D

1 David Sudnow, ivi, p 52 2 David Sudnow, ivi, p 76.

"applicare", il difensore d'ufficio. In nessun caso, dalla descrizione che ne viene fatta,

si potrebbe ipotizzare che il comportamento del soggetto agente sia governato, guidato

o, forse, persino influenzato dalle norme. Sudnow si riferisce alle categorie giuridiche

definendole "termini di riferimento stenografici" in relazione ad una conoscenza della

società adeguata a tutti i fini pratici, e in questo modo ci suggerisce che il rapporto con

le regole è fondamentalmente presuntivo, a posteriori e non fondativo. L'accento cade

ora sulle pratiche, l'attenzione si sposta dal codice al suo utilizzo effettivo: il seguire

una regola, come suggeriva Wittgenstein, viene inteso come una pratica. L'ordine che

Sudnow riscontra nelle pratiche legali non è l'ordine normativo che un Parsons

riterrebbe derivare dalla lettera del codice penale, ispirato a sua volta dalla

Costituzione nella quale verrebbero istituzionalizzati i valori fondamentali della

società, bensì un ordine "di fatto" che si basa sulla natura strutturata del tipo di

relazioni che si instaurano in tribunale tra giudici, avvocati d'ufficio ed imputati.

In contrapposizione a quanto può essere logicamente derivato da alcune

teorizzazioni etnometodologiche, io non credo che questo ordine al contempo cognitivo e

pragmatico venga reinventato e modificato ogni volta in maniera arbitraria dagli

attori, ma venga invece normalmente accettato dagli attori per interpretare la

situazione e per agire. Si tratta di un ordine fondamentalmente stabile, per quanto

stabili possano essere le cose umane. Le sue trasformazioni sono in genere progressive

e marginali, sebbene in taluni casi vi possano essere cambiamenti traumatici e

radicali. Quando questo avviene, perché la regola non "funziona" più, perché vi è un

breakdown nell'interazione, allora in genere la regola viene verbalizzata ed esplicitata

per cercare di "aggiustarla". La verbalizzazione della regola è un "sintomo"

dell'inapplicabilità della regola, e per le parti in causa diviene la prova che la norma è

stata violata, ma l'esplicitazione non è una garanzia del suo ripristino. Una volta

divenuta un costrutto verbale, la regola dovrà essere interpretata perché le parti

possano accordarsi sul suo significato e per determinare i confini della sua

Per chiarire meglio la questione, proviamo a fare alcuni esempi. Lo "sciopero

bianco" viene caratterizzato dal dizionario della lingua italiana Zingarelli come

"consistente nell’eseguire il lavoro attuando con puntigliosa meticolosità le norme e i

regolamenti a questo relativi, in modo da rallentare la produzione o produrre ingorghi

nei servizi...". Questo evidentemente non significa che normalmente non si seguano

norme e regolamenti, ma semplicemente che li si interpreta ai fini pratici della

produzione, o di qualsiasi altra cosa, invece che a quelli della protesta. Il traffico

automobilistico è regolato da un apposito codice della strada. Prendiamo il caso

elementare dell'Incrocio di due strade perpendicolari senza segnaletica: nel caso

quattro automobili vi giungessero contemporaneamente, la situazione riguardo alle

precedenze sarebbe indecidibiie per gli automobilisti sulla base del codice. Nei luoghi a

traffico intenso, si ovvia ai problema con la segnaletica, ma ò esperienza quotidiana

che nel caso di mancato funzionamento di un semaforo si abbia un ingorgo. Prendiamo

un altro esempio: in molte città italiane le cui strade, al contrario ad esempio di quelle

di città americane, non sono state originariamente concepite per favorire il traffico

automobilistico, capita spesso che le automobili procedano su due colonne per un tratto

e confluiscano poi per necessità su una sola, e viceversa. In teorìa, almeno dove al

centro della strada vi sia la striscia continua e quindi il sorpasso sia proibito, coloro

che si trovano sulla colonna di sinistra dovrebbero attendere che tutti quelli sull'altra

siano passati prima di poter confluire nel tratto più stretto, ma questo in molti casi

significherebbe dover attendere sino a notte fonda. Nella pratica, le automobili delle

due colonne si alternano una a una nel passare, sebbene questa regola non si trovi nel

codice e anzi ne costituisca una violazione.1 Normalmente si ha un ricorso diretto al

codice della strada solo in caso di conflitto, ovvero d ’incidente. In queste occasioni, il

più delle volte, le parti in causa si scontreranno sull’interpretazione sia dell'evento

che del codice e delegheranno quindi la soluzione del conflitto ad un’istanza superiore

costituita dai vigili urbani, o da chi per essi. Questi, a loro volta, risolveranno il caso

1 Formalmente il fenomeno descritto è analogo a quello del "tum-taking" nelle conversazioni studiato in particolare da Harvey Sacks; cfr. Mauro Wolf, S o c io lo g ie d e lla vita q u o tid ia n a . Espresso Strumenti, Roma, 1979, pp. 179-212.

sulla scorta della loro conoscenza dei casi tipici d'incidente e sulla base di una

definizione sociologica degli automobilisti coinvolti, e solo alla fine faranno ricorso

alle norme dei codice stradale.

Prendiamo ora da testi etnometodologici alcuni esempi dei problemi che sorgono

se non consideriamo le regole come prassi. "I ricercatori ricevono l’istruzione di

apprendere una nuova attività in base a una serie di regole scritte. Un manuale dei

giochi, un libro di ricette o un manuale di cucito offrono una vasta gamma di possibili

attività. I ricercatori hanno il compito di fare solo ciò che è detto nelle istruzioni. Non

sono tollerate improvvisazioni o libertà. Essi devono accostarsi al documento scritto

come degli 'interpreti letterali1. I ricercatori scoprono che in questo modo le attività

non possono essere svolte".1 Si tratta dello stesso tipo di fenomeno davanti al quale,

secondo Schwartz e Jacobs, si trovò Garfinkel studiando comportamenti governati da

regole: "Egli non riuscì a trovare alcun gioco le cui regole fossero sufficienti a coprire

tutte le possibilità problematiche dell'azione. Sfruttando questo aspetto, avviò dei

giochi con altre persone, agendo poi in modi che erano insoliti ma non proibiti dalle

regole del gioco. I suoi avversari sostenevano decisamente che le sue azioni erano

deviami e non legittime".2 Nel primo esempio viene mostrata quella che Garfinkel

definisce la "fondamentale incompletezza di qualsiasi serie di istruzioni",3 cioè

l'inevitabile scarto che sussiste tra qualsiasi azione e le regole che dovrebbero

guidarla. Questo significa che l'applicazione di qualsiasi regola implica l'adozione di

"procedure ad hoc", cioè di procedure legate al contesto e ai fini di chi la applica. Per

dirla diversamente, è l'applicazione di una regola che decide del suo significato e non

viceversa. Nel secondo esempio, Garfinkel ci mostra, mediante una "procedura

dincongruenza",4 come qualsiasi elenco di regole, oltre ad essere incompleto, contenga

1 H. Mehan e H. Wood, in Howard Schwartz e Jerry Jacobs, S o c io lo g ia q u alita tiva, Bologna, Il Mulino, 1987, p. 287; si veda anche Don H. Zimmerman, "The Practicalities of Rule Using", in Jack D. Douglas, U n d e rs ta n d in g E v e ry d a y L ife, Routledge and Kegan Paul, London, 1971, pp. 221-38.