ricompensa normativamente lecita nella scienza. La nozione sociologica di r ic o n o s c im e n to utilizzata da Merton deriva dall'opera di W . I. Thomas; si veda l'antologia curata da
Morris
Janowitz: W. I. Thomas, "Motivation: The Wishes", in O n S o c ia l O rg a n iz a tio n a n d S o c ia lP e rs o n a lity, The University of Chicago Press, Chicago, 1966, pp. 117-39.
2 Robert K. Merton, "La priorità nella scoperta scientifica” [1957], in La s o c io lo g ia d e lla s c ie n z a , Franco Angeli, Milano, 1981, p. 403.
"competent response" da parte dei propri colleghi, lo scienziato può incontrare
numerosi problemi e finire per non applicare alcune norme scientifiche. Ad esempio
può violare la norma del disinteresse cercando di arricchirsi con le proprie ricerche,
e questo ovviamente avverrà più frequentemente nella ricerca applicata e nella ricerca
industriale. Oppure può violare la norma deilo scetticismo sistematico rifiutandosi di
accettare le motivate critiche dei suoi colleghi. Oppure può rifiutarsi di condividere le
proprie conoscenze venendo meno ai dettami della norma del comuniSmo o
comunitarismo. Si tratta, tuttavia, a giudizio di Storer, di fenomeni marginali che non
impediscono al sistema della scienza di funzionare efficacemente: "The norms are so
organized that they do not allow a 'vicious-cycling' of thè exchange process that would
lead, sooner or later, to large numbers of scientists becoming discouraged and either
quitting thè System or else developing deviant practices."1
La ricerca sulla devianza nella scienza è ripresa anche da un'altra allieva di
Merton, Harriet Zuckerman, la cui analisi delle frodi segue fedelmente l'impostazione
teorica mertoniana. Nel suo testo più importante sull'argomento,2 compare un
elemento nuovo che, come vedremo nel terzo capitolo, diverrà di cruciale importanza
nel dibattito americano sulle frodi scientifiche: il sistema di controllo sull'attività
scientifica (fondamentalmente peer review e replica degli esperimenti) è, a giudizio
della Zuckerman, in grado di distinguere tra "buona" scienza e "cattiva" scienza, ma
non possiede un ruolo istituzionalizzato per distinguere, all'interno della seconda, tra
frode e errore. Nella scienza manca cioè un'istituzione dotata di un codice di regole
form alizzate che possa valutare i casi di presunta devianza ed eventualmente
comminare sanzioni. Mentre altre professioni si sono date un codice deontologico e
istituzioni che sorvegliano sulla conformità alle sue prescrizioni, nella scienza le
"norme istituzionalizzate" sembrano istituzionalizzate solo di nome.
1 Norman W . Storer, The S o c ia l S y s te m o f S c ie n ce, Holt, Rinehart and Winston, New York, 1966, p. 89.
2 Harriet Zuckerman, "Deviant Behavior and Social Control in Science", in Edward Sagarin (ed.), D e v ia n c e a n d S o c ia l C h an g e, SAGE, Beverly Hills and London, 1977, pp. 87-138.
La teoria delta normatività nella scienza giunge ad esiti paradossali nella
ricerca empirica su un gruppo di scienziati della missione Apollo condotta da lan
Mitroff tra il 1969 e il 1974.1 Utilizzando interviste e questionari, Mitroff studia
l'evoluzione degli atteggiamenti di 42 scienziati nei confronti delle discipline
scientifiche legate alla luna (principalmente geologia ed astronomia), del progetto
lunare della NASA, e soprattutto della loro attività professionale. L'indagine intende
accertare l'importanza del coinvolgimento (commitmenf) intellettuale ed emotivo dello
scienziato nel proprio lavoro. L'ipotesi di base è che le norme deH'universalismo, dello
scetticismo sistematico e della neutralità emotiva non siano sufficienti per rendere
conto dell'effettiva attività scientifica. Quello che risulta immediatamente evidente è
che almeno gli scienziati del campione studiato da Mitroff sono tutt'altro che
"distaccati" e non percepiscono questo loro atteggiamento come una forma di devianza,
ma considerano anzi il commitment come assolutamente necessario. Dalle interviste
emerge che i "migliori" scienziati vengono considerati quelli che hanno un
attaccamento eccessivo, "irrazionale", alle loro ipotesi: "they were 'thè most creative'
for their continuai creation of 'bold, provocative, stimulating, suggestive, speculative,
hypotheses,' and 'thè most resistant to change' for 'their pronounced ability to hang
onto their ideas and defend them with all their might to theirs and everyone's else
death'."2 Se in Merton l'estrema competitività, l'assenza di umiltà, la testardaggine e
il coinvolgimento emotivo erano casi di devianza da spiegare strutturalmente sulla
base dei possibili conflitti tra sistema normativo e sistema delle ricompense nella
scienza, nel quadro che ci offre Mitroff questi atteggiamenti rappresentano la
normalità e, nelle dichiarazioni degli scienziati, la norma stessa.
1 Si veda lan I. Mitroff, The S u b je c tiv e S id e o f S c ie n c e. A P h ilo so p h ic al In q u iry in to th e P s y c h o lo g y o f th e A p ollo M o o n S c ie n tis ts , Elsevier, New York, 1974; e "Norms and Counter-Norms in a Select Group of the Apollo Moon Scientists: A Case Study of the Ambivalence of Scientists", A m e ric a n S o c io lo g ic a l R e v ie w , Vol. 39, August 1974, pp. 579- 9 5.
2 lan I. Mitroff, "Norms and Counter-Norms in a Select Group of the Apollo Moon Scientists: A Case Study of the Ambivalence of Scientists", A m e ric a n S o c io lo g ic a l R e v ie w , Vol. 39, August 1974, p. 586.
Portando alle estreme conseguenze le tesi di Merton sull'ambivalenza creata
nello scienziato da esigenze tra loro conflittuali, Mitroff ipotizza l'esistenza di una
contro-norma che affianchi ciascuna norma. Cosi insieme alla fede nella razionalità gli
scienziati coltiverebbero una fede nella non-razionalità, l'universalismo sarebbe in
alcuni casi sospeso e il valore di un'affermazione dipenderebbe da chi la fa e dove la fa,
la neutralità emotiva in tutti i casi interessanti dal punto di vista scientifico sarebbe
sostituita da un profondo coinvolgimento emotivo, la segretezza si rivelerebbe spesso
assolutamente necessaria. A seconda delle situazioni, le norme mertoniane o le contro
norme sarebbero alternativamente operative: "My point is precisely that each of the
norms of science is restrained and that if any one of them were to operate in an
unconstrained manner there would be chaos. But it is also my point that for every one
of the conventional norms of science there are good reasons, consisting of arguments
plus empirical evidence, for seeking to establish counter-norms. It is the norms on
both sides which restrain one another and not just the norms on one side or the
other."1 Posta in questi termini è evidente che la posizione è insostenibile, almeno da
un punto di vista sociologico:2 ci troveremmo ad avere l'azione contemporanea di una
norma e del suo contrario, senza poter sapere quale debba essere applicata e,
conseguentemente, quali comportamenti debbano o possano essere sanzionati
positivamente o negativamente. Parlare in questo contesto teorico di "norme" diviene
paradossale. Per ovviare a questo inconveniente, nel suo saggio sulla Am erican SociologicaI Review, Mitroff suggerisce seguendo in buona sostanza Kuhn, che le norme
convenzionali delineate da Merton potrebbero applicarsi a problemi "ben definiti"
(scienza normale, paradigmatica), mentre le contro-norme diverrebbero dominanti
in relazione a problemi "mal definiti" (scienza rivoluzionaria, passaggio da un
paradigma ad un altro).
1 Ian I. Mitroff, The S u b jective S id e o f S c ie n ce . A P h ilo s o p h ic a l Inquiry into the P s yc h o lo g y o f th e A p o llo M o o n Scientists, Elsevier, New York, 1974, pp. 76-77.
2 Pur prendendo spunto dalle tesi sociologiche mertoniane, lo studio di Mitroff è