• Non ci sono risultati.

Il decentramento amministrativo e la separazione tra titolarità del bene e

1.3 L’acqua nel contesto nazionale

1.3.5 Il decentramento amministrativo e la separazione tra titolarità del bene e

Dall’analisi della disciplina sui principali utilizzi del demanio idrico, si è visto come siano due le principali direttrici che hanno influenzato nel corso del tempo l’evoluzione delle diverse normative speciali: il progressivo e

sempre più intenso emergere di interessi ambientali, che l’ordinamento reputa degni di tutela ed il decentramento delle funzioni amministrative nella gestione dei beni del demanio idrico alle autonomie locali, il quale si colloca nella più ampio progetto costituzionale di decentramento amministrativo. Negli ultimi paragrafi si cercherà dunque di approfondire questi due aspetti. Per quanto concerne il primo, si tornerà a parlarne nel prossimo paragrafo. Riguardo al decentramento amministrativo invece, bisogna innanzitutto precisare che tale percorso, che trova esplicito riconoscimento a livello costituzionale nell’articolo 5, ha iniziato ad essere intrapreso nel nostro ordinamento a partire dagli anni 7077, attraverso il progressivo conferimento

di funzioni e compiti alle amministrazioni periferiche ed agli enti locali e si è poi concretizzato nel corso di tre fasi78 caratterizzate dalla crescente

intensità delle funzioni delegate. Lo scopo sotteso a questo progetto è quello di affidare sempre di più alle autonomie locali la soddisfazione degli interessi delle collettività a queste territorialmente più vicine79. Ovviamente tale

aspetto và necessariamente ad intersecarsi con il profilo della proprietà pubblica dei beni demaniali, creando non pochi problemi nella delimitazione delle competenze su tali beni.

Alla fine degli anni ’90, con l’avvento della terza fase, tale percorso giunge a maturazione, culminando con la riforma del Titolo V del 2001. Per quanto riguarda i poteri amministrativi sul demanio idrico, la norma di riferimento è l’articolo 86 del d.lgs. 112 del 1998, in attuazione della legge delega 59/1997 (c.d. Bassanini I), il quale recita infatti che “alla gestione dei beni del demanio

idrico provvedono le regioni e gli enti locali competenti per territorio”. Sulla

77 Come si è già detto in precedenza parlando della disciplina degli usi del demanio idrico, si

ricorda che già il d.p.r. 616/1977 e il d.p.r. 5/1972 si occupavano del trasferimento alle regioni di funzioni inerenti particolari utilizzi dei beni del demanio idrico. Il d.p.r. 616/1977 in particolare si occupava del trasferimento di funzioni inerenti navigazione interna, pesca ed acquedotti.

78 CARINGELLA F., Manuale di diritto amministrativo, Dike giuridica editrice, Roma, 2012, pp.

855.

79 Voce “Decentramento amministrativo”, in Enciclopedia Treccani online, (URL=

base di questa previsione, si ha il conferimento della totalità delle funzioni amministrative, ad eccezione di quelle riservate allo Stato dalla legge 59/1997, a Regioni ed enti locali, dal momento che anche l’organizzazione delle attivit{ connesse e strumentali all’esercizio di tali funzioni sono comprese nel conferimento80. È però proprio con riguardo alla natura di tali

competenze che sorgono alcuni problemi inerenti la delimitazione dell’ambito delle funzioni conferite81. Una prima indicazione in tal senso

viene fornita dall’art. 89, che farebbe intendere come le funzioni trasferite siano tutte quelle che riguardano la gestione economico finanziaria nonchè quelle di tutela idraulica e difesa del suolo e di polizia, essendo espresamente escluse, in quanto di competenza statale, la definizione dei principi generali e indirizzo82. In sostanza, dal momento che il d.lgs. 112/1998 fa rientrare

nell’area delle facolt{ degli enti territoriali tutti i profili di gestione amministrativa del demanio idrico, escludendone la disposizione che permane allo Stato, la dottrina ha rilevato come esso realizzi una sostanziale separazione tra la titolarità dei beni, che resta attribuita allo Stato e titolarità delle funzioni relative alla loro gestione, passata invece agli enti locali sulla base del principio di sussidiarietà verticale che da così attuazione al modello di federalismo amministrativo83. La materializzazione di questa dicotomia tra

proprietà e gestione nonchè lo scarso coordinamento rilevato dalla dottrina tra i principi di sussidiarietà orizzontale e verticale, ha però finito col generare, soprattutto per quanto riguarda i beni demaniali, numerose difficoltà e conflitti di competenza dal momento che le disposizioni codicistiche ne sanciscono pur sempre la proprietà statale, una proprietà che a queste condizioni appare, tuttavia, vuotata di significato84. Ed infatti, come

80 Art. 89, d.lgs. 31 gennaio 1998, n.112.

81 BARTOLINI A., Le acque tra beni pubblici e pubblici servizi, in POLICE A., a cura di, I beni

pubblici: tutela valorizzazione e gestione, Giuffrè, Milano, 2008, pp. 229.

82 Art. 88, d.lgs. 31 gennaio 1998, n.112.

83 BARTOLINI A., Le acque tra beni pubblici e pubblici servizi, in POLICE A., a cura di, I beni

pubblici: tutela valorizzazione e gestione, Giuffrè, Milano, 2008, pp. 229.

scrive Cassese, “il trasferimento di un numero ingente di funzioni pubbliche in

periferia non può avvenire senza un comparabile passaggio di beni dalla mano centrale a quella regionale e comunale”85. Detto ciò, risulta leggibile sotto

questa lente il recente intervento, attuato con d.lgs. 28 maggio 2010, n. 85, inquadrato in letteratura come una sorta di vero e proprio tentativo di realizzazione di un “federalismo demaniale”86. Se infatti da un lato è vero che

inizialmente i processi di valorizzazione e cessione dei beni pubblici, avviati a partire dalla legge n. 537 del 1993, erano stati intrapresi per frenare la loro svalutazione, d’altro lato bisogna rilevare come quest’ultimo provvedimento si occupi, per la prima volta, di regolamentare il passaggio di beni del demanio statale a regioni, province, città metropolitane e comuni a titolo non oneroso facendoli entrare a far parte del loro patrimonio disponibile87. Tra le

diverse categorie di beni elencate, sono ricompresi anche quelli appartenenti al demanio idrico e relative pertinenze ex art. 822 c.c., nonchè le opere idrauliche e di bonifica di competenza statale con l’esclusione dei fiumi e dei laghi di ambito sovraregionale per i quali non intervenga un’intesa tra le regioni coinvolte e fermi restando eventuali principi maturati a livello internazionale88. La ratio della disciplina, è quella di pervenire al migliore

esercizio possibile delle funzioni pubbliche sulla base del criterio generale della massima valorizzazione funzionale enunciato al secondo comma dell’articolo 1 e nel comma 4 dell’articolo 2.

85 CASSESE S., titolarità e gestione dei beni pubblici: una introduzione, in POLICE A., a cura di, I

beni pubblici: tutela, valorizzazione e gestione, Giuffrè, Milano, 2008, pp. 3-5.

86 POLICE A., il federalismo demaniale: valorizzazione nei territori o dismissioni locali, in

Giornale di diritto amministrativo, n. 12/2010, pp. 1233 e ss.

87 Art. 4, d.lgs 28 maggio 2010, n. 85. Con la precisazione, per quanto riguarda I beni del

demanio idrico, che questi restano assoggettati al regime giuridico del codice civile dal codice della navigazione, dalle leggi regionali e statali e dalle norme comunitarie di settore, con particolare riguardo a quelle di tutela della concorrenza.

1.3.6 Le nuove valenze ambientali del demanio idrico nella legge Galli. La