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Le riforme degli anni 2000 e i tentativi di apertura al mercato

2.3 L’evoluzione della disciplina della gestione del servizio idrico

2.3.3 Le riforme degli anni 2000 e i tentativi di apertura al mercato

A) L’articolo 35 della legge 448 del 2001

Se il novecento è stato definito il secolo delle municipalizzazioni159 data la

forte presenza dei pubblici poteri locali nell’economia, probabilmente non si commette un grosso errore ad indicare il ventunesimo secolo come il secolo delle liberalizzazioni.

Il primo decennio del nuovo millennio si è infatti caratterizzato per una crescente attenzione da parte del legislatore nei confronti dei servizi pubblici locali che ha portato alla produzione di una serie di norme senza un organico disegno di riforma alle spalle. Ciò ha fatto sì che la successione delle leggi in

158 FIORITTO A., I servizi idrici a dieci anni dalla riforma, in Giornale di diritto amministrativo, n.

6/2004, pp. 686 ss.

159 ROBUSTELLA A., I servizi pubblici: tra liberalizzazione del mercato e prospettive di riforma, in

questo periodo fosse talmente rapida da impedire di fatto che ogni tentativo di riforma attecchisse160.

Al primo intervento legislativo in realtà non seguì alcuna novità sul versante dei servizi pubblici locali dal momento che il dlgs 267/2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), che dedicava alla materia gli articoli 112 e ss, si limitò ad abrogare la disciplina del citato articolo 22 della legge 142 del 1990 senza però apportare a questa alcuna sostanziale modifica.

Ben diverso peso ebbe invece la riforma introdotta dall’articolo 35 della legge finanziaria del 2002 (legge 448/2001) che intervenne per modificare il testo dell’articolo 113 d.lgs 267/2000. Tale riforma si muoveva lungo due binari: la riforma costituzionale del Titolo V, che attraverso il principio di sussidiarietà accentuava il ruolo degli enti locali nell’ottica di autonomia amministrativa e l’esigenza di adeguamento all’ordinamento comunitario, che sulla base dei principi concorrenziali imponeva una revisione delle modalità di affidamento dei servizi pubblici locali161.

Il contenuto della riforma (che si trovava racchiuso all’articolo 35) presentava tre profili di novità per i servizi pubblici locali:

1. La separazione tra proprietà, gestione delle reti e gestione degli impianti

Questo principio prevedeva in sostanza che venisse effettuata una distinzione tra i soggetti titolari dei beni funzionali all’erogazione del servizio ed i soggetti che invece si dovevano occupare di gestire il servizio stesso. In particolare secondo la norma gli enti locali dovevano mantenere la proprietà delle reti e delle altre dotazioni patrimoniali senza alcuna possibilità di alienazione o di cessione della proprietà che non fosse il conferimento di tali beni a società di capitale interamente pubblico e solamente nel caso in cui ciò non fosse vietato

160 DI GASPARE G., Servizi pubblici locali, le riforme degli anni 2000, in

www.amministrazioneincammino.luiss.it., 2012.

dalle normative di settore162. Questa separazione, che tra l’altro non

era immediatamente cogente per tutti i servizi pubblici locali in quanto era prevista solamente come possibilità in via generale che poteva anche non trovare conferma nella normativa di settore, era considerata dal legislatore come il principale strumento per garantire l’affermazione della concorrenza e l’instaurazione di un libero mercato nei servizi pubblici secondo i principi comunitari. Pur presentando notevoli vantaggi, questa opzione mostrava tuttavia anche alcuni limiti piuttosto seri come il fatto che la manutenzione ed il miglioramento delle infrastrutture restasse a carico dell’ente locale comportando la possibilità di tensioni e contenziosi tra i diversi soggetti coinvolti163 e la possibilità che tali situazioni arrecassero

pregiudizio agli utenti. In ogni caso per quanto riguardava il servizio idrico tale possibilità non sarà mai praticata164.

162 Comma 13, art. 113, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

163 NICOLETTI G., La propriet{ di reti e impianti per l’erogazione dei servizi a rilevanza

industriale, in Azienditalia, n. 9/2002, pp. 273.

164 DI DIO F., Servizio idrico: la separazione dei servizi e` incostituzionale (nota a Corte Cost., n.

307/2009), in Ambiente & sviluppo, 3/2010, pp. 250 ss. e MUSOLINO S., Per la Corte

Costituzionale sono legittime le norme regionali che escludono l'in house, in Urbanistica e appalti, n. 4/2010, pp. 409 ss. La disciplina di settore rappresentata dal d.lgs. 3 aprile 2006,

n. 152 infatti, non contempla l’ipotesi di tale separazione ed anzi pone un sostanziale limite alla sua realizzazione prevedendo il principio dell’”unitariet{ della gestione” delle reti e del servizio. A tal proposito si esprime la Corte Costituzionale nella sentenza 20 novembre 2009, n. 307. In tale contesto la Consulta ha dichiarato infatti illegittima la disposizione contenuta al comma 1 dell’articolo 49 della legge della Regione Lombardia n. 26 del 2003 novellata dall’articolo 4 comma 1 lettera p) della l reg. n. 18 del 2006, in cui si prescriveva che “L’Autorit{ organizza il servizio idrico integrato a livello di ambito separando obbligatoriamente l’attivit{ di gestione delle reti dall’attivit{ di erogazione dei servizi. [...]”. la Corte, dopo aver evidenziato che la disciplina di settore non consente la separazione tra le due attività, rilevando così il contrasto della norma con la disciplina statale dettata dagli articoli 150, 151 e 153 del d.lgs. 152/2006, ha stabilito come tale principio risulti vincolante per il legislatore regionale in quanto riconducibile alla competenza esclusiva statale in materia di funzioni fondamentali dei comuni ex art. 117, comma 2, lettera p), Cost.

2. Il concetto di rilevanza industriale

La seconda rilevante novit{ introdotta dall’articolo 35 atteneva alla distinzione tra i servizi pubblici di rilevanza industriale e quelli privi di rilevanza industriale. La novità però non consisteva in una semplice revisione lessicale165 bensì nella nuova disciplina dei soggetti che

potevano erogare tali servizi. Infatti, a differenza del passato, l’articolo 35 prevedeva che i servizi con rilevanza industriale potessero essere erogati solo da società di capitali a differenza invece di quelli privi di rilevanza industriale (per la cui disciplina veniva introdotto un nuovo articolo ad hoc, il 113-bis) che potevano essere anche affidati in via diretta ad istituzioni e aziende speciali. In particolare la figura 2.1 illustra le possibilità che potevano concretamente verificarsi a seconda che l’attivit{ di gestione delle reti fosse separata dall’erogazione del servizio.

In ogni caso era poi fatto divieto per le società già esistenti e affidatarie in via diretta di servizi pubblici locali di partecipare alle gare per l’assegnazione della gestione del servizio nel caso fosse caratterizzato da rilevanza industriale166.

165 Prima della legge finanziaria del 2002, era già esistente la distinzione tra servizi a

rilevanza economica ed imprenditoriale e servizi privi di questa rilevanza.

Figura 2.1 elaborazione da AA.VV., I servizi pubblici locali, Giuffrè, Milano, 2004, pag. 36. SERVIZI PUBBLICI LOCALI CON RILEVANZA INDUSTRIALE Senza separazione tra reti ed erogazione del servizio Discipline di settore Con separazione tra GESTIONE RETI Affidamento diretto Società di capitali a partecipazione maggioritaria degli enti locali

Gara Imprese idonee EROGAZIONE DEL SERVIZIO Gara Società di capitali: -capitale pubblico maggioritario; -capitale pubblico minoritario; -senza partecipazione pubblica; -a totale partecipazione degli Enti Locali PRIVI DI RILEVANZA INDUSTRIALE Gara (disciplina di settore) Affidamento a terzi Affidamento diretto Istituzioni; aziende speciali; società di capitali; gestione in economia; associazioni e fondazioni

3. Rapporti tra gestore del servizio ed ente locale e relativi compiti

La terza novità introdotta dalla legge 448/2001 riguardava la suddivisione dei ruoli secondo la quale era previsto che alle società di capitali incaricate della gestione del servizio venissero affidati compiti di gestione mentre l’ente locale ricoprisse le funzioni di regolazione, indirizzo e programmazione. I rapporti tra questi due soggetti, in linea con quanto previsto dalla legge Galli, dovevano essere regolati da specifiche convenzioni (contratti di servizio) previsti al comma 11 dell’articolo 113, il quale prevedeva come tali contratti dovessero contenere i livelli di servizio da garantire nonchè gli strumenti per verificare il rispetto di tali livelli.

In definitiva la riforma del 2001 ha inteso accentuare il carattere societario nella gestione dei servizi pubblici locali, depotenziando lo strumento dell’azienda speciale ed introducendo l’obbligo della gara con la contestuale “eliminazione” dell’affidamento diretto nella speranza che uno spostamento in chiave privatistica dell’assetto gestionale potesse più agevolmente attirare i capitali necessari per la manutenzione e lo sviluppo delle infrastrutture. Tuttavia è bene ricordare che la normativa introdotta dall’articolo 35 era valida salvo le disposizioni di settore. Nel caso dei servizi idrici integrati, la disciplina del nuovo articolo 113 non poteva dunque considerarsi residuale come nel caso di altri settori (gas, energia) bensì rappresentava la normativa di riferimento dal momento che la disciplina di settore in vigore all’epoca (legge Galli) non si occupava delle forme di gestione del servizio.

Il comma 5 dell’articolo 35 legge 448/2001 prevedeva proprio a proposito del servizio idrico integrato che “in alternativa a quanto previsto dal comma 5

dell'articolo 113 [...] i soggetti competenti, individuati dalle regioni ai sensi dell'articolo 9 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, possono affidare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il servizio idrico integrato a società di capitali partecipate unicamente da enti locali che fanno parte dello stesso àmbito territoriale ottimale, per un periodo non

superiore a quello massimo determinato ai sensi delle disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo. Entro due anni da tale affidamento, anche se già avvenuto alla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità di cui al presente comma, gli enti locali azionisti applicano le disposizioni di cui alla lettera c) del comma 3, mediante procedura ad evidenza pubblica, pena la perdita immediata dell'affidamento del servizio alla società da essi partecipata”.

In sostanza per il servizio idrico integrato non era stata prevista l’abolizione dell’affidamento diretto in quanto tale clausola permetteva di individuare agevolmente le situazioni per sottrarre l’affidamento del servizio al principio della gara.

B) Il d.l. 269/2003

Sia prima che successivamente all’entrata in vigore della riforma tracciata dall’articolo 35 della legge 448/2001, la disciplina disegnata dallo Stato italiano era stata presa di mira dalla Comunità Europea. Il contenuto del nuovo articolo 113 T.U.E.L. sull’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza industriale era stato infatti oggetto di ben due procedure di messa in mora167 per la violazione delle disposizioni comunitarie concernenti

le procedure di affidamento di questi servizi. Alla luce di ciò, si era resa urgente una nuova revisione della normativa che fu dunque compiuta prima attraverso il d.l. 269/2003 convertito in legge 326/2003 e poi con il comma 234 dell’articolo 4 della legge 350/2003 (finanziaria 2004).

Per quanto riguarda il primo intervento, le novità che modificavano la disciplina del nuovo articolo 113 T.U.E.L. erano contenute nell’articolo 14. Si

167Si trattava della procedura dell’8 novembre 2000 e della procedura del 26 giugno 2002. In

particolare, per ciò che qui interessa, nella seconda la comissione ha ritenuto illegittima la disciplina dell’articolo 35 comma 5 nella parte in cui prevedeva la possibilit{ di affidamento diretto del servizio idrico integrato a società di capitali con partecipazione totalitaria degli enti locali.

trattava di un intervento importante che pur non attuando una (seppur necessaria) revisione organica della materia, ha apportato rilevanti novità arrivando a ridisegnare un quadro di riferimento per certi aspetti molto diverso rispetto alla precedente legge finanziaria del 2002.

Una prima sensibile novità ha a che vedere con la classificazione dei servizi pubblici. La terminologia introdotta dalla legge finanziaria del 2002 viene infatti rivista attraverso la sostituzione del termine “rilevanza industriale” con il termine “rilevanza economica”. La normativa pertanto dettava una diversa disciplina che distingueva le modalità di affidamento tra servizi pubblici di rilevanza economica e servizi che invece erano privi di tale rilevanza. Tale definizione, legata al concetto comunitario di servizi di interesse economico generale, oltre a rappresentare una novità dal punto di vista linguistico, portava ad un ampliamento dell’ambito di applicazione anche a servizi considerati in precedenza come privi di rilevanza industriale. Un secondo profilo innovativo introdotto dal d.l. 269 che mette chiaramente in luce l’inversione di tendenza rispetto all’articolo 35 della legge 448/2001, attiene alle modalità di affidamento dei servizi pubblici locali. Viene infatti meno l’obbligo di gara che aveva caratterizzato il precedente intervento attraverso la previsione di una nuova modalità di affidamento diretto, il c.d. affidamento in house.

Secondo la nuova disciplina dell’articolo 14 infatti, nei casi in cui trovava applicazione il principio della separazione tra gestione delle reti ed erogazione del servizio, risultava possibile, nel caso della gestione delle reti, l’affidamento diretto a società di capitali a partecipazione totalitaria di

capitale pubblico e invece, per quanto riguardava l’erogazione del servizio, lo

stesso poteva accadere a favore di società a capitale interamente pubblico o di

società a capitale misto pubblico e privato per le quali il privato fosse stato

individuato a seguito di procedura ad evidenza pubblica. La nuova situazione che si era venuta a configurare a seguito di questo nuovo intervento era dunque quella schematizzata in figura 2.2.

Figura 2.2: elaborazione da AA.VV., I servizi pubblici locali, Giuffrè, Milano, 2004, pag 61. SERVIZI PUBBLICI LOCALI A RILEVANZA ECONOMICA Senza separazione tra gestione delle reti ed erogazione del servizio Discipline di settore Con separazione tra GESTIONE RETI Affidament o diretto Società di capitali a PARTECIPAZ. TOTALITARIA DI CAPITALE PUBBLICO Gara Imprese idonee EROGAZIONE SERVIZIO Conferimento diretto - Società a capitale misto pubblico privato se privato scelto con gara; - società a capitale pubblico Gara Società di capitali: - capitale pubblico maggioritario (privato scelto senza gara); - capitale pubblico minoritario (privato scelto con gara); - senza partecipazione pubblica PRIVI DI RILEVANZA ECONOMICA Affidamento diretto - istituzioni; - aziende speciali; - società di capitale interamente pubblico con controllo dell'ente locale; - gestioni in economia; - associazioni e fondazioni

Rileggendo il dispositivo dell’articolo 14 emerge un particolare curioso. Pur essendo nata con lo scopo di adeguare la disciplina interna a quella comunitaria in prospettiva dunque di una maggiore concorrenzialità, la riforma aveva di fatto ridotto gli spazi per l’introduzione di un regime maggiormente concorrenziale nella gestione dei servizi pubblici locali, in particolare per quanto riguardava la concorrenza per il mercato (abolizione obbligo di gara nella scelta del gestore). Tale risultato aveva portato parte della dottrina ad intravedere una sorta di “ritorno al passato”168 dal

momento che in questo modo gli enti locali tornavano a rivestire quella funzione gestoria che si era cercato di eliminare con la precedente riforma. Nonostante questo aspetto che in linea di principio si poneva nettamente in contrasto con i principi comunitari, non si poteva negare come quella nuova disciplina cercasse comunque di riallinearsi con le previsioni comunitarie. La norma infatti, nel prevedere la possibilità di affidamento diretto a società a capitale interamente pubblico subordinava tale situazione alle due condizioni cumulative secondo cui “l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale

esercitino sulla societa' un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la societa'realizzi la parte piu' importante della propria attivita'con l'ente o gli enti pubblici che la controllano”169. Introducendo

queste due condizioni, mutuate da una nota sentenza del 1999170 (sentenza

Teckal), il legislatore italiano aveva cercato di nascondere e mitigare la discrezionalità che la norma conferiva agli enti locali circa la scelta delle modalità di affidamento dei servizi nella speranza di mettersi così al riparo da possibili nuove procedure da parte delle istituzioni comunitarie171. in

realtà la successiva giurisprudenza comunitaria, pur ribadendo come i requisiti necessari per l’affidamento diretto fossero precisamente quelli previsti dal nuovo articolo 113, poneva in rilievo il fatto che tale tipologia di

168 NAPOLITANO G., Regole e mercato nei servizi pubblici, Il Mulino, Bologna, 2005, pp. 81. 169 Art. 14, lettera c) e d), d.l. 269/2003.

170 Più precisamente, le due condizioni sono previste al punto 50 della sentenza.

171 POLIMANTI P., Le principali novità nei servizi pubblici locali. Alcuni aspetti problematici della

gestione doveva essere “eccezionale”172 evidenziando quindi l’errore

compiuto dal legislatore italiano nell’attribuire discrezionalit{ all’ente locale circa la scelta delle modalità di affidamento.

Per quanto riguarda il servizio idrico nello specifico, sono da evidenziare alcune importanti novit{ in controtendenza rispetto all’apparente chiusura al mercato operata dal d.l. 269. Innanzitutto viene esplicitamente abrogato il comma 5 dell’articolo 35173 della legge 448/2001, il quale come detto

prevedeva l’affidamento diretto a societ{ di capitali partecipate unicamente da enti locali. Rilevanti risultavano poi due circolari del ministero dell’ambiente del 6 dicembre 2004 (“Affidamento del servizio idrico integrato a società a capitale misto pubblico-privato” e “Affidamento in house del servizio idrico integrato”) nelle quali si precisavano le differenze tra le due diverse possibilità di affidamento e le loro caratteristiche.

Nella prima si sottolineavano le modalità e i momenti per la corretta individuazione del socio privato. In particolare si poneva in rilievo il “necessario ricorso ad una gara ad evidenza pubblica” secondo il principio di imparzialità. Con riguardo al quantum di partecipazione del socio privato si sottolineava invece come pur essendo tale scelta a totale discrezione degli enti locali, “una partecipazione minimale andrebbe ad eludere il dettato

normativo e sarebbe in palese contraddizione con la ratio legis volta a garantire che il privato rappresenti un valore aggiunto a vantaggio della funzionalita' della societa' di gestione e quindi, auspicabilmente, degli utenti destinatari finali del servizio”. Alla luce di ciò, si poteva concludere che la

presenza del privato doveva dunque avere rilievo “sostanziale”.

172 Sono numerose a tal proposito sia le sentenze della Corte di Giustizia così come le

pronunce della giurisprudenza amministrativa italiana. Per quanto riguarda la giurisprudenza comunitaria ad esempio: Corte di Giustizia, sentenza 21 luglio 2005 in causa C-231/03; Corte Giust., Sez. VII, sent. 10 aprile 2008 in causa C-323/07; Corte Giust., Sez. II, sent. 17 luglio 2008 in causa C-371/05.

per la giurisprudenza italiana si veda: T.a.r. Liguria, sez. II, 01-02-2012, n. 225; T.a.r. Toscana, sez. III, 27-01-2011, n. 162; T.a.r. Emilia-Romagna, sez. I, 29-01-2010, n. 460.

Nella seconda circolare invece, si chiariva come l’affidamento secondo il modello in house providing rappresentasse un’opzione eligibile soltanto “in

casi eccezionali e residuali venendosi contrariamente ad eludere i principi derivanti dai trattati, in particolare le norme sulla libera circolazione dei beni e dei servizi, nonche' i principi fondamentali di non discriminazione, parita' di trattamento, trasparenza e mutuo riconoscimento, che disciplinano il mercato dei servizi” con ciò confermando le interpretazioni giurisprudenziali circa “il carattere strettamente residuale del modello societario in house”.

A dispetto del carattere residuale dell’affidamento in house sancito dalla normativa e dalla giurisprudenza, l’analisi svolta dall’Autorit{ di viglanza sul servizio idrico e i rifiuti nella relazione annuale del 2005 aveva evidenziato come solamente in quattro casi il servizio idrico integrato fosse stato affidato a società private a seguito di procedure ad evidenza pubblica. Gli affidamenti diretti senza ricorso a gara risultavano dunque ancora di gran lunga l’ipotesi più frequente174.

C) L’articolo 23 bis della l 133/2008, il decreto Ronchi e il referendum

abrogativo

In seguito alle modifiche intervenute nella disciplina dell’organizzazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, categoria cui si è detto appartiene ormai senza dubbio il servizio idrico integrato175, nonchè della

necessità di recepire alcune direttive comunitarie, tale materia è stata oggetto di una riorganizzazione all’interno del c.d. codice dell’ambiente (decreto legislativo 3 aprile 2006). Tale dispositivo pur avendo formalmente abrogato la legge Galli176 per la verità non ha apportato modifiche ai principi

174 PARISIO V., Acqua, servizio idrico, liberalizzazioni, in Il foro amministrativo c.d.s., 2007, pp.

1298.

175Corte cost. n. 325/2010, considerato in diritto 11.4 e Corte cost. n.187/2011, considerato

in diritto 3.2.

176 La lettera u) del comma 1 articolo 175 d.lgs. 152/2006, infatti, sancisce l’abrogazione

generali che avevano caratterizzato l’intervento legislativo del 1994177 ne

tantomeno agli aspetti relativi alle modalità di affidamento di cui si è detto. Veniva così confermata la necessit{ dell’espletamento della gara nel caso di affidamento del servizio a terzi e nella scelta del socio privato in caso di affidamento a società mista, e al contempo si ribadiva la possibilità di escludere la procedura ad evidenza pubblica con conseguente affidamento a società a capitale interamente pubblico solo nel caso in cui ricorressero obiettive ragioni tecniche od economiche178.

Due anni più tardi, il legislatore è però di nuovo intervenuto sulle modalità di affidamento del servizio idrico dettando una nuova disciplina per i servizi pubblici locali attraverso l’articolo 23 bis del d.l. 112/2008.

Al di là delle critiche rivolte da parte della dottrina179 che considerava

alquanto discutibile sul piano sistematico la scelta del legislatore di operare una riforma dei servizi pubblici attraverso una norma “extravagante” senza