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Declino, marginalità ed esclusione nelle aree rural

L’analisi e l’approfondimento degli studi empirici sulle condizioni di marginalità socio- territoriale delle aree interne e svantaggiate italiane - che, sino a tempi piuttosto recenti, sono stati intralciati dalla riconduzione della complessità delle problematiche particolari dei differenti territori, al generalizzato stato di perifericità e di arretratezza che caratterizza intere

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Si tratta, in pratica, di una sorta di capitale che agisce come valore aggiunto in termini di prestigio, di legittimità, di autorità, di riconoscimento agli altri capitali, di forza fisica, di ricchezza, di coraggio ossia di quei principi di distinzione e differenziazione che diventano simbolicamente efficienti in quanto rispondono ad aspettative collettive, socialmente costituite, a credenze, esercitando una sorta di azione a distanza senza contatto fisico (Bourdieu, 1994).

regioni (Toscano, 2011), per posizione geografica e decentramento rispetto ai moderni centri di sviluppo50 - ha, in effetti, da sempre rappresentato una componente di rilievo nelle analisi socio-economiche, soprattutto per i suoi riflessi sulle indicazioni di politica economica e agricola e sui conseguenti atti legislativi e normativi51.

La marginalità socioeconomica, definita come un depotenziamento strutturale della capacità di reazione del sistema locale, nel momento in cui questo non riesce a raggiungere livelli di sviluppo comparabili con quelli del più ampio contesto territoriale cui appartiene (Cullen e Pretes, 2000); Shucksmith, 2004; Gurung e Kollimar, 2005 Crescimanno et al., 2008), è intesa, come una condizione di “deprivazione” di alcune condizioni, in cui gli individui hanno difficoltà di accesso (sociale e spaziale) alle risorse e quindi alla piena partecipazione alla vita sociale. Identifica, pertanto, una situazione di disagio territoriale in grado di compromettere la vitalità, la competitività e il potenziale di sviluppo di un determinato territorio.

In altri studi (Barry, 1998; Aimone e Buran; Buchi, 2001) il concetto di marginalità socio- economica assume una valenza più generale che include anche il concetto d’isolamento

sociale, inteso come il fenomeno di non partecipazione di un individuo o di un gruppo alle

istituzioni, ed il concetto di esclusione sociale, che rappresenta un sottoinsieme di casi in cui l’isolamento sociale è prodotto da cause che trascendono la capacità di controllo dei soggetti che subiscono tale processo (Dispenza, 2008; Conradson e Pawson, 2009: 79) e che «indica

l'effetto combinato di fattori quali la mancanza di un’istruzione adeguata, il deterioramento delle condizioni di salute, la perdita del supporto familiare, la non-partecipazione alla vita normale della società e la mancanza di opportunità di lavoro. Ogni tipo di privazione ha un impatto sugli altri... » (Geddes, 2000).

Reimer (2004), Phillip e Shucksmith (2003) sostengono che l’esclusione sociale rurale sia una conseguenza del fallimento di uno o più “sistemi d’integrazione” (del mercato, burocratici, associativi e comunitari), contro un insieme complesso di cambiamenti sociali ed economici (Shucksmith, 2004).

L’approccio all’esclusione, o meglio, volendo prendere in esame il rovescio della

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L’individuazione di indicatori in grado di misurare i caratteri quali-quantitativi dello sviluppo è stata alla base delle analisi territoriali dell’agricoltura e dell’intera società già a partire da quelle più squisitamente dualistiche (Nord-Sud) degli anni ‘50-’60, fino a quelle connotate da maggiore articolazione zonale e territoriale dei giorni nostri.

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Tuttavia, il rapporto tra tali provvedimenti e le valutazioni condotte dai diversi ambiti disciplinari, non sempre si è rivelato efficace e convincente, sia per la specificità o la parzialità delle prospettive di volta in volta assunte dal legislatore (nazionale o comunitario), sia per l’insufficienza delle informazioni e per la consequenziale scarsa operabilità del sistema informativo assunto a supporto di tali interventi.

medaglia, l’approccio all’inclusione52 e alla coesione sociale adottato in sede europea, come criterio guida per il disegno delle social public policies53.

Con il Trattato di Amsterdam (1997), l’UE a 15 definì la base giuridica necessaria a predisporre azioni di policy di lotta alla povertà e all’esclusione sociale, e nel 2000 con il Consiglio Europeo di Lisbona venne definita una strategia specifica per la coesione sociale fissando un orizzonte temporale di riferimento per la realizzazione degli obiettivi comuni di coesione54.

Il dibattito sulla marginalità socio-economica, a livello scientifico e accademico, è dunque focalizzato sull’assunto di partenza secondo cui il “patrimonio” utilizzabile nel processo di sviluppo locale, di natura materiale (patrimonio naturale, storico, culturale e infrastrutturale) o immateriale (know how o beni relazionali) non è presente in tutti i territori nella stessa proporzione ed è spazialmente localizzato in modo non sistematico, alternando zone di concentrazione e rarefazione (Dematteis, 2001; Crescimanno et al., 2009). Qualora uno o più aspetti dello sviluppo siano significativamente carenti è facile correre il rischio di marginalità sociale ed economica, con un percorso a “spirale verso il basso” (Buran et al, 1998), difficile da invertire senza una sufficiente dotazione in termini demografici o, in assenza di fattori di produzione specifici e di risorse.

In realtà, il problema dovrebbe essere esaminato come un fenomeno “multi-dimensionale” (Csaki et al., 2011), poiché, spesso, dietro fenomeni di marginalità di un territorio si nascondono fenomeni differenti di marginalizzazione (di micro livello) che investono, sempre all’interno del medesimo territorio, gruppi economici o sociali differenti che possono mostrare livelli e manifestazioni di marginalità discordanti. In una determinata area rurale non esiste quindi una sola tipologia, marginalità, a diversa gradazione (marginalità economica, marginalità tecnologica, marginalità infrastrutturale, marginalità territoriale e marginalità culturale).

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Barca definisce l’inclusione sociale “as the extent to which, with reference to a set of multidimensional outcomes (that

define people’s substantive opportunity to live according to their values and choices and to overcome their circumstances), all persons (and groups) enjoy essential standards, and disparities among persons (and groups) are socially acceptable, the process through which these results are achieved being participatory and fair” (Barca, 2009a e 2009b).

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La definizione ufficiale di esclusione sociale accolta dall’Unione Europea, si riferisce al “processo attraverso cui individui

o gruppi sono interamente o parzialmente esclusi dalla piena partecipazione alla società in cui vivono”. Più in particolare,

con l’idea di esclusione sociale ci si propone di estendere e integrare il più tradizionale concetto di povertà in quanto “more

clearly than the concept of poverty, understood far too often as referring exclusively to income, it also states out the multidimensional nature of the mechanisms whereby individuals and groups are excluded from taking part in the social exchanges, from the component practices and rights of social integration” (European Commission 1992: 8).

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Con riferimento all’area dell’esclusione sociale, tali obiettivi, in particolare, si riferiscono: a) allo scambio d’informazioni e buone prassi; b) all’individuazione di un set d’indicatori comune di esclusione sociale; c) alla promozione di politiche di inclusione nel campo dell’occupazione, dell’istruzione e della formazione, della sanità e della casa; d) allo sviluppo di azioni prioritarie indirizzate a particolari gruppi vulnerabili (minoranze, bambini, anziani e disabili), per favorire il raggiungimento degli obiettivi stessi, sostenendo le politiche nazionali e mobilitando le risorse necessarie per realizzarli (Chiappero e Martinetti, 2011).

Qualora le dinamiche connesse alle diverse configurazioni di marginalità vengano identificate, quantificate e qualificate, emerge in modo palese come la sola valutazione delle

performances economiche delle attività produttive che incidono in tali territori, ed un’analisi

del relativo livello di competitività o delle dimensioni economiche produttive, risulti non adeguata a fornire chiavi esplicative delle cause e degli effetti di tali processi. All’interno di tale visione, il territorio rurale si presenta, infatti, non solo come un ambiente produttivo ma anche, e soprattutto, come una dimensione spaziale al cui interno agisce un sistema sociale rurale immerso in uno specifico contesto ambientale-paesaggistico rurale. Ciò significa che il territorio rurale diviene un soggetto capace di produrre equilibri e disequilibri sociali ed ambientali e, al contempo, fattori di benessere/crisi.

Per tale ragione si può asserire che il concetto di marginalità, di fatto, sottintende un’idea di “esclusione” che, includendo fattori economici, sociali, politici e culturali, tende a generare una marginalità spaziale multipla, con l’esclusione d’intere aree e gruppi sociali, piuttosto che la sola marginalità di specifici settori ed attività economiche, ove convivono, in maniera strettamente correlata (a gradualità differenziate), sia fattori strutturali55 che congiunturali56.

La combinazione di questi ultimi e la presenza di forme di esclusione sociale produce, conseguentemente un sistema caratterizzato dalla mancanza di “vitalità” al cui interno il tessuto sociale ed economico rurale (comprendente le dimensioni agricole e non agricole) appare non capace, da un lato, di generare al proprio interno i fattori essenziali per il proprio sviluppo, e, dall’altro, incapace anche di tradurre eventuali aumenti del reddito (privato) in miglioramenti generalizzati (pubblici) negli standard della qualità della vita (Ashley et al., 2011).