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Definizione e criteri generali

Nel documento P1 Relazione illustrativa (pagine 170-173)

SECONDA PARTE

ADOTTATO CONTROD

7. GLI AMBITI URBANI CONSOLIDATI

7.1 Definizione e criteri generali

Per ambiti urbani consolidati si intendono “le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate con continuità, che presentano un adeguato livello di qualità urbana e ambientale tale da non richiedere interventi (sostanziali) di riqualificazione”. L’adeguato livello di qualità è riferito alle caratteristiche dell’impianto urbanistico e del tessuto edilizio, ma soprattutto a valutazioni quantitative e qualitative delle dotazioni territoriali di cui ciascuna zona dispone: reti di urbanizzazione, aree per attrezzature e spazi collettivi, dotazioni ambientali.

Gli ambiti urbani consolidati, proprio in quanto tali, sono da governare essenzialmente attraverso il RUE, nel rispetto di indirizzi e criteri generali dettati dal PSC, ossia sono da governare attraverso una disciplina attenta degli interventi privati diffusi che tuttavia non è destinata a dare luogo a sostanziali modificazioni degli assetti urbani e degli equilibri

‘consolidati’.

Ciò naturalmente non esclude la possibilità che in singole situazioni maturino opportunità di interventi più consistenti e qualificanti; queste opportunità potranno essere specificamente definite in sede di POC avendo riguardo alla qualità progettuale e ambientale della proposta e ai miglioramenti che può apportare al contesto.

Ciò inoltre non esclude - e anzi integra - l’eventualità e la possibile esigenza di interventi pubblici rivolti alla riqualificazione e al potenziamento del sistema degli spazi pubblici e delle attrezzature collettive (spazi a verde, parcheggi, qualificazione dei percorsi ciclo-pedonali, ammodernamento delle reti tecnologiche…); questi interventi pubblici potranno essere programmati in sede di POC e, qualora interessino aree private, potranno avvenire preferibilmente attraverso manovre perequative, ma anche, nei limitati casi in cui ciò non risulti praticabile, attraverso esproprio.

La perimetrazione degli ambiti consolidati riportata nella Tav. P.6 del PSC include di fatto la maggior parte del tessuto urbano non storico presente nel capoluogo e nei centri frazionali e destinato a funzioni residenziali (diffusamente prevalenti), a servizi pubblici e privati, attività terziarie e anche attività produttive compatibili con queste funzioni o comunque intercluse. Comprende altresì i comparti di espansione per tali medesime

funzioni in corso di attuazione più o meno avanzata sulla base di Piani attuativi già approvati, essendosi in questo caso già configurato un sistema di “diritti acquisiti” per le proprietà dei comparti, ossia una situazione “consolidata” quanto meno sul piano giuridico, anche se non ancora sul piano fisico.

Costituiscono obiettivi generali della pianificazione per gli ambiti consolidati:

a) il mantenimento e il rafforzamento del carattere multifunzionale dei tessuti urbani, mediante una disciplina appropriata degli usi consentiti, ponendo comunque la necessaria attenzione alle condizioni di reciproca compatibilità di tali usi e ai livelli delle dotazioni territoriali nei vari contesti specifici;

b) il mantenimento del livello delle dotazioni territoriali acquisito e ove necessario il suo accrescimento, mediante la prevalente destinazione a spazi pubblici delle eventuali aree libere che erano a ciò destinate nel PRG 2001 e che non sono ancora state attuate;

c) il miglioramento delle relazioni fruitive tra le varie parti del tessuto urbano, da perseguire mediante il potenziamento della rete di percorsi ciclopedonali e, ove necessario, degli spazi di sosta privati e pubblici, una organizzazione della mobilità privata che assicuri condizioni di sicurezza e di contenimento dell’inquinamento acustico, anche attraverso l’istituzione di “zone 30” e di spazi semipedonali;

l’abbattimento delle barriere architettoniche;

d) la qualificazione dell’immagine urbana e il rafforzamento dell’identità dei luoghi, da raggiungere con specifici piani o progetti tematici (piani di valorizzazione commerciale, riqualificazione e messa in rete degli spazi collettivi);

e) il miglioramento della funzionalità delle dotazioni infrastrutturali ed ecologiche -reti di smaltimento dei reflui, raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani, barriere antirumore, ecc. - da perseguire sia attraverso interventi diretti dei gestori delle reti, sia con il contributo dei soggetti attuatori degli interventi edilizi anche alla riqualificazione delle reti di carattere generale;

f) il miglioramento della salubrità dell'ambiente urbano, in particolare nelle porzioni dove essa è condizionata dalla vicinanza di impianti produttivi, attraverso la mitigazione del loro impatto, o dalla presenza di traffico di attraversamento;

attraverso la gerarchizzazione funzionale della rete stradale e il preferenziale allontanamento dei flussi di attraversamento;

g) la razionalizzazione della mobilità veicolare, gli interventi rivolti alla sicurezza, la tendenziale riduzione della mobilità a motore nelle aree centrali e negli assi commerciali;

h) la qualificazione funzionale ed edilizia, attraverso interventi di recupero ma anche favorendo la sostituzione degli edifici non adeguati dal punto di vista energetico, impiantistico e sismico, evitando in linea di massima rilevanti incrementi del carico urbanistico in relazione ai livelli di capacità consolidati delle reti infrastrutturali e dei servizi.

Per quanto riguarda gli interventi di iniziativa privata sugli edifici esistenti, si individuano, in termini generali due esigenze di fondo, diversamente rilevanti nelle diverse parti, che indirizzano a politiche e a regolamentazioni non strettamente collimanti.

Da un lato vi è l’esigenza diffusa di non incrementare ulteriormente il carico urbanistico.

In linea di massima gli equilibri attuali fra funzioni insediate, abitanti, capacità delle reti, offerta di spazi pubblici e servizi sono da preservare, e non appaiono positivi quegli addensamenti edilizi che si sono determinati attraverso la sommatoria di singoli interventi privati di completamento che hanno sfruttato la saturazione dell’indice massimo consentito, senza apportare vantaggi su altri aspetti.

Gli indici fondiari vigenti prima del PSC hanno dato luogo a possibilità di intervento differenziate, praticamente nulle per quegli immobili dove c’è già una densità edilizia prossima o superiore a quella espressa dall’indice; e viceversa possibilità consistenti, nel caso di lotti con densità esistenti più basse di quelle consentite dal PRG 2001: in questi casi l’intervento ha dato luogo ad un incremento di carico sulle dotazioni pubbliche, senza alcuna contropartita a vantaggio della collettività. E’ apparso così opportuno superare il tradizionale criterio normativo dell’indice massimo, a favore di una regolamentazione più aderente alle quantità edilizie preesistenti (appunto “consolidate”) e preveda interventi rapportati a queste.

Dall’altro lato si evidenzia l’opportunità di favorire l’ammodernamento del patrimonio edilizio, anche attraverso la sua sostituzione (naturalmente con esclusione delle singole unità edilizie che siano riconosciute di pregio storico-testimoniale). Una parte significativa degli edifici degli ambiti urbani consolidati risale infatti ai primi decenni dell’ultimo dopoguerra, ad un’epoca cioè in cui la produzione edilizia era in prevalenza tecnologicamente molto povera, e presenta oggi condizioni di invecchiamento e di inadeguatezza, sia dal punto di vista strutturale che prestazionale e impiantistico. Dal punto di vista strutturale, l’inadeguatezza rispetto alla recente riclassificazione sismica del territorio non è di fatto recuperabile se non attraverso la sostituzione. Dal punto di vista impiantistico e prestazionale, l’inadeguatezza rispetto alle attuali norme di sicurezza e rispetto alle esigenze di oggi in materia di risparmio energetico possono essere parzialmente recuperate da interventi di manutenzione straordinaria, ma la demolizione e ricostruzione sarebbe certamente una soluzione molto più efficace per ottenere edifici con prestazioni di alta efficienza energetica. D’altra parte è del tutto improbabile che la sostituzione edilizia trovi condizioni di appetibilità economica se non accompagnata da incentivi, o di natura economica, o di natura urbanistica in forma di qualche incremento della superficie vendibile e quindi del carico urbanistico.

Si è posto quindi il tema di definire nel RUE delle norme regolamentari degli interventi diretti che interpretino un ragionevole equilibrio fra queste due esigenze non collimanti:

cercare di non incrementare il carico, o almeno limitarlo, e nel contempo incentivare la sostituzione. Naturalmente, come già detto, i limiti agli interventi diretti definiti nel RUE potranno poi essere superati nel caso vengano concordati e condivisi in sede di POC progetti di particolare qualità progettuale e ambientale che apportino significativi miglioramenti al contesto urbano dell’intervento.

Le norme del RUE per gli interventi diretti necessariamente si differenziano in relazione alle diverse situazioni riscontrabili all’interno degli ambiti consolidati. Nel PRG 2001 le aree private degli ambiti urbani consolidati risultavano in buona parte ricomprese nei diversi tipi di ‘tessuti’ della città consolidata, in relazione a una lettura dei differenti caratteri morfo-tipologici (taglio dei lotti, allineamenti, tipologie edilizie e numero di piani), dando luogo a una normativa differenziata essenzialmente in base all’indice di densità fondiaria variabile da 0,4 a 1 mq/mq di Su.

Nel Quadro conoscitivo è esposta una nuova analisi dei tessuti edilizi consolidati, rivolta a riconoscere differenziate situazioni in tema di dotazioni di spazi pubblici di base (in particolare il verde di vicinato), di adeguatezza della trama viaria locale e dell’offerta di sosta, di mescolanza di funzioni, e di presenza o meno di situazioni comportanti parziali conflitti ovvero riduzioni della qualità abitativa (ad esempio: contiguità ad assi stradali molto trafficati, contiguità con insediamenti produttivi, ….). La molteplicità e la diversa natura degli elementi di valutazione ha reso non semplice riportare a un giudizio sintetico la possibile caratterizzazione qualitativa delle diverse porzioni urbane; tuttavia si sono potute evidenziare alcune tipologie più significative di situazioni.

Si è giunti così alla seguente articolazione degli ambiti urbani consolidati, riconoscendo alcune casistiche descrittive ricorrenti, a ciascuna delle quali corrispondono indirizzi normativi appropriati. Si tratta di una individuazione di differenti condizioni di qualità insediativa, fondata soprattutto sulla valutazione di funzionalità urbanistica e infrastrutturale e di determinati caratteri ambientali e morfo-tipologici dell’assetto anche edilizio delle diverse aree.

7.2 Tessuti omogenei di impianto relativamente recente, frutto di piani attuativi

Nel documento P1 Relazione illustrativa (pagine 170-173)