Tre nuove grandezze territoriali che rappresentano fisicamente dimensioni identitarie della città
Complementare e coerente con la componente strategica del piano che elabora l’idea di città è la componente strutturale a cui è affidato il compito di tradurre la vision in scelte progettuali che definiscono il disegno di città. Scelte progettuali che ricercano una qualità urbana fondata sulla riscoperta delle vocazioni e potenzialità delle componenti territoriali che costituiscono la città: il centro storico, i quartieri, le frazioni e la campagna. E lo fanno in primo luogo agendo nel riferimento della “cultura del limite”: contro il consumo del territorio, le pressioni sull’ambiente e in favore della riqualificazione dell’esistente. In secondo luogo valorizzando gli aspetti identitari: inventando, riscoprendo e rigenerando parti di città divenute anonime e dormienti, dalle vocazioni smarrite o con nuove attitudini latenti da stimolare.
Le città sono diventate, luoghi di sedimentazione di complessità, e contraddizioni, come ci ha ricordato Zygmunt Bauman “… sono diventate delle discariche dei problemi della globalizzazione…” ma contemporaneamente hanno riaffermato il loro ruolo politico-strategico, soprattutto nella nuova Europa concepita non più come aggregato geo-politico di stati ma come rete di città.
Uno scenario, quello europeo, dove si rafforza sempre più il ruolo delle politiche di riqualificazione delle aree urbane, alle quali, in modo ancora più evidente e generalizzato, si richiede di contribuire allo sviluppo economico, sociale e culturale del territorio.
Per l’Italia “le città costituiscono la carta non ancora spesa per uscire dal declino”. Partire, anche a Reggio, dalla città, dalla sua sostanza e dalla sua forma, per proiettarla nella dimensione europea mantenendo un legame profondo con il “patrimonio comune”
esistente di architetture, infrastrutture e natura, significa proporre un disegno di città che varia in funzione delle specificità territoriale e degli obiettivi da conseguire.
Obiettivi di tipo strutturale che riguardano la mobilità, la cura e manutenzione, il paesaggio, la qualità del costruire, la tutela del patrimonio, che il piano cala nelle tre nuove grandezze territoriali che rappresentano fisicamente dimensioni identitarie della città:
1) città dai nuovi significati;
2) città dai significati da ricostruire;
3) città dai significati da rigenerare;
e che il piano intende risolvere mettendo al centro il progetto urbano.
I Progetti urbani dovranno, infatti, costituire dei riferimenti essenziali del piano: il momento in cui prendono forma concretamente i processi di rinnovamento dello spazio fisico della città. Essi dovranno definire forme e contenuti di parti rilevanti di città (dall’inquadramento urbanistico, allo spazio pubblico fino all’architettura) e rappresentare la premessa e il cardine per i percorsi di confronto con la cittadinanza.
2.1 Città dei significati nuovi
E’ la città da inventare nell’immagine simbolica e nelle funzioni attraverso la trasformazione dell’impianto esistente; di luoghi che saranno valorizzati come poli di eccellenza per divenire i capisaldi del progetto della struttura territoriale:
- la città storica;
- il sistema delle Ville Ducali;
- il polo universitario del San Lazzaro;
- via Emilia. Il polo della cultura e del lavoro – collezione Maramotti, sede del Consorzio Parmigiano Reggiano e i grandi ambiti di riqualificazione circostanti;
- ex Officine Reggiane;
- il polo del tempo libero e dei servizi: il Giglio;
- le nuove porte di accesso alla città - la Stazione mediopadana della AV-AC, il parco progetti di Calatrava e il casello autostradale - e le aree limitrofe.
Il tema trainante è quello dell’innovazione intesa sia come principale leva per innescare processi di qualità di vita tali da valorizzare i talenti già presenti a Reggio e attrarne di nuovi che vogliano lavorare, vivere e crescere a Reggio; sia come nuova condizione strutturante del territorio affinché alcuni settori di eccellenza riconosciuti a livello mondiale (la meccatronica, l’educazione dell’infanzia, il settore agroalimentare, prodotti tipici…) possano sostenere questo processo virtuoso di accrescimento di competenze, di aggregazione di intelligenze e di ulteriore sviluppo.
La valenza strategica della città dei nuovi significati è rafforzata dalla proposta del piano che non la pensa come l’esito di una “sommatoria algebrica” di singoli luoghi, progetti e interventi, ma come sistema che crea connessioni e relazioni materiali e immateriali, nella città.
Una rete di poli d’eccellenza capaci di produrre futuro, nuove identità e valori simbolici per la città. Vere e proprie polarità d’eccellenza, cardini su cui rifondare il disegno della struttura territoriale. Ma anche marchi di nuova qualità urbana, esperienze da emulare e diffondere nel locale e contestualmente porte di accesso e biglietti da visita per proiettare la città nel globale.
In questa prospettiva la città storica svolge il ruolo di snodo principale della rete. E’ il crocevia attorno a cui gravitano e attraverso cui dialogano le altre centralità territoriali.
Si materializza così una visione di città, su cui si è fortemente investito negli ultimi anni, che presuppone un centro riqualificato e valorizzato in tutte le sue componenti, con rinnovate capacità di attrazione, in quanto polarità primaria di servizi per il sistema locale;
un centro in grado di estendere l’effetto città sia in termini di stili di vita che di aspetti strutturali e funzionali alle cosiddette aree periferiche, lavorando contemporaneamente sulla rigenerazione dello spazio pubblico aperto - le porte di accesso, i viali di circonvallazione e connessione, i corridoi naturalistici, il sistema della mobilità sostenibile -e sulla cr-eazion-e di un sist-ema di nuovi poli d’-ecc-ell-enza tra loro prop-ed-eutici -e complementari - le grandi aree di trasformazione - che nel loro essere sistema danno origine ad una nuova dimensione identitaria che il piano riassume nella città dai nuovi significati e dei nuovi paesaggi.
2.2 Città dei significati da ritrovare
E’ la città da recuperare nell’immaginario collettivo; è la città che rischia di perdersi, la componente più fragile del sistema che richiede interventi di riqualificazione riguardanti:
- l’ambito urbano della via Emilia;
- la zona nord;
- le frazioni;
- la campagna.
Il tema trainante è quello dei nuovi equilibri. Ci si riferisce, infatti, agli ambiti urbani che hanno maggiormente risentito dell’aumento demografico, del cambiamento della composizione sociale e dell’espansione urbana e della congestione del traffico. Sono frammenti o componenti specifiche di città in cui occorre ricucire relazioni tra le persone e lo spazio in cui vivono, rintracciare punti di continuità con la loro storia.
In questa città dei significati da ritrovare, il piano non si è limitato ad agire attraverso la manutenzione qualitativa dell’esistente, ma ha indicato in modo esteso nuove funzioni, contenuti e contenitori, rafforzando il tessuto connettivo che forma la città pubblica. Il PSC prevede poi azioni di riqualificazione specifica volte a restituire valore identitario ai luoghi, creare spazi e architetture che sappiano ridare vita alla socialità, creare centralità, restituire il decoro dell’ambiente.
E’ complessivamente un processo che mira ad invertire la tendenza al fenomeno dello sprawl (la dispersione della città senza limiti e confini certi in territorio agricolo) e a ridare valore alla “città compatta” e che mira dunque ad arrestare il proliferare di insediamenti sparsi, che creano situazioni insostenibili in termini ambientali e del paesaggio, nonché costi sociali elevati per garantire i trasporti e i servizi necessari.
In tal modo, sarà possibile arrestare il consumo di suolo e salvaguardare il territorio agricolo da nuove espansioni urbane, garantendo la salvaguardia della funzione produttiva agricola. La campagna dovrà essere di pari passo qualificata in quelle che sono le sue caratteristiche paesaggistiche e nelle componenti naturali, oltre che relazionarsi sempre più con il tessuto urbano, in modo da costituire una ambito strategico sia per la qualità dei tessuti urbani di margine, sia per i valori ecologici ed ambientali del territorio.
Particolare rilievo all’interno del piano assumono i nuclei frazionali. Essi devono evolvere da semplici propaggini della città, inglobate o da inglobare nell’indistinta diffusione urbana, a vere e proprie realtà territoriali con specifiche inclinazioni e precisi e riconoscibili codici morfologici.
Si tratta in primo luogo di sistematizzare e mettere in valore le azioni, gli interventi già effettuati e in programmazione in riferimento alla nuova visione culturale contenuta nel Piano che impone il passaggio dal concetto di frazione, intesa come frammento di scarso valore della città, al concetto di ambito urbano con una propria storia da raccontare e un futuro da ridisegnare. Segnando così l’avvio concreto di politiche incentrate sul recupero del nostro patrimonio culturale.
La progettazione urbana delle frazioni, infatti, si presenta come un’ opportunità storica per attribuire vecchi o nuovi significati a intere porzioni di territorio comunale, in particolare a quel territorio agricolo che appare oggi in profonda trasformazione, ma dispone ancora, a differenza di molte realtà italiane ed europee, di un forte e consolidato sistema di relazioni con la città e la campagna.
2.3 Città dei significati da rigenerare
E’ la città diffusa, densa, ormai definita sia a livello spaziale che a livello funzionale, formatasi attorno ai borghi storici divenuti quartieri, da ammodernare attraverso azioni leggere di gestione e manutenzione qualitativa dei tessuti esistenti senza introdurre destinazioni e volumetrie atte ad aumentare il carico urbanistico e a compromettere la qualità ambientale.
Il tema trainante è quello di una nuova specializzazione. Di fatto siamo di fronte al corpo principale della città del ‘900, la cosiddetta periferia, cui è stato riconosciuto il valore di tessuto da riconnettere e riqualificare, ma a cui non è stata ancora attribuita una specifica competenza nella città a rete. Il riconoscere identità storica e vocazione attuale e futura di un quartiere rimane dunque ad oggi uno dei punti salienti per definire la riqualificazione dei tessuti urbani del ‘900. I quartieri, infatti, sono a tutti gli effetti città che va rigenerata e dotata di tutte quelle funzioni che la rendono tale e che deve mirare al superamento del concetto di monofunzionalità (i quartieri dormitorio, la zone industriali,
…) a favore di un’idea di unitarietà e completezza di luoghi del vivere.
La rete dei parchi urbani di quartiere integrata verso l’interno con i viali urbani di circonvallazione e verso l’esterno con le aree naturalistiche e la campagna rappresenta una delle principali risorse per potenziare e mettere in valore questo disegno di città. Rete a cui attribuire un forte ruolo di infrastruttura di connessione e integrazione non solo fra le principali valenze naturalistiche e quelle minori diffuse, ma anche tra porzioni di città.
Emblematica è valorizzazione paesaggistica dell’intero tratto urbano del torrente Crostolo, da ripensare come struttura lineare continua e integrata nel reticolo territoriale, come elemento di connessione e di ricucitura della diffusione insediativi all’interno di un sistema più ampio che dalle zone rivierasche del Po conduce sino alle Terre matildiche.
Il bilancio ambientale di sostenibilità territoriale, l’introduzione di norme per il risparmio energetico nel Regolamento Edilizio, l’elaborazione del Piano Energetico Comunale sono, al riguardo, esperienze importanti che vanno consolidate e rafforzate al pari della conservazione e della promozione del patrimonio storico, culturale e naturalistico, risorse di grande valore nell’attuale sistema economico e sociale.
In questa città “normale” occorre riconoscere e mettere in valore la qualità progettuale dell’architettura contemporanea in quanto testimonianza culturale e spinta all’emulazione in una nuova eccezione di paesaggio che non è solo quello naturalistico, ma è quello più complesso e allargato (in coerenza con la nuova Convenzione Europea) che è, per così dire, tracimato al di fuori, e ha invaso in tutte le sue manifestazioni la geografia urbana.
Dentro questa città da rigenerare, dove trova posta una nuova nozione di paesaggio urbano, il piano intende utilizzare gli strumenti di lavoro dell’urbanista giardiniere che, scrive in proposito, Cino Zucchi, “contro lo sviluppo incontrollato della città a macchia d’olio, si potrebbe concepire un’idea di un urbanista giardiniere che, proprio come un floricoltore, intervenga tempestivamente su una realtà parzialmente formata, tagliando qui, sfoltendo là, innestando laggiù un nuovo luogo, con tempestività, umiltà ed esperienza. Solo che al posto di un giardino c’è il tessuto urbano”.