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Dalle definizioni di Joint Venture ad una classificazione organica

1. L’istituto della joint venture

1.3. Dalle definizioni di Joint Venture ad una classificazione organica

La joint venture può essere definita come un’integrazione di diverse attività tra due o più imprese per la creazione di una entità distinta, finalizzata al raggiungimento di un determinato obiettivo di più o meno lungo periodo.

Il termine joint venture, di origine chiaramente anglosassone, vuol richiamare un intento avventuriero71 che gli imprenditori si prefiggevano con costituzione di una impresa congiunta.

Questa era finalizzata all’intrapresa di un’attività economicamente pericolosa della quale si potevano così condividere rischi e, allo stesso tempo, forti prospettive di guadagno.

Poi, nel corso del tempo, l’aspetto avventuriero dell’operazione ha lasciato spazio ad iniziative sempre più oculate che hanno portato la joint venture a diventare, fondamentalmente, una forma di collaborazione di lungo periodo.

Per arrivare ad una classificazione completa, mi sembra opportuno partire da un’analisi di una serie di definizioni che gli studiosi hanno voluto assegnare alle joint venture.

71 Cfr.: SCHILLACI C., Profili economico-aziendali della formula joint venture, Giuffrè, Milano 1989.

Ognuno vuole porre in risalto un aspetto diverso, quello ritenuto più importante e caratterizzante la stessa. Verranno fuori alcuni tratti tipici che permetteranno poi di individuare il concetto di Joint Venture (JV) in tutte le sue sfaccettature. Potremo così individuare le tipologie che, nel prosieguo, saranno oggetto della nostra analisi.

Ecco le definizioni che abbiamo ritenuto più significative.

«La JV è l’impresa congiunta risultante da un contratto omonimo che sancisce una nuova entità all’interno della quale i partners svolgono la propria azione comune, nelle forme e secondo le linee previste dagli accordi intercorsi»

(Turati, 1990).

Per Friedman e Kalmanoff (1961) la JV è «ogni forma di associazione che implica una collaborazione per un periodo di tempo che non sia troppo limitato».

Ancora Secondo Hall (1987) «una joint venture può essere ogni tipo di accordo attraverso cui due o più parti si mettono insieme e combinano risorse per realizzare uno specifico obiettivo economico».

Per Goyder (1988) è «la creazione di un’entità giuridicamente autonoma o, almeno, la definizione pienamente identificabile di un impegno congiunto o di un’associazione che sia chiaramente distinta dai suoi fondatori; il trasferimento da parte di questi ultimi di persone e di risorse (…) a vantaggio della nuova

entità; l’assegnazione a questa di responsabilità per lo svolgimento di una particolare funzione o funzioni concordate dai partners».

Il termine joint venture è usato inoltre da Young e Bradford (1977) per descrivere «un impresa, una società o una partnership, formata da due o più società, soggetti individuali o organizzazioni, almeno uno dei quali è un’entità operativa che si propone di ampliare le proprie attività, con l’intento di condurre un nuovo affare, permanente e orientato al profitto. Di solito, la proprietà della società è suddivisa fra i soci secondo una distribuzione più o meno equilibrata e senza dominio assoluto di una sola delle parti»72.

Milone (1989) dice che il termine «è, sempre più frequentemente, usato per designare accordi conclusi tra due o più aziende, su basi di tipo contrattuale o avvalendosi di strutture societarie che, comunemente, sono del tipo di società di capitali alle quali la legge dei vari paesi, attribuisce una propria personalità giuridica».

Tutti sono concordi su tre fattori fondamentali caratterizzanti la tipologia più diffusa di joint venture:

72 Nel testo originale la Joint Venture è descritta come «an enterprise, corporation or partnership, formed by two or more companies, individuals or organizations, at least one of which is an operative entity which wishes to broaden its activities, for the purpose of conducting a new, profit-motivated business of permanent duration. In general, the ownership is shared by the participants with more or less equal equity distribution and without absolute dominance by one party», YOUNG G.R., BRADFORD S., Joint Ventures, Planning and Actions, Financial Executive Research Foundation, New York, 1977.

- Creazione di un’entità distinta che permetta alle imprese partners di mantenere intatta la propria autonomia giuridica e organizzativa;

- Volontà associativa dei diversi partners con una suddivisione del capitale sociale in maniera tale da permettere una efficace gestione congiunta della nuova entità, quindi con un ruolo attivo da parte di tutti i partecipanti all’accordo;

- Impegno di medio/lungo periodo73.

Abbiamo bisogno, però, di una classificazione più dettagliata che ci permetta di comprendere il fenomeno nella sua globalità e metterci quindi in posizione di poterci esprimere a sostegno o meno delle definizioni presentate.

Le classificazioni prendono spunto da:

a. La formula contrattuale utilizzata;

b. L’origine della collaborazione;

73 Parere discorde manifesta invece SCHILLACI C., Profili economico-aziendali della formula Joint Venture, Giuffrè, Milano 1988, che ritiene che «l’aspetto temporale non riveste eccessiva importanza nella qualificazione di joint ventures, poiché quest’ultime, per l’estrema variabilità che le caratterizza, possono anche essere create per lo svolgimento di ben definite operazioni, aventi una durata che non va oltre il breve periodo. Anzi, secondo alcuni, è proprio il carattere di temporaneità che distingue le iniziative di joint ventures da altre forme di collaborazione».

Noi ci sentiamo di concordare maggiormente con MILONE M., L’impresa in comune – Aspetti economico-aziendali della Joint Venture Enterprise, Cacucci, Bari 1989, per il quale « (…) da vari anni ormai, esso (il fenomeno della Joint Venture) appare come un accordo di durata non breve tramite il quale i venturers si ripromettono di conseguire risultati che vanno al di là del mero profitto immediato».

c. La nazionalità delle imprese partecipanti all’accordo;

d. La strategia di sviluppo che le società-madre intendono perseguire;

e. La percentuale di capitale di rischio detenuta da ciascuno dei partners;

f. Il grado di autonomia del management della joint venture;

g. Altro.

Formula contrattuale utilizzata. Secondo la forma contrattuale possiamo distinguere le corporate joint ventures (altrimenti definite equity joint ventures, incorporated JVs o JVs societarie) dalle contractual joint ventures (dette anche non equity joint ventures o unincorporated JVs).

Le corporate joint venture riguardano le imprese congiunte formate tramite la creazione di una nuova entità, una società che sia autonoma giuridicamente e in grado di operare attraverso una propria organizzazione.

La contractual joint venture prevede invece la possibilità di sottoscrivere un accordo al fine di realizzare un affare in comune, senza che si crei però un terzo organismo operativo.

Quest’ultima tipologia, per l’elasticità insita nella forma contrattuale, è chiaramente finalizzata al compimento di uno specifico affare, avente una durata

determinata. La forma societaria invece, per la complessità organizzativa richiesta, si presta meglio per collaborazioni di lungo termine.

È stato messo in risalto74 come questa distinzione possa essere considerata imprecisa poiché entrambe le forme hanno chiara origine contrattuale.

Nella corporate JV, infatti, la forma societaria rappresenta solo un momento organizzativo alla base del quale esiste sempre un accordo contrattuale. Per una efficace gestione congiunta, inoltre, sarà necessario stipulare sempre degli accordi parasociali (di natura contrattuale).

Quest’ultima precisazione ha portato all’individuazione di una forma ibrida, definita equity-non equity joint venture75, che integra i caratteri delle forme contrattuali e societarie76.

Origine della collaborazione. Possiamo distinguere joint ventures operative e joint ventures strumentali. Questa distinzione presenta forti connessioni con la distinzione di cui al punto precedente e con la dicotomia breve-lungo periodo.

74 Da MARCHETTI P. in Mondo produttivo, joint ventures e cooperazione allo sviluppo, Atti del Convegno Internazionale di studio a cura del Ministero degli Affari Esteri, Ediz. Ispi, 1983; sul punto in esame cfr.

SCHILLACI C., Profili economico-aziendali della formula Joint Venture, Giuffrè, Milano 1988.

75 Cfr. BONVICINI D., Le Joint Ventures: tecnica giuridica e prassi societaria, Giuffrè, Milano 1977.

76 Struttura di S.p.A., completata da accordi extrastatutari di chiara natura contrattuale.

L’operatività della joint venture è garantita quando la stessa è finalizzata alla realizzazione di progetti difficilmente perseguibili attraverso altre modalità organizzative. Questo succede, solitamente, quando un affare complesso (quindi di lungo termine) richiede la costituzione di una terza entità per lo sviluppo del progetto stesso.

Si parla invece di JV strumentale se lo strumento dell’impresa congiunta è finalizzato al compimento di uno specifico affare. Possiamo dire che esse siano caratterizzate da occasionalità; non è il caso quindi di utilizzare lo strumento societario preferendovi quello contrattuale77.

La nazionalità delle imprese partecipanti all’accordo. Elementare la distinzione rispetto alla “cittadinanza” dei partners: joint ventures fra partners residenti nello stesso Paese dette JVs domestiche o nazionali; e joint ventures create da partners originari da Paesi differenti definite JVs non domestiche o internazionali.

Il successo delle joint ventures è stato mosso soprattutto dalla grande diffusione raggiunta dalle JV non domestiche, divenute strumento indispensabile di espansione internazionale.

77 Apparentemente la distinzione sembra coincidere con quella tra equity e non equity JVs, ma le due classificazioni partono da due punti di vista differenti: mentre la distinzione tra JVs operative e strumentali riguarda la causa generatrice dell’accordo, la distinzione equity-non equity riguarda il profilo giuridico adottato per il raggiungimento dello scopo comune. Cfr. SCHILLACI C., Profili economico-aziendali della formula joint venture, Giuffrè, Milano 1988.

La strategia di sviluppo che le società-madre intendono perseguire.

Questa ulteriore classificazione ci conduce alla distinzione fra joint venture di tipo orizzontale, verticale e conglomerale.

La tipologia orizzontale è individuata quando la joint venture opera prevalentemente nella stessa ASA (area strategica d’affari) dei partners.

Se la joint venture è collocata a monte o a valle rispetto al ciclo produttivo dei partners sarà individuata una JV di tipo verticale.

Una JV di tipo conglomerale sarà caratterizzata invece dalla mancanza di qualsiasi relazione tra il campo d’azione dei partners e quello dell’impresa congiunta.

La distinzione ultima in esame, assumerà notevole importanza riguardo alla liceità concorrenziale di alcune joint ventures; a tal proposito tratteremo in modo più particolareggiato, nel prosieguo78, la distinzione fra joint ventures cooperative e concentrative.

La percentuale di capitale di rischio detenuta da ciascuno dei partners.

Un’altra distinzione ricorrente riguarda la distribuzione del capitale di rischio.

Le joint ventures possono essere, da questo punto di vista, paritetiche e non paritetiche.

78 Vedi par. 1.4., cap. II.

Ci si riferisce alla possibilità che ci si trovi di fronte ad una situazione detta fifty-fifty (nell’esempio classico in cui i partners siano solo due) o meno.

La distinzione in esame può essere approfondita distinguendo dominant joint ventures (joint ventures dominanti) da shared joint ventures (joint ventures condivise). Questa distinzione è più puntuale perché va ad individuare il fondamento della gestione a controllo congiunto, ossia il grado di divisione del management. Evidentemente nelle dominant JVs esiste un partner che riesce ad imporre le proprie scelte, cosa che non succede (o non dovrebbe succedere) nelle shared JVs.

Non è, infatti, solo la suddivisione del capitale sociale ad essere importante ai fini del controllo congiunto dell’impresa comune.

Nella costituzione di una joint venture esistono sempre degli accordi parasociali che perfezionano (o alterano) gli equilibri di gestione. Spesso, infatti, una minore partecipazione azionaria viene compensata da una più ampia partecipazione all’interno del Consiglio d’Amministrazione79.

Il grado di autonomia del management nella joint venture. Esistono dei casi in cui la joint venture è gestita da un management indipendente dagli azionisti della venture stessa, ossia dalle “case madre”.

79 Vedi par. 4., cap. II.

Si parla di JVs indipendenti, anche se non si può mai negare che i partners che hanno dato vita all’accordo, imprimano la propria spinta almeno a livello strategico, quindi come direttive di lungo periodo. Non potrebbero altrimenti ricavare alcun vantaggio dalla costituzione dell’impresa congiunta. In caso contrario, cioè di grande controllo dei partners ideatori sulla gestione della venture, si parlerà di joint venture dipendente.

Altro. Molto numerose sono le classificazioni offerte dagli studiosi. Ne segnaliamo brevemente qualcun’altra per completezza di trattazione.

Si distingue tra JVs volontarie e coattive a seconda che l’impresa comune sia frutto della libera volontà di collaborare dei partners o meno.

Esistono, infatti, casi80 in cui il Governo di un Paese osteggi iniziative totalmente possedute da capitale straniero, imponendo forme di compartecipazione con rappresentanze locali.

Le joint ventures possono essere di 1° e di 2° grado. Sono di primo grado se le imprese partners partecipano ciascuna direttamente ed individualmente all’iniziativa comune. Si parla invece di JV di 2° grado (o di doppio grado) quando uno dei partners (o tutti i partners) sono rappresentati da raggruppamenti di imprese avanti come scopo quello di partecipare come

80 Soprattutto nel caso di costituzione di Joint ventures internazionali con partners provenienti da Paesi in via di sviluppo ed ivi localizzate. In questi Paesi esistono, di solito, sistemi legislativi particolari, poco compatibili con la cultura economica occidentale.

partner unitario nella joint venture.

Per inquadrare meglio la figura in esame, crediamo possa tornare utile un posizionamento della joint venture all’interno del vasto spettro di forme collaborative disciplinate dal nostro Ordinamento Giuridico.

Essa può essere inquadrata come una forma intermedia tra il consorzio e la fusione, forme collaborative da un lato simili alla joint venture, dall’altro particolari e caratterizzate da disciplina giuridica organica.

La joint venture, diversamente dal consorzio, rappresenta il caso in cui viene creata un’impresa diversa da quelle che le hanno dato origine. Nel consorzio il rapporto collaborativo, pur impegnando individualmente ciascuna impresa, non presuppone la nascita di una nuova entità.

La differenza rispetto alla fusione consiste, invece, nel fatto che la joint venture permette di continuare a mantenere la stessa autonomia che caratterizzava le imprese partners prima che la forma collaborativa fosse posta in essere.

Si può subito notare come la joint venture, rispetto al livello di integrazione interaziendale, rappresenti una delle forme di collaborazione più spinte. Forse per questo è stata spesso argomento di discussione a livello di normativa antitrust, per evitare che l’elevato coefficiente di intento

collaborativo possa in qualche modo, in alcuni casi, turbare le regole della concorrenza.

1.4. La natura della collaborazione : joint ventures cooperative e