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Riferimenti normativi: le “fonti” del “controllo congiunto”

4.1. Il silenzio dell’art. 2359 cod. civ. e il legame con la legislazione speciale: la specialità reciproca.

Dopo aver cercato di descrivere il fenomeno in esame facendo riferimento ad alcune opinioni affermate, cerchiamo di puntellare il nostro discorso con dei riferimenti normativi.

L’art. 2359 cod. civ., nel definire la figura del “controllo”, non sembra voler dare rilevanza alla figura del “controllo congiunto”32. Non né fa alcuna menzione, né tanto meno esiste un rinvio a norma speciale o altro.

Un punto fermo nella nostra analisi però è già stato raggiunto: il 2359 cod. civ. rappresenta una definizione “aperta” di controllo poiché arduo sarebbe stato racchiudere tutte le tipologie di controllo in un articolo del codice civile (vedi par. 2.1., cap. I).

Allo stesso tempo arduo è, però, scardinare la convinzione di coloro che sostengono che un mancato riferimento nell’art. 2359 sia significativo, in senso

32 Per una diversa interpretazione, ossia tale da ricomprendere la forma di controllo congiunto tra le fattispecie ex art. 2359 cod. civ., cfr. LAMANDINI M., Appunti in tema di controllo congiunto, in Giurisprudenza Commerciale, Milano 1992., pag. 244,, il quale scrive che l’art. 2359 cod. civ. «può leggersi nel senso che sono considerate società controllate le società rispetto alle quali almeno un’altra dispone dell’influenza dominante.

Credo che l’uso del singolare per riferirsi alla società controllante sia dovuto più al fatto che il legislatore conosceva, come fattispecie tipologicamente normale, il controllo solitario che non ad una effettiva volontà preclusiva o limitativa della portata delle norme codicistiche».

negativo, sull’ammissibilità del “controllo congiunto”33.

Fatto incontestabile, e quindi a sostegno della tesi di questi ultimi, è che il 2359 cod. civ. individua le figure di controllo in relazione ad un unico soggetto dominante34.

Arguta in proposito mi sembra però l’osservazione di Vincenzo Donativi35. Questi fa notare36 come, spesso, l’uso del singolare in una norma non voglia precludere la possibilità di riferirsi ad un numero maggiore di soggetti. Quella di usare il singolare è solo una diffusa prassi legislativa.

I riferimenti al “controllo congiunto” sono invece numerosi all’interno della legislazione speciale. Di difficile interpretazione è però il rapporto che debba essere instaurato fra queste norme speciali e la cosiddetta clausola generale della definizione di “controllo”, rappresentata dall’art. 2359 cod. civ.

Un’interpretazione naturale sarebbe quella di individuare, fra art. 2359 e legislazione speciale, un rapporto di “specialità reciproca”37. Il contenuto della legislazione speciale sarebbe integralmente derogatorio alle previsioni del 2359 cod. civ., con efficacia meramente settoriale.

33 Di questo avviso MARCHETTI P., Note sulla nozione di controllo nella legislazione speciale, in Rivista delle società, Milano 1992; SBISÀ G., Società e imprese controllate nel D.Lgs. 127/91, in Rivista delle società, Milano 1992; COSTI R., I sindacati di voto nelle leggi più recenti, in Giurisprudenza Commerciale, Milano 1992.

34 Secondo R. COSTI, I sindacati di voto nelle leggi più recenti, in Giurisprudenza Commerciale, Milano 1992, pagg. 29 ss. (che riproduce la relazione del convegno su «Sindacati di voto e di blocco» tenutosi a Portofino i giorni 8 e 9 Giugno 1991), «(…) la nozione di controllo prevista dall’art. 2359 postula sempre la “solitudine”, la unicità del controllante, non prevede in alcun modo ipotesi di controllo congiunto (…)»

35 Cfr.: DONATIVI V., I “confini” del controllo congiunto, in Giurisprudenza Commerciale, Milano 1996.

36 Il riferimento riguarda il testo della legislazione tedesca in materia.

37 Per una posizione più articolata sul punto cfr.: MARCHETTI P., Note sulla nozione di controllo nella legislazione speciale, in Giurisprudenza Commerciale, Giuffrè, Milano 1992.

Una posizione più articolata sul ruolo della legislazione speciale è quella di Bruno Visentini38. Egli ne vuole sottolineare l’importanza dicendo che questa

«è (sì) spesso frutto di improvvisazioni ed è spesso viziata da approssimazioni e da imprecisioni, (ma) per altro verso, in alcune occasioni, essa deriva da un più diretto contatto con la realtà ed è più sensibile alle esigenze della pratica (…)».

Quindi, a dispetto della loro qualificazione di norme extra codicem, almeno alcune di esse presentano carattere generale39, e non meramente settoriale come altri interpreti hanno affermato.

In linea generale però, possiamo dire che non si possa mai trarre una conclusione unitaria. I riferimenti al “controllo congiunto” all’interno della legislazione speciale sono, infatti, vari e poco omogenei. Vale la pena quindi di analizzare le principali leggi speciali che hanno preso in analisi il fenomeno;

quindi cercare di trarre da ciascuna qualche indicazione utile ai fini della nostra analisi.

38 VISENTINI B., I sindacati di voto: realtà e prospettive, in Rivista delle Società, 1988.

39 È il caso della normativa antitrust che può essere considerata fonte di concetti cardine per la normativa d’impresa e societaria.

4.2. Il sorgere del problema:l’art. 4 della l. 416/81.

Il tema del controllo congiunto venne alla ribalta in maniera del tutto particolare. L’art. 4 della l. 416/81 poneva il problema dell’individuazione di una eventuale posizione dominante sul relativo mercato, di un’impresa editrice.

Ovviamente, per verificare tale posizione dominante, non ci si poteva che aggrappare alla nozione di controllo. Il menzionato art. 4 non faceva altro che richiamare, per la nozione di controllo, l’art. 2359 del codice civile.

A questo punto iniziavano i problemi interpretativi: chi deve essere considerato controllato (e quindi facente parte del mercato rilevante) da parte di un’impresa editrice? In particolare, vanno considerate controllate dall’impresa editrice anche le imprese controllate congiuntamente con altri?

Il quesito non era di facile soluzione, forse perché legato allo spinoso ambito dei sindacati di voto. Infatti, nel momento in cui un’impresa editrice partecipi ad un sindacato di voto, è sempre considerata controllante dell’azienda sottostante il sindacato?

La risposta è legata ad un altro quesito fondamentale: i partecipanti ad un sindacato di voto, sono tutti considerati controllanti dell’impresa sindacata?

Come è facile capire, quindi, già dal primo momento in cui la questione venne a galla, i problemi interpretativi principali ruotavano non solo intorno alla configurazione che il “controllo congiunto” assumeva nel nostro ordinamento, ma anche al legame che questa figura instaurava con la disciplina dei sindacati di voto.

I riferimenti principali all’interno della disciplina speciale riguardano, infatti, proprio la figura del controllo derivante da accordi parasociali e sindacati.

Prima di cercare di dare una risposta alle domande proposte (ed entrare quindi nei particolari della disciplina del “controllo congiunto” da sindacato), cerchiamo di esaminare le varie leggi speciali che si sono susseguite nel tempo, e che abbiano riguardato il “controllo congiunto”.

4.3. Le altre fonti fino all’art. 37, D.Lgs. 127/91.

Dopo i richiami dell’art. 2359 da parte dell’art. 4 della legge 416/81, prima legge sull’editoria, con i problemi connessi al trattamento delle posizioni di “controllo congiunto”, la situazione non è migliorata con la successiva legge di riforma n. 67/1987. In tale testo infatti40, se da un lato si chiarisce la possibilità di ricondurre all’art. 2359 l’ipotesi di controllo da sindacato, allo stesso tempo non precisa una questione ancora più importante.

Non si chiarisce, infatti, se con il controllo da sindacato si voglia fare riferimento al caso di “controllo congiunto” dei partecipanti al sindacato, oppure si voglia solo indicare quale fattispecie rilevante, il caso in cui un solo soggetto, grazie all’”effetto leva” derivante dal patto di sindacato stesso, riesce ad assumere la figura di controllante.

Il problema può essere posto in termini diversi: il controllo da sindacato deve essere considerato controllo congiunto in senso oggettivo o soggettivo?

Nel primo caso sarebbe uno solo il soggetto a beneficiare della partecipazione a controllo congiunto (tramite il menzionato “effetto leva”), nel secondo, invece, ciascun soggetto partecipante al sindacato ne beneficerebbe.

Identico problema di doppia lettura presenta poi l’art. 26 del D.Lgs. 356/9041.

40 In particolare agli artt. 2 e 3 della legge menzionata.

41 Confluito poi nell’art. 23 del TU in materia bancaria.

Per individuare una posizione chiara circa l’ammissibilità della figura del “controllo congiunto”, bisogna attendere la legge di disciplina del sistema radiotelevisivo n. 223/90.

L’art. 37 di tale legge prevede testualmente, infatti, che «costituiscono controllo e collegamento la sussistenza dei rapporti configurati come tali nell’art. 2359 cod. civ., ancorché tali rapporti siano realizzati congiuntamente con altri soggetti tramite società direttamente o indirettamente controllate o tramite intestazione fiduciaria o mediante accordi parasociali».

Al pregio di introdurre chiaramente la figura del “controllo congiunto”, questa norma, contrappone il difetto di non chiarire il rapporto con l’art. 2359 cod. civ.

Non si capisce, infatti, se il “controllo congiunto” venga introdotto dalla norma stessa, o se questa voglia far notare come lo stesso “controllo congiunto”

sia una delle categorie di controllo previste dal 235942.

Aspetti particolari presenta la normativa antitrust facente capo alla l. n.

287/90. Venuta alla ribalta della critica per la peculiarità (non invidiabile!) di presentare, agli artt. 7 e 27, due differenti definizioni di controllo43, essa contiene indicazioni interessanti in materia di “controllo congiunto”.

42 Cfr.: LAMANDINI M., Appunti in tema di “controllo congiunto”, in Giurisprudenza Commerciale, Milano 1992.

43 La definizione contenuta nell’art. 7 è finalizzata alla disciplina della concentrazione, quella dell’art. 27, invece, ha efficacia limitata al capo quinto relativo alla disciplina della partecipazione agli enti creditizi.

Gli artt. 5 e 7 della legge antitrust contengono utili indicazioni a sostegno della tesi favorevole alla configurabilità del “controllo congiunto”.

L’art. 5, al 1° comma, lett. b), nel definire, attraverso la nozione di controllo, la più rilevante fra le fattispecie concentrative, menziona «(…) uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un’impresa (…)».

L’art. 7 della stessa legge, al 2° comma, precisa che «(…) il controllo è acquisito dalla persona o dall’impresa o dal gruppo di persone o di imprese (…)». Ovviamente sarebbe davvero difficile sostenere (come alcuni studiosi hanno fatto) la settorialità della legge antitrust, da considerarsi invece uno dei tasselli fondamentali del diritto d’impresa. Dopo questi riferimenti, quindi, credo sia davvero difficile negare l’esistenza della figura del “controllo congiunto”.

Infine, rinviando a trattazioni più specialistiche44 una disamina di tutte le altre norme speciali che hanno preso in esame l’argomento del “controllo congiunto”45, vogliamo ricordare quello che cronologicamente è forse l’ultimo riferimento normativo alla figura oggetto della nostra trattazione.

Ci riferiamo all’art. 37 del D. Lgs. 127/91 che prevede che «possono essere incluse nel bilancio consolidato anche le imprese sulle quali un’impresa

44 Su tutti cfr. MARCHETTI P., Note sulla nozione di controllo nella legislazione speciale, in Rivista delle società, Milano 1992.

45 Cfr.: LAMANDINI M., Appunti in tema di “controllo congiunto”, in Giurisprudenza Commerciale, Milano 1992; MARCHETTI P.,Note sulla nozione di controllo nella legislazione speciale, in Rivista delle Società, Milano 1992; LAMADINI M., Il controllo, Nozioni e «tipo» nella legislazione economica, Giuffrè, Milano 1995.

inclusa nel consolidamento abbia il controllo congiuntamente con altri soci ed in base ad accordi con essi (…)».

La Relazione al Decreto Legislativo 127/91 fornisce utili indicazioni nel momento in cui si sottolinea che la situazione cui ci riferiamo è fondamentalmente differente da quella prevista dall’art. 26 dello stesso decreto46. Nel caso in questione (la Relazione parla di “filiale comune”), il riferimento alla figura del “controllo congiunto” è chiaro ed inequivocabile, anche se resta aperto il solito quesito. Ci si chiede, cioè, se l’articolo di legge menzionato abbia voluto riferirsi ad una figura già prevista dal 2359 cod. civ.;

oppure se la norma stessa voglia essere un altro esempio di applicazione settoriale, riferita quindi solo alla disciplina del bilancio consolidato.

Il dibattito, comunque, rimane più che mai aperto ed attuale.

Sicuramente utile sarebbe una ridefinizione sul piano normativo che crei le condizioni per mettere un po’ d’ordine nella variegata disciplina in materia, andando ad evitare interpretazioni di comodo e contribuendo ad una maggiore certezza del diritto che troppo spesso viene trascurata.

46 L’art. 26, D.Lgs. 127/91, comma 2, lettera b), considera controllante l’impresa che singolarmente riesce ad avere un’influenza dominante in virtù di accordi conclusi con altri soggetti.