Result 2. — The optimal tax rate is increasing in the per capita au
3.3. La destinazione come atto diverso da quelli di trasferi
mento nel diritto privato e nel diritto tributario.
Dopo aver brevemente esaminato gli aspetti genetici e siste matici, occorre ora valutare analiticamente i contenuti positivi del referente normativo alla destinazione extraimprenditoriale dei beni d’impresa; in tal senso è necessario considerare, innanzitutto, quale possa essere il significato giuridico attribuibile al concetto di desti nazione; ciò al fine di verificare se e nel caso, in quali termini, le norme che disciplinano gli effetti giuridici di specifiche destinazioni possano regolamentare le fattispecie in cui la proprietà di un bene viene trasferita da un soggetto ad un altro. In particolare, occorre esaminare se il trasferimento della proprietà possa comportare ne cessariamente un cambiamento di destinazione tale da modificare il regime giuridico che il legislatore abbia attribuito ad un bene per l’effetto della sua particolare destinazione, ovvero se nessun lega me possa dirsi sussistente tra la cessione a terzi e la rilevanza giuri dica attribuita ad una destinazione qualificata dalla legge.
L’indagine non può basarsi su specifici referenti normativi; il diritto tributario, infatti, disciplina gli effetti di particolari destina zioni impresse ai beni, ma non ne definisce i contenuti. I) altro can to, tali elementi non sembrano sussistere neanche nell’ambito del diritto civile, ove pure la destinazione attribuita ad un bene può condurre alla realizzazione di particolari effetti giuridici; è, comun que, utile analizzare per primo i termini in cui la destinazione « opera » in questo campo del diritto.
Fino al 1975 1’« atto di destinazione » è stato esaminato nei più
al quinto comma dell’art. 67, si affermava espressamente che: « la configurazione di una sopravvenienza attiva nel caso di cessione a titolo gratuito è apparsa irra zionale ed è stata eliminata ». Peraltro nel parere espresso dalla « Commissione dei Trenta » (Rei. Usellini) veniva condiviso l’argomento ministeriale tant’è che nessun commento veniva fatto a proposito del nuovo quinto comma dell’art. 67.
importanti contributi della dottrina (61), principalmente con riguar do agli istituti della destinazione del padre di famiglia (62) e della destinazione a pertinenza (63), pur non mancando altri riferimenti legislativi e dottrinali al concetto in esame (64).
La riforma del diritto di famiglia, introducendo la disciplina degli effetti connessi alla destinazione dei beni di uno dei coniugi all’esercizio dell’impresa (65), ha formato oggetto di successivi
con-(61) An d r e o l i, Le pertinenze, Padova, 1936, 153 ss.; Co n t u r s i- Li s i, Le pertinenze, Padova, 1952, 18 ss.; Mi r a b e l l i, L ’atto non negoziale nel diritto pri vato italiano, Napoli, 1955, 195 ss.; Bi o n d i, I beni, in Tratt. dir. civ. Vassalli, voi. IV, t. 1, Torino, 1956, 127 ss.; Au r i c c h i o, L ’individuazione dei beni immobili,
Napoli, 1960, 55 ss.; Ga l l o n i, Potere di destinazione ed impresa agricola, Milano, 1974, 20 ss.; Ta m b u r r i n o, voce Pertinenze (dir. priv.), in Enc. dir., voi. XXXIII, Milano, 1983, 550 ss.
(62) Disciplinato dall’art. 1062 c.c. (già dagli artt. 623 e 633 codice 1865) che prevede: « La destinazione del padre di famiglia ha luogo quando consta, me diante qualunque genere di prova, che due fondi, attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario e che questi ha posto o lasciato le cose nello stato nel quale risulta la servitù.
Se i due fondi cessarono di appartenere allo stesso proprietario, senza alcuna disposizione relativa alla servitù, questa si intende stabilita attivamente e passi vamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati.
(63) Disciplinata dagli artt. 817 ss. c.c. (e già dagli artt. 413 ss. codice 1865). Prevede l’art. 817 c.c. « sono pertinenze le cose destinate in modo durevo le a servizio od ornamento di un ’altra cosa.
La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima ».
(64) Quali, ad esempio, quelli contenuti nei seguenti articoli del codice ci vile: art. 32 (Devoluzione dei beni con destinazione particolare), art. 40 (Respon sabilità degli organizzatori) — per la destinazione allo scopo annunziato dei fondi raccolti per il comitato — , art. 42 (Diversa destinazione dei fondi), art. 167 (Co stituzione del fondo patrimoniale), art. 171 (Cessazione del fondo), art. 816 (Uni versalità di mobili) — con destinzione unitaria — , art. 828 (Condizione giuridica dei beni patrimoniali) — non sottraibilità dei beni facenti parte del patrimonio in disponibile alla loro destinazione se non nei modi previsti dalla legge — , art. 831 (Beni degli enti ecclesiastici ed edifici di culto) — destinati all'esercizio pubblico del culto — , art. 852 (Terreni esclusi dai trasferimenti) — esclusione dai trasferi menti coattivi dell’art. 851 dei terreni che, per la loro speciale destinazione, han no una spiccata individualità — , art. 981 (Contenuto del diritto di usufrutto) — necessità del rispetto della destinazione economica — , art. 986 (Addizioni), art. 1028 (Nozione deU’utilità) — derivabilità dalla destinazione industriale del fondo, art. 1031 (Costituzione della servitù), art. 1102 (Uso della casa comune) — divieto di alterarne la destinazione — , art. 1615 (Gestione e godimento della casa produt tiva) — necessità di gestione conforme alla destinazione economica da parte del l’affittuario — , art. 1668 (Contenuto della garanzia per difetti dell’opera) —: risol vibilità del contratto nel caso che sia inadatta alla sua destinazione economica — .
Particolarmente interessante è l’ elaborazione dottrinale sulla rilevanza giu ridica dell'atto di destinazione economica nel concetto dell'azienda. Sul tema si veda Ca s a n o v a, Impresa e azienda, in Tratt. dir. civ. Vassalli, voi. X , t. 1, Tori no, 1974, 346 ss.
del-tributi (66); tuttavia, le risalenti posizioni dottrinali hanno continua to a rappresentare un centrale punto di riferimento pur in seguito alle introdotte disposizioni.
In estrema sintesi, la destinazione giuridicamente rilevante si afferma come atto a contenuto volontaristico (67), con il quale si in staura uno stabile (68) ed effettivo (69) collegamento materiale od economico tra un bene ed un’attività (od un altro bene) (70).
l’impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell’im presa costituita anche precedentemente si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa ».
Peraltro l’art. 179 c.c. dispone anche che non costituiscono oggetto della co munione e sono beni personali del coniuge, i beni che servono all’esercizio della professione di questi, tranne quelli destinati alla conduzione di un’azienda facenti parte della comunione.
(66) Ja n n a r e l l i, Impresa e società nel nuovo diritto di famiglia, in Foro it.,
1977, V, 266 ss.; Id., Destinazione dei beni e pubblicità nella comunione « de re
siduo » ex art. 178 cc., nota a Cass., 29 novembre 1986, n. 7060, in Foro it., 1987,
I, 810 ss.; Ta n z i, Beni destinati all’impresa del coniuge e comunione legale, in
Riv. dir. civ., 282, 1981, 26 ss.; Io ., Beni destinati all’esercizio dell’impresa del coniuge in regime di comunione legale, in Aa. Vv., La comunione legale, diretto da Bianca, Milano, 1989, 282 ss.; Ma s i, Articolazioni dell’iniziativa economica e unità dell’imputazione giuridica, Napoli, 1985, 38 ss.; To m a s s i n i, Contributo alla teoria dell’azienda come oggetto di diritti (azienda e proprietà), Milano, 1986, 104 ss., Gi o n f h i d a Da i n o, Beni destinati all’esercizio della professione, in Aa. Vv. , La co munione legale, diretto da Bianca, cit. 480 ss.
(67) Già sotto il vigore del codice del 1865 la dottrina aveva prevalente mente ravvisato nella destinazione un atto intenzionale dividendosi poi. in ordine alla natura negoziale, o meno, dello stesso ( Fe r r a r a sen., Trattato di diritto civile italiano, Roma, 1921, 781, da un lato e Pu g l i a t t i, Accessione e riserva di dominio nel regime della proprietà navale, in Riv. dir. nav., 1938, I, 169, dall’altro). Non mancò tuttavia chi, evidenziando la situazione di fatto, ravvisò nella destinazione (a pertinenza) un mero fatto giuridico cui non sarebbe stata neppure essenziale l’attività dell’uomo ( An d r f.o i.i, Le pertinenze, cit., 149 ss., 157 ss. e ivi riferimen ti).
Anche nella vigenza del codice dei 1942, pur negandosi prevalentemente la negozialità, è generalmente affermata la volontarietà consapevole del risultato materiale conseguibile con l’atto ( Mi r a b e l l i, L ’atto non negoziale, cit., 204 ss.; Bi o n d i, I beni, cit., 112; Ta m b u r r i n o, Le pertinenze (dir. priv.), cit., 551-552; Id. ,
Le servitù, in Giurispr. sist. civ. e comm. diretta da Bigiavi, Torino, 1977, 232 ss.; Cass., 7 agosto 1948, 1432, in Rep. Foro it., 1948 voce Pertinenze1-2).
Circa la rilevanza della volontarietà dell’atto di destinazione ai fini fiscali si veda Cass., 5 luglio 1984, n. 3942, in Boll, trib., 1984, 1710.
(68) Sulla necessità della durevolezza e non occasionalità del collegamento: Mir a b e l l i, op. cit., 206-208; Bi o n d i, op. cit., 114; Pe s c a t o r e-Al b a n o, Della pro
prietà, in Comm. del c.c.. I l i , t. 1, Torino, 1968, 59; Ta m b u r r in o, Le pertinenze,
op. cit., 552. Sulla non essenzialità della « perpetuità » Cass., 27 gennaio 1951, n. 241, in Foro it., 1951, 724.
(6 9) La destinazione « deve essere effettiva o materiale, cioè deve consi stere nella materiale attribuzione delle cose accessorie al servizio o adornamento della cosa principale quale contenuto di un effettivo comportamento del soggetto legittimato »; così, Ta m b u r r i n o, op. ult. cit., 552. Nello stesso senso anche Gi o n -33. Riv. dir. f i n. -1- 1992.
Comunque, ciò che più interessa in questa sede è che, indipen dentemente dai contenuti e dai requisiti dell’ « atto di destinazio ne », nel diritto civile esula dal concetto in esame ogni riferimento alla cessione della proprietà, anzi, la destinazione si presenta come istituto essenziale per poter attribuire differenti effetti giuridici a diversi atti di disposizione del bene, quando questo rimane all’in terno di un dato patrimonio personale.
Così, ad esempio, tanto per esaminare un’ipotesi vicina a quel la del referente fiscale, nel diritto di famiglia la disciplina della de stinazione all’esercizio dell’impresa realizza gli scopi del legislatore di consentire una libera gestione (individuale) dei beni adibiti a tale attività — pur nei limiti della salvaguardia dei diritti del coniuge non proprietario — quando questi ineriscono al patrimonio del co niuge proprietario.
In tal senso, poiché è solo la particolare destinazione del bene che ne impedisce la caduta in comunione, può argomentarsi che, in senso contrario, tale ultimo effetto potrà prodursi nel caso in cui, rimanendo il bene nel patrimonio del coniuge proprietario, questi ne modifichi la destinazione imprenditoriale (71); infatti, a nulla
f r id a Da i n o, Beni destinali all’esercizio della professione, cit., 489. Con riferi mento alla rilevanza dell’effettività della destinazione, anche ai fini fiscali, si ve da Cass., l i aprile 1979, n. Ì166, in Boll, trib., 1979, 1757.
(70) Sulla rilevanza del comportamento materiale circa la prova della de stinazione, Mir a b e l l i, op. cit., Ì1 4 ss. Sulla non necessarietà di elementi formali ed in relazione alla sufficienza dell'effettiva destinazione dei beni all’impresa esercitata senza bisogno di una particolare menzione nell’atto di acquisto, del con senso dell’altro coniuge e di una adeguata pubblicità: Ja n n a r f.l l i, Impresa e so
cietà nel nuovo diritto di famiglia, cit., 266 ss.; Ta n z i, Beni destinati all’impresa del coniuge e comunione legale, cit., 26 ss.; Cass., 29 novembre 1986, n. 7060. cit., 810 ss. — secondo cui ciò che è essenziale, ai fini dell’individuazione del pre supposto per l’operatività della comunione del residuo, ex art. 178 c.c., è l’effetti vità della destinazione e non già la menzione nell’atto d'acquisto del bene — .
(7 1) La prevalente dottrina ritiene che, con il mutamento di destinazione effettuato dal coniuge imprenditore, il bene, già temporaneamente in comunione
de residuo entri immediatamente nella comunione anche prima dello scioglimento di questa; Sc h l e s in g e r, Commentario alla riforma del diritto di famiglia cit., 392 in nota; Pa v o n e La Ro s a, Comunione coniugale e partecipazioni sociali, cit., 47 in nota; De Ru b e r t is, Comunione coniugale di azienda e società di fatto, cit., 82-83 che, peraltro, sostiene la rilevanza della formale previsione della destinazione nell'atto d’acquisto; Ja n n a r e l l i. Impresa e società nel nuovo diritto di famiglia, in
Foro it., 1977, V , 275 in nota. Per la verità, gli autori sopraindicati fanno princi pale riferimento al trasferimento dell'azienda o alla cessazione dell'attività im prenditoriale, ma non sussistono difficoltà nell’estendere tali conclusioni anche al l’ipotesi in cui un bene aziendale venga utilizzato dal coniuge per un’attività estranea da quella dell’impresa. In tal senso anche Co r s i, Il regime patrimoniale
sembra rilevare un eventuale atto di trasferimento della proprietà ad un terzo (72), perché in tal caso verranno meno gli effetti
giuri-Mengoni, Milano, 1979, 76, nota 81; Ta n z i, Beni destinati all’impresa del coniuge e comunione legale, in liiv. dir. civ., 1981, 35; Gi a c c a r d i Ma r m o, La partecipa zione in società di persone nel sistema della comunione legale tra coniugi, in Giur. Comm., 1980, I , 632.
Dello stesso avviso sembra, implicitamente, anche la Suprema Corte allor ché, riconoscendo la non necessarietà della formalizzazione della destinazione nell’atto di acquisto, evidenzia inoltre, come il regime della comunione de residuo in un dato momento dipende dalla effettiva destinazione del bene all’impresa nel lo stesso momento, Cass., 29 novembre 1986, n. 7060, cit., 817-819.
Parte della dottrina, invece, dopo aver ricostruito la ratio dell’art. 178 c.c. nella particolare forma indicata alla nota precedente e ritenendo essenziale la menzione nell’atto di acquisto, afferma che, con il mutamento di destinazione, il bene non entra in comunione fino al momento del suo scioglimento, Ba r a l i s, in Ba r a l i s Ba r o n e, op. ult. cit., 1462 ss., spec. 1468; M. Fi n o c c h i a r o, Acquisto di beni immobili destinati all’esercizio di impresa, da parte di persona coniugata, soggetta al regime di comunione legale dei beni, nota critica, a Cass., 29 novem
bre 1986, n. 7060, in Giust. civ., 1987, 297 ss., spec. 299; De t t i, Oggetto, natura, amministrazione della comunione legale tra coniugi, in Riv. not., 1976, I, 1162,
nota 4.
(72) La dottrina, pur non riferendosi espressamente al tema, non ha in ge nere posto alcun collegamento tra atto di destinazione e atto di trasferimento.
In effetti, indipendentemente dalle conclusioni raggiunte circa gli effetti del mutamento di destinazione, non è stato neppure sollevato il problema se l’atto di trasferimento del bene, temporaneamente oggetto di comunione de residuo, po tesse costituire una variazione di destinazione. A volte la valutazione degli effetti giuridici derivanti da un trasferimento è stata effettuata in funzione del tipo di impiego del ricavato ( Ta n z i, op. cit., 36; Gu g l i e l m u c c i, La presunzione muoiano e la comunione dei beni tra coniugi, in Dir. fall., 1977, I, 339), altre volte si è rite nuta applicabile la fonte normativa relativa alla disciplina dei proventi dell’attivi tà separata (M. Fi n o c c h i a r o, Riforma, op. cit., 490).
Ove, peraltro, dal trasferimento disposto dal coniuge imprenditore non deri vi alcun corrispettivo, salvo la revocabilità dell’atto, in presenza del consilium fraudiis, da parte dell’altro coniuge, nessuna conseguenza giuridica sembra poter si produrre vista la mancanza dell’oggetto delle aspettative di quest’ultimo al mo mento dello scioglimento della comunione.
Si è espressamente occupato della fattispecie della donazione di un bene temporaneamente in comunione de residuo Ba r a l i s (op. ult. cit., 1464). Tale au tore, per argomentare contro la tesi che ricollega al mutamento di destinazione la immediata caduta in comunione, si domanda espressamente: « quando l’impren ditore coniuge aliena un bene aziendale a titolo gratuito e quindi lo destina a fina lità estranee all’impresa, il mutamento di destinazione si verifica prima della ces sione, in quanto collegato alla pregressa volontà di staccare il bene dal compendio aziendale, o si verifca con la cessione? » — e quindi ritiene « nel primo caso il co niuge imprenditore addirittura non potrebbe donare; nella seconda ipotesi avremo un caso singolare per cui nell’attimo stesso in cui il proprietario legittimamente aliena il bene questo cambia destinazione e per una (supposta) legge della comu nione non potrebbe più essere ceduto ».
Tale osservazione, oltre che singolare, non appare in alcun modo condivisi- bile: in primo luogo, la « forzatura » che sembra caratterizzarla si giustifica pro babilmente col tentativo di dimostrare come, una volta sia stato destinato all’im presa, il bene rimanga fino allo scioglimento della comunione nella piena titolarità
dici che il legislatore aveva ricollegato alla particolare destinazione impressa al bene dal cedente: gli effetti della destinazione potranno eventualmente prodursi per l’avente causa, ma ex novo, dopo che il bene sia entrato nel suo patrimonio personale.
In definitiva, nel diritto civile, atto di trasferimento ed atto di destinazione sembrano muoversi su piani diversi, esterno l’uno ed interno l’altro, dimodoché nessun collegamento dipendente sembra sussistere tra i due; l’atto di trasferimento, di per sé, non modifica la destinazione del bene, ma ne varia i presupposti soggettivi: il cessionario, anche in relazione alla composizione del suo patrimo nio, potrà attribuire al bene una destinazione diversa, ovvero ana loga a quella impressa dal precedente titolare.
In conclusione, quindi, l’atto di trasferimento muta soltanto il soggetto intestatario della facoltà di destinare il bene ad una, ovve ro ad altra attività senza produrre gli effetti propri che la legge ri collega al mutamento di destinazione attuato dal proprietario, quando il bene rimane nel suo patrimonio.
Nel diritto tributario sono presenti numerosi riferimenti alla destinazione impressa ad un bene; in questi casi — analogamente a quanto avviene nel diritto civile — il legislatore si è, per lo più, preoccupato di disciplinare gli effetti giuridici connessi alla concre tizzazione di tale « atto ».
Anche in quest’ambito il concetto in esame può essere esami nato sotto diversi profili, ma, ai fini dell’ indagine, ciò che é essen ziale verificare è se, nell’accezione prevalente, siano ravvisabili dei legami tra la fattispecie della destinazione di un bene ad una certa attività e quella della cessione a terzi del bene medesimo. Tale esa me consentirà, inoltre, di effettuare una valutazione delle risultan ze delle indagini condotte nei due separati settori del diritto; infatti, la mancanza, in campo tributario, di una specifica definizione lascia spazio ad interpretazioni non autonomistiche (73).
del coniuge imprenditore; in secondo luogo perché, in nessuna delle prevalenti posizioni dottrinali, è stata prospettata l'impossibilità di realizzare una cessione del bene; infine, poiché sembra muovere dallo spunto interpretativo, traibile dal la norma fiscale, che. secondo la tesi prevalente — qui contestata — , identifica donazione e destinazione a finalità estranee all'esercizio dell impresa.
(73) In tal senso Gi a n n i n i A .D ., I concetti fondamentali del diritto tributa rio, Torino, 1956, 19 ss.; Mi c h e l i, voce Diritto tributario e diritto finanziario, in
Eric, dir., Milano. 1964. voi. X II, 1147; Id. , Corso di diritto tributario, cit.. 73 ss.; Tr i m e l o n i. L ’interpretazione nel diritto tributario, Padova, 1979, 201: Te s a u r o,
Istituzioni di diritto tributario, I. Torino, 1987, 29; Fa n t o z z i, Diritto tributario.
Nella disciplina delle imposte sui redditi, a parte i riferimenti contenuti negli artt. 53 e 54 del T.U. che si intende interpretare, il concetto di destinazione si trova richiamato, sia direttamente che indirettamente, in numerose disposizioni.
Nell’ambito della normativa sui redditi fondiari, la destinazio ne rileva, ai fini della determinazione del reddito dei terreni e dei fabbricati, sia per gli espressi richiami contenuti negli artt. 33, ter zo comma, 34, primo e secondo comma, 35, primo comma e 37, sia per il tramite del rinvio alle disposizioni della legge catastale (74).
Per quanto riguarda la normativa sul reddito d’impresa, la de stinazione è espressamente prevista in via marginale dall’art. 67, comma otto bis, ma, come è noto, essa caratterizza — anche se, forse, attraverso una particolare intepretazione del termine « uti lizzazione » speso dal legislatore — una delle due forme tipiche del concetto di « strumentalità » ed, inoltre, recepisce indirettamente i referenti alla destinazione contenuti nelle altre discipline cui fa ri ferimento.
Così, ad esempio, nell’individuare alcuni beni strumentali con limitata deducibilità dei relativi ammortamenti, il legislatore richia ma le disposizioni dell’art. 26 del T.U. della motorizzazione che, a loro volta, ai fini dell’inquadramento giuridico dei diversi veicoli, utilizzano il criterio della « destinazione » (75).
Ora, da un breve esame delle norme sopra riferite sembra in nanzitutto che, anche in questo settore del diritto, la destinazione rappresenti il criterio discriminante sulla base del quale il legislato re ha voluto ricollegare particolari effetti giuridici ad una specifica « collocazione », che un determinato soggetto abbia attribuito ad un bene nell’ambito del proprio patrimonio.
Sulla tematica del valore in diritto tributario degli istituti giuridici disciplina ti in altri campi del diritto si vedano inoltre, tra gli altri, Gi a n n i n i M .S., L’inter
pretazione e l’integrazione delle leggi tributarie, in questa Rivista, 1941, 95 ss.;
Bl u m e n s t e i n, Sistema di diritto delle imposte, Milano, 1954, 22 ss.; Va n o n i, Na tura e interpretazione delle leggi tributarie, ora in Opere giuridiche, voi. I, Mila
no, 1961, 133 ss.; Id. , L unità del diritto e il valore per il diritto tributario degli istituti giuridici di altri campi, ora in Opere giuridiche, cit., 437 ss.; Gr i z i o t t i,
Studi di scienza delle finanze e diritto finanziario, II, Milano, 1956, 71 ss.
(74) Si vedano gli artt. 2, 14 e 18 del R .D . 8 ottobre 1931, n. 1572 e gli artt. 6, 7, 8, e 9 del D .p.r. 26 settembre 1973, n. 604, che richiamano, a loro vol ta. le disposizioni della L. 11 agosto 1939, n. 1249 e del D .P.R. 1» dicembre 1949 n. 1192.
(75) Art. 26, D .p.r. 15 giugno 1959, n. 393 contenente il Testo Unico delle norme sulla circolazione stradale.
In tal senso l’individuazione, il classamento e la conseguente attribuzione del reddito catastalmente determinato ad una certa porzione di terreno conseguono al tipo di « destinazione agricola » impressa dal « proprietario »; allo stesso modo l’attribuzione di ca tegoria, classe e rendita ad una determinata unità immobiliare di pendono, oltreché dalle caratteristiche strutturali del bene, anche dalla destinazione prevista nella licenza edilizia; ancora similar mente l’immatricolazione del veicolo acquistato dall imprenditore in una, ovvero in altra, delle categorie di cui all art. 26 del r . U .
della motorizzazione e, quindi tra l’altro, la determinazione del co sto ammortizzabile, dipendono dalla destinazione che l’imprendito re stesso abbia attribuito a quel bene.