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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1992, Anno 51, settembre, n.3

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RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

(E R IV IS T A IT A L IA N A DI D IR IT T O F IN A N ZIA R IO )

DI REZI ONE

ENRICO ALLORIO - EMILIO GERELLI COMITATO SCIENTIFICO

ENRICO DE MITA - ANDREA FEDELE - FRANCESCO FORTE FRANCO GALLO - SALVATORE LA ROSA - IGNAZIO MANZONI GIANNINO PARRAVICINI - ANTONIO PEDONE - ALDO SCOTTO

SERGIO STEVE COMITATO DIRETTIVO

ROBERTO ARTONI - FILIPPO CAVAZZUTI - AUGUSTO FANTOZZI G. FRANCO GAFFURI - DINO PIERO GIARDA - EZIO LANCELLOTTI ITALO MAGNANI - GILBERTO MURARO - LEONARDO PERRONE ENRICO POTITO - PASQUALE RUSSO - GIULIANO TABET FRANCESCO TESAURO - GIULIO TREMONTI - ROLANDO VALI ANI

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territoriale dell9Università, della Camera di Commercio di Pavia e delTlstiluto di diritto pubblico della Facoltà di Giurisprudenza delPUniversità di Roma. Questa Rivista viene pubblicata con il contributo finanziario del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Direzione e Redazione: Dipartimento di Economia pubblica e territoriale del- VUavversità, Strada Nuova 65, 27100 Pavia; tei. 0382/387.406, (Fax) 387.402.

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Redattori: Silvia Cipolijna, Angela Fraschini, Giuseppe Ghessi. Segretaria di Reda­ zione: Claudia Banchieri.

L ’ Amministrazioneè presso la casa editrice Dott. A. GIUFFRÈ EDITORE S.p.A ., via Busto Arsizio, 4 0 - 2 0 1 5 1 Milano - tei. 3 8 .0 0 0 .9 7 5

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dott. A. Giuffrè Editore S.p.a. - Servizio Pubblicità

via Busto Arsizio, 4 0 - 2 0 1 5 1 Milano - tei. 3 8 .0 0 0 .9 7 5 , int. 3 2 4

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Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 104 del 15 marzo 1968 Iscrizione Registro nazionale stampa (legge n. 416 del 5.8.81 art. 11)

n. 00023 voi. I foglio 177 del 2.7.1982 Direttore responsabile: Emilio Gerelli

Rivista associata all’ Unione della Stampa Periodica Italiana Pubblicità inferiore al 70%

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P A R T E P R I M A Se r g io St e v e- Duncan Black ...

Ne v il l e To p h a m- Pricing Rules for Locai Public Utilities .

Al e s s a n d r o Ba l e s t r in o - Una nota sull’equilibrio di Lindahl e la tassazione correttiva nel welfarismo esteso...

Lu ig i Al b e r t o Fr a n z o n i - Optimal Taxation when People Evade: The Li­

near Case ...

An d r e a Fe d e l e- 1 principi costituzionali e l’accertamento tributario ... Ma r c o Ve r s ig l io n i - Profili tributari della cessione gratuita dei beni relativi

all’impresa ... ... APPUNTI E RASSEGNE

Al b e r t o Ca s s o n e - An g e l a Fr a s c h in i - Instrument Choice in Water Pollu­

tion Policy in Italy ... 549

RECENSIONI La m b e r tT. - Controle fiscal ( M .C . Fr e g n i) ... 570

Re b u f f a G . - Nel crepuscolo della democrazia (M .C . Fr e g n i) ... 572

NUOVI LIBRI ... 575

RASSEGNA D I PUBBLICAZIONI RECENTI ... 578

P A R T E S E C O N D A

Fr a n c e s c o Al b e r t in i - L'eliminazione postuma del segreto bancario in ma­

teria fiscale ...

Ol iv a Ca l c a g n o - Privilegio speciale per imposta di registro e fusione di so­ cietà ... SENTENZE ANNOTATE

Accertamento delle imposte sui redditi ed Iva - Deroghe al segreto bancario - Utilizzabilità dei dati acquisiti dalla Gurdia di finanza in se­ de penale - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza (Cor­ te Cost., 18 febbraio 1992, n. 51) (con nota di Fr a n c e s c o V. Al b e r­

(4)

(con nota di Ol iv a Ca l c a g n o) ... ■' v

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(5)

DUNCAN BLACK

di Se r g i o St e v e ( * )

Università degli studi di Roma - La Sapienza

Duncan Black era scozzese, nato a Motherwell il 23 maggio 1908. Svolse la maggior parte della sua attività di docente nello University College of North Wales a Bangor. Dal 1962 ebbe fre­ quenti inviti da università americane. Fu eletto socio straniero del­ la nostra Accademia nel 1988. Morì a Peignton, Inghilterra, il 14 gennaio 1991.

L ’attenzione degli studiosi italiani di scienza delle finanze si ri­ volse a Duncan Black quando arrivò da noi il suo libro del 1939

The Incidence of Incoine Taxes. All’ammirazione si univa l’amara

previsione che presto la guerra avrebbe tagliato le comunicazioni con i centri di studio britannici e con studiosi della qualità del Black. In quel clima ci fu caro constatare che il Black mostrava una conoscenza profonda della nostra letteratura finanziaria e po­ neva, tra gli autori verso i quali aveva maggiori debiti, « i grandi economisti italiani De Viti, Barone, Einaudi e Fasiani » (1). Questo legame con la tradizione italiana rimase costante in lui, che ancora nel 1982 mi scriveva: « La grande scuola italiana del periodo che va fino alla seconda guerra mondiale è la sola cosa nella teoria eco­ nomica che attualmente mi interessa ».

L ’apprezzamento per il libro del Black in Italia fu immediato. Già nel primo fascicolo del Giornale degli economisti per il 1940,

(*) Commemorazione letta nell’adunanza della Classe di scienze morali dell’Accademia nazionale dei Lincei, il 24 aprile 1992. Ringrazio il prof. Domeni­ co da Empoli per avermi messo a disposizione, con altro materiale, le bozze del fascicolo 2 del 1991 di Economia delle scelte pubbliche che contiene articoli di Gordon Tullock, C.K. Rowley e D. da Empoli in memoria di Duncan Black.

(1) Duncan Bl a c k, The Incidence o f Income Taxes, London, 1939, p. VII.

In particolare per i rapporti con Einaudi si veda Duncan Bl a c k, Personal Recol­ lections, in Economia delle scelte pubbliche, 1983, fase. 2, p. 133 s. ; Domenico d a

Em p o l i, Duncan Black and Luigi Einaudi, in Economia delle scelte pubbliche,

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Mauro Fasiani, che era allora il maggiore nostro studioso della teo­ ria degli effetti delle imposte, gli dedicava un articolo recensione di oltre venti pagine con una discussione impegnata di molti punti del volume e con un giudizio di non comune calore per un critico diffi­ cile come il Fasiani: « È questa la più aggiornata e la più suggestiva fra le recenti trattazioni monografiche dell’argomento... Non vi è niente di banale, forse niente di superfluo, niente di ripetuto a fior di labbra, per forza di inerzia, ... Ogni teorema è ripensato, rico­ struito criticamente, e, per lo più ripresentato in forme limpide, semplici, talora originali » (2).

Non è questa la sede per riprendere un esame critico del volu­ me; basterà qualche cenno ai suoi contributi più importanti. Così la critica, sulla traccia di Edwin Cannan, ma contro l’opinione allora prevalente, della possibilità di distinguere tra incidenza ed ulteriori effetti delle imposte; il trattamento dell’incertezza nello studio degli effetti della imposizione dei profitti del monopolista; la critica della tesi deH’intrasferibilità delle imposte generali sul reddito. In questa critica il Black riprendeva argomenti del Robertson, del Cabiati, del Fubini, del Fasiani, ma procedeva a sviluppi originali, tra i quali ricorderò in particolare la discussione del lavoro statistico con il quale il Coates aveva cercato di contestare la convinzione degli uomini d’affari che le imposte sul reddito si trasferiscono.

Alla critica delle opinioni prevalenti segue una parte costrutti­ va sugli effetti dell’imposta generale sul reddito in una società sta­ zionaria e in una società progressiva, nel breve e nel lungo perio­ do. Per l’ampiezza dell’impostazione e la maestria nel combinare gli effetti dell’imposta e della spesa pubblica sulla domanda, sull’of­ ferta di lavoro e suH’ammontare della popolazione, sulla quantità di capitale e sull’assunzione del rischio, e nel tentare di valutare le variazioni indotte nelle condizioni delle classi a reddito elevato o basso, lo studio del Black si segnalò per originalità e ricchezza di risultati, e può tuttora essere considerato un contributo notevole, anche per il senso dei limiti che il Black rende sempre scrupolosa­ mente espliciti.

Ma nel volume del Black mi pare si debba soprattutto apprez­ zare la combinazione, non comune allora come adesso, del rigore e

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della profondità dell’analisi con la conoscenza della struttura e del- Foperare concreto delle imposte. Così le considerazioni generali vengono applicate dal Black agli effetti delle imposte sul reddito sulle industrie sudafricane dei diamanti e delle miniere d’oro, non­ ché alla valutazione delle possibili riforme dell’imposta sul reddito britannica.

Nonostante l’ottima accoglienza che accolse il suo volume il Black non ritornò più sui temi della teoria delle imposte (3). Nel 1939 egli era ormai completamente assorbito dal lavoro sulla teoria delle votazioni (4), che lo avrebbe occupato per il resto della sua vita. Pur ben consapevole dell’importanza di questo lavoro, non posso non esprimere il rammarico per quanto nella materia della teoria dell’imposta il Black ci avrebbe ancora potuto dare, e non ci ha dato.

I primi contributi di Duncan Black sulla teoria delle votazioni uscirono tra il 1948 e il 1951 dopo un lungo periodo di maturazione. E significativo che l’articolo « Un approccio alla teoria delle deci­ sioni di comitato » sia apparso nel 1948 nel Giornale degli economi­

sti, allora diretto da Giovanni Demaria (5).

Dopo aver elaborato la sostanza delle proprie idee Black ne scoprì i precedenti storici che risalgono all’Académie des Sciences nell’ultimo trentennio del Settecento, quando si dibatterono temi che furono ripresi, in modo indipendente, circa un secolo dopo, da Charles L. Dodgson matematico e logico di Oxford, molto più noto per i libri pubblicati sotto lo pseudonimo di Lewis Carroll.

II dibattito &\V Académie riguardava l’elezione dei nuovi soci. La considerazione che il comune metodo di votazione poteva porta­ re all’elezione di un candidato preferito dalla maggioranza, ma non il più apprezzato nella valutazione media dei soci, portò Borda a

(3) Con una sola eccezione, la discussione su Wicksell: cfr. Duncan Bl a c k,

WickselTs Principles in the Distribution o f Taxation, in J.K. Ea s t h a m (ed.), Dun­

dee Economic Essays, Coupar Angus, 1955,p. 7 s.

(4) Uso questo termine che evita la critica portata da Giovanni Sa r t o r i,

Elementi di teoria politica, Bologna, 1987, p. 381, al Black per l’uso tropo estensi­

vo del termine « comitato », definito come « any group of people who arrive at a decision by means of voting »: cfr. Duncan Bl a c k, The Theory o f Committees and Elections, Cambridge, 1958, p. 1.

(5) Un altro articolo di Duncan Black è stato pubblicato in una rivista ita­ liana: Some Theorems on Committees and the Transitive Property, in Rivista di

diritto finanziario e scienza delle finanze, (dicembre 1962), Parte I, p. 389 s. Lo

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proporre che ogni elettore graduasse i candidati assegnando a cia­ scuno un punteggio in ordine di preferenza e che fosse eletto colui che avesse ottenuto la maggiore somma di punti. Il criterio di Bor­ da, le cui idee furono successivamente sviluppate da Laplace, ven­ ne adottato daIVAcadémie nel 1784, ma fu abbandonato nel 1800 perché criticato da un nuovo socio che era Napoleone Bonaparte (6).

Alla teoria delle elezioni si dedicò anche Condorcert che scoprì la possibilità di maggioranze cicliche (7), alle quali Dodgson dedicò poi analisi approfondite. Il fenomeno delle maggioranze cicliche non è una pura curiosità, perché può spiegare casi di instabilità delle decisioni e, soprattutto, di dipendenza delle decisioni dall’or­ dine in cui si procede al voto.

La storia della teoria delle votazioni avrà una parte importante nella struttura dell’opera fondamentale del Black, la Theory of

Committees and Elections del 1958, e ad essa egli continuerà a de­

dicare indagini pazienti e rigorose, anche se non riuscirà a realizza­ re i progetti di una biografia del Dodgson (8), e dell’edizione dell’o­ puscolo del Dodgson Principles of Parliamentary Representation (9). La Theory ebbe un’accoglienza molto favorevole. Ricorderò soltanto quanto ne scrisse il nostro de Finetti, il quale pur osser­ vando, da grande matematico qual’era, che la matematica del

(6 ) Le notizie storiche in questa commemorazione sono riprese da Bl a c k,

Theory o f Committees, cit., p. 156 s.

(7) N ell’esempio più semplice, se di tre elettori che devono votare fra tre alternative, il primo le gradua nell’ordine ABC, il secondo BCA, il terzo CAB. e se la votazione avviene per coppie di alternative cominciando da AB, A risulta preferita a B, ma perde nel confronto con C, che risulterebbe vincitrice. Però nel confronto diretto, fra B e C prevarrebbe B, che come s e visto perde contro A. Avremmo quindi la successione di risultati, C, B, A, c , e così via, ossia una serie ciclica. Se si procede nella serie dei confronti si ha quindi un risultato instabile; se ci si arresta alla prima coppia di confronti il risultato dipende dall’ordine delle votazioni.

Per la letteratura sulle maggioranze cicliche, e in particolare sulla loro pro­ babilità, cfr. Bernard Gr o f m a n, The Theory o f Committees and Elections: thè Legacy o f Duncan Black, in Gordon Tu l l o c k (ed.), Towards a Science o f Politics:

Essays in Honor o f Duncan Black, Blacksburg (VA), 1981, p. 15 s. Si veda in par­

ticolare questo articolo a p. 26 s. per la discussione dell’influenza dell’ordine delle votazioni. Questo tema è anche l'oggetto principale del saggio di Giovanni Denta­

r i a, Di due leggi governanti le decisioni di comitato, in Giornale degli economisti

(marzo-aprile 1962) p. 229 s.

(8) Una notizia in Bernard Gr o f m a n, voce Black Duncan in The New Pai­

grave, Londra, 1988, voi. I, p. 250.

(9)

Black avrebbe potuto essere migliorata, scrisse: « Sarebbe comun­ que auspicabile che l’opera di Black fosse conosciuta e meditata nella più larga cerchia di persone possibile, in modo che contribui­ sca a far abolire o almeno a screditare sistemi di votazione tuttora conservati in parlamenti, e conferenze e istituzioni internazionali, associazioni e consessi di ogni genere », sistemi che sono basati « sulla pretesa sofistica e sillogistica di ridurre tutto a dilemmi (si o no, vero o falso, vuoi e non vuoi, accetti o non accetti, sei con noi o contro di noi) » mentre si tratta di problemi « di probabilità e di preferenze, problemi che richiedono quindi tutta una scala di gra­ duazioni onde consentire di tener conto di tutte le possibili sfuma­ ture magari evanescenti eppure essenziali » (10).

Queste parole di de Finetti mi sembra mettano in luce implica­ zioni profonde della teoria delle votazioni che forse non sono state sviluppate a sufficienza nel lavoro pur imponente che ha preso ori­ gine dall’opera del Black.

Per dar conto del significato della Theory of Conimittees è op­ portuno rifarsi al programma enunciato dal Black in un articolo dell ’Economie Journal del 1950. Ad esso egli ha conformato il suo lavoro fino alla Theory e poi nei saggi successivi, e in esso sono an­ ticipati gli ampi sviluppi che le idee pionieristiche del Black hanno avuto nella letteratura degli ultimi trent’anni.

Già il titolo dell’articolo The Unity of Politicai and Economie

Science mostra che si tratta di un programma ambizioso. L’obietti­

vo è una scienza politica il cui « nucleo... consista di un insieme di proposizioni formali o matematiche » e che abbia le stesse caratte­ ristiche dei trattati di Walras e di Pareto o forse dei « Principi di Marshall con la combinazione del trattamento rigorosamente for­ male e di quello descrittivo » (11).

Secondo il Black l’unità delle due scienze si manifesta nell’i­ dentità dei loro strumenti fondamentali, e cioè la rappresentazione dell’individuo mediante il suo sistema di preferenze (tra beni e ser­ vizi nell’economia; tra alternative poste in votazione nella politica) e la concezione di equilibrio (12).

(10) Bruno d e Fi n e t t i, La teoria dei comitati e delle elezioni (a proposito di un’opera di Duncan Black) in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze

(dicembre 1959), Parte I, p. 322-326.

(11) Duncan Bl a c k, The Unity o f Political and Economic Science, in Eco­ nomic Journal (September 1950) p. 506.

(10)

Questa applicazione alla teoria della politica degli strumenti di analisi impiegati dalla teoria economica può sollevare dei dubbi, ma questi possono essere superati se ravvicinamento tra politica ed economia è inteso secondo l’interpretazione di Ronald Coase, le cui idee ebbero una profonda influenza su Duncan Black, suo amico e collega negli anni formativi (13).

Il Coase accetta che la teoria dei comitati possa essere applica­ ta direttamente all’analisi delle scelte individuali e che quindi « non ci si dovrebbe sorprendere nel trovare in queste scelte intransitivi­ tà o anche movimenti ciclici. Questo approccio significherebbe, na­ turalmente, l’abbandono dell’assunto, comune nella teoria econo­ mica che l’uomo è un “ massimizzatore razionale dell’utilità” e che le scelte individuali sono coerenti, un cambiamento del punto di vi­ sta, che io riterrei benvenuto ». E conclude: « il tentativo di usare l’approccio analitico dell’economica per accrescere la nostra com­ prensione del sistema politico potrebbe quindi avere il risultato inatteso di migliorare l’analisi economica stessa » (14).

Se intendo bene il pensiero del Coase, l’unificazione delle teo­ rie economica e politica dovrebbe andare piuttosto nel senso di un avvicinamento della teoria economica alla politica (per tener conto della complessità dei motivi e degli assetti istituzionali) che non nel senso opposto, cioè in quello della trasposizione alla politica di schemi economici di prima approssimazione. Non credo che negli scritti del Black ci sia un’accettazione esplicita della tesi del Coase. Ma un’indicazione in tal senso si può forse trovare se si osserva che egli, dopo aver affermato l’unità dei procedimenti di scelta in eco­ nomia ed in politica, riconosce che sono differenti le condizioni di fatto nelle quali le scelte avvengono nei due campi. E tuttavia os­ serva subito che, anche da questo punto di vista, la linea di demar­ cazione tra scienza politica e scienza economica non è così netta, perché anche nelle scelte economiche bisogna fare i conti con l’in­ certezza e con l’ignoranza (15).

Per entrare sia pure brevemente, come è imposto da questa occasione, nei contributi specifici dati dal Black alla teoria della

po-(1 3) Per il riconoscimento del suo debito verso Coase si veda Bl a c k, Theo­ ry o f Committees, cit., p. X I. Per i rapporti tra Black e Coase, cfr. R.H . Co a s e,

Duncan Black: a Biographical Sketch, in G. Tu l l o c k (ed.), Towards a Science of

Politics, cit., p. 3 s.

(1 4) Co a s e, op. cit., p. 5.

(11)

litica, ricorderò che l’opinione generale riconosce come le sue idee più originali e feconde siano le curve di preferenza unimodali e la nozione di elettore mediano.

Si hanno curve di preferenza unimodali quando hanno un solo massimo le curve che collegano i punti che rappresentano il livello di preferenza che un individuo attribuisce alle diverse alternative sottoposte a votazione. Come osserva il de Finetti, tale ordine delle preferenze è un « ipotesi abbastanza naturale e importante nel tipo semplice di casi ove si presenti spontaneo un ordine lineare, come per la fissazione di un importo o altro valore numerico a un livello più o meno elevato, o la scelta di una fra una certa varietà di mo­ zioni caratterizzate dalla loro posizione più o meno di “ destra” o “ sinistra” » (16).

Se i votanti hanno curve di preferenza unimodali è esclusa la possibilità che si presentino maggioranze cicliche e il risultato delle votazioni corrisponderà all’alternativa preferita dall’elettore me­ diano. Questa infatti prevarrà tanto sulle alternative che stanno al­ la sua destra, tanto su quelle che stanno alla sua sinistra, aggiun­ gendosi nel primo caso il voto dell’elettore mediano ai voti degli elettori che stanno a sinistra (e sono nello stesso numero di quelli che stanno a destra), e viceversa nel secondo caso. Fu lo stesso Black a scoprire che il ricorso all’elettore mediano era stato opera­ to nel 1907 dal grande statistico Francis Galton, per risolvere, in alcuni casi particolari, il problema della decisione più corretta (17).

L ’ipotesi dell’elettore mediano è stata, dopo la sua formulazio­ ne da parte di Duncan Black, ampiamente utilizzata per la spiega­ zione dei comportamenti politici (18). Pur con i suoi caratteri di estrema semplificazione, essa può per esempio, spiegare fatti come la convergenza verso il centro dei partiti in un sistema fondamen­ talmente bipartitico come quello britannico.

Enormi difficoltà sorgono se da questa semplice formulazione della teoria delle votazioni, si cerca di avvicinarsi a impostazioni più comprensive delle possibili complicazioni delle situazioni reali.

Talune complicazioni sono state sviluppate dallo stesso Black, in primo luogo con l’analisi del caso di valutazioni

complementa-(16) d e Fin e t t i, La teoria dei comitati, cit., 326.

(1 7 ) Bl a c k, The Theory o f Committees, c it., p . 188.

(12)

ri (19), cioè del caso in cui il voto di un elettore sopra una questio­ ne dipende dalla decisione alla quale egli si attende che si arriverà sopra un’altra questione.

Il tema delle valutazioni complementari porta a riflettere su fenomeni come lo scambio dei voti e come le discriminanti ideologi­ che, i quali mettono gravi ostacoli all’interpretare le decisioni col­ lettive come riflesso delle scelte individuali.

Lo scambio dei voti era già stato individuato con molta preci­ sione dal De Viti de Marco nel parlamento italiano di fine ottocen­ to (20) ed è stato ampiamente studiato nella letteratura, soprattutto americana, degli ultimi trent’anni. Un gruppo da' i suoi voti a una proposta che interessa ad un altro gruppo il quale ricambierà l’aiu­ to in un’altra occasione. Le conseguenze sono particolarmente rile­ vanti in materia di dimensioni della spesa pubblica. La somma del­ la spesa alla quale si arriva per le pressioni congiunte di singoli gruppi di interesse non corrisponde a una valutazione della colletti­ vità nel suo complesso, che pertanto resisterà al finanziamento non inflazionistico della spesa.

Le grandi discriminanti (rapporti tra Stato e Chiesa; socialismo e liberalismo; alleanze militari) implicano che l’elettore scelga per ragioni ideologiche programmi politici che, punto per punto, po­ tranno corrispondere anche molto poco alle sue valutazioni.

Si deve riconoscere la grande importanza delle idee del Black e degli sviluppi che esse continuano a suscitare, ma mi sembra che, in linea generale, resti valida la visione del De Viti de Marco, che nella sua opera maggiore non fa alcuna concessione all’idea che nello Stato democratico le decisioni collettive possano essere intese come il risultato delle valutazioni individuali, ma vede la caratteri­ stica del processo democratico nella scelta e nel controllo, con eventuale sostituzione, del gruppo dirigente da parte della colletti­ vità (21).

(19) Il primo lavoro su questo tema è Duncan Bl a c k - R .A . Ne w in g, Com- mittee Decisione with Complementary Valuation, London, 1951.

(2 0 ) Antonio De Vit i d e Ma r c o, L ’industria dei telefoni e l’esercizio di Sta­ to, in Giornale degli economisti (settembre 1890) p. 305-6.

(13)

Delle complicazioni della politica Duncan Black era ben con­ sapevole, e come nel suo volume sulla teoria dell’imposta aveva in modo esemplare combinato l’analisi astratta e la considerazione dei fenomeni reali, altrettanto seppe fare nel lavoro sulla teoria della politica.

Così, per esempio, discutendo il metodo della rappresentanza proporzionale, e rifacendosi anche in questo al lavoro di Dodgson egli valuta, con attenzione profonda e giudizio equilibrato, i vari si­ stemi elettorali, dal punto di vista delle loro conseguenze sulla for­ mazione di governi forti e deboli, della rappresentanza degli inte­ ressi degli elettori, dei tipi di candidati prodotti dai diversi sistemi, del grado di controllo dell’elettorato sul governo (22).

E ancora Black affronta il metodo delle votazioni nelle confe­ renze internazionali e, sulla base di un’approfondita informazione sul ruolo dei rapporti di forza e sulle condizioni di un’intesa, con­ clude a favore della regola dell’unanimità (23).

L’aderenza ai fatti, l’equilibrio del giudizio, il rigore analitico, la capacità di esplorare e interpretare i precedenti storici fanno di Duncan Black una figura esemplare di studioso. Il suo lavoro ha avuto una straordinaria importanza nell’avviare una ricca linea di ricerca sull’intersezione tra teoria economica e teoria politica, e l’influenza del suo pensiero è tuttora molto attiva. Della sua opera di scopritore del passato e insieme pioniere ha avuto ampi ricono­ scimenti (24).

Resta da dire delle sue avvincenti qualità umane: la generosità e la modestia, la ricchezza e l’intensità degli interessi, la gentilezza e il gusto. Per me sono ricordi vivi e lieti aver passeggiato con lui sulle mura romane o lungo le « rows » di Chester o aver avuto la sua guida nel visitare il castello di Warwick, dove in un notte del 1942, mentre faceva il servizio di guardia contro gli incendi, ebbe l’intuizione delle preferenze unimodali (25).

Ma r c o, ¿o c. cit.. È o v v io c h e in q u esta situ azion e si ra fforz a l’ im p rob a b ilità c h e si p ossa tro v a re un p on te tra s c e lte in d iv id u a li e d e cisio n i c o lle ttiv e .

(22) Cfr. specialmente Bl a c k, Theory o f Committees, cit., eh. X I. La di­

scussione del Black si basa sulla distinzione tra effetti statici ed effetti dinamici della rappresentanza proporzionale.

(23) Bl a c k, Theory o f Committees, c it ., eh. X V II, e sp ec. p . 151-2.

(24) Si vedano gli ampi riferimenti in Gr o f m a n, Theory o f Committees,

cit., spec. p. 12-13; 40; 46; 72; e da ultimo Gordon Tu l l o c k, Duncan Black: in Menwriam, in Economia delle scelte pubbliche (1991, fase. 2), 81.

(14)
(15)

PRICING RULES FOR LOCAL PUBLIC UTILITIES

by Ne v il l e To p h a m

Department o f Economics, University o f Salford

Su m m a r y: 1. Introduction. — 2. Price Determination and the Marginal Cost of Public Funds. — 3. The Distribution Parameter. — 4. Conclusion. — Ref­

erences.

1. Introduction.

Local public enterprises are the source of about a sixth of all local government income in England and Wales and responsible for approximately a quarter of local revenue in the United States (1). There is potential for a greater contribution to originate in this way (2). Nevertheless, there is a general lack of awareness in the literature o f how the arrangements for local public finance, and the constitutional position of local governments, influence the formula­ tion of normative local pricing rules (3).

Of the various factors which bear on local public enterprises, four are important to the analysis. First, managers of nationalised industries are provided by the various Acts of Parliament which in­ stituted them with a degree o f autonomy and freedom from minis­ terial interference. “ Arm’s-length control” , as it is known, is not a

(1) Charges for services, including rents and eliminating double counting, amounted to £5,236 million in 1981/2 in England and Wales. Aggregate income was £30,922 million. See Department of the Environment (1983, Appendix A, table B). For US data source, see King (1984).

(2) The literature and suggestions are reviewed in chapter 7 of King (1984). Roads, education, library, police, fire, and refuse services are amongst a number o f suggestions put forward.

(16)

characteristic o f the local scene; local politicians are not inhibited by statutory constraints of this kind; they are able to dictate policy in profde and in detail. Accordingly and second they can set a price that takes account of the overall financial environment in which the locality operates. That environment in second-best; the source of tax distortion (the property tax) is known, making it possible to cal­ culate the excess burden of raising tax rates and hence the marginal cost of public funds. Third, central government in Britain provides revenue support for local public enerprises in the form of grant aid (4), and when this is received in matching (percentage) form, it influences the optimal price. It affects the marginal cost of local public funds.

The fourth factor affecting price determination is the distribu­ tion o f income. Conventional wisdom holds that the distribution of income is a central responsibility (5). Feldstein (1972a) argues the Ramsey-Boiteux rules for optimal pricing are inadequate because they do not deal directly with important distributional aspects of pricing. How then are equity considerations to be accommodated in the determination of local pricing rules? Three possibilities suggest themselves. Jurisdictions should take cognisance of the convention­ al view and focus on Paretian efficiency issues, or they should se­ lect pricing policies that are distributionally neutral, or they should pursue policies congruent with local distributional values.

To focus on these issues this paper considers a public-sector pricing model in the context of local governments and extends ear­ lier results by Feldstein (1972a,b) by explicitly incorporating the source of public funds as a factor in price determination. Its inclu­ sion means the public utility’s budget constraint is endogenous to the model. More importantly, distributional and efficiency consid­ erations on the tax side affect final prices. Who pays taxes? is an

(4) The income for local trading services, including transport, was £713 million in 1981/4. O f this £13 million was accounted for by central-government grants whilst losses made good from taxation amounted to £114 million. See Department o f the Environment (1983).

(17)

important question when subsidies or price changes for a public- sector facility are being discussed. Distribution is a whole-budget concept. In previous studies the distributional implications associ­ ated with the shadow price of the budget constraint are not made manifest; the dichotomy between equity and efficiency is clarified here. The paper also permits greater flexibility in specifying in­ come distributions and demand relations and cautions that the dis­ tributional factor is sensitive to such specifications.

2. Price Determination and the Marginal Cost of Public Funds.

Required to balance current-expenditure budgets without bor­ rowing (6), local governments have three sources of finance: the yield from local taxes, grants-in-aid, and direct charges for the pro­ vision o f certain services. Almost universally, the main source of local tax finance is the property tax, and this is assumed to be the only local tax extant (7). The tax base is denoted X0, with aggre­ gate demand indicated by the upper case. For expositional purpos­ es, the property tax is calculated as a unit tax, with the after-tax price of good 0 given as q0 = pa + t0> where p0 is the producer price and t„ is the unit tax. Total local tax revenue is therefore:

t = a » to]

Central-government donatives may be given as matching or block grants. The latter, having no effects on pricing policy, are taken to be zero. The matching rate of grant is m, 0 < m < 1; if for example m = 0.33, every £2 of spending financed by the locality is matched by £1 of centrally-financed local expenditure. Expendi­ ture qualifying for grant aid includes, as is the practice in the UK, any deficits incurred by local-government enterprises. Where such deficits do not qualify for grant aid m = 0. Aside from grant aid, the activities of central government are restricted to taxes and transfers. Moreover, grant aid is perceived by the local policy as free money (8).

(6) There is a certain freedom associated with changes in balances, but the assumption broadly holds over a period o f years.

(7) Extension to more than one tax adds minor complications and is easily accomodated. Since the reality in Britain is one tax only, and likely to remain so, there is little point in introducing hypothetical difficulties.

(18)

Local households face n + 1 market prices. The local govern­ ment operates a number of services (s < n) for which a price is charged. Its budget constraint is:

toX0 = (1-m) [ ± {C(X,J - qkXk) + z] [1]

k—1

where C(X/J is its total cost function; z represents the cost of pro­ viding non-traded services, and these dominate the budget (9).

A typical local household has a utility function u(x, z), where xis an n+1 vector of traded goods and services and z a vector of lo­ cal public goods whose quantities are determined by the locality. There is no centrally-provided public good. Utility is maximised subject to the household budget constraint y = qx', where y is dis­ posable income, net of central taxes and transfers, unaffected by any local activities, and q represents an n+1 vector of prices faced in market places. Maximisation yield demand functions of the form

x(q, z, y), yielding an indirect utility function of v(q, z, y). House­

holds are homogeneous in tastes, and there are M households in the local economy.

The distribution of income is determined by the parameters of the relative density function f(y). The level of household utility ob­ taining on average in the locality at any time is given by:

v = Jo v(q, z, y)f(y)dy

Individual utilities have each to be multiplied by b'(y), which indicates the way in which the local jurisdiction evaluates a unit of utility accruing to a particular household with income y (10). Juris­ dictional welfare, which is to be maximised, is calculated as:

W = M f t v(q, z, y)b'(y)f(y)dy [2]

The jurisdiction maximises [2] subject to the budget constraint at [1]. The problem is to provide a pricing rule for the local public

predetermined sum. Central taxes are set in advance and so disposable incomes o f residents are not influenced by grant aid received from central government.

(9) Education accounts for about 50 per cent o f local-government current expenditure. The unit tax t„ features in the results; this unit tax is comprehensive and not simply that required to cover current deficits. If z were not large, t0 could be negative. Although possible in principle, the situation does not occur in Britain and is not considered as a possibility.

(10) I f the jurisdiction were to take a distributionally-neutral stance b'(y) = 1 always. This is not the same thing as ignoring distributional issues. Usually b'

(19)

utility producing X¡. Other public-utility prices are held constant. Private-sector goods and services are assumed to be produced un­ der conditions of constant returns to scale, but change in q, will af­ fect q0 through [1].

The local fiscal environment is not first-best; the locality has access to only one source of tax finance. It makes adjustments to

q,, only, knowing these will bring about changes in the after-tax price of good X„. Thus, if welfare is maximised, then:

dW = M J“ - p - dqD b' (y)f(y)dy +

+ M ft - p - dq, b' (y)f(y)dy = 0

oqi

Making use of R oy’s identity:

- Mdqa Jo (q, z. y) « ' (y)b' (y)f(y)dy +

- Mdql J " x1 (q, z, y) a' (y)b' (y)f(y)dy = 0 [3] where a'(y) is the private marginal utility of income and the x(.) are household demands. Let h'(y) = a'(y)b'(y)\ representing the in­ crease in welfare from a unit increase in the income of a household with income y, h'(y) in the marginal social utility of income.

The distributional characteristic of a commodity is defined as the ratio of the j ’th household’s consumption of that commodity to its aggregate consumption, weighted by the social marginal utility of income, summed over all M households:

M

£>, = —

Jo

a:, (q, z, y)h'(y)f(y)dy [4]

Since h' (y) declines with income, Qi is lower, the higher the in­ come elasticity of demand for Xt\ it is generally lower for a luxury than a necessity.

Using [4], [3] simplifies to:

— QoXodqo ~ QiXjdqj

— Xodqo — YiXidq! [5]

(20)

The local government is constrained by the balanced-budget requirement. Equation [1] is totally differentiated. Strong separa­ bility is invoked between but not within sectors (11). Noting dta =

dq0 and letting T0 = tjq„:

X0dq0 [1 + t0 ( ^ - £ ) ] = - X1dq1 (1—m)

[ / + 2 qk ~ MCk ( ^Xk q‘ ) qkXk ]

k = l Qk &Ql X k Q lX t

Denoting price elasticities of demand as £, identifying the di­ vergencies from MC on the RHS as ‘tax rates’ , and writing total sales revenue as Rk = q^Xk:

- Xudq„ [ 1 + T0£WJ ] = X,dq, (1-m)

[ 1 + TjEn + 2 Xk£kl (RJRj) ] [6]

4 = 2

where the expression for good 1 on the RHS has been separated out because attention is to be centred on T; . The expression on the far right reflects the change in operating surplus in the other s—1 local utilities. Writing this change as S' (q,) and letting A = ll[l + T0£od> we can substitute [6] into [5]:

(l-m) A [1 + T,£n + S' (q,)] = Yi Rearranging (12):

T, = [ 7i~A (l-m )

A (1—m) ~ S' (q,) ] £ ll

[7] Because almost invariably En < , T, in [7] is negative if the term in square brackets is positive, implying that we must have qt

< MCj. The term S' (qj) represents the change in operating profits

(11) I make this restriction to focus on other issues. If 6XJ8qI ? 0 a summated term is required in the brackets on the LHS o f [6]. If cross effects are complementary, a reduction in q, has a positive effect on the tax base (A'„) but a negative effect on other local public-sector enterprises. The two effects offset each other at least partially, but the net effect may be important in practice.

(21)

and losses in other local enterprises arising as a consequence of the change in q,. If, as seems likely, X, is broadly a substitute for the other s -1 publicly-traded goods, S' (q,) > 0, which inclines the whole expression in square brackets to be negative. If a decrease in q1 has deleterious effects on the operating profit-and-loss ac­ counts of the other enterprises, it raises, other things equal, the burden of taxation; and in calculating the price of good 1 it is neces­ sary to take this consideration into account.

Matching aid reduces the tax requirements associated with lo­ cal spending on z and provides revenue support for jurisdictional enterprises. Its effect in unequivocal: it reduces the price of

X, (13).

Efficiency in [7] is captured by A, the marginal cost of public funds. Recall A here is not an undetermined Lagrangian multiplier reflecting a budget constraint on the local public enterprise. Profit objectives in this model are fully determined by the marginal cost of public funds; thus A = ll[l + T0e J . Differentiating [0] with re­ spect to t„ gives

= X„ [1 + Tae J [8]

<5f„

Because a government would not raise the tax rate if by so do­ ing it were to reduce T (i.e., operate on the wrong side of its Laffer curve), it may be presumed 6Tldt0 > 0, which is true only if - T0£oo < 1. Thus A > 1.

The s equations o f the form [7] have to be solved simultane­ ously in the s unknowns. Equation [1] is also used in this process.

3. The Distribution Parameter.

This section provides an operational expression for yt. To do this it is necessary to specify all of the functions in [4], As will be made clear, for given parameter values numerical results are sen­ sitive to the functional forms assumed. However, the general

(13) This point was first noticed by Gibson (1980). The issue is further dis­ cussed by Gibson (1983) and Barnett (1983). The fact that 6xxldm 4 0 means cen­ tral government can influence price, for distributional or other policy purposes, by an intelligent use of its grants-in-aid.

(22)

method of solution suggested can accomodate a range of specifica­ tions and the results do have an attractive heuristic quality.

The demand relations are assumed to be of the form

xi — A,y0i [9]

where only the income elasticity is necessarily constant. The mar­ ginal social utility of income function is specified as:

h' (y) = be~ky [10]

with k > 0 and b > 0. National distributions of income can often be approximated by a log-normal density function, but this assumption is restrictive. Greater flexibility is offered by the two-parameter Gamma distribution. Its relative density function is:

f(y) = {l/n a + D p “*1} y ae~y'P [11]

with P > 0, a > —1, and y > 0. The skewness o f the distribution is controlled by

a,

the shape parameter; P is the scale parameter and

ll{r (a+l)pa+1} is a normalising constant.

The integral in the numerator of [4] can now be expressed as:

N{ = A,b 1

r(a+l)P a+I

f„

ye

-+a e

-*/rt+,/0

dy [12]

The Laplace integral transform of y ei+a is defined, as a fun­ ction of the variable (k + 1/p), as:

t{ye

'+a} = J :

y e ,+a dy [13] with (0, + a) > —1 to ensure the convergence of the integral. Intro­ ducing a new variable o f integration —y (k+l/p) = t:

% {ye -+a} = lKk+l/p)9 ^ ^ 1 / “ e~t t0 '+adt [14]

The integral in [14] is itself the Gamma function of 0, + a; a ta­ bulated function, it depends only on (0, + a). Noting that:

r ( a + 6 i ) = J : e~‘ dt

And using [13] and [14], [12] can be written as:

[15]

i Tfci+I + 0,>) ¿j8+I

(23)

Tia+l + O J

[17]

where the new variable of integration was y(llf}) — x . Using Ì4], [16], and [17], there follows:

The first two moments of the Gamma distribution are E(y) -

P(a+1) and var(y) = (^(a+l). From [10] the elasticity of the social

marginal utility of income, evaluated at the mean, is yk O.

Hence [19] becomes:

which is easily evaluated.

There are three circumstances in which ft equals unity. The first is when a system of local governments is in Tiebout equilibri­ um with each population homogeneous in income. Although v(y) =

0 is unlikely, and in any case is ruled out by the conditions of speci­ fication attached to [11], the example serves to remind us that the greater the efficiency of the local-government system, the less the need to incorporate distributional considerations into local pricing rules. The second eventuality occurs when the income elasticity of the taxed good equals that of the good whose price is being deter­ mined (0O = 0j). Of course, ft < 1 if 0o < 6, and { .} > 1; and over the broad change of local-government services this is likely to be true at least for some goods.

The third circumstance is when the jurisdiction concentrates on Paretian efficiency, setting O equal to zero. The argument for this position is difficult to sustain. Since the private marginal utility of income is held to decline with income, 0 = 0 implies that the marginal social welfare of a unit of income accruing to a particular household is an increasing function of income, which to use Le Grand’s (1984) phrase, is ‘a rather uncomfortable result’ .

From a central perspective, a practicable alternative would re­ quire local governments to design distributionally-neutral policies

- dWIdv = 1 always. The decline in the private marginal utility of income would then imply ft > 1. Tresch (1981), however, argues it is difficult to conceive of a government as a theoretical entity with­

Pi = b (k p + ir(6-+a+I)

because the I\.) functions depend only on (.). Hence: ft = PilPo = (kP+l)6c~0 ‘

\—(Q «+ ct+l) [18]

[19]

(24)

out a local social welfare function incorporating local egalitarian objectives. If this position is to be accepted, it would still be possi­ ble for central government to pursue its own distributional goals in local public sector pricing by varying m in [7]. It may wish, for example, to equalise to some extent the ft across localities.

Finally, it is interesting to consider how variations in functional specifications for [4] affect the results. Let the distribution of inco­ me be long-normal and let h' (y) = y~°. These assumptions are adopted by Feldstein (1972a) in parameterising Qt. His equation [16] used in conjunction with [4] above yields (14):

Yi = {[v(y)ly*] + [21]

Obviously for 0 < [v(y)tif] < 1 and a > 1, as may be anticipa­ ted (15), [21] exceeds [20], In a practical application some caution is necessary, especially of m = 0 and the difference between ft and A is crucially important, to ensure the specification adopted is con­ gruent with the underlying evidence. The general method adopted in this paper to operationalise ft permits incorporation of a wide range of functional forms. By suitable changes of variable, a large number o f integrals may be expressed in terms of Gamma fun­ ctions, and more generally solutions for a variety of integral tran­ sforms are available.

4. Conclusion.

Pricing rules for local public enterprises have largely gone by default. The problem is interesting because there are three levels of optimisation: central government, local government, and the consumer. This paper incorporated the last two only. The dichoto­ my between central and local government over the question of di­ stribution remains open, although the paper demonstrated that the conventional view could not be substained. Local government have to take account of the distributional effects of their policies, though whether they should act neutrally (in which case pricing policy

(14) There are obvious changes o f notation. And I have used the fact that in this case E(y) = exp{% + rfl2 ). where £ is the mean o f the distribution of In y and i f its variance, and var(y) — exp{2% + i f } [e x p {if} — 1],

(25)

would be wholly determined by observable parameters) or whether they should inject their own distributional objectives into the equa­ tion remains to be argued about.

When the source of public finance is identified, it is possible to be more precise about pricing rules for local public utilities. Profit targets should vary from jurisdiction to jurisdiction, depending on a number of issues, including the distribution of income, the choice of tax base and rate, and grants in aid, and from service to service, depending on the parameters of demand relations. Central gover­ nment through its grant policy can influence the variance of char­ ges for similar services.

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(27)

UNA NOTA SULL’EQUILIBRIO DI LINDAHL E LA TASSAZIONE CORRETTIVA

NEL WELFARISMO ESTESO

di Al e s s a n d r o Ba l e s t r i n o ( * ) Dipartimento di economia politica, Siena e Wolfson College, Oxford, U.K.

So m m a r i o: 1. Una breve presentazione dei concetti fondamentali. — 2. Prezzi per­ sonalizzati ed efficienza Paretiana. — 3. La procedura di Lindahl «m ie meccanismo di decentralizzazione nel welfarismo esteso. - 3.1. Massimizza­ zione del benessere sociale con vincolo di non f-povertà. - 3.2. 1 assazione correttiva contro la f-povertà. — Appendice. — Riferimenti bibliografici.

1. Una breve presentazione dei concetti fondamentali.

Dei concetti che entrano a far parte del titolo di questa nota, alme­ no uno, quello di « welfarismo esteso » merita una presentazione puntuale ed attenta, per quanto sintetica; gli altri due, quello di « equilibrio di Lindahl » e « tassazione correttiva », se pure ben noti, verranno richiamali per ragioni di completezza. La nozio- ne/dizione di extended welfarism (così recita 1 originale inglese) è dovuta a Hammond (1991a, 1991b; vedi anche la bibliografia ivi ci­ tata) e indica sostanzialmente qualsiasi estensione del tradizionale apparato welfarista che consideri non soltanto le merci fra gli ele­ menti che influenzano l’utilità individuale. Ad es., in Hammond (1991b) si accenna a prendere in considerazione una funzione di utilità (fdu) definita, oltre che sullo spazio delle merci, su quello delle « libertà individuali »; mi sia inoltre consentito di citare Bale­ strino (199la) e Balestrino e Petretto (1992), dove la fdu è definita su uno spazio composito di vettori di merci e di functionings [Sen (1985)]. L’idea di fondo che anima il welfarismo esteso è in effetti la

(28)

volontà di trattare all’interno di una struttura welfarista tematiche di ispirazione non-welfàrista, ovvero di allargare la tipica base in­ formativa welfarista (l’utilità individuale) al fine di considerare al­ tre rilevanti dimensioni dello « star bene » (well-being), quali ap­ punto la soddisfazione delle libertà individuali, o nel nostro caso, il livello di fruizione dei funzionamenti (così tradurremo function­

ings) (1).

I funzionamenti sono definiti come stati di « essere » e di « fa­ re » dell’individuo direttamente rilevanti per il suo well-being (co­ me la nutrizione, la salute, l’educazione, ecc.), e ottenuti tramite l’utilizzazione di merci acquisite sul mercato. Sen (1985, p. 12) am­ mette la possibilità di definire una fdu nello spazio di funzionamen­ to (quella che egli definisce funzione di valutazione); poiché la fdu non è tuttavia considerata in grado di convogliare informazioni pie­ ne e corrette sullo stato di soddisfazione dei funzionamenti [Sen (1985)], la proposta è quella di impiegare questi ultimi in quanto ta­ li come base informativa per la valutazione dello « star bene ». Il welfarismo esteso si muove invece in una direzione intermedia in quanto considera comunque rilevante l’informazione di natura utili­ taria, ma concede uno status particolare ai funzionamenti interpre­ tati come beni di merito nel senso di Musgrave (1958) (2), cioè co­ me beni la cui corretta fruizione richiede un intervento in violazio­ ne delle (o quantomeno indipendente dalle) preferenze individuali. L impostazione del problema del social planner nel par. 3.1 fornirà un esempio (auspicabilmente) chiarificatore di cosa si intenda.

Venendo adesso alla nozione di « equilibrio di Lindahl » [Lin­ dahl 1967)] (3), ricordiamo brevemente che si tratta di un meccani­ smo Pareto-efficiente per la fornitura di beni pubblici che passa at­ traverso « prezzi personalizzati », tramite i quali gli individui fi­ nanziano per intero la produzione del bene pubblico in questione. L’« equilibrio di Lindahl » prevede un insieme di prezzi personaliz­ zati tali da indurre per tutti la stessa domanda del bene pubblico; la quantità corrispondentemente offerta di quest’ultimo ha la

proprie-(1 ) In generale, anche i modelli di « produzione domestica » alla Be c k e r

(1981) possono essere classificati, a posteriori, come esempi di welfarismo esteso. (2) Sui beni di merito in genere, vedi anche Mu sg r a v e (1987), Ba r il e t t i

(1991a, 1991b) e Fo r t e (1991); per una interpretazione dei funzionamenti come

beni di merito vedi Ba r i l e t t i(1991a) e soprattutto Gr a n a g l ia (1991).

(29)

tà di soddisfare la condizione di Samuelson. In particolare, tale procedura non richiede la presenza di un settore pubblico e si col­ loca a buon diritto nel contesto delle teorie dello scambio volontario (ma vedi il paragrafo 3).

Per concludere questa introduzione, rammentiamo che l'idea di tassazione correttiva viene tradizionalmente riferita all’approc­ cio pigouviano al problema delle esternalità, in cui l’imposizione di tasse e sussidi è mirata a recuperare le condizioni di efficienza compromesse dalla presenza, appunto, delle esternalità. Per quan­ to noi ignoreremo totalmente il tema degli effetti esterni, vedremo come la particolare impostazione del problema di ottima politica pubblica del par. 3 generi un sistema di sussidi ottimali la cui natu­ ra ricalca, mutatis mutandis, quella tipica pigouviana (pur non per­ seguendo obbiettivi di efficienza); ci siamo perciò permessi di mu­ tuare la denominazione di tassazione correttiva da quel contest"

2. Prezzi personalizzati ed efficienza Parietana.

Cominciamo col presentare una versione (4) della procedura 4 ^ > Lindahl dove gli individui (h -1 , 2...H) posseggono fdu (quasi-con- cave, crescenti, differenziabili) del tipo:

[1] uh=uh(ch,xh,lh,G,bh)

dove ch è un bene (composito) di consumo in senso stretto (non uti­ lizzabile per ottenere un funzionamento), x* è un vettore N-dimen- sionale (i = l , 2...N) di merci che svolgono un doppio ruolo di beni di consumo e di inputs per il funzionamento (vedi oltre la funzione di trasformazione), l h è il tempo libero, G è un bene pubblico puro (non escludibile e non rivale) che svolge un ruolo analogo alle mer­ ci x* ed infine bh è un funzionamento (5).

La relazione che intercorre fra le merci e il bene pubblico, da una parte, e il funzionamento, dall’altra, è descritta, generalizzan­ do la nozione di funzione di utilizzazione [Sen (1985)], da una

fun-(4) Il modello di questo paragrafo costituisce in effetti una versione ultra- semplificata del primo teorema dell’economia del benessere con beni pubblici, che riproduce i risultati del caso standard con soli beni privati esattamente in quanto il meccanismo di Lindahl consente di avere un « prezzo » parametrico an­ che per il bene pubblico: cfr. Ro b e r t s (1974).

(5) Per versioni generali della fdu e altri casi speciali, rimando di nuovo a Ba l e s t r in o(1991a) e Ba l e s t r in o- Pe t r e t t o(1992).

D

(30)

zione di trasformazione 0 h(xh,G,bh)^O, crescente in bh e decrescen­ te in tutti gli altri argomenti, differenziabile e tale che <Ph(-)=0 se e solo se la trasformazione avviene secondo un processo tecnicamen­ te efficiente. Si noti che &(•) è differenziata per individuo, permet­ tendo così di tener conto del fatto che — in ragione di caratteristi­ che quali l’età, il sesso, ecc. — gli individui medesimi posseggono abilità diverse nel convertire le merci in funzionamenti, in virtù delle c.d. variazioni interpersonali nei tassi di conversione [Dreze- Sen (1989)].

A puri fini illustrativi, si può immaginare che bh rappresenti la salute, che G sia l’aria pulita e xh rappresenti tutte quelle merci che contribuiscono alla salute ma sono percepibili anche come beni di consumo (vestiario, cibo sano); ch sarà allora il genere di consumi ininfluente (per semplicità, non consideriamo quello dannoso) sulla salute (biglietti per il teatro). Il tempo libero verrà considerato alla stregua di c*, ma potrebbe essere plausibilmente inserito nella fun­ zione di trasformazione.

Ulteriori elementi del modello saranno: la funzione di costo del bene pubblico C(G) — il costo per mantenere pulita l’aria — ed il prezzo di Lindahl, ovvero la quota di finanziamento spettante ad h,

T*1 (I hXh = l).

Allora l’individuo risolve:

Max uh=uh(cl>,xh,l h,G,bh)

ta.i.G .b

[2] s.t. bh- f ( x h,G)^0

pr£h+pxh+whlh+ rf'C(G) - whLh^()

in cui Lh è la dotazione iniziale di tempo da suddividere in tempo li­ bero (l h) e lavoro (Lh—l h), pc è il prezzo del bene di consumo, p è il prezzo delle altre merci e wh è il salario per unità di tempo. Si noti inoltre che la funzione di trasformazione è stata scritta esplicitando una funzione di « conversione » delle merci in funzionamenti

bh~ f (x h,G).

Si formi adesso la Lagrangiana:

L=uh()~rf(bh f ( ) )

-—ah(pcch+pxh+whlh+tC( G)—whLh)

e si derivino le condizioni del primo ordine (CPO):

uhc=a!lpc

(31)

[3] u\—d'wh

uhb=rih

uhGì-rihfè = a hThCG

Rimandando di nuovo a Balestrino (1991a) e Balestrino e I e- tretto (1992) per una discussione più generale delle CPO, ci limite­ remo qui a ricavare la variante della condizione di Samuelson che illustra la Pareto-efficienza dell’equilibrio di Lindahl. Si rammenti che uÌ=r]h> 0 (per cui la conversione è tecnicamente efficiente) e si effettuino alcune semplici sostituzioni nelle CPO al fine di ottenere:

[4] (uhG + u\f g)Io!,=t?1Cg cioè:

[5] SM$g +SMS g'/g- ^C G

Sommando per tutti gli h:

[6] I h(SMS(f+ SM$l •/ &)=CG

Si noti, fra l’altro, che questa condizione di ottima offerta dei beni pubblici riflette entrambi i ruoli di G: vi appaiono infatti, nel termine di sinistra, sia la disponibilità a pagare per G in quanto be­ ne di consumo che quella legata allo specifico contributo di G al funzionamento.

3. La proocedura di Lindahl come meccanismo di decentralizza­

zione nel welfarismo esteso.

In questa sezione affronteremo il problema inverso (6): un so­

cial planner si pone l’obiettivo di finanziare la produzione di un be­

ne pubblico tramite l’imposizione di tasse personalizzate che svol­ gono il ruolo di prezzi di Lindahl. In questo caso, come si vede, la situazione di scambio volontario scompare; per quanto ciò non sia necessario, l’interpretazione del meccanismo di Lindahl come pro­ cedura di decentralizzazione per il finanziamento di un bene pub­ blico ad opera di un social planner è estremamente naturale [Star- rett (1988)].

(6) Passiamo cioè ad una versione, ancora molto semplificata, del secondo

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