Result 2. — The optimal tax rate is increasing in the per capita au
5.2. Irrilevanza del possibile scostamento tra valore fiscalmen
te riconosciuto e valore normale del bene ceduto a titolo gratuito nel regime fiscale delle erogazioni liberali.
Individuate le direttive che, nel’ambito dell’imposizione sui redditi, segnano la disciplina tributaria delle cessioni gratuite, oc corre ora definirne i contenuti anche alla luce delle disposizioni sui criteri generali di determinazione del reddito d’impresa e sui criteri di valutazione dei diversi componenti.
Preliminarmente è forse opportuna una considerazione sulle entità fiscali che la fattispecie della donazione coinvolge dato che, mentre in passato la tematica era stata unanimamente affrontata, a seconda della soluzione sostenuta, facendo riferimento ai concetti di « tassabilità » o di « intassabilità » e quindi, avendo riguardo ai componenti positivi di reddito — dapprima, le plusvalenze patri moniali e poi, anche i ricavi — , ora invece, coinvolgendo la tesi che si prospetta i concetti di « deducibilità » e di « indeducibilità », mu ta in senso diametralmente opposto il settore di riferimento, trasfe rendosi da quello degli elementi positivi a quello degli elementi ne gativi del reddito d’impresa.
Infatti, nell’impostazione delineata, la disciplina fiscale conse gue alla preventiva qualificazione del componente che, rappresen tando l’uscita del bene dalfimpresa, abbia influenzato negativa mente, o in modo esplicito, come avviene nel caso dell’ imputazione al conto economico del costo non ammortizzato, o in via implicita, come accade nella ipotesi della minor valutazione delle rimanenze finali, il risultato netto dell’esercizio da cui muove, ai sensi dell’art. 52 T .U .I.R ., la determinazione del reddito d’impresa. In tale dire zione del resto si configura la normativa degli artt. 62 e 65 del
D .p.r. n. 917/1986.
Tali osservazioni, apparentemente concettuali, sembrano pe raltro rilevare anche sul piano giuridico poiché la disposizione
del-del sistema è affermato da Na p o l i t a n o, Oneri di utilità sociale, in Aa. Vv. , Com- mentano al Testo Unico delle imposte sui redditi ed altri scritti, Roma, 1990, 373.
l’art. 75, quarto comma del T .U .I.R ., condizionando la deducibilità fiscale dei componenti negativi alla loro imputazione al conto dei profitti e delle perdite, viene ad incidere anche sulla disciplina tri butaria delle erogazioni liberali previste negli artt. 62, primo com ma e 65, secondo comma (143).
Quanto poi agli aspetti sostanziali della disciplina, occore in nanzitutto definire i criteri di valorizzazione degli elementi che, nel concorso alla determinazione del reddito d’impresa, rappresentano la cessione gratuita.
Un primo criterio di valutazione potrebbe vedersi intuitiva mente nel valore fiscalmente riconosciuto del bene al momento del la cessione; un secondo criterio sembrerebbe invece potersi indivi duare nel valore normale cui rinvia, con riferimento alle spese ed oneri in natura, l’art 76, secondo comma del D .p.r. n. 917/1986.
Considerando molto improbabile l’ipotesi di coincidenza tra i due valori, nella quale, naturalmente, il problema non avrebbe so stanzialmente ragione di porsi, occorre invece verificare se ed in quale misura, la possibile differenza tra valore fiscalmente ricono sciuto e valore normale del bene al momento della cessione possa incidere sulla determinazione del reddito d ’impresa.
A tal fine l’indagine va condotta distintamente, separando le fattispecie qualificate come indeducibili da quelle disciplinate come deducibili.
Per quanto concerne le prime, l’analisi non presenta particola ri difficoltà dato che l’indeducibilità dell’erogazione liberale previ sta dal quarto comma dell’art. 65 non può che essere riferita al va lore fiscalmente riconosciuto del bene al momento della donazione senza che, in alcun modo, possa rilevare il valore normale dello stesso. Sembra infatti evidente che sul piano tributario la cessione gratuita produca una diminuzione patrimoniale con evidente analo go riflesso sul risultato di esercizio, per un importo pari al valore fi scalmente riconosciuto del bene donato sia che si tratti di uno di
(143) Con riferimento alla problematica dell'imputazione al conto dei pro
fitti e delle perdite delle erogazioni liberali ed in particolare in relazione all'op portunità di un accantonamento nel periodo di competenza Fa n t o z z i, Guida fisca le italiana, Torino, 1976, 694; Le a r d i n i, Erogazioni liberali e problemi di deduci bilità, in Corr. trib., 1986, 1781 ss. Ha ritenuto non necessaria l’imputazione al conto dei profitti e delle perdite delle erogazioni liberali deducibili, invece, Comm. trib. cent., 28 gennaio 1986, n. 837, in La Comm. trib. cent., 1986, I, 116.
quelli di cui alle lett. a) e b) dell'art. 53 (144), sia che si tratti di uno diverso (145).
L’art. 65, quarto comma, prevedendo che tale diminuzione debba costituire oggetto di un’identica variazione in aumento da operare ai sensi dell’art. 52, fissa il regime per cui il « passaggio » del bene nell’impresa, valutato nel suo complesso, dal momento dell’entrata a quello dell’uscita, si realizzi per il disponente, che pur subisce una perdita, senza effetti fiscali né positivi, né negativi. Ciò, del resto, trova ampio riscontro interpretativo nel quinto com ma dell’art. 67 che, in relazione ai beni eliminati dal processo pro duttivo, riferisce il trattamento fiscale — in quel caso di deducibili- tà — al costo non ammortizzato del cespite.
Pertanto, nei casi in cui è prevista l’indeducibilità dell’eroga zione liberale, risultando assolutamente irrilevante l’eventuale dif ferenza tra detto valore e quello normale, la cessione gratuita si af ferma come atto fiscalmente neutro per l’imprenditore cedente.
D ’altro canto, non sembra ravvisabile alcuna difficoltà neppu re in relazione al criterio della necessaria imputazione dei costi al conto dei profitti e delle perdite, visto che tale principio generale rappresenta una condizione per la deducibilità.
Senza dubbio più complesso appare verificare se ed in quale misura, la possibile differenza tra il costo fiscalmente riconosciuto ed il valore normale del bene al momento della donazione possa in cidere sulla determinazione del reddito di impresa nei casi di dedu cibilità. A tal fine sono necessarie alcune considerazioni preliminari in ordine alla ratio della normativa che eccezionalmente consente la deducibilità delle erogazioni liberali.
Iniziando da quelle disposte a favore dei dipendenti, può con statarsi come in ambito tributario sussista una sorta di disconosci mento del titolo civilistico della cessione e che operi quasi una pre sunzione di corrispettività della stessa. In effetti, affermandosi che tali erogazioni si considerano comunque comprese nei compensi per prestazioni di lavoro effettuate dai dipendenti, la donazione
(144) In questo caso si sarà verificata una minor valutazione delle rima nenze finali per un importo pari al costo fiscalmente riconosciuto o presente nelle esistenze iniziali, o compreso tra gli acquisti effettuati nell’esercizio.
(145) In questo caso, eccettuata l’ipotesi di beni completamente ammortiz zati — la cui uscita non produce effetti economici — , sul risultato netto dell’eser cizio avrà pesato lo « scarico » del costo non ammortizzato del cespite in prece denza facente parte dell’attivo patrimoniale.
viene considerata sul piano fiscale quasi una datio in solutum ed in tal modo si presenta come una cessione a titolo oneroso (146).
Quanto poi alle donazioni di cui all’art. 65, secondo comma, non v ’è dubbio che il legislatore abbia principalmente inteso perse guire fini di pubblica utilità; tuttavia non sembra possa essere tra scurato il fatto che, a differenza di quanto previsto nel T .U .I.D . n. 645/1958, non si è proceduto sulla via della esenzione, forse più consona ai fini suddetti, ma si è previsto un regime di deducibilità della spesa (147). Da tale constatazione può argomentarsi che il di ritto tributario, conformemente ai prevalenti indirizzi civilistici che riconoscono anche alle società commerciali la facoltà di donare sul presupposto che dall’atto liberale possano trarsi pur mediati ritorni economici, sembra riconoscere come marginalmente inerenti tali erogazioni. V ’è in sostanza nella disciplina fiscale la presunzione di una parvenza di causalità tra la donazione del bene e lo sviluppo dei proventi ricollegabili alla stessa, tant’è che tale deducibilità è disposta per i soli redditi di impresa (148).
Attraverso tali considerazioni potrà giustificarsi come, in effet ti, nei casi in cui è prevista la deducibilità dell’onere connesso alla cessione gratuita, il trattamento fiscale della fattispecie si avvicina sensibilmente a quello della cessione onerosa.
Muovendo dalla disciplina dell’erogazione liberale al dipen dente, è opportuno intanto analizzare il trattamento fiscale dell’ero gazione di un bene con valore normale maggiore al costo fiscalmen te riconosciuto e quindi capace di dar luogo a profitti o plusvalenze in caso di cessione a titolo oneroso.
(146) Nel senso che tali erogazioni liberali siano fiscalmente considerate un « compenso » tra gli altri si vedano Bo s e l l o, I componenti negativi, in Aa. Vv. , Il reddito d ’impresa nel nuovo Testo Unico, Padova, 1988, 502; Li z z u l, Reddito di lavoro dipendente e liberalità, in Boll, trib., 1976, 265 ss.; Le o - Mo n a c c h i - Sc h i a v o, op. cit.,695.
(147) La volontà di prevedere un regime di deducibilità dal reddito inno vando rispetto al precedente regime di esenzione è ben evidente nella stessa R e lazione ministeriale alla bozza dell’art. 60 del D .p.r. n. 597/1973 in Codice delle imp. dir.,Sez. 1, art. 60, n. 1.
(148) In relazione alla previgente normativa, sull’esistenza di un nesso, pur labile, tra reddito d ’impresa ed erogazioni liberali deducibili soltanto da tale categoria reddituale, si veda Corte Cost., 28 aprile 1983, n. 108, in Foro it., 1983, I, 1508. Non esclude tale presunzione fiscale di colleganza, pur non ritenendola atta a giustificare la disparità di trattamento con le persone fisiche non titolari di reddito di impresa, De Mi t a, Erogazioni liberali e deduzioni fiscali, in Corr. trib.,
In tale ipotesi l’imprenditore, mentre da un lato potrebbe de durre il valore normale del bene ceduto, in quanto rappresentante il valore del servizio reso, dall'altro, cedendo il bene in cambio del servizio, verrebbe a realizzare la plusvalenza in esso incorporata e pertanto vedrebbe determinarsi una compensazione tra componen ti negativi e positivi che produrrebbe, in definitiva, la deduzione del solo costo fiscalmente riconosciuto (149).
D ’altro canto, in senso inverso, ove venisse erogato al dipen dente un bene con valore normale inferiore al costo fiscalmente ri conosciuto e quindi capace di dar luogo a perdite o minusvalenze, l’imprenditore, mentre da un lato potrebbe dedurre come erogazio ne liberale solo una parte del costo fiscalmente riconosciuto, e cioè il valore normale, dall’altra, cedendo il bene a titolo di compenso, realizzerebbe per la parte residua una minusvalenza, cosicché an che in questo caso, in definitiva rimarrebbe dedotto il costo fiscal mente riconosciuto del bene (150).
Ripetendo lo stesso procedimento per le erogazioni liberali ai soggetti di cui all’art. 65, secondo comma, si perverrebbe ad analo ghe conclusioni con la sola differenza che, in questo caso, la dedu- cibilità, sempre riferita al costo fiscalmente riconosciuto, sarebbe però limitata dai parametri fissati dalla legge.
In definitiva pertanto, sia nell’ipotesi tipo di indeducibilità fi scale, sia nella fattispecie eccezionale di deducibilità, nei confronti del disponente la disciplina fiscale relativa alla cessione gratuita di un bene di impresa è caratterizzata da una assoluta irrilevanza della possibilità, quasi certezza, che il valore fiscalmente
ricono-(149) Così, ad esempio, un imprenditore che ceda a titolo gratuito al di pendente l’autovettura con costo non ammortizzato pari a 30 (costo d acquisto 100 — fondo ammortamento fiscale 70) e valore normale pari a 65, realizza al mo mento della cessione la plusvalenza di 35, ma contestualmente sostiene un costo deducibile per prestazioni di lavoro di 65 — cui peraltro corrisponde un reddito per il percipiente di pari importo — . Pertanto, ciò che rimane in definitiva dedot to dal reddito di impresa è il costo non ammortizzato dell’autovettura, pari a 30.
(150) Così, ad esempio, una software house che ceda a titolo gratuito al di pendente un computer ormai obsoleto con costo non ammortizzato pari a 40 (costo d’acquisto 100 — fondo ammortamento fiscale 60) e valore normale 15, subisce al momento della cessione una minusvalenza di 25 e contestualmente sostiene un co sto deducibile per prestazioni di lavoro dipendente di 15 — cui peraltro corrispon de un reddito per il percepiente di pari importo. Anche in questo caso, quindi, ciò che rilsuta dedotto dal reddito d ’impresa è il costo non ammortizzato del compu ter, pari a 40.
sciuto del bene erogato, differisca al momento della cessione dal valore normale dello stesso.
Come si è visto tale irrilevanza, che si manifesta ictu oculi nei casi tipici in cui è disposto un regime di indeducibilità fiscale della componente negativa rappresentante, esplicitamente od implicita mente, la cessione gratuita, si manifesta, pur in via non altrettanto diretta, anche nei casi di deducibilità, dato che la stessa rimane in definitiva ancorata al valore fiscalmente riconosciuto del bene al momento della cessione.
In conclusione, salvo i casi di cui agli artt. 62, primo comma e 65, secondo comma, in cui l’atto di cessione gratuita non sembra presunto tale dal diritto tributario, in tutte le fattispecie in cui l’ero gazione è fatta in via assolutamente liberale, il regime di indeduci bilità dal reddito di impresa delle componenti negative che lo rap presentano, appare lo strumento giuridico atto ad assicurare per il disponente la neutralità fiscale del « passaggio » del bene stesso nell’impresa.