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La destinazione come atto che produce l’inapplicabilità del

Result 2. — The optimal tax rate is increasing in the per capita au

3.5. La destinazione come atto che produce l’inapplicabilità del

regime, fiscale dei beni d’impresa quando questi perman­ gono nel patrimonio dello stesso soggetto.

Per comprendere, infine, come l’ipotesi della cessione gratuita di un bene d ’impresa possa difficilmente concretizzare la fattispecie cui ha riguardo il referente alla destinazione extraimprenditoriale, rimane solo da verificare quale possa essere, in positivo, l’ambito cui questa disposizione si riferisce.

ai fini del’i.v .a ., allorché svolgano, pur senza fini di profitto, attività commerciali a latere di quelle istituzionali.

(88) Nel senso che, ai fini dell’i.v.a., l’imponibilità di talune cessioni gra­ tuite rappresenti una deroga espressa al principio dell’onerosità, si veda per tutti Fi l i p p i, Le cessioni di beni nell’imposta sul valore agginto,cit., 141.

(89) Sotto tale profilo rileveranno, ad esempio, le cessioni di aree necessa­ rie alla realizzazione di opere di urbanizzazione o le cessioni gratuite effettuate in adempimento di convenzioni stipulate con il Comune per l’ottenimento di conces­ sioni edilizie. In senso conforme R.M . 16 maggio 1979, n. 9/1055, in Boll, trib.,

1980, 120. In dottrina ampiamente sull’argomento, si veda Fa n z i n i, Cessione di

aree con finalità urbanistiche, operazioni di urbanizzazione ed imposta i.v.a ., in

Innanzitutto, può premettersi che, come per ogni « norma di chiusura », anche per questa, è probabilmente impossibile delimi­ tare in modo esaustivo tutte le fattispecie che essa intende discipli­ nare; potranno, comunque, enuclearsi alcune ipotesi più significati­ ve sotto il profilo interpretativo che qui interessa.

In ogni caso, ai fini dell’indagine, gli elementi finora eviden­ ziati devono essere integrati con gli argomenti che derivano dalla diversa rilevanza giuridica che il legislatore tributario attribuisce ad un bene in funzione del tipo di collocazione che questo assuma nel patrimonio del soggetto cui appartiene.

Come è noto, sia ai fini dell’i.v.a., che ai fini delle imposte sui redditi, esistono numerosi e differenti regimi fiscali che possono di­ sciplinare le vicende riguardanti la « vita » di ogni bene. Ciò so­ prattutto in relazione ai beni appartenenti ad una persona fisica che può destinarli ad attività diversamente qualificate dal legislatore fi­ scale; peraltro, come si vedrà, diversi regimi giuridici possono aversi anche con riferimento ai beni degli enti, societari e non, an­ che se, per le società commerciali regolari, tutti i beni ad esse ap­ partenenti seguono il regime dei beni d’impresa (90).

Così, ad esempio, per una persona fisica, acquistare, utilizzare o vendere un bene nell’ambito di attività non qualificate, ovvero nell’ambito di attività qualificate ed, ulteriormente, tra queste, a seconda che siano agricole, professionali o commerciali, produce effetti fiscali molto diversi tra loro; analogamente, per un ente non commerciale acquistare, utilizzare o vendere un bene nello

svolgi-(90) Una tale considerazione potrebbe peraltro, almeno a prima vista, in­

durre a ritenere che la normativa in tema di destinazione a finalità estranee possa trovare applicazione solo per soggetti diversi dalle società regolari che, indipen­ dentemente dalla destinazione impressa ai beni loro appartenenti, non potranno che essere titolari di beni relativi all’ impresa. Una tale conclusione non sembra però condivisibile, se non altro perché appare sconfessata dagli effetti propri di un atto di trasformazione da società commerciale a società semplice (si vedano i rife­ rimenti infra, alla nota 95).

La dottrina, avvicinando le ipotesi del consumo personale o familiare a quella della destinazione a finalità estranee, ha finito a volte con il restringere l'ambito di applicazione della norma in oggetto alla sola impresa individuale ( Po­ l i, Le plusvalenze dei berti relativi all'impresa e la cessione gratuita, cit., 1490).

Tale posizione — non condivisibile oltreché per quanto detto, anche perché pre­ varica il rilevante ambito applicativo esistente in relazione alle attività commer­ ciali esercitate dagli enti non commerciali — è stata criticata dalla dottrina preva­ lente ( Fa l s i t t a, La tassazione, op. cit., 60), ma neppure le argomentazioni solle­

vate possono accogliersi perché fondate sulla supposta inquadrabilità della cessio­ ne gratuita tra gli atti di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

mento dell’attività istituzionale oppure nell’esercizio dell’attività commerciale, eventualmente svolta, non è certo fiscalmente irrile­ vante.

L’imponibilità e la detraibilità, ai fini i.v.a., la tassabilità dei ricavi e delle plusvalenze patrimoniali, la deducibilità della spesa e l’ammortizzabilità del costo, ai fini delle imposte sui redditi, sono alcuni soltanto degli innumerevoli effetti che l’appartenere all’uno, ovvero all’altro regime fiscale può comportare. Ciò che, pertanto, la norma sembra principalmente disciplinare è quanto consegue al­ l’esistenza di regimi giuridici differentemente rilevanti sotto il pro­ filo tributario quando il bene è situato all’interno di un dato patri­ monio personale.

In particolare, il legislatore tributario, con il referente alla de­ stinazione extraimprenditoriale, ha disciplinato l’ipotesi per cui, beni già relativi all’impresa potessero subire una destinazione tale da far venir meno la soggezione al regime giuridico loro proprio at­ traverso « la perdita della commercialità del bene » (91)^

In sostanza, il fisco sembra essersi preoccupato di quei beni per l’effetto del cui acquisto il soggetto passivo ha detratto l’impo­ sta sul valore aggiunto e ha dedotto la spesa, ovvero ha ammortiz­ zato il costo; di quei beni, cioè, di cui è « attesa » l’imponibilità del­ la vendita, la tassazione dei ricavi e delle plusvalenze. Queste le­ gittime aspettative, fondamentalmente legate alla probabile ipotesi della cessione a terzi, potrebbero in realtà, rimanere vane ove il contribuente modificasse la destinazione impressa al bene in modo tale da rendere inapplicabile il regime che il legislatore aveva attri­ buito ad esso per l’effetto dell’originaria destinazione (92).

Si pensi, tanto per considerare alcuni degli innumerevoli possi­ bili esempi, all’ipotesi dell’imprenditore individuale che destini allo svolgimento di una attività professionale o ad una attività agricola, non eccedente i limiti di cui all’art. 29 T .U .I.R . (93), un bene

plu-(91) Così Ti n e l l i, Il redditto d ’impresa, cit., 137.

(92) Regime che, pertanto, fino al momento del cambio di destinazione, ha prodotto per il contribuente solo effetti positivi.

(93) Ai sensi dell’art. 29, secondo comma, del T .U .I.R . sono considerate attività agricole:

a) le attività dirette alla coltivazione del terreno, alla silvicoltura e alla

funghicoltura;

b) l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto

dal terreno;

svalente già destinato all’esercizio dell’impresa; analogamente, si ipotizzi il caso dell’ente non commerciale che destini allo svolgi­ mento dell’attività istituzionale beni già acquistati nell’esercizio dell’attività commerciale svolta a latere (94); ancora, ampliando i termini della casistica, si considerino gli effetti di un atto di trasfor­ mazione di una società commerciale regolare in società semplice e così via dicendo (95).

Ora, in tutti i casi del genere, è assolutamente legittimo che si concretizzino i presuposti dell’imponibilità ai fini i.v.a. e della tas­ sabilità dei ricavi o delle plusvalenze, ai fini delle imposte sui red­ diti, ma, come si è potuto constatare, tali presupposti si verificano quando il bene viene a perdere la soggezione al regime giuridico dei beni relativi all’impresa per l’effetto di un atto di destinazione con efficacia interna.

Sembra esulare, pertanto, dallo schema tipico della fattispecie cui ha riguardo il referente alla destinazione extraimprenditoriale la cessione gratuita del bene d’impresa.