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Determinazione del reddito di impresa e principio di derivazione

I. COMPLESSITÀ DEL SISTEMA ODIERNO:

1. R EGIME ODIERNO APPLICABILE ALLE IMPRESE IN CONTABILITÀ

1.2 Determinazione del reddito di impresa e principio di derivazione

Per quanto riguarda la determinazione del reddito di impresa, a seguito della l. 24.12.2007 n. 244 (legge finanziaria 2008) occorre avere riguardo al principio di derivazione dal risultato di esercizio (utile, pareggio o perdita) risultante dal conto economico.

Astrattamente sono ipotizzabili tre diversi modelli del principio di derivazione, che implicano differenti livelli di rigidità di applicazione dello stesso e differenti possibilità che elementi esterni al bilancio influenzino la quantificazione del reddito rilevante da un punto di vista fiscale.17

Questo può essere inteso, in primo luogo, come stretta derivazione di quanto iscritto nella dichiarazione dei redditi da quanto risulta dal bilancio di esercizio senza possibilità di mutamenti o, eventualmente, con limitate possibilità di scostamenti ove una norma tributaria espressamente lo preveda. Si parla in questo caso di “dipendenza formale” e corollario di questa disciplina è il principio di previa imputazione a bilancio delle passività al fine di ottenerne la deduzione dal reddito di impresa (infra, Cap I, Par. 1.3).

16 Art. 81 del TUIR << Il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 73, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito d'impresa ed è determinato secondo le disposizioni di questa sezione >>.

17 M. GRANDINETTI, Il principio di derivazione nella determinazione dell’imposta delle società̀: profili comparati, Iris, Torino, 2018.

Ad un livello intermedio si colloca il modello della “dipendenza materiale”: al pari del modello precedente, anche in questo caso, viene assunto come punto di partenza il bilancio di esercizio, il quale sarà la base a partire dalla quale si determinerà il reddito imponibile, ma, in questo caso, sono ammesse in deduzione le componenti passive anche nel caso in cui non dovessero essere state previamente imputate a bilancio.

Da ultimo occorre ricordare il modello di “materiale indipendenza” il quale, seppur da un lato si accomuni agli altri modelli per il fatto di far derivare il reddito imponibile dal conto economico, se ne differenzia poiché assume le risultanze del bilancio civilistico come mero punto di partenza, potendo poi il valore delle varie poste essere rideterminato sulla base di disposizioni emanate al fine di quantificare la base imponibile. Sicché il reddito civilisticamente determinato fungerà essenzialmente da mero dato indicativo.

Questi tre modelli vengono impiegati da differenti Paesi della Unione Europea: così, per esempio, l’Olanda ha un sistema fiscale improntato sul modello di “materiale indipendenza”, mentre la Germania fa ricorso al modello di “dipendenza materiale”, quest’ultimo è utilizzato anche dal Regno Unito che, seppur non facente più parte della Unione Europea, merita di essere ricordato quale prototipo dei paesi di common law.

Quasi tutti gli altri paesi dell’Unione Europea (es. Francia) fanno invece ricorso al modello di “dipendenza formale”; rientra in questa ultima di categoria di paesi anche l’Italia che, come vedremo, adotta schemi e principi di derivazione del reddito fiscalmente rilevante piuttosto rigidi.

Il principio di derivazione è statuito dall’art. 83 primo comma del TUIR, il quale stabilisce che <<il reddito complessivo è determinato apportando all’utile o alla perdita risultanti dal conto economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo di imposta, le variazioni in

aumento ed in diminuzione stabilite dalle norme di natura tributaria>>. Il legislatore ha quindi utilizzato il reddito risultante dal conto economico, redatto secondo le norme del codice civile (o i principi contabili IAS ed OIC), come punto di partenza su cui poi apportare le variazioni, in aumento ed in diminuzione, necessarie ai fini tributari.

Il legislatore avrebbe potuto optare anche per la rilevanza diretta del reddito civilistico secondo il principio del “binario unico”, senza dunque apportare alcuna rettifica allo stesso imposta dalla disciplina tributaria, ma vi sono una serie di circostanze che lo avrebbero reso poco agevole e comunque poco conveniente. Non si può ignorare infatti come il bilancio civilistico, a causa della funzione svolta, sia soggetto ad arbitraggi e manipolazioni da parte dei redattori del documento contabile medesimo. La disciplina civilistica, inoltre, prevede che molteplici poste abbiano natura valutativa, non avendo un valore certo ed incontrovertibile. Si sarebbe potuto disciplinare diversamente il bilancio civilistico, magari rendendolo più rigido e consentendo una ingerenza da parte delle autorità fiscali, non dissimile rispetto a quella che oggi possono esercitare sulle dichiarazioni dei redditi, senza quindi necessità di impugnazione dello stesso dinnanzi ai tribunali ordinari.

Come già evidenziato tuttavia, il bilancio civilistico viene redatto con finalità sue proprie: ha, per esempio, lo scopo di informare l’assemblea e i terzi, che a vario titolo dovessero entrare a contatto con l’impresa, circa l’andamento economico dell’attività stessa ed in particolare ragguagliare i creditori sociali in merito alla consistenza del patrimonio della impresa medesima, essendo questi garantiti prevalentemente dalle consistenze patrimoniali, risultanti dal bilancio, a norma dell’art. 2740 c.c.

Il bilancio civilistico viene redatto, ai sensi dell’art. 2423-bis del codice civile secondo prudenza, laddove il legislatore tributario ha invece

interesse a rilevare un reddito più elevato possibile da sottoporre a tassazione (compatibilmente con il principio di capacità contributiva ai sensi dell’art. 53 della costituzione).

La disciplina fiscale necessita di certezze che mal si conciliano con le valutazioni discrezionali circa i criteri da applicare o i valori da indicare in bilancio da parte dei redattori dello stesso18 o con il principio di cui all’art. 2423 co. 5° in forza del quale se l’applicazione di una norma o di un principio in materia di redazione del bilancio è in contrasto con la rappresentazione veritiera e corretta della situazione economica, patrimoniale e finanziaria questa deve essere disapplicata, lasciando quindi un margine di discrezionalità circa le norme da applicarsi.

Inoltre la determinazione del reddito rilavante a fini tributari può perseguire anche scopi ulteriori dalla mera sottoposizione dello stesso a tassazione come avviene per esempio laddove il legislatore preveda esplicitamente la possibilità di dedurre determinati costi, che astrattamente ed in mancanza di espressa previsione non sarebbero deducibili, allo scopo di incentivare comportamenti ritenuti etici o virtuosi (strumento molto impiegato in materia di politica ambientale per favorire comportamenti più ecosostenibili) o disincentivarne altri ritenuti non desiderabili.

Come osservato in dottrina19, la necessità di variazioni in aumento ed in diminuzione tra reddito civilistico e tributario potrebbe ulteriormente derivare dalla esigenza di evitare comportamenti elusivi od evasivi <<

mediante l’inserimento di norme che vietano o limitano la deducibilità di alcuni componenti negativi di reddito o la riconduzione a valore

18 L. SALVINI (a cura di), Diritto tributario delle attività economiche, cit., p. 109.

19 G. MELIS, IL LIBRO DELLANNO DEL DIRITTO,TRECCANI,2019, P.410, DERIVAZIONE RAFFORZATA E PRINCIPI CONTABILI NAZIONALI.

normale di alcuni componenti di reddito >> o ancora dalla esigenza di evitare fenomeni di doppia imposizione economica.

Non è da trascurare poi che, laddove non si consentissero variazioni in aumento od in diminuzione del reddito civilistico, al fine di giungere al reddito rilevante a fini tributari, inevitabilmente si verificherebbero fenomeni di inquinamento del bilancio civilistico per ottenere risparmi di imposta anche a costo di fornire una rappresentazione non chiara, veritiera e corretta all’interno del documento contabile, come invece esigerebbe la disciplina civilistica del bilancio di esercizio ai sensi dell’art 2423, 2° comma c.c..

Il fatto che il bilancio civilistico costituisca il punto di partenza per la determinazione del reddito rilevante a fini impositivi, come è stato osservato dalla dottrina20 impedisce una ingerenza generalizzata della Amministrazione finanziaria sul bilancio, il quale rimane tendenzialmente insindacabile, salvo che, in specifiche ipotesi, il legislatore non faccia riferimento alla “corretta applicazione dei principi contabili”, consentendo così il sindacato sui documenti contabili direttamente in sede di accertamento, senza necessità di impugnarli in sede civilistica. Si reputa ulteriormente sindacabile l’ipotesi in cui il bilancio di esercizio venga redatto con il fine specifico di realizzare un disegno elusivo.

Il legislatore non ha preso in considerazione la possibilità di prevedere un bilancio tributario autonomo dal bilancio civilistico, sia perché ciò avrebbe richiesto un onere ulteriore agli imprenditori, i quali sono già oberati di scritture contabili sia civilistiche che fiscali, sia perché sarebbe risultato troppo complessa l’emanazione ex novo della totalità

20 G. MELIS, Lezioni di diritto tributario, G. Giappichelli Editore, Torino, 2017, p.

576; G. Melis, IL LIBRO DELLANNO DEL DIRITTO, CIT., P. 412, DERIVAZIONE RAFFORZATA E PRINCIPI CONTABILI NAZIONALI.

delle norme necessarie per la redazione di detto sistema contabile tributario, sicché, anche a voler ipotizzare una simile impostazione, si renderebbe comunque necessaria una norma di chiusura tale da rinviare, per tutto ciò che non è diversamente disciplinato, alle norme dettate per la redazione del bilancio civilistico.21

Laddove però il legislatore avesse optato per l’imputazione temporale degli atti rilevanti per il reddito di impresa sulla base del principio di cassa, sarebbe stato non solo possibile ma sostanzialmente necessario prevedere la redazione di un “bilancio fiscale”, sicché, nel caso in cui si prendesse in considerazione la possibilità di implementare una Cash Flow Tax, si renderebbe necessario procedere tramite la tecnica del

“doppio binario”. Quantomeno sarebbe necessaria la redazione di un documento contabile che registri i movimenti finanziari in entrata ed in uscita, non dissimilmente rispetto ad un rendiconto finanziario (art.

2425 ter c.c.).