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Differenze di genere e fruizioni medial

Pedagogia delle di fferenze di genere e social media

1. Differenze di genere e fruizioni medial

La letteratura riguardante il concetto di “genere”1(Rubin,1975) ha deli- neato come “le differenze di genere” non siano cristallizzate nel tempo ma abbiano confini mobili che risentono delle modificazioni della so- cietà. Il concetto di genere è andato via via affiancandosi o, talvolta, sostituendosi al concetto di “sesso” proprio al fine rimarcare le connota- zioni, le implicanze ed i ruoli sociali che la differenza sessuale biologica può comportare. In particolare la donna (ma anche l’uomo), « elabora la propria esperienza nella consapevolezza che il contesto in cui vive è in continuo mutamento che essa stessa contribuisce a produrre e che si riflette sulla sua stessa identità » (Piccone Stella,1996, 24). Sebbene il rapporto tra “sesso” e “genere” sia tutt’altro che chiarito (se non altro per il fatto di richiamare necessariamente la complessa relazione tra biologia e socializzazione) da diversi autori il sesso è stato considerato la variabile “indipendente” (il dato fisso) su cui di volta in volta si sovrappongono diverse influenze sociali che determinano il genere (il dato variabile, la variabile dipendente). Nicholson2, riferendosi a tali autori ha parlato di “visione attaccapanni dell’identità di genere” dove il corpo rappresenta l’“attaccapanni” sempre uguale su cui, di volta in volta, di periodo in pe- riodo, di società in società, vengono “gettati addosso” i “vestiti”, definiti

Daniela Robasto, Università degli Studi di Torino (daniela.robasto@unipr.it).

1. G. Rubin, 1975, nel celebre paper The traffic in Women, delineando il “sistema di analisi sesso/genere” scrisse: « Il genere è l’insieme delle disposizioni sulla base delle quali una società trasforma la sessualità biologica in prodotti dell’attività umana e nelle quali questi bisogni sessuati trasformati trovano soddisfazione » [p.158].

2. L. Nicholson, 1996, Per un’interpretazione di genere, in Piccone Stella e Saraceno,

Genere. La costruzione sociale del femminile e del maschile, Bologna, il Mulino.

in Nicholson come “manufatti culturali” che contribuiscono a disegna- re il genere. Nicholson poi presenta alcune critiche alla semplicistica visione “attaccapanni”, sottolineando come in realtà anche la variabile biologica (il corpo sessuato) sia tutt’altro che fissa, costante, indipendente ma risenta essa stessa di interpretazioni storiche, culturali, religiose etc. Da qui si sottolinea la complessità di una relazione tra variabili entram- be in continuo mutamento. Sebbene il tema sia di estremo interesse, non è qui possibile estendere la presentazione del dibattito scientifico sulla relazione tra componente biologica e componente socio–culturale, pertanto si prenderà atto del mutamento di entrambe le componenti e si approfondirà, invece, come il mutamento del panorama mediale (uno dei tanti « vestiti da gettare sull’attaccapanni, potremmo dire ») possa in qualche misura determinare nuove differenze di genere e come nuove differenze di genere possano, come si diceva poc’anzi, contribuire a determinare nuove identità, anche mediali.

Numerose ricerche internazionali3hanno sottolineato differenze di genere nell’utilizzo delle tecnologie ed in particolare dei social media, mettendone in risalto anche le possibili positive ricadute sul ruolo della donna e sulla sua partecipazione civica4. Mentre sul versante tecnologico, più in generale, gli studi5hanno spesso messo in luce un “gap di genere” relativo all’utilizzo delle tecnologie da parte del genere femminile, sull’u- tilizzo del Social media si ipotizza invece che le donne superino i maschi e che il loro utilizzo, oltreché essere superiore nella quantità rispetto al genere maschile, presenti anche alcune differenze qualitative. Rilevarle e comprenderle potrebbe essere interessante anche al fine di circoscrivere nuovi spazi in un cui le più classiche dicotomie di genere (tecnologia=

donna) sembrano sfumate o confutate. Così come è accaduto per altri

3. Si veda, a titolo esemplificativo, www . briansolis . com / 2009 / 10 / revealing-the-people-defining-social-networks/; oppure S. Chuney, www. msnbc . msn.com/id/38448076/ns/technology_and_sciencetech o ancora L. Evans, In So-

cial Media, Men Transact and Women Share consultabile su www.semclubhouse.com/

in-social-media-mentransact-and-women-share.

4. Si veda G. Loccatelli, 2011, Twitter e le rivoluzioni. La primavera araba dei social network:

nulla sarà più come prima, Editori Internazionali Riuniti, Roma e S.D. Herzbrun,2013, Révolutions arabes: quel printemps pour les femmes?, in “Les Cahiers de l’Orient”, n.109/gennaio 2013.

5. Si veda a titolo esemplificativo gli studi di M. Cozza, Computing e Gendering. La costruzione

del Genere nel settore informatico, consultabile su http://web.unitn.it/files/download/17717/

cozzamichela0.pdf e l’intervento di S. Ronchi Della Rocca, Donne e tecnologia: un rapporto

fenomeni sociali6(positivi o altre volte devianti), la componente cyber per- messa dalle tecnologie ed in particolare dalla condivisione tramite il web, ha contribuito e potrebbe contribuire a determinare nuove modalità di azione, di relazione e di ruoli resi possibili dalla cosiddetta virtual reality. A livello internazionale, affrontando la relazione tra social media e donne, a partire dagli anni Novanta del ’900, si è parlato ad esempio del fenomeno del cyberfemminismo7, inteso con diverse accezioni a seconda dei contesti in cui è stato studiato. Secondo la fonte CAE il cyberfemminismo è stato definito come una nuova forma di mobilitazione femminile

una lotta per accrescere la consapevolezza dell’impatto provocato dalle nuove tecnologie sulla vita delle donne, e sulle insidie delle divisioni di genere della tecno–cultura nella vita quotidiana. Il cyberspazio non esiste in un vuoto, ma è intimamente connesso alle numerose istituzioni del mondo reale e ai sistemi che fioriscono sulle divisioni e le gerarchie di genere. [CAE e Faith Wilding Notes on the political condition of cyberfeminism8]

Anche alla luce di tali studi, ma ben al di là di intenti di mobi- litazione o addirittura militanza, mettere a controllo come i social media possano contribuire ad individuare nuove forme di partecipa- zione attiva e cittadinanza risulta stimolante ai fine di un dibattito qui squisitamente pedagogico.

A livello nazionale, secondo l’indagine Eurispes9condotta su un cam- pione composto da521 donne su tutto il territorio nazionale e rappre- sentative della componente femminile italiana per età e area geografica di appartenenza, il61,8% delle donne che naviga in Internet utilizza i social, tra questi soprattutto Facebook (94,2%). Tuttavia, le attività più frequenti, almeno di primo acchito, sembrano ancora distanti da una fruizione “social” volta alla cittadinanza attiva e/o alla partecipazione politica, infatti: una considerevole parte del campione (41,3%) trascorre sui social buona parte del tempo partecipando ai giochi più diffusi, co- me Farmville, Camelot, ecc., alcune donne dichiarano di utilizzare lo

6. Si pensi ai concetti di cyberbullismo, cyberpunk, cybersex, cybercrime, cyberstalking etc. 7. Si vedano gli scritti di D. Haraway, in particolare del 1995 Manifesto Cyborg; in Inghilterrra gli studi di Plant Sadie , in particolare del1991 The Most Radical Gesture: The Situationist Interna-

tional in a Postmodern Age e del1997 Zeros and Ones: Digital Women and the New Technoculture ; in

Italia di R. Braidotti del 1996, Madri, mostri e macchine.

8. Si veda: www.academia.edu/1730171/Per_unepistemologia_del_cyberfemminismo. 9. Si veda www.eurispes.eu/content/eurispes-donne-termometro-crisi.

strumento per conoscere persone nuove (40,5%), oppure per chattare (73,6%). Dal punto di vista del web vissuto come nuovo strumento per esercitare anche le proprie abitudini connesse alla sfera economica, circa il60% delle donne che navigano sul Web ama l’e–commerce, ma solo il 49,8% controlla online il proprio conto bancario e solo il 31,5% utilizza il web per pagare le bollette. Dal punto di vista della tutela della privacy, e/o di nuove forme di “non tutela”, il41,7% delle donne riferisce, inol- tre, di aver sentito violata la propria privacy su Facebook a causa della pubblicazione da parte di altri di foto in cui era presente e di cui eviden- temente non gradiva la pubblicazione. Circa una donna “internauta” su dieci (11,8%) dichiara poi di frequentare siti di incontri. Da capire come alcune percentuali qui rilevate su un pubblico di adulti, si dimostri valida anche con fasce d’età più basse, ad esempio minorenni, dove la chat, l’e–

commerce, i siti d’incontri e l’eventuale non privacy assumo connotazioni

ancora diverse.

Lo studio di seguito illustrato presenta un approfondimento di un percorso di Ricerca–Formazione condotto negli anni2012–2014 nella Regione Lombardia, su un campione di circa600 adolescenti, di età compresa tra i14 ed i 17 anni, frequentanti i Centri di Formazione Provinciale della Provincia di Brescia. All’interno di due differenti strumenti di rilevazione semi–strutturati, indaganti i ruolo di genere degli adolescenti, sono stati inseriti alcuni item relativi al consumo mediale. Sebbene il progetto avesse obiettivi conoscitivi ed ipotesi di partenza non direttamente volte all’ambito della Media Education, sco- po delle analisi statistiche di seguito presentate è controllare l’ipotesi di un diverso consumo mediale tra maschi e femmine e, nello specifico, di controllare un’eventuale relazione tra utilizzo dei social network e genere di appartenenza. Non in ultimo, si controllerà l’eventuale rela- zione tra un diverso consumo mediale e le proprie aspirazioni di vita futura, monitorando, anche con analisi qualitative, la presenza di even- tuali asserti che facciano presupporre fruizioni volte alla cittadinanza attiva (mediale o meno) e quadri valoriali presi a riferimento.

2. I social network sono “da femmina”? Consumi social–mediali e