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Robotica e coding

1. Nutrire la mente

Tra le sfide più impegnative che la scuola deve affrontare va certamente indicata quella di preparare i ragazzi e le ragazze ad anticipare il futuro. E questa attività va svolta quanto prima, rivolgendosi ai nativi digitali, a quella generazione che da quando è nata non è stata neanche un giorno senza Internet, e che varcando la soglia della scuola spesso si trova in un mondo parallelo che appare estraneo al loro modo di apprendere. L’uso dei robot a scuola punta sulla curiosità che è un meccanismo vitale e innato riconducibile al piacere–bisogno di esplorare il territorio e che è servito all’uomo nel corso dell’evoluzione per sopravvivere come entità biologica e culturale.

Con questo contributo intendiamo fornire indicazioni su tre classi di robot che possono essere utilizzati rispettivamente da alunni e alun- ne della scuola dell’infanzia e della primaria (BeeBot), della scuola secondaria di primo grado (ProBot) e della scuola secondaria di se- condo grado (Moway). Sottolineiamo che questi robot hanno avuto un ottimo impiego quando utilizzati in presenza di casi di disturbi specifici dell’apprendimento (Damiani et al.,2013; Grimaldi et al., 2012; Grimaldi, Palmieri,2014)1.

Gli obiettivi principali che ci siamo posti sono stati quelli di portare gli alunni/e a lavorare per competenze e dunque a:

a) potenziare le capacità di analisi e sintesi;

Renato Grimaldi, Università degli Studi di Torino ([email protected]); Silvia

Palmieri, Università degli Studi di Torino ([email protected]).

1. Il tema di questo contributo è stato anche discusso a Supernova, Festival dell’Innovazione che si è tenuto a Torino il26–27 settembre 2015.

b) acquisire un primo linguaggio informatico; c) passare dalla progettazione alla realizzazione;

d) stimolare il pensiero ipotetico e le capacità di problem–solving; e) incoraggiare il pensiero divergente;

f ) favorire la comunicazione tra i propri coetanei, con un approc-

cio più attento allo sviluppo delle meta–abilità, utili per costruire relazioni educative nei gruppi di appartenenza;

g) favorire competenze cognitive e sociali di base.

L’approccio della robotica educativa pare particolarmente adatto a favorire il processo di cambiamento/apprendimento di tutti gli allievi, poiché l’utilizzo di un robot–mediatore nell’apprendimento favorisce un’esperienza di autoefficacia e di autocontrollo (coping) e un approc- cio al compito meno stressante, in un clima collaborativo e ludico che abbassa la resistenza e stimola la resilienza, potenziando le risorse emotive, cognitive e motivazionali del singolo e del gruppo. È ancora importante sottolineare che tale attività pedagogico/educativa va nella direzione dell’inclusione scolastica e sociale, e porta alla riduzione della dispersione scolastica.

Allo scopo abbiamo dato vita (già dal2011) a un laboratorio di ro- botica educativa presso il corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria (Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione del- l’Università di Torino). Le nostre ricerche hanno dimostrato che la sperimentazione creativa di tecnologie robotiche non solo promuo- ve negli utenti una maggiore motivazione all’apprendimento, ma offre anche un valido supporto sia per il passaggio dall’astratto al concreto (e viceversa; Papert,1993) e sia per lo sviluppo di nuove competenze cognitive. In particolare, i nostri studi hanno messo in evidenza che l’interazione con i robot favorisce lo sviluppo di abilità spazio–temporali e di ragionamento (Grimaldi,2015).

2. BeeBot

BeeBot è stato utilizzato nell’ambito di un protocollo d’intesa tra Diparti- mento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino, il Comune di Collegno (To), l’Ufficio Scolastico Regionale del Piemonte e la Direzione Didattica dell’Istituto Comprensivo “Marconi” di Collegno.

È stato impiegato con alunni e alunne della scuola dell’infanzia e del primo ciclo della primaria per potenziare la conoscenza dei concetti di relazione spazio temporale che sono alla base dei processi di apprendimento. Il robot possiede un linguaggio di programmazione molto semplice in cui risiedono però notevoli potenzialità di utilizzo (Fig.1). Mediante BeeBot si sono avviati gli alunni ad assumere determinate posizioni nel tempo e nello spazio, con il potenziamento di concetti quali vicino–lontano, dentro–fuori, sopra–sotto, tra, prima–dopo. I robot opportunamente programmati viaggiano su cartelloni in cui sono rappresentati possibili percorsi per il potenziamento dei concetti di relazione spazio temporale (Fig.2). L’esecuzione di questi programmi fornisce un’immediata risposta e controllo del processo di apprendimento, mediante un’autocorrezione che stimola l’approccio metacognitivo al compito, dove l’errore è inteso come luogo per scoprire le aree di miglioramento.

Figura1.Il robot BeeBot.

Figura2.Il robot BeeBot: cartellone con il percorso per il potenziamento del concetto “tra”.

3. ProBot

Il progetto Summer Junior University (SJU) nasce per volontà dell’As- sessorato Istruzione e Università, Politiche educative per l’infanzia e l’adolescenza della Città di Torino (assessora Mariagrazia Pelleri- no), da un’idea di ITER (Istituzione Torinese per una Educazione Responsabile) nell’anno2014, con l’intento di « scoprire il mondo uni- versitario attraverso esperienze di laboratorio, entrando in contatto con una realtà nuova e stimolante » (ITER,2014). L’obiettivo princi- pale dell’iniziativa è stato quello di offrire a un gruppo di circa 200 ragazzi delle scuole secondarie di I grado della città (nella fascia d’età compresa tra i12 e i 14 anni) la possibilità di provare un’esperienza ludico–formativa innovativa durante il periodo delle vacanze estive, momento normalmente dedicato al divertimento, allo svago e alle attività dei centri estivi. Nell’ambito della SJU abbiamo creato un laboratorio di robotica educativa mediante Pro–Bot (Fig.3).

La programmazione avviene su di un tastierino collocato sopra il robot che ha le fattezze di un’auto in miniatura; le istruzioni si possono vedere su di un display collocato accanto al tastierino; il linguaggio è quello del Logo (vedi ancora Fig.3).

Durante questa attività i gruppi hanno realizzato mediante Pro–Bot dei percorsi e figure geometriche fino ad arrivare a immagini di frattali. In questo modo, i partecipanti hanno potuto sperimentare e affinare le modalità di programmazione, fornendo alle macchine, oltre alle basilari indicazioni delle coordinate dei quattro punti cardinali, anche i valori sulla gradazione degli angoli di movimento.

L’attività con i Pro–Bot ha permesso ai partecipanti di esercitarsi nel- l’applicazione pratica della logica matematica, rivelando, in alcuni casi, come le regole algebriche apprese a scuola abbiano una corrisponden- za con la realtà con una relazione di causa ed effetto. Il laboratorio ha evidenziato la capacità dei ragazzi di collaborare alla realizzazione di un progetto, dove lo stimolo del ragionamento ha spinto i partecipanti al lavoro di gruppo e al raggiungimento dell’obiettivo preposto. L’e- sperienza della robotica nella SJU è stata ripetuta con successo nel2015, ed è stata arricchita con un approccio video (curato da L. Denicolai per Cinedumedia) che ha permesso l’esecuzione di cortometraggi di3 minuti dove i robot si muovono in un “teatro” e seguendo un copione realizzati entrambi dagli stessi ragazzi/e (storytelling).

4. Moway

Moway è un mini robot dotato di una serie di sensori che permettono di pilotare con precisione il movimento grazie a due motori, uno per ogni ruota, alimentati da una batteria ricaricabile tramite il cavo USB che collega il robot al computer anche per il trasferimento della programmazione che si svolge su di un PC (Fig.4).

Il microprocessore del robot permette al gruppo del servo–motore i seguenti controlli:

a) velocità indipendente per ognuno dei due motori;

b) tempo di accensione con una precisione di1/10 di secondo (100

millisecondi);

c) distanza percorsa con la precisione di circa1 mm; d) velocità (speedometer);

Il robot ha i seguenti sensori:

a) due di linea (posizionati sotto al robot) che controllano i colori; b) quattro di ostacolo IR (infrarossi);

c) uno di luce ambiente; d) uno di temperatura;

e) un accelerometro;

f ) uno che segnala la carica della batteria; g) uno di suono (microfono).

Inoltre Moway ha i seguenti attuatori grazie ai quali può:

a) emettere suoni con un piccolo speaker; b) emettere luce bianca col LED frontale;

c) accendere due LED rossi posteriori (tipo luci di stop) d) accendere un LED centrale rosso/verde.

Queste abilità tecnologiche del Moway si traducono per i ragazzi/e in processi di logica sequenziale attraverso la programmazione impe- rativa impartita al robot mediante un insieme di comandi. La logica della programmazione consente di analizzare situazioni problemati- che e costruire ipotesi adeguate alla loro soluzione. Vengono quindi appresi princìpi di informatica utilizzando i diagrammi di flusso e si

potenzia il ragionamento astratto e la competenza in lingua inglese. Nel programmare la sequenza delle istruzioni si debbono valutare più soluzioni andando quindi a potenziare l’utilizzo del pensiero diver- gente, come avviene mediante la scrittura del blocco di controllo IF

THEN ELSE, dove se (if ) la condizione è vera, allora (then) il robot

intraprende un certo corso d’azione, altrimenti (else) esegue un piano alternativo. I sensori diventano interfacce verso una realtà dinamica; ad esempio quelli che segnalano la prossimità di un ostacolo possono tener conto dell’ingresso del gatto nel teatro d’azione del robot, anche se si tratta di un elemento che poteva non essere previsto in quanto tale. Anche la creatività che viene messa in essere nella costruzione del plastico dove il robot si muove, permette anche a chi è meno portato verso il ragionamento logico–informatico, di poter essere incluso nel progetto e nella sua realizzazione.

Il caso che segue è stato ripreso dal lavoro di Sofia Restani, studen- tessa del primo anno del Liceo Artistico “Aldo Passoni” di Torino. L’artefatto rappresenta un percorso cittadino misto dove il robot, che simula un’auto, si muove da un parcheggio, affronta una rotonda e, seguendo la striscia nera della strada, attraversa un passaggio a livello e un passaggio pedonale, entra ed esce da una galleria per poi tornare al parcheggio (Fig.5).

Moway si programma su di un PC mediante un linguaggio iconico, come mostrato nelle Fig.6, 7, 8, 9, 10, 11, 12.

Moway è costruito in Spagna nei pressi di Bilbao e ha caratteristiche tecniche che consentono un proficuo utilizzo in tutti i5 gli anni della secondaria di secondo grado.

Figura5.Il mondo in cui si muove Moway.

Figura7.La programmazione: uscita dal parcheggio.

Figura9.La programmazione: superamento degli ostacoli.

Figura11.La programmazione: in galleria e superamento del passaggio a livello.

Riferimenti bibliografici

Cavagnero S.M., Gallina M.A., Grimaldi R., Palmieri S. (2013), Da un

modello computazionale di attore sociale alla robotica educativa, in Cipriani

R., Cipolla C., Losacco G. (a cura di), La ricerca qualitativa fra tecniche

tradizionali ed e–methods, Milano, FrancoAngeli, pp.91–111.

Damiani P., Grimaldi R., Palmieri S. (2013), Robotica educativa e aspetti non

verbali nei Disturbi Specifici di Apprendimento, Pisa, Didamatica–Aica.

Denicolai L., Grimaldi R., Palmieri S. (2014), Il talk show come strumento

media educativo. I Gladiattori, Napoli, Didamatica–Aica, pp.456–465.

–––––, Esperienze ludico–formative offerte dalla Città di Torino. La Summer

Junior University, Genova: Didamatica–Aica.

Grimaldi B., Grimaldi R., Marcianò G., Palmieri S., Siega S. (2012), Ro-

botica educativa e potenziamento delle abilità visuo–spaziali, Taranto–Bari,

Didamatica–Aica.

Grimaldi R. (2005) (a cura di), Metodi formali e risorse della Rete. Manuale di

ricerca empirica, Milano, FrancoAngeli.

––––– (2015) (a cura di), A scuola con i robot. Innovazione didattica, sviluppo

delle competenze e inclusione sociale, Bologna, il Mulino.

Grimaldi R., Palmieri S. (2014), Robotica educativa e concetti di relazione

spazio–temporale: individuazione delle lacune e costruzione di protocolli di- dattici, Napoli, Didamatica–Aica, pp.280–289.

Iter (2014), www.comune.torino.it/iter.

Jenkins H. (2010), Culture partecipative e competenze digitali. Media education

per il XXI secolo, Milano, Guerini e Associati.