La certezza diagnostica di neoplasia prostatica viene raggiunta solo con la biopsia. L’indicazione
all’esecuzione di una biopsia prostatica può derivare dal riscontro di una consistenza anomala della
ghiandola all’ER, dal rilievo di aree sospette all’ecografia transrettale o alla RM, o da un’elevazione dei
valori sierici del PSA. Tali evenienze possono essere anche contemporanee. Ciò aumenta la probabilità di
riscontrare una neoplasia
1. Va sottolineato che, vista l’importanza dell’accertamento diagnostico e di tutto
ciò che può far seguito alla diagnosi di neoplasia, prima di sottoporre un paziente a biopsia prostatica è
sempre utile valutare l'età del paziente, la presenza di eventuali comorbidità e le possibili conseguenze che la
diagnosi stessa potrebbe comportare in funzione delle effettive risorse terapeutiche disponibili
2. La
stratificazione del rischio è poi un'importante valutazione da effettuare al fine di evitare biopsie prostatiche
inutili
2.
La biopsia è ancora oggi eseguita sotto guida ecografica: le linee guida sull’argomento, anche quelle del
Gruppo Italiano Biopsia Prostatica, definiscono come non più adeguata la biopsia a sestanti. Un numero
più elevato di prelievi è infatti ritenuto indicato, in genere fra 8 e 12, oltre a eventuali prelievi mirati su
lesioni visibili. Non è inoltre indicato il prelievo della zona centrale nel primo setting bioptico che
dovrebbe invece essere incluso nel campionamento delle biopsie di saturazione. La scelta della via
d’accesso non pare influenzare sensibilità e specificità della metodica, anche se è nota una lieve superiorità
della via transperineale quanto a sensibilità
3-6. E’dimostrato che il valore predittivo positivo della biopsia
è maggiore nella sede della lesione evidenziata mediante ER e TRUS e quindi in caso di ER o TRUS
positive nella procedura va compresa (o aggiunta) la biopsia di questa lesione. A maggior ragione,
nelle biopsie andrà sempre compreso anche il campionamento delle lesioni sospette identificate dalla
RM. Nel caso poi vi sia il sospetto clinico di estensione extracapsulare (extraprostatica), il mapping bioptico
può essere esteso alle vescichette seminali ed al tessuto peri-prostatico
5. Di fatto, peraltro, non esiste
evidenza scientifica che dimostri che l’incremento di diagnosi di carcinoma ascrivibile all’aumento dei
campionamenti si traduca in un vantaggio per il paziente: non è dimostrato, infatti, che l’incremento del
numero dei frustoli bioptici abbia un impatto prognostico migliore, rispetto al monitoraggio del PSA, dopo
biopsia più “limitata” negativa, con eventuale diagnosi differita del carcinoma non diagnosticato alla prima
biopsia. Di contro, è molto verosimile che una buona parte dei carcinomi aggiuntivi diagnosticati
incrementando il numero di biopsie sia, di fatto, non aggressivo, e che verosimilmente comporti una
sovradiagnosi. Il valore del PSA al di sopra del quale dovrebbe essere eseguita la biopsia prostatica (in
assenza di ulteriori reperti) è tutt’ora oggetto di discussione. In linea di massima, concentrazioni sieriche
del PSA superiori a 10 ng/ml richiedono ulteriori approfondimenti. Per valori compresi tra 2,5 e 10 ng/ml
potranno essere presi in considerazione anche altri parametri, quali l’età del paziente, la frazione di PSA
libero in rapporto al PSA totale, la correzione per volume (densità) e, nell’eventuale disponibilità di prelievi
seriati, la velocità d’incremento del PSA (PSA velocity) (si veda anche paragrafo 4.2 Diagnosi: dosaggio
dell’antigene prostatico specifico)
7.
Occorre comunque ricordare che una biopsia negativa non significa necessariamente assenza di tumore:
nei seguenti casi è infatti necessario ripetere la biopsia:
• In caso di una prima biopsia negativa e forte sospetto del reperto clinico. La manovra dovrebbe
essere ripetuta possibilmente aumentando il numero delle prese bioptiche e includendo anche la
zona sospetta (soprattutto se i valori di PSA superano la soglia di 10 ng/ml)
8;
• In caso di biopsia eco-guidata eseguita solo su lesioni ecografiche sospette, eseguendo un mapping
più esteso;
• In caso di aumento importante, sopra i 20 ng/ml, del PSA;
• In caso di valori di PSA compresi tra 2,5 e 10 ng/ml, il paziente può essere seguito nel tempo
monitorando la “velocità” del PSA, ripetendo la biopsia sulla base di questo parametro;
• In caso di reperto istologico di ASAP, nel qual caso è indicata una re-biopsia entro tre - sei mesi
dalla prima diagnosi; per i pazienti con diagnosi di PIN di alto grado non sembra necessario
effettuare una re-biopsia entro l’anno in assenza di altri indicatori clinici di carcinoma, ma ne
viene consigliata la ripetizione tra i 12-24 mesi (non vi sono sufficienti evidenze, invece, per
raccomandare, nel tempo, il proseguimento di un follow-up bioptico)
9-11.
La dimostrazione che la RM multiparametrica presenta un’elevata sensibilità nel riscontro di adenocarcinomi
prostatici con Gleason score >7
12-15e che permette di rilevare tumori localizzati nella parte anteriore
dell'organo, difficilmente riscontrabili con la biopsia traddizionale
16,17, sta portando ad un sempre maggiore
interesse, in ambito diagnostico, sull’utilizzo della biopsia prostatica MRI-US fusion. La biopsia prostatica
MRI-US fusion su lesioni sospette alla RM, infatti, sembra avere una miglior sensibilità rispetto alla biopsia
prostatica sotto guida ecografica
18. Questi dati sono in corso di studio per la stesura di linee guida
internazionali per la standardizzazione di questa tecnica. Attualmente la biopsia prostatica MRI-US fusion
è raccomandata quando a seguito di biopsie negative permanga il sospetto di carcinoma prostatico
19.
(vedi anche paragrafo 5.3.3).
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