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Ruolo della linfadenectomia di staging

Nel documento CARCINOMA DELLA PROSTATA (pagine 59-62)

La stadiazione linfonodale è molto importante nel trattamento del carcinoma prostatico. Purtroppo le attuali

metodiche non invasive utilizzate per identificare la presenza di metastasi linfonodali sono ancora poco

affidabili. Le tecniche di imaging convenzionali (TC e RM) si basano sulla forma e dimensione linfonodale

ed hanno una bassa sensibilità e specificità, mentre nuove tecniche diagnostiche, come la PET con diversi

tracianti e la linfografia con RM e microparticelle di ossido di ferro, sono ancora in fase sperimentale ed

attualmente non possono essere raccomandate per riconoscere metastasi linfonodali prima del trattamento

1-3

.

Pertanto la linfadenectomia pelvica rimane ad oggi la procedura più utilizzata per la stadiazione dei

linfonodi regionali. Purtroppo si tratta di una procedura non scevra da possibili complicanze post-operatorie

come linfoceli, trombosi venosa, lesioni uretereali, vascolari e nervose, linfedemi, ematomi, febbre, che

possono prolungare il ricovero del paziente e richiedere ulteriori trattamenti talora anche invasivi

4-7

.

Il rischio individuale di positività linfonodale può essere stimato preoperatoriamente mediante

l’utilizzo di nomogrammi dedicati che prendono in considerazione diverse variabili, fra le quali il

valore di PSA, il Gleason score, lo stadio clinico, la percentuale di frustoli bioptici positivi per

carcinoma

8-11

. Recentemente è stato messo a punto un nomograma che prende in considerazione anche i

risultati della RM multiparametrica (stadio clinico T e diametro massimo della lesione indice)

12

. Una

linfoadenectomia estesa, eseguita esclusivamente nei pazienti con un rischio di interessamento linfonodale >

7%, secondo questo nomogramma, riduce in modo significativo il numero di dissezioni linfonodali pelviche

non necessarie, con rischio di misconoscere solo l'1,5% dei pazienti con linfonodi positivi.

Il valore soglia in base al quale omettere la linfadenectomia (5-7% secondo la letteratura), andrebbe

comunque discusso con il paziente sulla base dei rischi e benefici (omettendo la linfadenectomia si evitano le

complicanze ma si può lasciare in sede uno o più linfonodi metastatici, la cui rimozione non è correlata con

certezza ad un aumento di sopravvivenza globale ma influisce certamente sulla scelta di una terapia

adiuvante e sul follow- up).

Rispetto alla linfadenectomia “limitata”, comprendente la sola fossa otturatoria, l’esecuzione della

linfadenectomia estesa (comprendente linfonodi otturatori, iliaci esterni ed iliaci interni) presenta un

tasso di positività linfonodale significativamente superiore e potrebbe migliorare la sopravvivenza

libera da malattia in alcuni sottogruppi di pazienti

13-15

. Inoltre, la fossa otturatoria è la prima sede di

metastatizzazione solamente in circa il 50% dei casi

13

.

Il migliore template della linfoadenectomia per il carcinoma della prostata è tuttavia ancora controverso e se

è uninanimemente riconosciuta l’importanza della rimozione dei linfonodi iliaci interni, si discute se

estendere la rimozione anche ai linfonodi iliaci comuni (almeno fino all’incrocio con l’uretere) e ai linfonodi

presacrali. Secondo alcuni Autori rimuovendo anche tali linfonodi il rischio di sottostadiazione linfonodale

viene ridotto al minimo

16,17

.

L’estendere i limiti della linfoadenectomia comporta però un incremento del tasso di complicanze a fronte di

un non sicuro effetto terapeutico in tutti i pazienti. Da qui i tentativi di esplorare, anche nel carcinoma della

prostata, la rimozione primaria del linfonodo sentinella (il primo linfonodo che riceve linfa dalla prostata)

con l’obiettivo di ridurre la morbilità associata alla linfoadenectomia estesa, preservando la massima

accuratezza diagnostica. Diverse sono le metodiche descritte, ma al momento attuale esse sono da ritenersi

ancora in fase di studio e validazione

18-21

.

In assenza di studi prospettici randomizzati non è possibile esprimere con sicurezza un giudizio sul ruolo

terapeutico della linfoadenectomia. Tuttavia esistono diverse casistiche retrospettive mono o

multi-istituzionali, studi derivanti da registri tumori e revisioni di letteratura, che riportano risultati oncologici

soddisfacenti in pazienti cN0, riconosciuti N+ dopo prostatectomia radicale associata a linfoadenectomia.

Seiler et al. hanno ottenuto una sopravvivenza causa specifica a 10 anni del 60% in una serie di 88 pazienti;

in presenza di un singolo linfonodo positivo la sopravvivenza causa specifica a 10 anni saliva al 75%, con un

20% di probabilità di assenza di recidiva biochimica pur senza terapia adiuvante

22

. Cheng et al. riportano un

79% di sopravvivenza causa specifica a 10 anni in una serie di 322 pazienti, il 92% dei quali ha ricevuto una

terapia adiuvante con antiandrogeni

23

. In uno studio multicentrico comprendente 703 pazienti, tutti sottoposti

a trattamento adiuvante, la sopravvivenza causa specifica a 15 anni è stata del 78% con una sopravvivenza

libera da recidiva biochimica del 58% a 10 anni

24

. I principali fattori prognostici sono risultati il numero di

linfonodi metastatici (≤ 2 o > 2), il Gleason score, la densità linfonodale, lo stadio patologico e i margini

chirurgici. Steuber et al., in uno studio retrospettivo su 158 pazienti pN+, 50 dei quali sottoposti a sola

linfoadenectomia e successiva ormonoterapia e i restanti 108 sottoposti anche a prostatectomia radicale,

hanno riportato una sopravvivenza causa specifica a 10 anni del 46% versus 81%. La sopravivenza libera da

progressione clinica a 10 anni dimostra un trend simile (31% versus 61%). In una serie monoistituzionale del

MSKCC di 369 pazienti pN+ trattati con prostatectomia radicale e linfoadenectomia, senza successiva

terapia adiuvante, la sopravvivenza causa specifica a 10 anni è stata del 72% con una probabilità di

sopravvivenza libera da metastasi a 10 anni del 65%. Un elevato Gleason score e più di 3 linfonodi

interessati sono risultati costituire elementi sfavorevoli per la progressione biochimica. Due studi derivanti

da registri tumori (Registo tumori di Monaco di Baviera e SEER data base USA), riportano sopravvivenze

superiori al 50% a 10 anni con prostatectomia radicale associata a linfoadenectomia nei pazienti pN+,

rispetto a risultati significativamente inferiori in assenza di terapia locale. Risultati analoghi sono riportati in

uno studio su più di 2000 mila pazienti cN+ identificati tramite il National Cancer data base USA. Infine, in

una revisione sistematica della letteratura del 2014 si suggersice un possibile vantaggio in sopravvivenza

determinato dalla linfoadenectomia pelvica associata alla prostatectomia, tuttavia si precisa che tale

questione andrebbe chiarita mediante uno studio prospettico randomizzato.

In attesa di più accurati sistemi di stadiazione, la linfoadenectomia di staging andrebbe quindi riservata

ai pazienti considerati a rischio alto o intermedio (basandosi sui livelli del PSA, sul Gleason score, e

sulla stadiazione clinica e radiologica) preferibilmente utilizzando gli appositi nomogrammi che

possono aiutare a valutare il rischio di invasione linfonodale. Tuttavia bisogna anche ricordare che i

nomogrammi potrebbero sottostimare il rischio reale di invasione linfonodale; per tale motivo sono

auspicabili nuovi e più accurati sistemi di determinazione del rischio di estensione linfonodale della malattia.

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