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V. La cura delle storie d'amore: tre relazioni sul palcoscenico

V.2. La storia di Lara e Aldo: tentativi di porsi in interdipendenza verso il terapeuta

V.2.3. Una diagnosi lampante tra traumi relazionali antichi e nuovi

Ho potuto apprezzare il rapido ed efficace potere diagnostico dello Psicodramma a Due in vari contesti, nel caso di Lara e Aldo l'azione diagnostica è stata particolarmente lampante e ha offerto un vivido ritratto della coppia in pochi istanti.

La realizzazione della “linea della vita”, la modalità grafica che rappresenta nello spazio di un foglio A4, gioie e dolori di un'esistenza (in questo caso la vita della coppia) evidenzia immediatamente due temperamenti, e due modalità di sentire la vita e le sue emozioni, opposti. Per Lara tutto è poco sentito, pacato. Per Aldo non ci sono mezze misure, tutto è vissuto in modo molto intenso, sia i momenti negativi sia quelli positivi.

Le due linee sono simili ma con un'enorme differenza di escursione.

Coincide anche il momento più duro per la coppia, unico punto in cui Lara fa una concessione all'intensità: il momento dell'aborto nei primi anni della loro storia.

Questo episodio, emerso espressamente durante la prima sessione individuale in cui Lara giunge da sola per chiedere aiuto per la coppia, è un esempio evidente di “trauma relazionale”. A quel tempo, Lara non si è sentita appoggiata da Aldo, che giovane, insicuro ed in balia della decisione dei suoi genitori che fanno pressioni perché scelgano di abortire, asseconda le volontà genitoriali, mentre Lara compie una scelta non solo distonica ma anche in profonda solitudine emotiva. La sofferenza per questa ferita antica, e per una più recente, è fortissima al punto che inizialmente fatico a capire se la richiesta d'aiuto sia per lei o per la coppia e devo chiedere chiarimenti a riguardo.

Lara: “So che ho delle cose e che mi dovrei occupare anche di me ma prima sento urgente lavorare noi due, sul nostro matrimonio se Aldo è d'accordo. Dopo mi occuperò di me.”

A questo punto, prima di vedere la coppia e valutare il percorso, chiedo di incontrare anche il marito per pareggiare gli incontri individuali e per valutare la sua motivazione, dato che l'iniziativa è partita da Lara.

Successivamente, anche di fronte alle criticità che emergeranno, proporrò alla coppia di vederli in individuale alternando con le sessioni di coppia, per lo meno inizialmente, ma non si renderanno disponibili, soprattutto Aldo, adducendo a motivi pratici.

Il secondo e più recente “trauma relazionale” di Lara riguarda, non tanto o soltanto il tradimento del marito e il grado di importanza che questa storia aveva raggiunto totalmente a sua insaputa. Ciò che più ferisce Lara è la sua totale esclusione nel processo di una eventuale separazione: è la scoperta che Aldo è andato da una couselor con l'amante per capire come uscire di casa senza far soffrire le figlie. Lara in tutto ciò si sente totalmente esclusa dalla sua vita, sente di non contare nulla, di non essere stata nemmeno considerata, dopo 25 anni di matrimonio, nella fine della loro relazione. Tutto è stato già organizzato alle sue spalle, senza prevedere una sua partecipazione, addirittura escludendola rispetto alla gestione della questione con le ragazze. Aldo sceglierà di tornare in famiglia ma questo produrrà un'ulteriore approfondimento della ferita: Aldo ha chiuso la relazione ed è tornato ma non tanto per lei, quanto perché dichiaratamente non se la sente di rompere la famiglia.

Aldo è consapevole della sua posizione di marito infedele ma al contempo è ferito dal fatto che Lara non gli dia, e forse non gli abbia mai dato, ciò che desidera e di cui ha bisogno:

“Non dimostra mai di avere amore o passione per me”.

“Non mi dimostra amore. Non mi sento mai amato da lei.”

Un bisogno di essere amato ed apprezzato che sarebbe da approfondire e che probabilmente ha radici lontane ben prima dell'incontro con Lara.

Aldo pretende da Lara di essere ciò che non è, ma al contempo si sente al sicuro con lei proprio per quello che è, una donna rassicurante, intelligente, paziente, che

“...non si mette in mostra”.

“Lei sono certo non mi abbia mai tradito e non mi tradirebbe mai.”

E lampante la difficoltà in questa coppia, nonostante i 35 anni trascorsi insieme, ad accogliere l'altro per quello che è. Per lo meno da parte di Aldo. Lara, forse, lo fa ma lo fa così tanto da compensare ciò che non fa Aldo senza permettigli una reale evoluzione e, in questo modo, contribuisce a mantenere la relazione in uno stallo disfunzionale che pare essere sempre stato presente. Lara non può diventare la donna espansiva, estroversa, femminile e seduttiva che Aldo vorrebbe e che ritrova nelle sue amanti, non è la sua natura, ma ciò che può fare è accettare, fino in fondo Aldo, fino ad attribuirgli qualità positive che non ha, pur di assecondare il bisogno di lui di non essere criticato ma apprezzato.

Nel disvelamento di una metafora giocata da Lara come protagonista sul palcoscenico del microspazio, Santa Teresa di Calcutta è Aldo con la sua bontà. Il marito fedifrago è diventato santo!

Aldo stesso è sgomento e nel soliloquio finale cerca di darsi una spiegazione.

Aldo: “sono stupito.... un tempo, forse, ero così. So di aver tradito le caratteristiche positive che dovrebbe avere un partner e di non essere stato un santo. Forse, Lara sta mettendo da parte tutto per valorizzare il positivo e sostenere così il percorso di ricostruzione della nostra storia”

E' curiosa e sorprendete questa attribuzione e sarebbe stata degna di essere approfondita in altre circostante, tuttavia offre indicazioni di ipotesi interessati che il terapeuta si è annotato in attesa di verifica. In primo luogo, pare un tentativo di Lara di attribuzione ad Aldo di qualità positive, probabilmente effettuato, del tutto in buona fede,

come un messaggio che potrebbe suonare come “io ho fiducia in te, io conosco la tua parte buona e generosa” peccato che, come sempre, il giudice interiore di ognuno sia più forte e severo e Aldo stesso resta più sgomento che compiaciuto.

Purtroppo, i traumi più dolorosi non verranno trattati direttamente durante le sessioni di coppia in quando, rispetto al punto in cui si è arrivati, sarebbe stato precoce, non essendo ancora stata raggiunta una sufficiente riconnessone emotiva che avrebbe consentito di fare da ponte tra la comprensione e contrizione dell'uno ed il dolore dell'altro, dinamica che apre al perdono e al recupero della fiducia reciproca. Portare precocemente, rispetto ai tempi evolutivi della coppia, sulla scena tali traumi, avrebbe potuto sortire l'effetto opposto: più dolore e un approfondimento della frattura. A riguardo, c'è da notare che il dolore provocato dalle vicende dolorose descritte è stato esternato durante gli incontri individuali ma, nessuno dei due, li ha mai sollevati durante le sessioni di coppia.

La mia personale lettura di questo fatto è che i tempi che detta il paziente, entro una certa misura e sostenuti dal lavoro con il terapeuta, sono quelli fisiologici e necessari per abbassare le difese, potenziare le risorse e sentirsi abbastanza sicuri per poter affrontare qualcosa di ancora più minaccioso in un contesto di coppia poco solido.