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“Per Moreno lo psicodramma di coppia è una pozione per tenere insieme l'amore, come quella dell'opera 'Sogno di una notte di mezza estate': una pozione per far nascere l'amore.”

(Ottavio Rosati)

Perché lo psicodramma può essere un ottimo strumento per trattare le terapia di coppia?

Lo psicocodramma classico ha una fortissima vocazione alla relazione. Il termine psicodramma fa riferimento a un particolare metodo d'approccio psicologico finalizzato allo sviluppo personale, che consente all'individuo di esprimere attraverso la messa in scena le diverse dimensioni della propria vita e di stabilire dei collegamenti costruttivi tra loro. Facilita un intreccio più armonico tra il mondo interiore di una persona e le richieste della realtà esterna, grazie alla valorizzazione e riattivazione della spontaneità e creatività individuali.

Attraverso il lavoro psicodrammatico, il soggetto può giungere a un più alto livello di coscienza di sé e di fiducia per poter accedere a modi più utili e gratificanti di relazionarsi a sé e agli altri (Boria 2005).

E' un approccio fondato sulle relazioni intrapsichiche, ma anche, e soprattutto, interpersonali, che grazie all'uso di diverse tecniche, proprie della metodologia d'azione, e dell'attivazione di funzioni mentali complesse, consente di sbloccare situazioni cristallizzate e ripetitive, può portare alla soluzione di situazioni di crisi, favorisce la ricerca e la scoperta di opzioni alternative, rispettose di sé e dell'altro (Boria Migliorini 2006).

Lo psicodramma classico, sin dai suoi esordi con Moreno e, successivamente, nelle sue evoluzioni, pone al centro le relazioni tra le persone: le misura attraverso la sociometria, le mette in scena attraverso l'azione e la rappresentazione, mette in relazione i personaggi del teatro interno, come anche concretizza le relazioni tra le parti di sé, ridefinisce le identità ed i ruoli, mettendo le persone in grado di relazionarsi meglio con gli altri, allena all'ascolto attivo, con le sue regole di sospensione della risposta e primato della verità soggettiva scombina le abituali modalità comunicative, offre la consapevolezza

delle dinamiche relazionali cristallizzate e consente di sperimentarsi alla volta della rottura dei copioni relazionali, per la conquista di una dimensione relazionale più spontanea, creativa, flessibile ed in divenire, stimola in modo incarnato la capacità di mettersi “nei panni dell'altro” e di fare un passo ulteriore: vedersi attraverso gli occhi dell'altro.

II.1. Un po' di storia

Osservando la storia della nascita dello psicodramma, è evidente come la presa di coscienza di Moreno del potenziale terapeutico dell'approccio psicodrammatico, passi della necessità di prestare attenzione ai reali contesti di vita delle persone: dalla comunità, alla famiglia, alla coppia stessa.

Negli anni venti Moreno creò un gruppo teatrale che realizzava rappresentazioni con il pubblico, senza utilizzare copioni, sceneggiature, ma creando al momento l’azione drammatica a partire da tematiche sociali rilevanti o da temi suggeriti dal pubblico.

Nasceva il “Teatro della Spontaneità”, matrice di fertili intuizioni creative sul ruolo e sul funzionamento della dinamica psichica, sulla funzione della spontaneità e della creatività, sul gruppo e su tutti quei concetti sui quali si edificherà lo psicodramma.

”Il giornale vivente” è il prototipo del teatro della spontaneità. Gli attori, con l’ausilio del pubblico, rendevano concreti, percepibili e ”drammatici” alcuni fatti e situazioni di cronaca, oggetto d’interesse e dibattito per il pubblico.

Il Teatro della Spontaneità si orientò successivamente alla rappresentazione ed alla elaborazione, sempre mediante il coinvolgimento del pubblico, di problemi e situazioni esistenziali emergenti “in situ” dai partecipanti.

E’ in questo ambito di fermento creativo, che Moreno scopre la valenza terapeutica dei metodi di azione e lo scopre proprio con una coppia, anche se siamo ancora ben lontani dal poter parlare di terapia psicodrammatica con la coppia.

II.1.2. La prima terapia di coppia di Moreno: Barbara (e George)

Dell'epoca del Teatro della Spontaneità a Vienna, è noto il caso di Barbara (e George), che consentì a Moreno di sviluppare la metodica dello psicodramma terapeutico.

Barbara, giovane attrice del Teatro della spontaneità, si era da poco sposata con uno scrittore, George. Nelle performance Barbara ricopriva sempre il ruolo di fanciulle gentili ed ingenue. Un giorno il marito George, in preda alla disperazione, si confidò con Moreno rilevandogli che, a casa, la moglie si mostrava una donna intrattabile, dal linguaggio volgare, che addirittura lo picchiava quando cercava di fare l’amore con lei.

Qualche giorno dopo, il giornale riporto in cronaca nera la notizia dell’assassinio di una prostituta per mano del suo protettore. Moreno ebbe un’intuizione: convincere Barbara a rappresentare la parte della prostituta. Così fece: ed ella ricoprì quel ruolo con tale forza, stimolando l’attore che ricopriva il ruolo del protettore ad una risposta così forte che al culmine della scena del delitto il pubblico si alzò in piedi gridando: “basta!”.

A casa, dopo lo spettacolo, temporaneamente liberata della sua carica aggressiva, Barbara fu insolitamente tenera con George. Moreno continuò a farle rappresentare caratteri violenti, ed ella diventava sempre più trattabile, quando si allontanava dal teatro.

Un giorno Moreno invitò George sul palcoscenico accanto a Barbara, per duplicare gli episodi della loro vita privata. “Alcuni mesi più tardi” – racconta Moreno – “essi si sedevano con me in teatro, pieni di gratitudine. Avevano riscoperto se stessi e il loro rapporto”.

L’episodio di Barbara aveva concretizzato un elemento che rimane fondamentale nello psicodramma, un elemento già noto agli antichi drammaturghi greci: la “catarsi”.

L'episodio di Barbara e George è indubbiamente un'esperienza fondamentale nel percorso intellettuale di Moreno verso la comprensione del potere terapeutico dello psicodramma, ma non si tratta ancora un vero lavoro con la coppia: Moreno risulta troppo incentrato sulla sola personalità di Barbara – da qui il voler indicare il caso mettendo il nome di George tra parentesi accanto a quello di Barbara - e il destino della coppia sarà doloroso e breve. Dopo aver concluso l'esperienza con Moreno, cinque anni più tardi, George, i cui bisogni e fragilità non vennero presi in considerazione in un contesto terapeutico ai suoi albori, si suiciderà.

II.1.2. Le riflessioni di Moreno sul trattamento dei problemi coniugali

“Lo psicodramma proietta processi reali, situazioni, ruoli e conflitti in un ambiente sperimentale: il teatro terapeutico; […] Il teatro terapeutico è una struttura scenica costruita in modo tale che le persone possano rivivere e proiettare, in una situazione sperimentale, i loro problemi e le loro vite vere, senza gli intralci dei rigidi schemi della vita quotidiana o i limiti e le resistente dell'esistenza comune […] il soggetto può metter e in scena problemi e difficoltà relativamente libero dalle pressioni del mondo esterno.” (Moreno 1946)

Tutto ciò, se applicato al “problema coniugale”, apre nuovi orizzonti alla ricerca e al trattamento di situazioni rispetto ai quali Moreno era già molto interessato.

Nei suoi scritti Moreno dà alcune indicazioni e riporta esempi di situazioni relative a situazioni coniugali, in particolare, indica come opportuno far iniziare un matrimonio “in accordo con la genuina spontaneità da entrambe le parti” come anche, se deve finire, che possa farlo in maniera dignitosa e umana.

C'è da domandarsi quanto, in questo interesse per i problemi coniugali, abbia pesato il tentativo fallito da ragazzo di aiutare i suoi genitori, protagonisti di un matrimonio infelice, durante la crisi che li porterà alla separazione. Lasciando queste fantasie, a cui non è forse possibile rispondere, se non con l'immaginazione, ciò che di certo abbiamo è che Moreno intende fornire approccio, metodo, indicazioni ed esempi di stampo psicodrammatico con le finalità di sondare in modo prognostico il futuro di una coppia;

recuperare un rapporto coniugale, piuttosto che accompagnare la rottura di tale rapporto offrendo una “catarsi da divorzio”, senza ritenere uno o l'altro un obiettivo terapeutico di maggiore o minore valore.

Moreno sottolinea anche che, il teatro terapeutico non è un tribunale e il Direttore non è un giudice. Nemmeno su questioni che la morale dell'epoca avrebbe potuto facilmente condannare, Moreno lascia spazio al giudizio e rassicura i partecipanti, sottolineando la normale umanità delle situazioni di triangoli amorosi e tradimenti.

Racconta del vantaggio proveniente da “colloqui indipendenti”, effettuati individualmente con ognuno dei partner, per focalizzare il problema cruciale e per raccogliere materiale preparatorio;

illustra l'utilità di potersi fare un'idea, anche approssimativa, dei loro atomi sociali; come anche sottolinea l'opportunità di usare la propria sensibilità terapeutica per lasciare inespresso ed inesplorato ciò che in quel momento i pazienti non sono ancora pronti per affrontare.