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le riforme del sistema universitario

9.3 La Dichiarazione di Bologna

Per comprendere le trasformazioni in corso nell’università italiana, non si può non tenere presente, a partire dagli anni Novanta, il ruolo dell’Unione europea e del processo di integrazione dei paesi comunitari. La volontà di creare uno spazio europeo della conoscenza e della ricerca, esplicitata alla Sorbona nella Dichiarazione congiunta di alcuni paesi membri, e di armoniz- zare l’architettura dei sistemi di istruzione terziaria viene ripresa e amplia- ta nella Dichiarazione di Bologna nel 1999.

La Dichiarazione di Bologna rappresenta una tappa fondamentale nel pro- cesso di riforme, per la sua azione programmatica e la sua portata a livello europeo.

I punti espressi nella dichiarazione congiunta, attualmente sottoscritta da oltre trenta Ministri dell’istruzione non solo europei, sono i seguenti:

1. l’introduzione di un Diploma Supplement, ossia di un certificato che con- tenga le principali informazioni, in termini di conoscenze e competenze acquisite, circa il curriculum seguito dallo studente per conseguire il titolo. Tale certificato, redatto secondo un modello di riferimento comune per i paesi europei, faciliterebbe la lettura e la comparabilità dei titoli di studio e di conseguenza la mobilità nazionale e internazionale di studenti e lavo- ratori, dato che l’obiettivo di creare un mercato unico del lavoro passa ine- vitabilmente per il riconoscimento e l’equiparabilità dei titoli di studio69;

2. la differenziazione dei titoli universitari con una strutturazione su due livelli, che permetterebbe di differenziare l’offerta formativa, attraverso l’introduzione di un 1° livello, di durata almeno triennale, in grado di fornire competenze immediatamente spendibili nel mercato del lavoro, e un successivo livello di formazione specialistica che aprirebbe le porte a successivi master o dottorati di ricerca70;

3. l’introduzione del sistema dei crediti didattici secondo il modello eCTS (European Credit Transfer System), che permetterebbe di utilizzare un’unità di misura standard delle conoscenze. Il modello eCTS costitu- isce un sistema di quantificazione dell’apprendimento che consente di associare il livello culturale di uno studente a un punteggio. Il criterio che associa una qualità astratta come la conoscenza a un numero è stato individuato nella quantità di lavoro richiesta per completare un’unità di studio e acquisire delle determinate conoscenze; per cui un credito corri- sponde a un preciso ammontare di ore. Il credito formativo, quindi, come unità di misura delle conoscenze, permette di standardizzare le compe- tenze e di equiparare l’attività di studio a attività di lavoro. È possibile,

69 “Adozione di un sistema di titoli di semplice leggibilità e comparabilità [..] al fine di favorire

l’employability dei cittadini europei e la competitività internazionale del sistema europeo dell’istruzione superiore” (Dichiarazione congiunta dei Ministri europei dell’Istruzione su- periore intervenuti al Convegno di Bologna il 19 Giugno 1999).

70 “Adozione di un sistema essenzialmente fondato su due cicli principali, rispettivamente di

1° e di 2° livello. L’accesso al 2° ciclo richiederà il completamento del 1° ciclo di studi, di durata almeno triennale. Il titolo rilasciato al termine del 1° ciclo sarà anche spendibile quale idonea qualificazione nel mercato del lavoro Europeo. Il 2° ciclo dovrebbe condurre ad un titolo di master e/o dottorato, come avviene in diversi Paesi europei” (Dichiarazione con- giunta dei Ministri europei dell’Istruzione superiore intervenuti al Convegno di Bologna il 19 Giugno 1999).

IlsIstemaunIversItarIoIn toscana - regIone toscana - rapporto 2010

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infatti, acquisire crediti oltre che nell’ambito della didattica universitaria anche in “contesti diversi”, ossia in contesti professionali: in tal modo, come si vedrà, si riconoscono o inseriscono all’interno del piano di studi esperienze formativo-professionali, come lo stage71.

Le indicazioni espresse nella Dichiarazione di Bologna in Italia sono state re- cepite principalmente (sebbene come si è visto alcuni aspetti fossero già stati presi in considerazione) tramite il regolamento 509/99, la cosiddetta riforma Zecchino, preceduto da un Rapporto su “Autonomia didattica e innovazione dei corsi di studio di livello universitario e post-universitario”, redatto da un gruppo di lavoro istituito dal Murst (presieduto da Guido Martinotti). Le scelte strategiche più rilevanti indicate dal sopracitato Rapporto, che diven- tano il punto di riferimento per i successivi interventi normativi, sono:

la contrattualità nel rapporto studenti-ateneo, per cui occorre supera- -

re “il rapporto quasi-fiscale della passiva ‘iscrizione’ a una università” (Murst,1997), e considerare lo studente come un utente-cliente, incenti- vando un rapporto fondato su reciproche obbligazioni;

la differenziazione competitiva tra gli Atenei basata sulla diversificazio- -

ne dell’offerta formativa;

la pluralità delle condizioni formative, per far fronte alla problematica -

degli studenti “fuori corso” e prevedere una distinzione tra studenti a tempo pieno e studenti a tempo parziale; il sistema dei crediti, per ottene- re una misura standardizzata delle esperienze conoscitive acquisite. Prima di procedere alla ridefinizione della didattica, attraverso la riforma Zecchino, il governo di centro-sinistra (XII legislatura, 1996-2001) ridefini- sce il sistema di reclutamento dei ricercatori e dei professori di ruolo. La normativa trasferisce agli Atenei la competenza dell’espletamento dei con- corsi e della nomina dei professori di ruolo (art. 3, legge 210/1998), dotando i singoli Atenei di maggiori poteri nella gestione della cooptazione72.

Per quanto riguarda l’ordinamento didattico la riforma Zecchino, in linea con la Dichiarazione di Bologna, ridisegna il percorso formativo universi- tario, sancendo la distinzione tra i differenti livelli di laurea e riprendendo e superando alcune disposizioni contenute nella legge 341/90. Attraverso, quindi, il cosiddetto “sistema del 3+2”, il percorso di studi terziario viene diviso in due cicli principali: la laurea di durata triennale con “l’obietti- vo di assicurare allo studente un’adeguata padronanza di metodi scientifici generali, nonché l’acquisizione di specifiche conoscenze professionali”(art. 3, comma 4) e la laurea specialistica di durata biennale con “l’obiettivo di fornire allo studente una formazione di livello avanzato per l’esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici” (art. 3, comma 5). Inoltre la normativa in esame introduce il sistema di crediti formativi uni- versitari, stabilendo che a un credito corrispondono 25 ore di lavoro (art. 5,

71 “Consolidamento di un sistema di crediti didattici -sul modello dell’eCTS- acquisibili anche

in contesti diversi, compresi quelli di formazione continua e permanente, purché riconosciuti dalle università di accoglienza, quale strumento atto ad assicurare la più ampia e diffusa mobilità degli studenti” (Dichiarazione congiunta dei Ministri europei dell’Istruzione supe- riore intervenuti al Convegno di Bologna il 19 Giugno 1999).

72 Inoltre, il passaggio dal concorso nazionale al concorso locale riduce il numero di candidati e

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comma 1) e che “la quantità media di lavoro di apprendimento svolto in un anno da uno studente impegnato a tempo pieno negli studi universitari è convenzionalmente fissata in 60 crediti” (art. 5, comma 2). Coerentemente con quanto espresso nella Dichiarazione di Bologna, l’università riconosce come crediti formativi conoscenze e abilità professionali certificate, ai sensi della normativa vigente in materia, maturate all’esterno dell’attività didat- tica ufficiale (art. 5, comma 7).

Infine, il regolamento 509/99, introduce il Diploma Supplement: “I regola- menti didattici di ateneo disciplinano le modalità con cui le università rila- sciano, come supplemento al diploma di ogni titolo di studio, un certificato che riporta, secondo modelli conformi a quelli adottati dai paesi europei, le principali indicazioni relative al curriculum specifico seguito dallo studente per conseguire il titolo” (art. 11, comma 8).

L’offerta formativa e i corsi di studio riformulati dagli Atenei in conformità alle disposizioni sopra descritte (ovvero il Nuovo Ordinamento) vengono at- tivati a partire dall’anno accademico 2000/01.