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Le università toscane come fabbrica del trasferimento

altri output del sistema universitario: fra ricerca e

8.3 Le università toscane come fabbrica del trasferimento

La funzione di technology transfer factory riguarda l’insieme delle atti- vità poste in essere dalle università per la diffusione e la valorizzazione “commerciale” dei risultati delle attività di ricerca. Queste attività si con- cretizzano nell’ottenimento di brevetti, nella concessione di licenze, nella creazione di spin-off, nella realizzazione di laboratori -o più semplicemente di progetti di ricerca- congiunti tra università e impresa, nelle consulenze svolte da singoli docenti e nell’attività di ricerca svolta conto terzi per im- prese e istituzioni.

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Di seguito tratteremo di brevetti, licenze e spin-off mentre sull’attività di ricerca conto terzi -che sarà letta come indicatore di densità dei rapporti di collaborazione col sistema locale- torneremo nel paragrafo relativo alla fun- zione di territorial development factory.

Riguardo le attività di trasferimento tecnologico, si riportano in sintesi i risultati di una analisi -realizzata da Piccaluga, Lazzeroni e Balderi (2008) per conto e con il coordinamento di IRPeT- sui dati raccolti dall’associazione NETVAL (Network Universitario per la Valorizzazione della Ricerca). Tale associazione raccoglie ogni anno, tramite un apposito questionario, informa- zioni sulle attività di valorizzazione della ricerca del sistema universitario nazionale39.

I brevetti e le licenze. Prima di entrare nel dettaglio della misurazione

dell’attività di trasferimento attraverso i brevetti una considerazione gene- rale è d’obbligo: per quanto in anni recenti la brevettazione universitaria sia molto cresciuta il fenomeno appare ancora circoscritto rispetto ad altri paesi (USA, paesi scandinavi, ecc.). La modesta performance brevettale delle nostre università, oltre ad altre cause che vedremo in seguito, è in buona parte ad- debitabile ai criteri di valutazione adottati per definire i percorsi di carriera accademica; in tali criteri il parametro principale per la valutazione di un ricercatore resta il numero e il valore delle sue pubblicazioni, mentre altri importanti output quali brevetti, software, database, collaborazioni a progetti internazionali, o attività di sperimentazione e/o di ricerca con imprese, che non trovano corrispondenza in pubblicazioni, raramente sono considerati. Ciò detto è ampiamente diffuso l’uso dei brevetti come indicatore di trasferi- mento, un indicatore che presenta diversi vantaggi e svantaggi. Tra i vantaggi, ricordiamo che: i brevetti sono un risultato diretto dei processi innovativi e con la loro analisi si percepisce con precisione la direzione dell’attività innovativa; è possibile disporre di statistiche dettagliate sui brevetti anche per lunghe serie storiche; il brevetto permette un’analisi settoriale molto specifica. Tra gli svantaggi dell’utilizzo di questo indicatore, specie in Italia, si segnala la scar- sa propensione del sistema della ricerca proteggere i propri risultati attraver- so la brevettazione (negli ultimi anni il numero medio di domande di brevetto per ateneo si è attestato in Italia attorno alle 10 unità e il numero di brevetti per ricercatore è ancora distante dai valori registrati nei paesi più avanzati) anche a causa di competenze amministrative in materia all’interno degli Uffi- ci di Trasferimento Tecnologico delle università non sempre all’altezza. La tabella 8.7 presenta alcuni dati di sintesi sull’attività di brevettazione realizzata dagli atenei toscani negli anni 2004-2006. Le università Toscane hanno depositato nel 2006 38 brevetti (nel 2005 33, nel 2004 30), mentre ne sono stati concessi in licenza solo 2 (7 nel 2005, 4 nel 2004); in portafoglio ci sono in totale 171 brevetti (126 nel 2005, 43 nel 2004). A titolo di confronto si consideri che il totale dei brevetti depositati da soggetti, pubblici e privati, residenti o con sede legale in Toscana nel 2006 sono stati 222 (257 nel 2005 e 274 nel 2004).

39 All’indagine da cui sono tratti i dati di seguito riportati hanno partecipato 61 delle 85 uni-

versità italiane e fra queste si contano tutti i principali atenei toscani (università di Firenze, di Pisa, di Siena, Scuola Normale Superiore e Scuola Superiore Sant’Anna).

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Tabella 8.7. PrIncIPalI DaTI sUI BrEVETTI PEr rEGIonE. 2006

Regioni* Docenti S/T Fondi di ricerca (milioni di euro) Domande brevetti Brevetti concessi Brevetti in portafoglio

Abruzzo (2 atenei) 567 3,0 1 1 16

Calabria (1 ateneo) 145 5,5 0 0 5

Campania (4 atenei) 1.222 51,1 12 1 53

emilia Romagna (4 atenei) 3.789 114,3 26 7 142

Friuli Venezia Giulia (3 atenei) 1.036 67,1 19 4 151

Lazio (8 atenei) 4.487 89,2 36 18 266 Lombardia (10 atenei) 5.492 109,5 93 14 570 Marche (4 atenei) 794 25,9 6 2 30 Piemonte (3 atenei) 2.073 10,0 44 1 96 Puglia (3 atenei) 734 26,9 1 9 16 Sardegna (2 atenei) 1.216 11,6 4 1 6 Sicilia (3 atenei) 3.307 44,8 8 3 44 TOSCANA (5 atenei) 3.245 96,6 38 2 171

Trentino Alto Adige (2 atenei) 236 24,8 0 0 15

Umbria (1 ateneo) 820 20,9 4 4 3

Veneto (4 atenei) 2.056 99,5 12 0 64

ITALIA (59 atenei) 31.219 810,6 304 67 1.648

* le università di liguria e molise non hanno risposto all’iniziativa, mentre quelle di Basilicata e Valle d’aosta non hanno segnalato brevetti Fonte: Indagine netval 2007 Dal confronto con altre regioni, si rileva una buona propensione alla brevetta- zione da parte del sistema universitario toscano, che come numero di brevetti in portafoglio si colloca al 3° posto, dopo solo alla Lombardia e al Lazio. Per valutare l’attività di brevettazione delle università toscane con la media nazionale e con quella delle università di altre regioni, mettiamo in relazio- ne il numero dei docenti in materie scientifiche e tecniche e l’ammontare dei fondi di ricerca con quello dei brevetti (vedi Tab. 8.7).

In linea generale, si calcolano in Toscana 85 docenti in materie tecnico- scientifiche per ogni domanda di brevetto, 1.623 per ogni brevetto concesso e 19 per ogni brevetto in portafoglio (al 2006). I valori registrati dalla Toscana per i brevetti in portafoglio sono in linea con quelli generali relativi agli atenei italiani dell’indagine NetVal. Per i brevetti concessi nel 2006 invece i dati sono decisamente inferiori rispetto alla media nazionale e soprattutto alla Lombardia.

Se si mette in relazione l’entità dei fondi di ricerca (input) con la produzione di brevetti, nelle università toscane a ogni domanda di brevetto corrispon- dono 2,5 milioni di euro di ricerca, ad ogni brevetto concesso 48,3 milioni, ad ogni brevetto in portafoglio 0,6 milioni. Tali dati sono in linea con la media nazionale (tranne i fondi per brevetto concesso che anche a livello nazionale sono molto più contenuti e pari a 12,1 milioni per brevetto), ma meno vir- tuosi rispetto a quelli registrati dagli atenei della Lombardia, del Piemonte, dell’emilia e del Friuli.

Riguardo la tipologia dei brevetti si registra, una notevole apertura interna- zionale: in Toscana il 43% dei brevetti in portafoglio è americano o europeo, così come in Italia lo è il 45%. Nel confronto con le altre regioni, si nota

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una più forte apertura internazionale della Lombardia (con oltre la metà dei brevetti europei o americani) e del Friuli (58%). Anche regioni più piccole o marginali dal punto di vista della ricerca come l’Umbria e la Calabria, mani- festano un maggiore orientamento alla brevettazione internazionale.

La tabella 8.8 mostra i principali dati sui contratti di licenza. Le università toscane contano, nel 2006, 11 contratti conclusi per un totale di 75.000 euro di entrate nell’anno; l’ammontare delle entrate per licenze attive nel 2006 è ben più alto e pari a 522.000 euro, un valore molto elevato anche rispetto alle altre regioni italiane, superato solo dalla Lombardia.

Tabella 8.8. PrIncIPalI InDIcaTorI sUllE lIcEnZE UnIVErsITarIE. rEGIonI con almEno 1 lIcEnZa In PorTaFoGlIo al 2006. Valori in migliaia di euro

Regioni N. licenze concluse nel 2006 entrate per licenze concluse nel 2006 entrate per licenze attive in portafoglio nel 2006 Docenti S/T per 1.000 euro di entrate da licenze attive Campania 2 0,0 0 0 emilia Romagna 5 90,0 101,9 37 Friuli Venezia G. 11 26,0 58,1 18 Lazio 3 110,5 113,0 40 Lombardia 23 390,0 621,0 9 Marche 6 20,0 20,0 40 Piemonte 12 14,6 22,4 93 Puglia 0 0,0 12,0 61 Sicilia 2 0,0 0 0 TOSCANA 11 75,0 522,3 6 Veneto 4 0,0 1,4 1.469 TOTALe ITALIA 79 726,1 1.472,1 21

Fonte: Indagine netval 2007 Un confronto corretto con le altre regioni tuttavia non può che esser realizzato in termini relativi: a tal fine abbiamo posto in relazione il numero dei docenti in materie S/T e i dati relativi alle licenze. emerge chiaramente come in To- scana il numero di docenti S/T per 1.000 euro di entrata per licenze attive in portafoglio (circa 6 docenti), risulta significativamente inferiore rispetto a quello registrato dalla Lombardia (9 docenti) e dall’Italia (21 docenti), se- gnalando una produttività toscana -in termini di numero di licenze- netta- mente più alta che nelle altre regioni.

Vale la pena ricordare che mentre l’attività di protezione delle invenzioni, e cioè di deposito di brevetti, è ormai una prassi consolidata nelle università italiane, e non richiede competenze particolarmente sofisticate, l’attività di licensing è molto più complessa e richiede il coinvolgimento di competenze specifiche.

Le imprese spin-off. Un indicatore importante per valutare la capacità di

trasferimento delle conoscenze e delle tecnologie è rappresentata dal nume- ro di imprese spin-off generato da una università40. Gli spin-off, basati su

40 Tale indicatore ha comunque un valore solo segnaletico ed occorrerebbe accompagnare al n.

di spin-off anche informazioni riguardo le performance economiche e occupazionali di tali imprese.

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attività di ricerca o addirittura su proprietà intellettuale rappresentano un importante strumento di diffusione e di valorizzazione della conoscenza ta- cita elaborata all’interno delle università (Piccaluga et al., 2009). Il soggetto produttore e l’utilizzatore della conoscenza in questa fattispecie coincidono (il ricercatore è anche imprenditore), rendendo la formazione di spillovers e la loro propagazione un fenomeno immediato che sconta minori ostacoli cognitivi legati alla piena comprensione della tecnologia.

Nel corso della seconda metà degli anni ‘90 e in particolare negli anni 2000, le università italiane, hanno promosso la formazione di imprese spin-off della ricerca che fossero in grado di svolgere funzioni considerate al di fuori dell’attività universitaria tradizionale, e cioè lo “sfruttamento” dei brevetti depositati, la produzione su scala industriale dei prototipi, la commercia- lizzazione di prodotti e servizi finali. Il numero di spin-off attivati a livello nazionale è passato infatti da una media di circa 10 unità nella seconda metà degli anni ‘90 a una media di circa 55 nel periodo 2001-2005 per crescere fino a più di 120 all’anno nel periodo 2006-2008. Tale strumento è diventato così anche un’opportunità di lavoro per i molti precari della ricerca, che hanno trovato nelle spin-off una forma di valorizzazione delle loro competenze.

Se si considera la regione di localizzazione delle 806 imprese spin-off di enti pubblici di ricerca attive in Italia al 31/12/09 (Rapporto Netval del 2009), si nota che la maggior parte di queste (il 14%) è localizzata in emilia Romagna, seguita dalla Lombardia (12,3%); la Toscana con 89 spin-off, pari all’11,5% del totale nazionale, si colloca al 3° posto. Altri sistemi universitari molto at- tivi nell’incubazione di spin-off sono il Piemonte (8,1), il Lazio (6,6%) il Friuli (6,0%) e la Puglia (5,8%) seguiti da Sardegna, Veneto, Umbria e Marche che mostrano valori compresi fra il 4 e il 5%. Le restanti 9 regioni presentano tutte quote inferiori al 4% e nel complesso coprono meno di un quinto degli spin-off nazionali.

Le diverse performance delle regioni in questo campo dipendono da vari fat- tori. Alcune università stanno diventando vere e proprie “scuole di spin-off” perché si sono attrezzate meglio di altre nel sensibilizzare i ricercatori, nel fornire attività di formazione e di networking, ma anche grazie al fatto che si innesca una sorta di “effetto emulazione” rispetto ai fondatori di spin-off. In secondo luogo in alcune regioni esistono progetti ben finanziati, e spesso anche ben gestiti, per la promozione del trasferimento tecnologico, come nel caso del progetto Spinner che ha dato i suoi frutti in emilia Romagna o del progetto Ilo in Puglia. In terzo luogo, alcune università sono già passate ad una fase più “selettiva”, e considerano come proprie spin-off solo iniziative con determinate caratteristiche.

Per quanto concerne i settori di attività delle imprese spin-off (attive al 31/12/09) la maggior parte di queste è attiva nel campo delle ICT (33,1%), cui seguono il settore di energia e ambiente (16,4%) le scienze della vita (14,9%), l’elettronica (10%), il biomedicale e i servizi per l’innovazione (entrambi al 7,7%). Il restante 10% delle imprese spin-off si distribuisce, in ordine decre- scente, nei settori dell’automazione industriale, delle nanotecnologie e dei nuovi materiali, nei beni culturali e nell’aerospaziale.

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Infine, si può scendere nel dettaglio degli enti pubblici di ricerca di origine (Tab. 8.9). Il Politecnico di Torino mostra buone performance con 49 imprese formate, che rappresentano il 6,1% del totale nazionale. Seguono altri atenei di medie e grandi dimensioni, come le università di Bologna, di Padova e di Perugia. La Scuola Superiore Sant’Anna, con 29 imprese spin-off costituite, si colloca al nono posto, presentandosi come il 1° ateneo toscano in graduato- ria e il 1° fra le istituzioni universitarie di piccole dimensioni. L’Università di Pisa occupa la dodicesima posizione con 26 spin-off, l’Università di Siena la diciassettesima con 16 imprese avviate e, l’Università di Firenze la venti- quattresima con 1341.

Tabella 8.9. lE ImPrEsE sPIn-oFF DEGlI EnTI DI rIcErca (con almEno 10 sPIn-oFF)

ePR di origine impreseN. % ePR di origine impreseN. % Politecnico di Torino 49 6,1 Università di Siena 16 2,0 Università di Bologna 42 5,2 Università di Modena e Reggio emilia 16 2,0 INFM-CNR 37 4,6 Università di Roma “Tor Vergata” 15 1,9 Università di Perugia 35 4,3 Università di Genova 15 1,9 Università di Padova 31 3,8 Università di Trieste 14 1,7 CNR (escluso INFM) 31 3,8 Università di Roma “La Sapienza” 14 1,7 Università di Udine 30 3,7 Università del Salento 13 1,6 Università di Cagliari 30 3,7 Università di Firenze 13 1,6 Scuola Superiore di Sant'Anna 29 3,6 Università di Parma 12 1,5 Politecnico di Milano 28 3,5 Politecnico di Bari 12 1,5

Università di Milano 27 3,3 eNeA 12 1,5

Università di Pisa 26 3,2 Università de L'Aquila 11 1,4 Università Politecnica delle Marche 24 3,0 Università di Milano-Bicocca 11 1,4 Università di Calabria 23 2,9 Università del Piemonte Orientale 10 1,2 Università di Ferrara 22 2,7 Università di Catania 10 1,2 Unversità di Bari 17 2,1 Università Federico II di Napoli 10 1,2

Fonte: netval