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Le università toscane come agenti di sviluppo locale

altri output del sistema universitario: fra ricerca e

8.4 Le università toscane come agenti di sviluppo locale

La capacità di una istituzione di ricerca di agire come attore dello sviluppo locale è fortemente legata al concetto di prossimità e all’ipotesi, ampiamente sostenuta in letteratura, che la concentrazione spaziale, specie nei contesti urbani -nelle cosiddette città della conoscenza- favorisca le imprese locali agevolandone l’accesso ai risultati della ricerca accademica.

In linea con le indicazioni degli approcci sistemici all’innovazione (Regional

Innovation Systems) come del modello Triple Helix e in corerenza con le teo-

rie dei Localised Knowledge Spillovers, la presenza di un sistema della ricer- ca universitaria e di centri di ricerca pubblici ben dimensionato e piuttosto forte dal punto di vista dei risultati scientifici -quale quello toscano- dovreb- be contribuire a sostenere le capacità innovative delle imprese regionali.

41 Da notare come questa graduatoria differisca in alcuni casi profondamente da quella di ap-

pena due anni prima: anche se le realtà più avanzate hanno mantenuto le loro posizioni esse hanno decisamente perso terreno in termini di quota di spin-off; viceversa molte realtà del sud e/o università minori con pochi spin-off al 2007 hanno fatto grandi passi avanti nell’ul- timo biennio.

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Tuttavia, oramai diversi anni, praticamente dall’inizio del secolo eccetto bre- vi parentesi, la Toscana presenta tassi di crescita molto modesti e talvolta inferiori rispetto a una dinamica nazionale già molto contenuta. Anche se, come mostrato in recenti ricerche IRPeT42, le difficoltà della regione sono

ascrivibili a un ampio insieme di covariate che riguardano aspetti sociali, de- mografici ed economici, una delle ragioni della bassa crescita, forse la princi- pale, è data dalla scarsa capacità innovativa del sistema regionale.

Al di là della nota specializzazione in settori tradizionali delle imprese tosca- ne e delle loro piccole dimensioni, ovviamente correlate con segno negativo alle capacità innovative, la modesta competitività dell’industria toscana è in buona parte dovuta al suo scarso investimento in R&S. Le nostre imprese infatti investono molto poco in R&S e, di conseguenza, conseguono output innovativi modesti: brevettano poco, sono rimaste ancorate a settori tradi- zionali sviluppando poco quelli a maggior livello tecnologico, e soprattutto, come confermato dai dati della Community Innovation Survey43 (CIS) sono

poco innovative, meno della media nazionale che a sua volta è molto più contenuta di quella dei paesi leader europei.

Se dalle sole imprese passiamo a considerare la Toscana nel suo complesso e allarghiamo la visuale ad abbracciare anche il sistema della ricerca pub- blica scopriamo che la nostra regione spunta invece un buon posizionamento europeo sotto molti punti di vista.

La spesa in ricerca pubblica in Toscana, pari allo 0,73% del PIL, ha valori paragonabili a quelli di paesi avanzati come UK, Germania e Francia (ri- spettivamente 0,68%, 0,76% e 0,80%); inoltre la Toscana si colloca al 21° posto fra le 250 regioni europee in termini di numero di pubblicazioni scien- tifiche, posizione che sale alla 17° se si considera il numero di pubblicazioni su popolazione attiva.

Anche in termini di addetti alla ricerca pubblica la Toscana recupera ter- reno in modo sostanziale e con 5,7 addetti equivalenti per 1.000 attivi essa si colloca su valori in linea con quelli dei paesi avanzati d’europa (Francia 5,6; Svezia 4,3; Danimarca 5,3; Finlandia 9,3). Questo buon posizionamento risulta attribuibile soprattutto alla componente universitaria rispetto alla quale la Toscana registra il vantaggio più consistente (4,2 addetti alla R&S per 1.000 attivi contro un valore nazionale di 2,7 e una media eU27 di 3,1). Le imprese toscane, tuttavia, non sembrano beneficiare granché della pre- senza di un sistema delle ricerca pubblica forte e esteso come quello regio- nale e non sembrano aver sviluppato un intenso dialogo né con i centri di ri- cerca presenti sul proprio territorio, né con quelli di altri luoghi. Le indagini dirette realizzate negli anni sui principali settori produttivi della Toscana segnalano la presenza di rapporti università impresa solo sporadici, spesso legati a soggetti portatori di conoscenze specifiche o dotati di capacità fuori dall’ordinario, che non risultano rappresentativi del sistema produttivo di appartenenza.

42 Si veda a tale proposito la ricerca IRPeT (2009) e i materiali di approfondimento prodotti a

supporto di quest’ultima e disponibili all’indirizzo: http://www.irpet.it/

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Naturalmente i risultati dell’attività di ricerca pubblica operanti in Toscana non debbono necessariamente trovare valorizzazione in applicazioni limita- te ai confini regionali, ma per loro natura hanno una valenza globale e sono suscettibili di utilizzi in ogni parte del mondo.

Anche se la ricerca di base ha una propria ragion d’essere a prescindere dal- le ricadute in ambito locale, resta il fatto che lo scarso dialogo fra le imprese (le PA) toscane e il sistema della ricerca regionale rappresenti un limite allo sviluppo.

Le ragioni o le colpe di questa mancanza di dialogo vengono attribuite un po’ a tutti gli attori del sistema regionale: in primo luogo alle imprese, che troppo piccole, specializzate in settori tradizionali, con governance familiari, con modelli di apprendimento tradizionali e con una bassa domanda di ca- pitale umano qualificato, hanno difficoltà a individuare i propri fabbisogni di servizi tecnologici. In secondo luogo agli attori della ricerca che, da un lato, visti i meccanismi che regolano i percorsi di carriera accademica e visto che la ricerca di base si presta a pubblicazioni con citation index più alti di quella applicata, tendono a privilegiare la prima a discapito della seconda, dall’altro risultano orientati a discipline, quali la fisica, la matematica, le scienze dello spazio e della terra, la ricerca medica che sono orientate più alla ricerca teorica che applicata e, hanno uno scarso appeal per le imprese regionali. In terzo luogo, agli attori del trasferimento tecnologico che, nono- stante casi di successo, soffrono di una eccessiva frammentazione, e sono in genere poco efficaci nell’azione (Bortolotti e Boscherini, 2009). Anche sul fronte universitario gli uffici per il trasferimento tecnologico, sono dotati di poche risorse e la loro attività di gestione della proprietà intellettuale, di supporto alla creazione di spin-off, di gestione dei contratti di ricerca, sep- pur in crescita negli anni, in linea con quanto riscontrato a livello nazionale, risulta ancora molto limitata.

Il fatto che a livello aggregato regionale si registri questa separazione fra mondo della ricerca e sistema produttivo, non implica tuttavia che il sistema della ricerca pubblica non stia svolgendo un ruolo di agente di sviluppo per la regione. Se questo ruolo emergesse dai dati medi regionali, allora la To- scana sarebbe già una realtà all’avanguardia nelle produzioni tecnologiche e ad alta intensità di conoscenza sul modello della Silicon Valley. La Tosca- na, invece, resta ben distante da quel modello ed è ancora molto ancorata a produzioni tradizionali e in genere meno dinamiche. Va da sé che, con una struttura economica di partenza del genere, anche in presenza di stimoli rilevanti da parte delle università, gli effetti non emergano ancora dai valori medi regionali.

Per cogliere il contributo della ricerca pubblica allo sviluppo regionale occor- re quindi acquisire informazioni dettagliate che, permettendo di esplorare la realtà che si cela sotto la superficie dei valori medi regionali, consenta di individuare quei sistemi locali e/o cluster settoriali dove esistono tracce di relazioni feconde fra ricerca e attività produttive.

Anche se la Toscana non è una realtà innovativa a livello aggregato, esistono concentrazioni territoriali e settoriali di brevetti (Trigilia e Ramella, 2008) che lasciano intravedere la presenza di bacini competenze e di capacità tec-

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niche che, se affiancate da strutture di ricerca di livello, possono rappresen- tare buone opportunità di sviluppo.

In un recente studio sulla meccanica fiorentina (Bacci e Mariani, 2010), le analisi condotte sui brevetti, sulle pubblicazioni scientifiche, e una indagine ad hoc sulle imprese innovative hanno permesso di fotografare una realtà, che si addensa attorno ad alcuni settori specifici (medical device, strumenti di precisione, ecc.), che intrattiene rapporti di ricerca frequenti e rilevanti con alcuni dipartimenti universitari e centri di R&S locali. Le imprese ap- partenenti a questo network di ricerca e in particolare alla componente più coesa e raccordata al sistema locale della ricerca sembrano godere di un differenziale di competitività.

Le evidenze empiriche raccolte sui vari sistemi produttivi locali sottolineano l’esistenza in regione di situazioni di raccordo fra mondo della ricerca e delle imprese che rappresentano un elemento di vantaggio per le produzioni loca- li, sfatando, almeno in parte, la conventional wisdom che vede il mondo della ricerca nettamente separato dal sistema produttivo regionale.

Per capire in quali spaccati del mondo universitario e in relazione a quali ambiti produttivi sono già attive relazioni fra ricerca accademica e siste- ma produttivo, con scambi di conoscenze e, magari, con attività di ricerca congiunta e scambio di capitale umano, occorre prendere in considerazione informazioni dettagliate e di natura micro.

Una delle possibili tracce da analizzare per individuare addensamenti di rapporti fecondi fra imprese e università è rappresentata dai contratti conto terzi (ex art. 66 DPR 382/1980).

L’analisi dei contratti di ricerca che i dipartimenti universitari realizzano per conto di imprese e istituzioni pubbliche (d’ora in avanti CT) permette di scoprire insiemi di relazioni rilevanti che testimoniano, specie in alcune aree della Toscana, una insospettata apertura della ricerca universitaria verso l’esterno e in particolare verso il proprio territorio. Da qui l’idea, nata in seno all’Osservatorio per la Ricerca e l’Innovazione, organizzato da Irpet per conto di Regione Toscana con la collaborazione delle università Toscane, di creare un database unico a livello regionale sulle convenzioni di ricerca CT44.

Prima di entrare nel dettaglio dei dati raccolti ricordiamo che la ricerca CT rappresenta solo una delle possibili forme di valorizzazione della ricerca pubblica: ad alcune di queste (spin-off, brevetti, licenze, ecc.), coperte dal-

44 Considerato che si tratta di archivi che, se esistenti, rispondono a finalità amministrative e

non sono organizzati per scopi di analisi, che questi non sempre erano aggiornati, che non con- tenevano lo stesso tipo di informazioni, l’IRPeT ha preso l’iniziativa di organizzare un gruppo di lavoro, per la creazione di un database unitario a livello regionale. A questa iniziativa hanno aderito tutte le istituzioni universitarie Toscane (Università di Firenze, Università di Siena, Università di Pisa, Scuola Superiore Sant’Anna e Scuola Normale Superiore) e a queste si limita l’attuale sperimentazione. Per maggiori dettagli le analisi condotte sulle singole univer- sità aderenti si veda: per l’Università di Firenze Caloffi (2010), per l’Università di Siena Zanni e Santoni (2010), per l’Università di Pisa Dalli e Lazzeroni (2010), per la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa Piccaluga, Busca e Cambi (2010), per la Scuola Normale Superiore Pingue (2010) e per una introduzione ed una lettura di sintesi a scala regionale Bacci (2010).

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la rilevazione annuale della rete Netval, abbiamo già fatto riferimento nel paragrafo precedente; su altre forme di valorizzazione, che testimoniano la capacità dei team di ricerca di approvvigionarsi di finanziamenti legati a singoli progetti (si pensi ai fondi FIRB e PRIN; ai diversi bandi europei, ecc.), esistono fonti informative che non abbiamo ancora analizzato.

Riguardo la ricerca CT occorre poi ricordare che essa presenta alcune speci- ficità che possono dar luogo ad una lettura biased delle relazioni che l’uni- versità intrattiene col territorio. In particolare la ricerca CT tende ad essere più rappresentativa di alcune tipologie di ricerca che di altre, evidenziando maggiormente la ricerca applicata e/o quella per la quale le conoscenze e tecnologie di nuova creazione hanno già sviluppato applicazioni pratiche piuttosto che la ricerca di base. È quindi possibile che vi siano dipartimen- ti ad altissima intensità di ricerca (di base), che raggiungono risultanti di grande rilevanza scientifica, ma che fanno una modesta attività di ricerca CT e viceversa, dipartimenti che fanno quasi esclusivamente ricerca CT ma raggiungono modesti risultati sul fronte della ricerca di base.

La ricerca conto terzi in Toscana: l’ordine di grandezza del fenome- no. I contratti di ricerca CT stipulati complessivamente dall’Università di

Firenze, da quella di Siena, da quella di Pisa, dalla Scuola Normale e dalla Scuola Sant’Anna, nel triennio 2007-2009, sono oltre 3.20045.

Il numero elevato dei contratti sottolinea l’esistenza di un insieme di rela- zioni consistente fra sistema della ricerca universitaria, imprese e PA; re- lazioni che non possono esser considerate, in alcun caso, come fortuite od occasionali. Rispetto al quadro che si ottiene analizzando le imprese spin-off e i brevetti, che hanno ancora un carattere di episodicità (sono fenomeni importanti ma hanno una dimensione quantitativa ancora contenuta), l’im- magine che emerge dai contratti CT è quella di un rapporto fra università e mondo esterno più strutturato, ricorrente e sistematico di quanto la common

wisdom generalmente riconosca.

Anche dal punto di vista degli importi i valori in gioco sono tutt’altro che trascurabili se si considera che in media nel biennio 2007-2008 (tralasciamo il dato 2009 meno completo) l’ammontare medio annuo di ricavi derivanti da attività CT delle università toscane supera i 30 milioni di euro. Si tratta di un valore che, per quanto modesto rispetto ai fondi di ricerca delle grandi università statunitensi e del nord europa, è di una certa importanza nel quadro del finanziamento della ricerca pubblica in Italia.

Per tentare di definire l’ordine di grandezza dei fenomeni si consideri che l’ISTAT stima che nel 2007 la spesa per ricerca e sviluppo intramuros delle università ammonti in Toscana a circa 530 milioni di euro. Rispetto a que- sta cifra complessiva i ricavi da contratti CT ottenuti aggregando i microdati raccolti con l’attuale progetto, che sottostimano il dato complessivo, rappre- sentano poco più del 5,6% del totale. Utilizzando altre fonti più complete

45 Questo conteggio rappresenta una stima per difetto della reale numerosità di contratti CT

dal momento che nei casi di Firenze e di Pisa i dati non sono del tutto completi, che per l’università di Siena i dati 2009 sono riferiti al solo 1° semestre, che per la Scuola Sant’Anna non è stato possibile raccogliere le informazioni su alcuni centri di ricerca molto attivi sul versante della ricerca CT.

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(dati Cnsvu) le entrate per ricerca CT delle università toscane nel medesimo periodo salgono a circa 41,2 milioni di euro, pari a circa il 7,8% del totale. Se poi si considera l’attività di ricerca in una accezione più circoscritta46,

ovvero come la ricerca -più di tipo sperimentale- che ruota attorno a pro- getti specifici con finanziamenti ad hoc, si ricava che, a fronte di una spesa per R&S che mediamente nel triennio 2006-2008 ammonta nelle università toscane a circa 115 milioni di euro (fonte Cnsvu), le entrate riconducibili a commesse di ricerca CT rappresentano circa un terzo del totale.

Concludendo sull’ordine di grandezza del fenomeno ricerca CT possiamo af- fermare che, se rispetto alla spesa per R&S complessiva delle università le entrate da contratti CT rappresentano una quota minoritaria, rispetto alla ricerca più strettamente applicata e/o mirata a specifici progetti, essa ha un ruolo assai rilevante

La ricerca Conto Terzi delle singole università toscane. Scendendo

nel dettaglio dei contratti CT delle singole università (Tab. 8.10), le diffe- renze in termini di numero e di ammontari di ricavi molto elevate che si osservano rispecchiano la diversa dimensione degli atenei.

Tabella 8.10. nUmEro DI conTraTTI cT E loro ImPorTo comPlEssIVo PEr anno E aTEnEo

Numero di contratti CT Importo totale dei contratti (milioni di euro) 2007 2008 2009 2007 2008 2009

Univ.di Firenze 504 401 598 11,0 10,0 11,0

Univ.di Pisa 379 292 297 10,0 7,7 6,8

Univ.di Siena 262 214 64 9,1 5,9 1,9

Scuola Sant’Anna Pisa 78 65 32 3,2 2,4 1,3

Scuola Normale Pisa 6 11 6 0,7 0,6 0,1

TOTALe 1.229 983 997 34,0 26,6 21,1

come indicato in nota 51 i dati riportati sottostimano il reale numero e gli importi dei contratti cT stipulati dalle università nel triennio Se infatti consideriamo il numero di contratti per docente -ordinari, associa- ti, e ricercatori strutturati- (fonte Cnsvu) le differenze si riducono notevol- mente (Tab. 8.11).

Il numero di contratti ogni cento docenti si assesta attorno a 20 nelle tre università maggiori (Firenze 20,4; Siena 23,6; Pisa 19,3) mentre raggiunge valori più che tripli nel caso della Scuola Sant’anna (67,4). Diverse le consi- derazioni per la Scuola Normale dove i valori limitati al solo biennio risulte- rebbero apparentemente assai modesti.

46 Nella stima della spesa per R&S l’ISTAT comprende anche l’ammontare delle borse di studio

per corsi di dottorato e post-dottorato e il 45% delle retribuzioni del personale di ricerca, che stima essere la quota di lavoro dedicata ad attività di ricerca. In tal modo l’ISTAT include nella spesa per R&S anche componenti che attengono più alla ordinaria gestione dell’attività di formazione di nuovi ricercatori, di aggiornamento del corpo docente e a quella ricerca di natura più teorica e speculativa, largamente basata sulla letteratura, che -diversamente dalla ricerca applicata che richiede la disponibilità di laboratori, materiali di consumo, e per- sonale tecnico- non necessita di molti altri fondi aggiuntivi oltre gli stipendi dei ricercatori e le loro spese di documentazione.

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Tabella 8.11. nUmEro DI conTraTTI conTo TErZI E loro ImPorTo PEr DocEnTE. Valori medi 2007-2008

Numero di contratti per

100 docenti Importi medi per docente (valori in euro)

Università di Firenze 19,9 4.620

Università di Pisa 18,8 4.950

Università di Siena 22,9 7.208

Scuola Sant’Anna Pisa 75,7 29.630

Scuola Normale Pisa 7,7 5.856

TOTALe 20,8 5.710

Parzialmente diverse le considerazioni riguardo gli importi dei contratti per docente; mentre Firenze e Pisa presentano valori allineati (circa 5.000 euro di ricavi per docente) Siena mostra valori di circa una volta e mezzo più elevati (circa 7.500 euro). Questa differenza è in larga misura spiegata dal diverso orientamento disciplinare dei tre atenei e in particolare alla forte specializzazione dell’Ateneo Senese sul versante biomedicale e della chimica farmaceutica.

Le entrate CT dell’Università di Siena si concentrano perlopiù sull’area Bio- medica (42,8%) e su quella Scientifica (23,6%), e in particolare all’interno di tali aree nelle scienze biologiche e farmaceutiche connesse al polo biotech sensese. Viceversa l’università di Firenze appare più specializzata nell’area tecnologica (46,9%), costituita da scienze dell’ingegneria ma con qualche interessante contributo anche da alcuni dipartimenti di architettura, e in minor misura in quella biomedica (30,9%) e in quella scientifica (18,7%). L’Università di Pisa presenta invece una forte specializzazione nell’area tecnologica (36,2), in quella scientifica (19,2%) e in minor misura in quella biomedica (26,0%). In tutti e tre gli atenei le aree delle scienze sociali e uma- nistiche presentano contributi di minor rilevanza quantitativa.

Gli importi medi dei contatti (attorno ai 25 mila euro nei tre atenei princi- pali) cambiano notevolmente fra aree disciplinari con valori che nell’area scientifica e biomedica risultano più elevati della media (tra i 29 e 27 mila euro), nell’area tecnologica e delle scienze sociali si pongono in linea con la media e nell’area umanistica sono in genere più bassi.

I dati raccolti dall’Osservatorio a livello di singoli contratti di ricerca per- mettono di acquisire informazioni anche sulla natura dei committenti che in oltre il 60% dei casi è rappresentata da soggetti privati, perlopiù imprese. I soggetti pubblici hanno un ruolo minore ancorché non irrilevante e rappre- sentano oltre il 35% dei contratti, mentre hanno un ruolo marginale, ma non in tutte le realtà, gli altri soggetti (fondazioni, associazioni, consorzi, ecc.). Per quanto concerne infine la localizzazione dei committenti si osserva come, in linea con quanto predicato dai diversi approcci che sottolineano la rilevanza dei rapporti fra ricerca e territorio (Regional Innovation Systems,

Localised Knowledge Spillovers, ecc.) la ricerca CT è alimentata in buona

parte da soggetti locali: oltre il 47% dei contratti CT e il 40% dei loro importi è riconducible a soggetti regionali.

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Occorre tuttavia riconoscere che gli importi medi dei contratti di commit- tenti locali/regionali sono in genere meno consistenti della media e che l’am- montare dei finanziamenti cresce via via che si passa dal livello nazionale a quello internazionale. Inoltre deve essere sottolineato che, nonostante rap- porti locali rilevanti, la maggior parte delle commesse conto terzi ha orizzon- ti extra locali, spaziando perlopiù a livello nazionale: le commesse di attori localizzati in altre regioni d’Italia rappresentano per le università Toscane quasi la metà del numero di contratti e quasi il 53% dei loro importi; ancora