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L’evoluzione del ruolo della ricerca e nuove missioni dell’università

altri output del sistema universitario: fra ricerca e

8.1 L’evoluzione del ruolo della ricerca e nuove missioni dell’università

In Italia, come negli altri paesi Occidentali, le università sono state investita da profondi cambiamenti che ne stanno modificando il ruolo. Tali cambia- menti sono riconducibili in parte a fenomeni esogeni al mondo della ricerca, dettati dall’evoluzione del sistema economico, in parte a motivazioni interne ai processi di produzione e diffusione della conoscenza.

Sul primo versante, la globalizzazione dei mercati, l’emergere di nuovi com- petitor con costi di produzione molto bassi ma con grandi capacità produtti- ve e la ricomposizione delle filiere a scala internazionale lungo “global value

chains” hanno messo in difficoltà i produttori dei settori tradizionali di molti

paesi occidentali, e hanno reso necessario introdurre per restare sul merca- to importanti iniezioni di innovazione. Diversamente dal passato la ricerca di soluzioni ai problemi tecnico produttivi in “intorni” delimitati dalle cono- scenze prevalenti in ambito locale (le tradizionali innovazioni incrementali tipiche dei distretti di PMI), risulta oggi insufficiente a riconquistare margini di competitività duraturi (Bacci, Lombardi e Mariani, 2009). Nelle comunità tecnologiche mature è diventato evidente che la possibilità di innovazioni ra- dicali, che aprano la strada verso nuove traiettorie tecnologiche e garantisca- no vantaggi competitivi più duraturi, dipende in modo cruciale dalla iniezione di conoscenze scientifiche, diverse dalle conoscenze tecnologiche (spesso di na- tura tacita) del settore (Makri e Lane, 2007).

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Al contempo si affermati settori nuovi, ad alto contenuto tecnologico e a forte intensità di R&S . In anni relativamente recenti, grazie a conquiste scien- tifiche che in alcuni casi sono risultate dei veri e propri break-through nella frontiera delle conoscenze, si sono aperte traiettorie tecnico-scientifiche che hanno creato nuove opportunità produttive, spesso a cavallo di più settori produttivi (biotecnologie, nanotecnologie, nuovi materiali, energie rinno- vabili; ITC; medical device, ecc). L’emergere di queste opportunità ha pro- fondamente modificato il percorso di sviluppo di alcuni settori avanzati che sono divenuti elementi trainanti del commercio internazionale (farmaceuti- ca, biomedicale, meccanica di precisione, opto-elettronica, ICT, energetica, automotive, ecc.) e, nel tempo, hanno acquisito un contenuto tecnologico e una intensità di R&S sempre più elevati. Larga parte di queste nuove atti- vità si colloca in prossimità di poli urbani dotati di importanti istituzioni di ricerca pubblica, cui si affiancano i centri di R&S di imprese private.

In linea generale, quindi, nei settori maturi come in quelli più nuovi, è au- mentata la domanda di conoscenze e competenze scientifiche e tecnologiche in risposta sia alla competizione globale, sia ai cambiamenti tecnico produt- tivi introdotti da nuovi paradigmi scientifici.

Dall’altro lato, la diffusione delle tecnologie di comunicazione ha contribu- ito, anche grazie all’evoluzione di alcuni paradigmi tecnico-scientifici34, a

influenzare il processo di scomposizione delle conoscenze e delle tecnologie in componenti che possono essere prodotte e combinate in maniera creativa da soggetti diversi, in diversi contesti territoriali. Le reti di ricerca assumo- no dimensioni globali in cui, nonostante istituzioni di ricerca più avanzate nei singoli ambiti scientifici catalizzino le risorse umane e finanziarie, resta spazio anche per i centri di ricerca minori a patto che essi si concentrino su segmenti specialistici della filiera tecnico-scientifica, e/o combinino in modo creativo le conoscenze prodotte altrove.

L’università italiana nonostante indubbi progressi nell’apertura internazio- nale degli ultimi anni (aumento delle pubblicazioni in riviste internazionali, incentivi alla mobilità degli studenti, dei dottorandi e dei ricercatori, par- tecipazione a progetti di ricerca sovra-nazionali, ecc.) sembra rispondere in misura ancora insufficiente a questa evoluzione del mondo della ricerca. In altri contesti, specie negli USA, le istituzioni accademiche risultano mol- to più specializzate e inserite in dense reti di rapporti internazionali. Le università USA operano in un contesto caratterizzato da una forte mobilità delle risorse umane (libere di spostarsi laddove le opportunità di carriera sono più promettenti) e dalla disponibilità di ingenti finanziamenti pubbli- ci (specie in settori strategici della ricerca come quelli legati alla difesa) e privati sui quali competere; tali fattori incentivano la specializzazione delle università e favoriscono la clusterizzazione a livello territoriale e istituzio- nale della ricerca (Crescenzi, Rodriguez-Pose e Storper, 2007). La presenza di poli di ricerca di eccellenza favorisce poi l’interazione con i centri di ricer- ca privati e con le imprese che tendono a concentrare i loro laboratori negli

34 In certi ambiti tecnico-scientifici i risultati della ricerca sono sempre più utilizzati come

componenti ready to use: in alcuni settori, denominati science-based la frontiera tra ricerca di base (dell’università) e ricerca applicata (delle imprese) tende così a scomparire.

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stessi luoghi, ad attivare linee di ricerca congiunte con le università e a con- tribuire, in modo molto più significativo che in Italia e in molti paesi EU, al finanziamento delle università.

Tuttavia, nel contesto di riduzione del finanziamento pubblico alla ricerca che in anni recenti ha coinvolto pesantemente anche le università Italiane, è for- temente cresciuta l’attenzione per le fonti di finanziamento esterne: le oppor- tunità di reperire mezzi finanziari interagendo con il mondo delle imprese e con altre istituzioni hanno indotto un aumento delle attività di trasferimento scientifico-tecnologico e di commercializzazione dei risultati della ricerca.

“Le spinte endogene di ricerca di nuove forme di finanziamento e gli stimoli esogeni di domanda di nuova conoscenza da parte delle imprese, interessate anch’esse ad aprire finestre su filoni di ricerca emergenti, hanno determinato la tendenza all’emergere di un nuovo modello di università, caratterizzato da nuovi e più intensi rapporti di collaborazione con il mondo delle imprese e con quello delle istituzioni e che contribuisce, sovente con un ruolo centrale, allo sviluppo economico e sociale sia a livello globale che nella propria regione di riferimento, assumendo in alcuni casi anche un ruolo di regia della gover- nance del sistema dell’innovazione” (Piccaluga, Lazzeroni e Balderi, 2008).

Questo nuovo modello di università e l’evoluzione nelle modalità di produrre nuova conoscenza e di trasformarla in innovazioni che lo hanno accompa- gnato sono state oggetto di grande attenzione in letteratura e le modellizza- zioni proposte per descriverla sono numerose (Box 8.1).

Box 8.1

Il framework teorico di riferimento (cenni)

Kline e Rosenberg (1986) sottolineano, adottando una visione oggi generalmente condivisa, che la l’innovazione è legata a una serie di fattori molto più ampia della R&S e che i processi innovativi si svolgono non solo in forma lineare, bensì secondo meccanismi di trial-error-feedback. Nel tentativo di evocare la natura multidirezionale dei flussi informativi che procedono dalla R&S di base verso la fase di sviluppo e applicazione, ma anche all’inverso, Kline e Rosenberg, in contrapposizione al modello lineare di innovazione, definiscono questa modalità di funzionamento come “modello a catena”.

L’approccio dei sistemi nazionali di innovazione (Lundvall, 1988; Nelson, 1993) oltre a riconoscere la dinamica non-lineare del processo di creazione e diffusione della conoscenza, sottolinea come le capacità innovative di un sistema non dipendano solo dall’attività di R&S dei singoli attori quanto dalle interazioni fra questi e come, di conseguenza, le attività innovative abbiano intrinsecamente natura sistemica e implichino relazioni (collaborative, di scambio, di competizione, ecc.) fra mondo della ricerca e mondo delle imprese.

Gibbons et. al. (1994) sottolineano come l’evoluzione del sistema della ricerca abbia segnato il passaggio da un modello in cui la nuova conoscenza viene prodotta nell’ambito delle singole discipline, soprattutto nelle università e nei centri di R&S, con una scarsa connessione con i reali bisogni emergenti dal mondo delle imprese (Mode 1), a un modello in cui la ricerca segue impostazioni interdisciplinari, con il coinvolgimento di una varietà di istituzioni (laboratori pubblici e privati) e con una maggiore interazione tra sistema scientifico e quello produttivo (Mode 2).

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Il modello messo a punto da Etzkowitz e Leydesdorff (2000) e definito della Triple Helix prende in considerazione il legame sempre più intenso che si instaura tra gli ambiti dell’università, dell’industria e della PA nella produzione di conoscenza e nella generazione di processi innovativi. Questo approccio pur introducendo altri attori nella produzione di conoscenza e nei processi innovativi, non implica un ridimensionamento del ruolo dell’università; al contrario quest’ultima vede aumentare la propria centralità se accetta i cambiamenti in atto. Accanto alle funzioni di formazione e di ricerca l’università è infatti chiamata a interagire con l’esterno svolgendo un ruolo anche all’interno delle altre sfere istituzionali (imprese e PA) e accettando che quest’ultime svolgano attività all’interno della propria. L’università realizza così un’importante funzione di intermediazione e di trasferimento di conoscenza e di tecnologia nel tessuto economico. Il modello della Tripla elica mette così in evidenza l’emergere nell’università di una terza missione, oltre a quella della ricerca e della formazione: quella di partecipazione allo sviluppo economico della società e in particolare della regione di riferimento, assumendo un ruolo diverso rispetto al passato e con caratteristiche che vengono definite “imprenditoriali”.

Il legame tra università, imprese e istituzioni, oltre ad avere una dimensione nazionale ne ha anche una regionale. Anzi, la regione rappresenta l’ambito territoriale privilegiato all’interno del quale l’università gioca un ruolo di spicco per la crescita tecnologica del sistema produttivo, sia attraverso la formazione di risorse umane sia con l’instaurazione di rapporti di collaborazione con le imprese e altre istituzioni. La presenza di un’organizzazione reticolare tra i soggetti coinvolti nei processi di innovazione costituisce la base teorica di un ampio filone di letteratura (Braczky et al., 1998) che pone al centro della propria attenzione il Regional Innovation System (RIS). Il Regional Innovation System viene descritto come composto di due sottosistemi, strettamente interdipendenti: quello della applicazione e sfruttamento delle conoscenze, dove interagiscono le imprese con i loro, clienti, fornitori, collaboratori e i loro competitor, e quello dove si genera la conoscenza e si organizza la sua diffusione, dove interagiscono istituzioni formative, di ricerca, agenzie di trasferimento, ecc.. Questi due sottosistemi sono strettamente interdipendenti e le relazioni fra essi si determinano in termini di collaborazioni (es. impresa-università), ma anche tramite lo scambio di capitale umano, di risorse e di conoscenze. L’interazione fra queste due componenti genera un “system of collective order” basato su comportamenti di fiducia e comprensione reciproca, su sistemi di relazioni consolidate nel corso del tempo, su flussi di informazione stabili e duraturi e, pur in presenza di competizione, su forme di collaborazione tra i membri che appartengono alla comunità regionale dell’innovazione.

In generale i mutamenti intervenuti nella produzione di conoscenza e nei processi di innovazione stanno portando le università a superare la logica autoreferenziale del passato. Oggi esse si aprono sempre più verso l’esterno, alimentano il territorio non solo di capitale umano ma anche di progetti di innovazione, trasferiscono servizi e nuove tecnologie, attivando nello stesso tempo processi di retroazione, che rendono l’università più sensibile alle pro- blematiche e alle necessità delle imprese e/o del sistema locale.

Questo non significa assolutamente sminuire le funzioni originarie dell’uni- versità, ma piuttosto riconoscere che il ruolo di quest’ultima è oggi molto più ampio. Una valutazione complessiva del mondo universitario toscano oltre alla funzione formativa dovrà considerare le altre tre funzioni richiamate all’inizio: quella di knowledge factory, quella di technology transfer factory e quella di territorial development factory.

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