2. Gli anni ‘80 e i disaccordi provinciali sulla modificazione della
2.1. Dalla difficile posizione del Québec alla sentenza Re: Resolution to
Resolution to Amend the Contitution
Sulla scia del nazionalismo rafforzatosi durante gli anni ’60 – 70, galoppando l’onda della recente vittoria elettorale del Partì Québécois, nel 1980102, il Primo Ministro del Québec, R. Lévesque, indisse un referendum popolare: voleva ottenere che il Governo provinciale fosse mandato a negoziare una soluzione di libera associazione, su un piano di parità, tra il Québec e il resto del Canada. La proposta di “nuovo accordo” (new deal) consisteva in un partenariato tra eguali: l’associazione di due soggetti pienamente sovrani, basata sull’uguaglianza delle due Nazioni. L’accordo avrebbe consentito al Québec di acquisire il potere esclusivo di fare le proprie leggi, riscuotere le tasse e stabilire relazioni all’estero; allo stesso tempo, la Provincia avrebbe mantenuto relazioni economiche privilegiate con il Canada, tra cui una moneta comune. Nella proposta era altresì specificato che qualsiasi cambiamento di status politico risultante dai negoziati, sarebbe stato attuato solo con il consenso popolare, da verificarsi tramite un altro referendum103. In sostanza, la proposta del Governo del Québec si basava sulla visione “binazionale” del Paese, ormai cara ai franco – québécois: il
102
Il Canada tra riforma della Costituzione e secessione, di T. Groppi, in Lo sviluppo dei diritti fondamentali in Canada: tra universalità e diversità culturale, G. Rolla (a cura di), Giuffré, Milano, 2000, p. 21
103
Il testo francese della proposta costituzionale: “Le Gouvernement du Québec a fait connaître sa proposition d’ en arriver, avec le reste du Canada, à une nouvelle entente fondée sur le principe de l’égalité des peuples ; cette entente permettrait au Québec d’acquérir le pouvoir exclusif de faire ses lois, de percevoir ses impôts et d’établir ses relations extérieures, ce qui est la souveraineté, et, en même temps, de maintenir avec le Canada une association économique comportant l’utilisation de la même monnaie; aucun changement de statut politique résultant de ces négociations ne sera réalisé sans l’accord de la population lors d’un autre référendum ; en conséquence, accordez-vous au Gouvernement du Québec le mandat de négocier l’entente proposée entre le Québec et le Canada?”.
Québec, in quanto società distinta, chiedeva da tempo il riconoscimento di uno speciale status costituzionale. In quell’occasione, la Provincia francofona rivendicava nientemeno che una piena potestà su determinati settori della vita politica, sociale ed economica, per lo sviluppo delle proprie peculiarità culturali e linguistiche. In ogni caso, la proposta fu rigettata con circa il 60 % di voti contrari alla “libera associazione”104. La risposta federale non tardò: nell’estate del 1980 il Governo del Canada presentò alla Camera dei Comuni un documento intitolato “Priorità per una nuova Costituzione canadese”, un progetto di revisione costituzionale, che includeva una formula di emendamento provvisoria (da confermarsi con un successivo referendum) e un Charter of Rights
and Freedoms. Nei primi mesi del 1981 si aprì un intenso confronto
costituzionale: il Governo Trudeau faceva pressioni sul Parlamento di Ottawa per affrettare l’approvazione della risoluzione, mentre le Province di Manitoba, Newfoundland e Québec adirono le rispettive Corti d’Appello per chiedere se un’azione federale unilaterale di modifica costituzionale fosse legittima105.
Nell’aprile del 1981 i Primi Ministri delle otto province dissenzienti sul progetto federale di rimpatrio, ribattezzati “The Gang of Eight”, s’incontrarono e redassero un “Constitutional Accord: Canadian
Patriation Plan”, in cui concordavano una formula di emendamento
alternativa rispetto a quella proposta dal Governo federale. Essa era preferibile, poiché riconosceva l’uguaglianza delle Province del Canada e la necessità di ottenere il consenso popolare prima di approvare qualsiasi emendamento alla Costituzione. Il Québec abbandonava la richiesta di veto in cambio di una clausola di compensazione totale (opting out),
104
Archivio dell’Università di Marianopolis; archivio digitale della CBC Canada; archivio digitale di Radio Canada su www.archives.radio-canada.ca.
105
Le Corti delle diverse Province emisero verdetti differenti: la Corte d’Appello del Manitoba sostenne la non correttezza dell’azione federale perché “Canada had not one responsible government but eleven” e per il principio del governo responsabile la Corona non può legiferare per le province canadesi, né il governo federale può chiederle di farlo. Per ampliare il discorso si veda sia la sentenza della Corte d’Appello del Manitoba sia il documento Getting it wrong: how Canadians forgot their past and imperilled Confederation, P. Romney, 1999, University of Toronto Press, Toronto, pp. 273 – 274.
cioè: nel caso in cui una Provincia avesse dissentito rispetto a una modifica che conferiva maggiori poteri al Parlamento federale, il Governo del Canada avrebbe provveduto a una “ragionevole compensazione” per il Governo di quella Provincia, stimando il costo necessario per l’esercizio delle funzioni trasferite nelle Province consenzienti106.
Dato che il Governo federale si opponeva all’accordo, continuando a sostenere la validità del proprio progetto di modifica costituzionale, la proposta federale del 1981 fu portata all’attenzione della Corte Suprema con lo strumento del reference107.
Le otto Province chiedevano alla Corte Suprema: (1) se le modifiche proposte alla Costituzione riguardavano i “poteri, diritti o privilegi” delle Province, le loro funzioni legislative o di governo e, se sì, in che misura; (2) se esisteva una convenzione costituzionale che obbligava il Parlamento federale ad ottenere il consenso delle Province, prima di chiedere al Parlamento l’approvazione di un emendamento alla Costituzione che tocca i loro interessi; (3) se le condizioni dell’Unione (terms of Union) tra le Province e il Canada potevano essere modificate, “direttamente o indirettamente”, senza il consenso del
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Testo della proposta in inglese: “In return for not insisting upon a Québec veto, Premier Levesque obtained a constitutional guarantee of total compensation for opting out: in the event that a Province dissents from an amendment conferring legislative jurisdiction on Parliament, the Government of Canada shall provide reasonable compensation to the government of that Province, taking into account the per capita costs to exercise that jurisdiction in the Provinces which have approved the amendment”. Ciò che univa il Québec alle altre Province di common law, in quel momento, era l’opposizione a una Carta dei diritti e delle libertà che Lévesque considerava “uno strumento per ridurre i poteri del Québec; lo stesso valeva per le altre Province anglo – canadesi, perché questo tipo di Bill of Rights in stile americano “è completamente estraneo alla tradizione non scritta delle istituzioni britanniche”; Memoirs, R. Lévesque, McClelland and Stewart, Toronto, 1986, p. 318.
107
Il giudizio di reference è un controllo di costituzionalità astratto, svolto dalla Corte Suprema canadese su richiesta dei Governi, federale o provinciali, o dalle Camere. Tania Groppi (Canada, Il Mulino, Bologna, p. 137) pone l’accento sull’atipicità di questo meccanismo di controllo misto rispetto al judicial review statunitense e anche alla Gran Bretagna (con cui il Canada condivide la tradizione di common law). Infatti, negli altri ordinamenti anglo – americani, il controllo di costituzionalità è diffuso e a posteriori e non, come negli ordinamenti europei, astratto e a priori.
Governo, dell’Assemblea legislativa o della maggioranza della popolazione della Provincia espressa in un referendum.
Il giudizio di reference si concluse con una sentenza divenuta storica (Re:
Resolution to Amend the Contitution, 1981, 1.SCR. 753). La Corte
ritenne all’unanimità che le modifiche proposte dal Governo federale incidevano sui poteri delle Province. Per quanto riguarda la seconda questione, con una maggioranza di sette giudici su nove, la Corte affermò che il Governo federale avesse l’autorità per chiedere unilateralmente una modifica costituzionale e che nessun principio positivo del federalismo sarebbe stato violato dal Parlamento se avesse proceduto senza il consenso delle Province. Tuttavia, seppur legale, l’azione del Governo non era stata costituzionalmente corretta perché esisteva una convenzione costituzionale per cui doveva essere chiesto il consenso delle Province per modificare parti della Costituzione che toccano i loro interessi. La stessa Corte riconosceva, però, che la convenzione non impone la regola dell’unanimità, bensì il raggiungimento di un “substancial degree”. La risposta della Corte Suprema fu decisiva nella vicenda: una violazione c’era stata, di regole (non scritte) che rivestono una fondamentale importanza negli ordinamenti di common law come il Canada; inoltre, il Parlamento della Gran Bretagna, la cui forma di governo si basa prevalentemente su regole di carattere convenzionale, non avrebbe mai appoggiato una proposta siffatta.