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La dimensione sonora dello spazio urbano: verso un’“ecologia sensibile del

2.1 La città uditiva: ascolto ed esperienza urbana

2.1.2 La dimensione sonora dello spazio urbano: verso un’“ecologia sensibile del

mondo quotidiano”216

Attraversiamo una grande capitale moderna, con le orecchie più attente che gli occhi, e godremo nel distinguere risucchi d’acqua, d’aria o di gas nei tubi metallici, il borbottio dei motori che fiatano e pulsano con una indiscutibile animalità, il palpitare delle valvole, l’andirivieni degli stantuffi, gli stridori delle seghe meccaniche…

Luigi Russolo217

L’interesse per la dimensione sonora degli ambienti quotidiani – anticipato dalle sperimentazioni delle avanguardie musicali del XX secolo – si afferma inizialmente in Canada, alla Simon Fraser University di Vancouver, alla fine degli anni Sessanta grazie al compositore e musicologo Raymond Murray Schafer. È, infatti, Murray Schafer a fondare il World Soundscape Project, un progetto di ricerca dedicato allo studio e alla documentazione del suono nel suo contesto ambientale attraverso campagne di field recording, analisi e descrizione. A distanza di più di quarant’anni i soundscape studies sono divenuti un campo di ricerca ampio e articolato che manifesta un numero consistente di analisi teoriche ed empiriche e gruppi di ricerca a livello internazionale218.

Nel suo saggio più noto, The Tuning of the World (1977), Murray Schafer concepisce il mondo come una “immensa composizione musicale”219. Certamente

215 Paul Rodaway, Sensuous Geographies: Body, Sense and Place, cit., p. 90 (traduzione mia).

216 Jean-Paul Thibaud, “La ville à l’épreuve des sens”, in Olivier Coutard, Jean-Pierre Lévy, (a cura di), Ecologies urbaines: états des savoirs et perspectives, Economica Anthropos, Paris 2010, pp. 198-213, http://doc.cresson.grenoble.archi.fr/opac/doc_num.php?explnum_id=332 (ultimo accesso 30 agosto 2011), p. 1.

217 Luigi Russolo, L’arte dei rumori (1913), Stampa Alternativa-Nuovi Equilibri, Viterbo 2009.

218 Il World Soundscape Project è ora conosciuto con il nome di World Forum for Acoustic Ecology, costituitosi nel 1993 a Banff, in Canada, in occasione della prima International Conference on Acoustic Ecology.

Tesi di dottorato di Elena Biserna, discussa presso l’Università degli Studi di Udine

non è il primo: Luigi Russolo, già nel 1913, proclamava la musicalità del rumore urbano nel manifesto L’arte dei rumori; Walter Ruttmann, nel 1930, creava l’Hörspiel Weekend, un ritratto sonoro di un fine settimana berlinese realizzato registrando e montando su pellicola sonora i suoni della città; Pierre Schaeffer dagli anni Quaranta componeva attraverso la manipolazione di suoni trovati e registrati, mentre John Cage proclamava il carattere musicale del suono contestuale e, nel 1952, portava nella sala da concerto il suo celeberrimo 4’33”220. La rivalutazione estetica del suono ambientale è un processo graduale nella ricerca sonora e musicale del XX secolo e ricalca, in parte, il parallelo processo di appropriazione del reale e della sfera quotidiana che caratterizza una fascia della ricerca artistica nelle arti visive, dalle Avanguardie Storiche alle Neoavanguardie.

Ciò che distingue la ricerca di Murray Schafer dall’introduzione del rumore in musica e dalle sperimentazioni con la registrazione, però, è l’intento etico e il fatto di aver reso sistematico lo studio interdisciplinare del suono ambientale dando vita a una vera e propria disciplina: l’ecologia acustica, un’area di ricerca che continua a evolversi in tutto il globo grazie a una crescente comunità di ricercatori e practitioners. Ma, forse ancora più distante dalle sperimentazioni rumoristiche, è la sua interpretazione dell’ascolto come pratica di relazione al mondo: per Schafer, il paesaggio sonoro è “un campo di interazioni” che si costruisce nella molteplicità sonora dell’ambiente, del contesto, e nella pratica dell’ascolto221. Il termine stesso “paesaggio sonoro” si riferisce esplicitamente alla relazione fra eventi sonori, considerati all’interno del contesto in cui si manifestano, e ascoltatore. In altri termini, per Schafer, “l’esperienza del suono è […] esperienza di un ambiente, dei movimenti che lo permeano e delle emozioni che collegano i suoni alla morfologia dei luoghi in cui lo esperiamo”222.

220 Si rimanda, per una visione d’insieme dei rapporti fra suono urbano e ricerca musicale dal Futurismo al World Soundscape Project, a Ricciarda Belgiojoso, Costruire con i suoni, Franco Angeli, Milano 2009 e, in particolare, alla prima parte “Suoni della città messi in musica”, pp. 15-50. Sulle ricerche musicali futuriste si veda anche: Daniele Lombardi, Carlo Piccardi (a cura di),

Rumori Futuri: studi e immagini sulla musica futurista, Vallecchi, Firenze 2004. Su Walter

Ruttmann e Weekend si veda Leonardo Quaresima (a cura di), Walter Ruttmann: cinema, pittura,

ars acustica, Manfrini, Trento-Rovereto 1994 e, in particolare, il saggio di Jeanpaul Goergen, “il

montaggio sonoro come ars acustica”, pp. 177-191.

221 Raymond Murray Schafer, Il Paesaggio Sonoro, cit., p. 183.

222 Carlo Serra, “Spazio musicale e paesaggi sonori”, in Paolo Scarnecchia (a cura di), Incontri, Ismez, Roma 2002, http://users.unimi.it/~gpiana/dm10/paesaggio/serra/serra.html (ultimo accesso

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Il rapporto di Murray Schafer con la dimensione sonora dello spazio urbano è però ambigua e caratterizzata da una attitudine nostalgica e, in definitiva, romantica verso un paesaggio sonoro preindustriale (attitudine che è stata definita come “anti-urbana” o “urban prejudice”223) che lo porta a considerare il

soundscape urbano come il frutto di un progressivo imbarbarimento che,

utilizzando la sua terminologia, si realizza nel passaggio da hi-fi (high fidelity) a

lo-fi (low fidelity) conseguente alla rivoluzione industriale:

In un paesaggio sonoro lo-fi i singoli segnali acustici si perdono all’interno di una sovrabbondante presenza sonora. Un suono limpido […] scompare, come mascherato, in un generico rumore a banda larga. La prospettiva non esiste più […]. C’è interferenza su tutti i canali e anche i suoni più ordinari per essere uditi devono venire amplificati224.

Nonostante la dicotomia gerarchica fra suoni naturali e urbani che questa interpretazione propone, a Schafer va riconosciuto il merito di aver compiuto un passo fondamentale nel riconoscimento dell’esperienza uditiva, catalizzando l’attenzione sulle qualità sonore del contesto ambientale quotidiano e concentrandosi sul suono da molteplici punti di vista, da quelli filosofici a quelli pedagogici, da quelli sociologici a quelli storici, da quelli estetici a quelli progettuali, fungendo di fatto da propulsore per molte delle linee di ricerca che convergeranno nel campo dei sound studies225.

Lo scopo fondamentale dell’analisi di Schafer, infatti, è la costituzione di un nuovo campo di ricerca e studio interdisciplinare che consenta – unendo le possibilità analitiche e le strategie progettuali di urbanistica, sociologia, acustica, geografia, musicologia e architettura – di conoscere e analizzare il paesaggio

20 febbraio 2011, enfasi dell’originale). Riprenderemo questo tema, in relazione alla musica concreta di Schaeffer nel paragrafo 2.2. “Listening Walks”.

223 Andrea Mubi Brighenti, “Soundscapes, Events, Resistance”, in Soundscapes, Lo Squaderno, n. 10, dicembre 2008, pp. 29-31, http://www.losquaderno.professionaldreamers.net/?cat=134 (ultimo accesso 18 ottobre 2011); Sophie Arkette, “Sounds like City”, in Theory, Culture & Society, vol. 21, n. 1, 2004, p. 160.

224 Raymond Murray Schafer, Il Paesaggio Sonoro, cit., p. 67.

225 Non sembra essere un caso se molte delle antologie dedicate ai sound studies o alle pratiche artistiche sonore includono testi di Raymond Murray Schafer; si vedano, ad esempio, Michael Bull, Les Back, (a cura di), Auditory Culture Reader, cit.; Christoph Cox, Daniel Warner (a cura di), Audio Cultures: Readings in Modern Music, Continuum, London 2004; Kaleb Kelly (a cura di), Sound, Whitechapel Gallery-The MIT Press, Cambridge-London 2011.

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sonoro e poter quindi rintracciare principi di intervento per la riqualificazione dell’ambiente acustico quotidiano nella convinzione che “noi siamo contemporaneamente gli ascoltatori, gli esecutori e i compositori di questa composizione”226. Una competenza e consapevolezza allargata e diffusa delle caratteristiche dell’ambiente sonoro in cui viviamo è, per Schafer, la base di un interesse attivo e generalizzato da parte della comunità e, di conseguenza, per un miglioramento effettivo del paesaggio sonoro.

La ricerca e la teoria urbanistica recente sembrerebbe aver accolto l’invito di Murray Schafer manifestando un crescente interesse per quella che, seguendo Jean-Paul Thibaud, potremmo chiamare “ecologia sensibile del mondo quotidiano”227. Come le analisi teoriche non si propongono di sostituire un paradigma visivo con uno uditivo (ma, al contrario, di riformulare un’economia dei sensi policentrica), così, in ambito architettonico e urbanistico, la letteratura volta a indagare la dimensione sonora dello spazio si sviluppa in stretta relazione all’affermazione di un più ampio approccio esperienziale attento alle qualità polisensoriali dello spazio urbano228. Il rifiuto post-modernista di un’architettura

226 Idem, p. 285. Per una descrizione degli elementi base al centro della ricerca dell’ecologia acustica, si veda: Kendall Wrightson, “An Introduction to Acoustic Ecology”, in Soundscape. The

Journal of Acoustic Ecology, vol. 1, n. 1, spring 2000, http://www.ciufo.org/classes/

sonicart_sp09/readings/Intro_AE.pdf (ultimo accesso 07 settembre 2011).

227 Jean-Paul Thibaud riconduce l’approccio sensoriale alla città a tre prospettive principali: l’estetica della modernità espressa, all’inizio del XX secolo, dagli scritti di Georg Simmel, Siegfried Kracauer e Walter Benjamin; l’estetica ambientale di matrice anglosassone a sua volta declinata in due diverse linee interpretative – quella cognitiva e quella sensoriale – e, infine, l’approccio estetico alle atmosfere urbane, di matrice fenomenologica, sviluppatosi parallelamente in Francia e Germania ad opera del filosofo Gernot Böhme e di Jean-Francois Augoyard. Uno degli elementi centrali di questo approccio risiede in ciò che Thibaud chiama “l’unité du monde sensible”, vale a dire il carattere intersensoriale delle atmosfere urbane; Jean-Paul Thibaud, “La ville à l’épreuve des sens”, cit. Per la nozione di “atmosfera” si veda anche Gernot Böhme, “Atmosfere Acustiche. Un contributo all’estetica ecologica”(“Acoustic Atmospheres”, in

Soundscape. The Journal of Acoustic Ecology, n. 1, 2000, pp. 14-18), in Antonello Colimberti (a

cura di), Ecologia della Musica. Saggi sul Paesaggio Sonoro, Donzelli, Roma 2004 e Id.,

Atmosfere: la relazione fra musica e architettura oltre la fisica, in Metamorph. 9. Mostra Internazionale di Architettura. Focus, catalogo della mostra diretta da Kurt W. Foster, Marsilio,

Venezia 2004, pp. 109-115. Nel primo di questi saggi, Böhme definisce l’“Atmosfera” come un “fenomeno interstiziale” che si colloca tra soggetto e oggetto: “delle sensazioni quasi oggettive riversate nello spazio”, ma che allo stesso tempo sono anche “soggettive poiché non esistono al di fuori del soggetto che le esperisce”.

228 Se si considerano le pubblicazioni venute alla luce nell’ultimo decennio, l’approccio sensoriale all’urbanistica e all’architettura appare tutt’altro che marginale. Si vedano, fra gli altri, David Howes, “Architecture of the Senses”, in Mirko Zardini (a cura di), Sense of the City. An Alternate

Approach to Urbanism, catalogo della mostra, Lars Müller, Montréal 2005; Steven Holl, Juhani

Pallasmaa, Alberto Perez-Gomez, Questions of Perception: Phenomenology of Architecture, William K Stout Pub, San Francisco 2007; Peter Zumthor, Atmospheres, Birkhäuser, Basel 2006;

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razionalista, funzionalista e formalista sfocia in una prospettiva opposta che conferisce al corpo umano il ruolo di interfaccia nell’esperienza del reale. Parallelamente la prassi mostra un interesse crescente per l’intero spettro sensoriale e per i valori sonori, olfattivi, tattili e termici dell’ambiente costruito229.

Sense of the City. An Alternate Approach to Urbanism – una mostra a cura

di Mirko Zardini tenutasi a Toronto, al Canadian Centre for Architecture, tra il 2005 e il 2006 – manifesta chiaramente l’affermazione di questo sottobosco di ricerche proponendo un approccio sensoriale all’urbano (già dal titolo definito come “alternativo” rispetto all’impostazione prevalentemente visuale della pianificazione tradizionale). Nel saggio introduttivo al catalogo della mostra, il curatore evidenzia come l’urbanistica abbia a lungo privilegiato l’occhio rispetto agli altri sensi e, al contrario, odori e suoni siano stati valutati esclusivamente come fattore di disturbo e, quindi, presi in considerazione esclusivamente come elementi da eliminare, marginalizzare, attutire e minimizzare. Una duplice preoccupazione sembra aver dominato lo sviluppo della città moderna: quella per la piacevolezza visiva e quella per l’igiene, portando a un depauperamento della sfera sensoriale che, per l’autore, si è ulteriormente accentuato nella città globale, dominata dall’omogeneizzazione e dalla standardizzazione230. L’approccio proposto da Zardini riscopre le basi fenomenologiche della percezione spaziale e riporta il corpo e i sensi al centro della definizione dello spazio.

L’universo della sonorità è tradizionalmente entrato nel discorso e nella prassi architettonica in due modalità: come un elemento da controllare tramite gli strumenti dell’ingegneria acustica o come metafora per l’architettura. Oggi sembrerebbero emergere i presupposti per un cambiamento: se fino a qualche anno fa la letteratura e gli studi sulle potenzialità teoriche e progettuali di una prospettiva sonora si contavano sulle dita di una mano, attualmente il numero di

Anna Barbara, Storie di architettura attraverso i sensi. Nebbia, aurorale, amniotico…, Mondadori, Milano 2000.

229 Come commenta Thibaud, d’altro canto, “la maîtrise croissante de l’environnement sensoriel des villes – au moyen de techniques d’illumination, sonorisation, ventilation, odorisation et autres stretégies d’animation – tend à produire des espaces de plus en plus conditionnés, lassant peu de place aux rituels d’interaction entre passants et aux possibilités d’improvisation du public”; Jean-Paul Thibaud, “La ville à l’épreuve des sens”, cit.; si veda anche Maarten Hajer, Arnold Reijndorp, In Search of New Public Domain, Nai Publishers, Rotterdam 2001.

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pubblicazioni che si concentrano sulla relazione fra suono e spazio è notevolmente aumentato lasciando presagire un’attenzione crescente anche all’interno delle discipline architettoniche e urbanistiche231.