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Max Neuhaus: Listen

Our perception of space depends as much on what we hear as on what we see.

Max Neuhaus295

Nel 1966 Max Neuhaus, fino ad allora affermato percussionista, abbandona la sala da concerto per tuffarsi nella molteplice sonorità del mondo.

Listen è una serie di lavori in formati eterogenei realizzati nell’arco di dieci anni.

Un imperativo scritto a caratteri maiuscoli dà il titolo a questa serie di eventi, un esplicito invito ad ascoltare anche (e soprattutto) al di fuori della sala da concerto. Il nucleo fondamentale del progetto è una serie di passeggiate di ascolto collettive guidate dall’artista e realizzate in diverse città americane. Il primo percorso,

294 Michel Chion, Le promeneur écoutant. Essais d’acoulogie, Editions Plume, Paris 1993.

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organizzato nel 1966 per le vie di Manhattan con un piccolo gruppo di amici, viene descritto dall’artista in questo modo:

Ho timbrato un LISTEN sulla mano di ognuno e ho cominciato a camminare con loro lungo la 14esima verso l’East River. In quel punto la strada passa attraverso una centrale elettrica e, come avevo notato precedentemente, si sentono dei rombi spettacolari e potenti. Abbiamo continuato attraversando l’autostrada e camminando accompagnati dal suono dei suoi copertoni verso il fiume per alcuni isolati, riattraversando l’autostrada su di un ponte pedonale, tagliando attraverso le scene di vita portoricana del Lower East Side fino al mio studio, dove ho eseguito alcuni pezzi di percussione per loro296.

Da allora Neuhaus ha ripetuto queste passeggiate in molte città diverse nella forma di “Conferenze – Dimostrazioni”: il pubblico, giunto per ascoltare un concerto, si ritrovava a vagare lungo percorsi scelti dall’artista nell’ambiente quotidiano di strade, quartieri, ponti e palazzi, spingendosi a volte in zone inaccessibili o aree industriali. “Il gruppo procedeva in silenzio”, racconta ancora Neuhaus, “e al momento in cui ritornavano alla sala molti avevano scoperto un nuovo modo di ascoltare”297.

Questa serie di lavori, che Neuhaus definisce “la mia prima opera indipendente come artista”, rappresentano in realtà uno stadio intermedio fra il suo background di esecutore di musica contemporanea d’avanguardia e il successivo passaggio all’installazione; decretano la progressiva fuoriuscita dell’artista dal sistema della musica298.

296 Max Neuhaus, “Listen”, in Max Neuhaus. Elusive Sources And ‘Like’ Spaces, Giorgio Persano, Torino 1990, p. 20.

297 Idem, p. 21.

298 Idem, p. 20. L’artista negli anni Sessanta si esibisce in Europa e Stati Uniti sperimentando con strumenti a percussione e con modalità esecutive non convenzionali in composizioni di John Cage, Morton Feldman, Karlheinz Stockhausen e Pierre Boulez, fra gli altri. Dal 1966 si dedica a ricerche sonore decisamente al di fuori dalla tradizione musicale. Oltre a Listen, American Can (1966-67) – una performance collettiva allineata alle modalità Fluxus in cui i partecipanti sono invitati a calciare delle lattine a terra in un parco e altri luoghi della città – la serie Water Whistle (1971-74) – realizzata in piscine pubbliche e universitarie statunitensi, in cui esplora l’universo sonoro che si dispiega quando si è immersi nell’acqua – e Drive-In-Music (1967-68), un’installazione realizzata a Buffalo; per quest’ultimo lavoro Neuhaus installa venti trasmettitori radio lungo una strada della città che diffondono suoni udibili esclusivamente attraverso l’autoradio; ogni viaggiatore aveva occasione di comporre la propria “musica” personale in relazione alla direzione, alla velocità del viaggio, alle condizioni atmosferiche. In questi lavori possiamo notare un progressivo abbandono dell’elemento performativo e un crescente interesse

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La rivalutazione estetica del suono ambientale e urbano che si realizza in

Listen si riallaccia certamente a Russolo, alla musica concreta e John Cage, ma

Neuhaus si spinge molto oltre. Con il celebre 4’33” Cage aveva sancito il definitivo accesso del rumore, del suono ambientale non manipolato né registrato, nel regime estetico musicale. Cage è protagonista, in ambito sonoro, di quel passaggio dalla rappresentazione alla presentazione che caratterizza una larga fascia della ricerca artistica contemporanea. L’investimento estetico del quotidiano, che affonda le sue radici nel ready-made duchampiano, diviene, con Cage, un processo udibile: “Tutto ciò che faccio è dirigere l’attenzione ai suoni dell’ambiente”, spiega299. 4’33” è una performance per qualsiasi strumento in cui l’esecutore per quattro minuti e trentatré secondi rimane completamente immobile, senza suonare alcuna nota e, quindi, senza produrre alcun suono300. Il silenzio diviene strumento per rivelare la vitalità sonora dell’ambiente e del contesto performativo, per risvegliare, progressivamente, l’ascolto del suono ambientale: i rumori prodotti dall’audience, i colpi di tosse, i movimenti, il traffico proveniente dall’esterno.

L’importanza di 4’33”, però, non risiede tanto nell’emancipazione musicale del rumore, ma consiste soprattutto nell’inclusione del contesto e dell’audience all’interno del regime estetico (e, di conseguenza nell’espansione dei limiti della tradizione musicale): il contesto performativo e il pubblico divengono materiale musicale, elementi in grado di determinare il risultato formale della performance. Queste modalità operative tendono a conferire nuova attenzione e importanza al processo, piuttosto che al risultato finale, al caso piuttosto che all’autorialità: il compositore non è interessato a definire un oggetto estetico, ma a ideare una situazione o a fornire delle regole per “atti il cui risultato è sconosciuto”301. In ogni caso, rimaniamo all’interno della cornice musicale: è

nei confronti dello spazio che sarà alla base dei suoi place works. Nel 1968, al vertice della sua carriera musicale, Neuhaus decide di abbandonare definitivamente il mondo della musica. Le sue opere successive saranno realizzate esclusivamente nel contesto delle arti visive: in spazi urbani, quotidiani, o in musei e gallerie.

299 John Cage, For the Birds, Marion Boyars, London-Boston 1995, p. 98 (traduzione mia).

300 La prima performance del pezzo fu a Woodstock, alla Maverick Concert Hall, il 29 agosto del 1952; l’esecutore in questa occasione era David Tudor e lo strumento prescelto il pianoforte.

301 John Cage, cit. in Michael Nyman, Experimental Music: Cage and Beyond, Cambridge University Press, Cambridge 2006, p. 4 (traduzione mia).

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proprio l’utilizzo del sistema istituzionale e formale di presentazione della musica (la sala da concerto, il pubblico seduto, la durata predeterminata, l’ingresso dell’esecutore) a creare le condizioni di possibilità per la focalizzazione del suono contestuale.

Nonostante Neuhaus condivida l’elemento centrale di 4’33” – “spostare la produzione di musica dal sito di produzione a quello dell’ascolto”302 – l’operazione portata avanti da Neuhaus è però più radicale303. Piuttosto che inserire il rumore in un contesto estetico, elevandolo al rango di musica, Neuhaus porta il fruitore ad ascoltare il suono nel contesto quotidiano fuori da ogni cornice istituzionale, anche se sfruttando alcuni aspetti del sistema (il pubblico accorre per assistere a una performance o a una conferenza) al fine di sottolineare la sua richiesta di un ascolto attento. L’artista si chiede: “Perché limitare l’ascolto a una sala da concerto? Invece di portare questi suoni in una sala, perché non portare semplicemente il pubblico fuori?”304. Questo è esattamente quello che fa, invitando gruppi di persone a esplorare il tessuto urbano lasciandosi guidare dalle orecchie, invece che dagli occhi. Attraverso l’indicazione, la scelta e l’invito dell’artista, il paesaggio sonoro quotidiano assume un valore estetico, diviene un

ready-made uditivo tramite uno straniamento percettivo, ma senza essere sottratto

alla catena di associazioni contestuali e al rapporto con lo spazio urbano. In altre parole, Listen attua un processo di espansione della pratica cageana paragonabile all’espansione del ready-made duchampiano attuata dai dadaisti parigini con l’escursione a Saint-Julien-le-Pauvre.

È l’artista stesso a descrivere la distanza che il passaggio dalla sala da concerto allo spazio urbano determina:

302 Douglas Kahn, Noise, Water, Meat: A History of Sound in the Arts, The MIT Press, Cambridge 1999, pp. 158-164 (traduzione mia).

303 Alla fine degli anni Sessanta, Cage stesso aveva aggiornato la sua interpretazione di 4’33” da performance da tenersi all’interno di una sala da concerto a esperienza di attivazione dell’ascolto da tenersi in qualsiasi luogo. Nel 1968 4’33” viene realizzata ad Harvard Square a Boston e, negli stessi anni, Cage elabora una versione filmica del pezzo in collaborazione con Nam June Paik selezionando aleatoriamente tramite gli I Ching i luoghi di Manhattan da riprendere, mentre nel 1971, come abbiamo visto, guida una passeggiata di ascolto del suono ambientale. Si veda anche

Silent Prayer (1948), un progetto di Cage mai realizzato che si configura come intervento diretto

nella sfera quotidiana: un pezzo di silenzio ininterrotto da vendere alla Muzak Corporation. Sul rapporto fra Neuhaus e Cage si veda: Liz Kotz, “Max Neuhaus: Sound into Space”, in Lynne Cooke, Karen Kelly (a cura di), Max Neuhaus. Times Square, Time Piece Beacon, Dia Foundation-Yale University Press, New Haven-London 2009, pp. 93-111.

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As a percussionist I had been directly involved in the gradual insertion of everyday sound into the concert hall, from Russolo through Varèse and finally to Cage who brought live street sounds directly into the hall.

I saw these activities as a way of giving aesthetic credence to these sounds – something I was all for – but I began to question the effectiveness of the method. Most members of the audience seemed more impressed with the scandal than the sounds, and few were able to carry the experience over to a new perspective on the sounds of their daily lives305.

Ancora maggiore è la distanza fra la ricerca di Neuhaus e la musica concreta, impegnata in un progetto di introduzione del rumore in musica che passa attraverso la sua registrazione, decontestualizzazione e trasformazione in “oggetto sonoro”. Listen si differenzia dalle sperimentazioni precedenti con il suono ambientale perché non si limita a risemantizzare (o de-semantizzare) ed estetizzare il rumore, ma mira alla creazione di una nuova esperienza del luogo e a una nuova esperienza di ascolto; o, meglio ancora, mira a creare le condizioni di possibilità per una diversa relazione fra spazio urbano e fruitore mediata dall’ascolto.

Da questo punto di vista, Listen anticipa l’interesse radicato dell’artista per la relazione fra il suono e lo spazio che caratterizza la sua intera ricerca estetica e che si concretizzerà nella lunga serie di installazioni sonore realizzate in spazi quotidiani o contesti espositivi nei decenni successivi. Il progetto contiene già alcune delle motivazioni principali alla base della sua ricerca: l’interesse per la contestualità, in primo luogo, per il suono in situ.

È proprio l’apertura del sistema artistico di quegli anni – caratterizzato da un’estrema interdisciplinarietà e da quell’espansione che Rosalind Krauss cristallizzerà nel suo fondamentale testo del 1978, “Sculpture in the Expanded Field” – a consentire alle ricerche di Neuhaus di trovare una collocazione al suo interno306. A partire dagli anni Settanta, infatti, Max Neuhaus si è affermato come un protagonista di quell’area di ricerca che, rifiutando una concezione di arte

305 Max Neuhaus, “Listen” (1988), in http://www.max-neuhaus.info/soundworks/vectors/ walks/LISTEN/LISTEN.pdf (ultimo accesso 24 ottobre 2011).

306 Rosalind Krauss, “Sculpture in the Expanded Field”, in October, vol. 8, primavera 1979, pp. 30-44.

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come produzione di oggetti e attraversando ogni confine disciplinare prestabilito, si è volta alla creazione di esperienze estetiche immateriali e context-oriented. Fermamente convinto delle possibilità dell’udito di influire fortemente sulla percezione dello spazio, Max Neuhaus opera un fondamentale cambiamento di paradigma, “quello di rimuovere il suono dal tempo e posizionarlo, invece, nello spazio” abbandonando la performance e dedicandosi alla realizzazione di installazioni site-specific307. Se, nella musica, il suono ha uno sviluppo prima di tutto temporale – un inizio, una durata, una fine – nelle installazioni di Max Neuhaus la dimensione temporale è esplosa, espansa, si configura come pura durata308. È il fruitore a gestire liberamente sia la dimensione temporale sia quella spaziale muovendosi autonomamente e creando una sequenza personale nello spazio definito dall’artista309. Il suono, quindi, esce dalla sala da concerto, con le sue convenzioni predeterminate e la relazione fissa e monodirezionale con il pubblico, e si colloca nello spazio reale portando alle estreme conseguenze alcune delle istanze della ricerca sperimentale post-cageana e riterritorializzandole all’interno del sistema artistico, in quegli anni maggiormente permeabile a questo tipo di ricerche310. Le installazioni di Max Neuhaus si caratterizzano, quindi, per

307 Max Neuhaus, “Introduction”, in Max Neuhaus. Sound Work. Volume III. Place, Cantz, Ostfidern 1994, p. 5. La lettura di questa affermazione di Neuhaus (che avrà amplissimo successo fino a condizionare l’interpretazione critica della sound art tout-court) che ci pare più interessante è quella proposta da Christoph Cox: il passaggio dalla musica all’installazione (da Neuhaus sintetizzato in un passaggio dal tempo allo spazio) è in realtà un triplice passaggio dalla performance live alla trasmissione elettronica, dalla sala da concerto allo spazio pubblico e dalla metrica musicale a drones ametrici; Christoph Cox, “Installing Duration: Time in the Sound Works of Max Neuhaus”, in Lynne Cooke, Karen Kelly (a cura di), Max Neuhaus. Times Square,

Time Piece Beacon, cit., p. 113.

308 Come nota Christoph Cox, “sound is irreducibly temporal […] sound art powerfully manifests time – not the pulsed time of music but the deeper time of duration”; Christoph Cox, “About Time”, in Artforum, vol. 46, n. 3, 2007, pp. 127-128.

309 Se nella sala da concerto (così come nella sala cinematografica), l’esperienza ha un inizio, una fine, una durata prestabilita e la relazione suono/pubblico è in gran parte predeterminata, nell’installazione è il singolo spettatore a determinare la durata della sua esperienza e, al contempo, a decidere autonomamente la sua posizione nello spazio. È uno spettatore mobile, “un passeggiatore”, come lo definisce Raymond Bellour in Fra le immagini: fotografia, cinema, video (L’Entre-Images. Photo. Cinema. Vidéo, La Différence, Parigi, 1990), Mondadori, Milano 2007, pp. 9-10. Un’analisi più puntuale delle modalità di fruizione proposte dalle sound walks in relazione alle interpretazioni della ricezione nell’installazione è affrontata nel Capitolo V, paragrafo 5.2 “Fra i dispositivi: installazione, performance, locative e mobile media art”.

310 Per un approfondimento del rapporto fra la ricerca di Max Neuhaus, la temporalità e la concezione processuale della musica di John Cage, si veda Christoph Cox, “Installing Duration: Time in the Sound Works of Max Neuhaus”, cit. Branden Joseph interpreta il passaggio dalla musica all’arte di Neuhaus in termini essenzialmente politici, Branden W. Joseph, “An Implication

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un sostanziale legame al contesto: l’ambiente, l’architettura, il paesaggio, le connotazioni sociali e storiche di un sito, diventano il punto di partenza per l’ideazione e progettazione dell’installazione e l’introduzione di cambiamenti quasi impercettibili nel soundscape attraverso l’inserimento di suoni di sintesi.

Fig. 9: Peter Moore, foto scattata durante Listen, 27 marzo 1966 © Estate of Peter Moore/Licensed by VAGA, NYC.

Listen, si pone all’origine di questi sviluppi successivi ma manifesta delle

peculiarità: l’artista rinuncia all’azione creativa (alla produzione di suono) per limitarsi a indicare l’esistente e, al tempo stesso, coinvolge il pubblico in un’azione guidata e controllata dall’artista (gli unici altri lavori, nella ricerca dell’artista, paragonabili a Listen da questo punto di vista sono American Can, performance collettiva realizzata nell’inverno del 1966-67, durante questa fase intermedia, e i Broadcast Works)311.

of an Implication”, in Lynne Cooke, Karen Kelly (a cura di), Max Neuhaus. Times Square, Time

Piece Beacon, cit., p. 64.

311 Mentre le installazioni di Neuhaus propongono un coinvolgimento del fruitore di stampo essenzialmente fenomenologico, in Listen il rapporto e l’interazione con il fruitore è diretto. Questo aspetto è centrale anche nei Broadcast Works (altro vettore di ricerca di Neuhaus) in cui la partecipazione del fruitore al momento creativo diviene base processuale di performance collettive che coinvolgono un pubblico potenzialmente infinito grazie all’utilizzo di tecnologie come il

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La scelta di un contesto quotidiano e urbano, invece, rimarrà una costante nella ricerca successiva dell’artista che molto spesso, anche trovandosi a lavorare all’interno di istituzioni artistiche, sceglierà di collocarsi ai margini, negli spazi accessibili da un pubblico allargato312. Il rifiuto delle sedi espositive ufficiali e la scelta di contesti quotidiani, d’altra parte, è condivisa da una larga fascia di artisti attivi fra gli anni Sessanta e Settanta nel campo dell’arte, dagli affiliati a Fluxus, a Gordon Matta-Clark, a Richard Serra313. Alla base di questa scelta c’è l’urgenza di relazionarsi con un pubblico allargato e di farlo al di fuori dei confini costrittivi dell’istituzione culturale: è l’artista stesso ad affermare, anche se a proposito di

Times Square (un’installazione realizzata nella celebre location newyorkese nel

1977), “I lavori di questo tipo si basano su due idee. La prima è di rivolgersi a un ampio spettro di persone, colte o meno. L’altra idea è il fatto che possano entrare nelle vite quotidiane delle persone”314.

La tipologia di spazi scelti da Neuhaus per le sue passeggiate è però altrettanto rivelatrice: non si tratta solo di spazi urbani liberamente accessibili, ma di luoghi ai margini, spazi industriali e in disuso. Le documentazioni di questa serie di passeggiate sono in realtà molto scarse; tuttavia, da una foto realizzata da Peter Moore (fig. 9) e da un poster creato dall’artista (fig. 10), è possibile risalire alla natura delle locations proposte: oltre alla centrale elettrica newyorkese visitata nel 1966, il poster riporta la fermata della metropolitana Hudson (marzo 1967) e la centrale elettrica a South Amboy, in New Jersey (luglio 1968), mente la

telefono e la radio (Public Supply, 1966; Radio Net, 1977) e internet (Auracle, 2004). In questi lavori Max Neuhaus sfrutta pionieristicamente le possibilità offerte dai media di divenire spazio di interazione pubblica; si veda: Max Neuhaus, “Broadcast Works and Audium”, http://www.max-neuhaus.info/soundworks/vectors/networks/ (ultimo accesso 22 ottobre 2011).

312 Si veda, ad esempio, Three to One – installazione realizzata in occasione di Documenta IX nel 1992 e pensata per l’edificio delle assicurazioni AOK piuttosto che per le sedi espositive ufficiali (e tutt’ora in situ) – oppure ad Untitled (1995), un’installazione permanente realizzata al Castello di Rivoli nelle due arcate prospicienti l’accesso al museo, in uno spazio liberamente accessibile.

313 Gli spazi espositivi e di ricerca alternativi al sistema museale e alle gallerie – dagli anni Sessanta sempre più spesso frequentati dagli artisti – differenziandosi completamente dal white

cube neutro e trasparente, costituiscono contesti altamente connotati che influenzano notevolmente

gli sviluppi artistici del periodo. Per una panoramica sugli spazi espositivi alle origini dell’installation art si veda, fra gli altri, Julie H. Reiss, From Margin to the Center. The Spaces of

Installation Art, The MIT Press, Cambridge-London 2001.

314 Max Neuhaus, “Lecture at the Seibu Museum, Tokyo. Talk and question period” (1982), in

Max Neuhaus. Sound Works, Volume I. Inscription, Cantz, Ostfildern-Stuggart 1994, p. 58

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foto, con in primo piano la mano recante il timbro e un cartello stradale di “stop”, mostra sullo sfondo un complesso industriale.

Fig. 10: Max Neuhaus, Listen poster (foto di Peter Moore) © The Estate of Max Neuhaus. Courtesy of The Estate of Max Neuhaus.

Lynne Cooke ricorda come, dalla metà degli anni Sessanta, Manhattan stesse attraversando una fase di deindustrializzazione con conseguente demolizione di numerosi distretti manifatturieri e come questi siti siano stati spesso oggetto di interventi artistici negli stessi anni315. I contesti scelti da Neuhaus, da una parte, si avvicinano a quelli in cui Smithson realizza il progetto

The Monuments of Passaic (1967) o a quelli attraversati dai Free Flux Tours

(1976): spazi industriali, banali, e luoghi abbandonati, ai margini della città. Molto simile è anche la volontà di coinvolgimento diretto del pubblico nell’esplorazione degli spazi: mentre la maggior parte delle ricerche peripatetiche del periodo sono portate avanti dall’artista in solitaria e vengono poi presentate al

315 Lynne Cooke, “Locational Listening”, in Id., Karen Kelly (a cura di), Max Neuhaus. Times

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fruitore attraverso documentazioni, mappe, diagrammi (come in Richard Long o in Stanley Brouwn), Neuhaus propone un’esperienza diretta di lettura dello spazio