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Tecnologie audio personali ed esperienza urbana

3.1 Città mediata: tecnologie audio personali

3.1.1 Tecnologie audio personali ed esperienza urbana

La ville se compose et se recompose, à chaque instant, par le pas de ses abitants

Pierre Sansot353

Camminare nello spazio urbano ascoltando suoni e musica in cuffia è diventata un’esperienza sempre più comune a partire almeno dal 1979, quando il Walkman fu per la prima volta lanciato sul mercato. Da allora, le tecnologie audio personali sono diventate un accessorio quasi indispensabile e sono prepotentemente entrate nelle abitudini e nei rituali quotidiani di milioni di persone, assumendo un ruolo sostanziale nella cultura uditiva contemporanea e inserendo l’esperienza mediale nelle maglie della quotidianità.

Il Walkman sancisce la normalizzazione concomitante dell’ascolto secondario (l’ascolto di media come attività secondaria, mentre si svolgono attività di routine) e dell’ascolto concentrato e isolato (fino ad allora permessa solo dai sistemi hi-fi in luoghi deputati o in ambienti domestici)354 trasformandoli in un’esperienza non solo mobile, ma anche assolutamente privata e personale.

La storia delle tecnologie audio è, infatti, anche la storia di processi di privatizzazione della sfera uditiva, la condizione di possibilità per poter pensare all’ascolto in termini privati: le cuffie rappresentano l’esito finale e più compiuto di questa progressiva privatizzazione355. La radio e i primi riproduttori portano nelle case il consumo di musica, in precedenza ristretto a spazi e situazioni deputate (sale da concerto, feste, ecc.). Negli anni Cinquanta si sviluppano i primi sistemi hi-fi, che consentono di esperire musica ad alta qualità e in modalità immersive anche nella propria abitazione. Con lo sviluppo delle tecnologie mobili e personali (la radio portatile prima e, progressivamente, il Walkman, il lettore CD, fino ai lettori MP3) e delle cuffie, queste modalità di ascolto privato possono,

353 Pierre Sansot, “Marcher, marcher dans la ville”, cit., p. 139.

354 Heike Weber, “Taking Your Favorite Sound Along: Portable Audio Technologies for Mobile Music Listening”, in Karin Bijsterveld, José van Dijck (a cura di), Sound Souvenirs. Audio

Technologies, Memory and Cultural Practices, Amsterdam University Press, Amsterdam 2009,

pp. 69-82.

355 Per Jonathan Sterne, con gli sviluppi delle prime tecnologie audio – il telefono, il fonografo, la radio – “The space of the auditory field became a form of private property, a space for the individual to inhabit alone”; Jonathan Sterne, The Audible Past: Cultural Origins of Sound

Tesi di dottorato di Elena Biserna, discussa presso l’Università degli Studi di Udine

per la prima volta, estendersi oltre l’abitazione, e diffondersi anche nello spazio pubblico e urbano. Creando “bolle comunicazionali”356, come le definisce Patrice Flichy, questi strumenti permettono all’utente di sovrapporre allo spazio reale uno spazio acustico di sua scelta e di riterritorializzare una modalità di ascolto privata e individuale nella mobilità dei percorsi quotidiani.

Come viene ridefinita l’esperienza urbana del walker attraverso l’ascolto mediato in cuffia? Nelle analisi di Michael Bull – che traggono linfa dall’uso di metodologie empiriche e interviste per indagare le modalità di consumo e ricezione di musica in spazi urbani – le motivazioni dell’uso costante di dispositivi di ascolto portatili sono ricondotte a due istanze principali.

In primo luogo, il Walkman, il lettore MP3 e le altre tecnologie audio personali sono “simbolo di una cultura in cui utilizziamo sempre più le tecnologie di comunicazione per controllare e organizzare la nostra esperienza dell’ambiente urbano”357. L’ascolto di musica in cuffia costituisce una modalità di controllo dell’ambiente attraverso l’imposizione al reale di uno spazio-tempo privato, selezionato personalmente, conosciuto e corrispondente ai propri gusti e desideri neutralizzando la discontinuità acustica del soundscape condiviso. L’ascolto dell’iPod mentre si attraversa la città a piedi, si entra ed esce da negozi, uffici, caffè, mentre si transita sui mezzi di trasporto pubblici, costituisce quindi una strategia di appropriazione, controllo e organizzazione della propria esperienza urbana358. Nella sua analisi del consumo di tecnologie audio personali, Heike Weber rintraccia due istanze principali alla base dell’ascolto di musica e radio in spazi pubblici. Il controllo della propria esperienza urbana analizzato da Bull si concretizza in due urgenze parallele e, al contempo, opposte.

356 Patrice Flichy, Storia della comunicazione moderna. Sfera pubblica e dimensione privata (Une

histoire de la communication moderne: espace public et vie privé́e, La Découverte, Paris 1991),

Baskerville, Bologna 1994, p. 272. Michael Bull parla invece di “auditory bubbles”: Id., “iPod”, in Caroline A. Jones (a cura di), Sensorium. Embodied experience, technology, and contemporary

art, MIT, Cambridge-London 2006, p. 157. Si veda anche Id., Sounding Out the City! Personal Stereos and the menagement of Everyday Life, Berg, New York 2000.

357 Michael Bull, Sound moves: iPod culture and urban experience, cit., p. 4 (traduzione mia).

358 Di strategia urbana parla anche Shuhei Hosokawa in uno delle prime analisi dedicate al Walkman: “To think about [the Walkman effect] is to reflect on the urban itself: Walkman as urban strategy, as urban sonic/musical device”; Id, “The Walkman Effect”, in Popular Music, n. 4, 1984, pp. 165-180.

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Da una parte, la necessità di rendere familiari spazi e luoghi sconosciuti attraverso la sovrapposizione di una colonna sonora conosciuta e rassicurante. Il ritmo creato collettivamente della strada è così rimodellato attraverso una propria ritmica personale e privata che viene a sua volta ritrasferita alla strada in forma di movimento e modalità di navigazione del walker in un processo in cui “la musicalizzazione del passo e le ritmiche sonore si armonizzano”359.

Dall’altra, la volontà di trascendere la routine quotidiana e rendere “eccezionali” gli spazi attraversati giornalmente. L’ascolto in cuffia infonde e proietta nello spazio reale in cui ci si muove gli immaginari connessi alle musiche, ai testi o alle parole ascoltate appoggiandosi a quella che John Connell e Chris Gibson chiamano “la capacità della musica di trasportare gli ascoltatori lontano dalle loro vite comuni”360. Il suono percepito diviene una vera e propria colonna sonora personale che aggiunge una dimensione ulteriore allo spazio attraversato e, funzionando come filtro, lo trasforma “estetizzandolo”, cosicché “la strada è orchestrata ai suoni prevedibili della playlist preferita” o diviene lo scenario di storie immaginarie361.

Se camminare costituisce una tattica di riscrittura spaziale, l’ascolto del Walkman, infiltrandosi fra walker e ambiente, sembrerebbe quindi intensificare questo processo di appropriazione rafforzando le potenzialità di articolazione personale del sistema urbano. Per Iain Chambers, questa possibilità di ridefinire lo spazio-tempo reale e di creare micro-narrative offre delle possibilità di abitazione e occupazione personale della sfera pubblica:

359 Jean Paul Thibaud, “The Sonic Composition of the City”, in Michael Bull, Les Back (a cura di), Auditory Culture Reader, cit., p. 329 (traduzione mia). Per Thibaud i comportamenti incongrui introdotti dall’uso del Walkman (movimenti e gesti in relazione alla musica ecc.) rendono manifesti, non seguendoli, i codici sociali che regolano l’espressione corporea negli spazi pubblici (pp. 331-332). Heike Weber ricorda la sfida dei teenager degli anni Sessanta alle norme comportamentali condivise attraverso l’ascolto della radio sulle strade e come anche il Walkman sia stato accolto negativamente nel dibattito coevo. Secondo la Weber, è soltanto alla fine degli anni Novanta che l’ascolto in cuffia in spazi pubblici diviene una pratica socialmente accettata; Heike Weber, “Taking Your Favorite Sound Along: Portable Audio Technologies for Mobile Music Listening”, cit., pp. 75-80.

360 John Connell, Chris Gibson, Sound Tracks. Popular Music, Identity and Place, Routledge, New York-London 2003, p. 73.

361 Michael Bull, Sound moves: iPod culture and urban experience, cit., p. 43 (traduzione mia). L’esperienza cinematografica, non a caso, è una metafora frequentemente utilizzata dagli users di iPods intervistati da Bull per descrivere i termini della ricezione sonora in movimento.

Tesi di dottorato di Elena Biserna, discussa presso l’Università degli Studi di Udine [Walkman] is certainly an act that unconsciously entwines with many other micro-activities in conferring a different sense on the polis. In producing a different sense of space and time, it participates in rewriting the conditions of representation: where “representation” clearly indicates both the semiotic dimensions of the everyday and potential participation in a political community362.

Ma questa possibilità di controllo esercitato dall’utente sul contesto urbano – che Shuhei Hosokawa chiama “the Walkman effect” – ha anche delle associazioni distopiche: per Bull la dimensione del “non-luogo” di Augé – vale a dire lo spazio caratterizzato dalla mancanza di identità, relazione e storia363 – è, nella “iPod culture”, potenzialmente estendibile a tutti gli spazi urbani nella misura in cui l’ascolto di musica in cuffia rappresenta uno schermo, una cancellazione dell’ambiente esterno e del soundscape condiviso. Gli utenti utilizzano l’iPod per costruire un ambiente acustico continuo, intimo e rassicurante che li isoli dalla contingenza e dall’imprevedibilità dell’esperienza urbana e dalla saturazione mediale degli spazi quotidiani. Attraverso la sovrapposizione di una colonna sonora personale ai propri percorsi e spostamenti, gli utenti privatizzerebbero e neutralizzerebbero lo spazio pubblico e l’identità acustica dei territori attraversati attuando uno scollamento cognitivo dal mondo esterno e, paradossalmente, contribuendo all’impoverimento e alla perdita di significato di questi luoghi.

iPod culture represents an expression of personal creativity coupled with a denial of the physicality of the city. The city becomes individualized in iPod culture […]. iPod culture is best understood as a mono-rhythmic approach to urban experience, as against the traditional understanding of urban life as polyrhythmic – a world of certainty against a world of contingency364.

Questo processo di privatizzazione porterebbe anche a escludere il riconoscimento e l’interazione con l’altro, a precludere e regolare le relazioni

362 Iain Chambers, “The Aural Walk”, in Id., Migrancy, Culture, Identity, Routledge, London-New York 1994, p. 52.

363 Marc Augé, Non-luoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità (Non-lieux, Seuil, Paris 1992), Elèuthera, Milano 1993.

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interpersonali nello spazio urbano, a sottrarre l’utente da possibili scambi durante i suoi percorsi. Shuhei Hosokawa si esprime in questi termini: “l’ascoltatore sembra tagliare il contatto uditivo con il mondo esterno in cui vive ricercando la perfezione della sua zona di ascolto ‘individuale’”365. In questo modo l’iPod e le altre tecnologie audio personali isolerebbero e proteggerebbero il walker da quella differenza e da quell’alterità che costituisce il nocciolo duro dell’esperienza urbana e che, per numerosi autori, è una delle prerogative principali del percorso nello spazio pubblico366. Per Enrico Menduni,

La sua [dell’ascoltatore] estraneità dalla dimensione pubblica è manifesta, perché le cuffie sono evidenti e spesso il corpo si muove ritmicamente al suono di una musica che sentiamo appena: una distanza sociale è marcata, l’appartenenza a quella tribù di cui noi non comprendiamo il linguaggio è esibita e, talvolta, ostentata367.

L’uso di tecnologie audio personali sarebbe quindi un’estensione uditiva di quell’attitudine blasé che, già per Simmel, costituiva l’unica protezione dell’individuo dall’iperstimolazione della città moderna. Impedisce e protegge dall’incontro casuale con l’altro esplicitando, attraverso l’esibizione delle cuffie, la propria assenza e distacco. Rovescia l’apertura alla contingenza, casualità e improvvisazione dell’esperienza urbana per un rassicurante ripiegamento in se stessi. Il Walkman si colloca così in una “posizione ambigua fra autismo e autonomia”368, propone una oscillazione fra esclusione dalla sfera pubblica e possibilità di determinare il proprio ambiente individuale.

These technologies all permit a reorganisation of public and private realms of experience where what is traditionally conceived as “private” experience is brought out into public realms in the act of individualised listening […]. The use of these technologies demonstrates a clear auditory re-conceptualisation of the spaces of

365 Shuhei Hosokawa, “The Walkman Effect”, cit., p. 167 (traduzione mia).

366 Si veda il Capitolo I, sottoparagrafo 1.1.4 Camminare come partecipazione: spazio pubblico e

alterità urbana.

367 Enrico Menduni, “Introduzione”, in Id. (a cura di), La radio. Percorsi e territori di un medium

mobile e interattivo, Baskerville, Bologna 2001, pp. 5-22. 368 Iain Chambers, “The Aural Walk”, cit. (traduzione mia).

Tesi di dottorato di Elena Biserna, discussa presso l’Università degli Studi di Udine habitation embodied in users’ strategies of placing themselves “elsewhere” in urban environment369.

Trasferendo allo spazio pubblico una modalità di ascolto privato, l’ascoltatore si colloca in uno spazio “altro”, in un’isola di ascolto solipsistico che estende il “territorio del sé” a detrimento di quello condiviso ridefinendo la geografia stessa dello spazio urbano e il suo significato.

Il Walkman e il lettore MP3, in realtà, non escludono completamente l’individuo dallo spazio che attraversa ma producono, piuttosto, una costante negoziazione fra spazio fisico e spazio acustico, fra uno spazio-tempo condiviso e uno privato: un processo di abitazione multipla in cui esperienza mediale ed esperienza dello spazio urbano si fondono e ibridano in modalità inestricabili, trovando multipli punti di interferenza e instaurando una continua oscillazione.

Jean-Paul Thibaud riconduce a tre polarità le modalità con cui l’ascolto in cuffia interferisce nella relazione fra walker e spazio urbano nelle sue caratteristiche sonore, visive e nella sua materialità di ambiente costruito370. La prima è il “nodo interfonico” e cioè il punto di convergenza fra due spazi sonori di diversa natura (quello della musica ascoltata e quello della strada attraversata): le cuffie non rendono completamente impermeabili al mondo esterno, lasciano filtrare la dimensione sonora dell’ambiente e l’utente può regolare il volume per selezionare, in base al contesto e alla situazione, i suoni che ritiene rilevanti e significativi o, al contrario, per cancellare il soundscape condiviso. La seconda polarità è il “nodo topofonico” e cioè il punto di interferenza fra l’ascolto dei

369 Michael Bull, “The Intimate Sounds of Urban Experience: An Auditory Epistemology of Everyday Mobility”, The Global and the Local in Mobile Communication Places, Images, People,

Connections, atti del convegno, Budapest, 10-12 giugno 2004, http://www.fil.hu/mobil/2004/#pr

(ultimo accesso 4 luglio 2011).

370 Jean Paul Thibaud, “The Sonic Composition of the City”, cit., p. 335. Anche Connor rifiuta una interpretazione del Walkman e delle tecnologie personali come esclusiva separazione dal contesto per sottolineare, invece, le loro possibilità associative e di controllo: “The Walkman has the reputation of bringing about a solipsistic and antisocial withdrawal of its user from his or her environment. But it is better understood as a way of translating the experience of the city into auditory terms. […] the Walkman does not remove its user from his or her environment; rather, its portability deepens the experience of the body as it moves through an urban scene transformed by the cadences and colorations of the inner sound-track. The Walkman offers the pleasures of a mastery exercized over the otherwise potentially over-mastering saturation by auditory stimulus in the city, but it does so not by switching the attention of its user from an outer to an inner experience, but by making available a different (auditory) kind of attention to the non-auditory aspects of the city”; Steven Connor, “The Modern Auditory I”, cit., p. 211.

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media e l’ambiente costruito. L’ascolto della radio è fisicamente influenzato dalle architetture urbane e la posizione dell’ascoltatore nel tessuto cittadino diviene in questo caso fondamentale per la ricezione sonora. L’ultima polarità di interferenza è definita da Thibaud “nodo visiofonico” e si riferisce al punto di convergenza fra udibile e visibile, determinato dalle associazioni culturali fra paesaggio visivo e sonoro che sono in gran parte soggettive e implicano quella proiezione nello spazio attraversato degli immaginari connessi ai testi ascoltati che produce un processo di estetizzazione dell’urbano.

È evidente come queste tre possibilità di interazione siano in parte processi volontari e intenzionali, in parte processi culturali e soggettivi, e in parte determinate dalle tecnologie stesse nella loro interazione con l’ambiente costruito. L’ascolto mobile, però, può anche essere legato in modo programmatico, sostanziale e strutturale con lo spazio attraversato: l’audioguida è l’esempio più evidente e comune di questa possibilità.