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Le dimensioni essenziali della formazione delle famiglie affidatarie L’équipe affido lavora con le famiglie su più dimensioni culturali riassumibil

1. Équipe specialistica multidisciplinare a sostegno delle famiglie affidatarie

1.2. Le dimensioni essenziali della formazione delle famiglie affidatarie L’équipe affido lavora con le famiglie su più dimensioni culturali riassumibil

in: educativo-pedagogico; psicologico-terapeutica; giuridico-istituzionale. Il primo ed essenziale livello è senz’altro quello educativo-pedagogico in quanto trattandosi di famiglie e di accoglienza di minori è essenziale un accompagnamento educativo sia delle famiglie che dei minori.

Ciascuna famiglia costitutivamente porta con sé una propria e singolare modalità educativa, frutto dell’incontro tra marito e moglie e delle vicende intergenerazionali legate ai due nuclei d’origine. Tale assetto, innanzitutto, definisce la modalità educativa dei figli naturali e chiaramente tende a delineare il tipo di disponibilità all’accoglienza e la modalità di allevamento anche dei figli in affido.

Già su questo fronte l’équipe, consapevole delle naturali e legittime differenze, aiuta le famiglie a prendere coscienza innanzitutto delle esigenze che un

86 bambino in affido porta con sé e della necessità di aprire il proprio essere famiglia all’accoglienza di un estraneo, che per poco o tanto tempo farà parte a tutti gli effetti della famiglia.

In un secondo momento, ossia quando avviene la conoscenza del bambino, è sempre presente anche un operatore dell’équipe affido, il quale segue il minore nell’inserimento in casa e sostiene gli affidatari a comprendere le singole e specifiche esigenze dello stesso.

La dimensione pedagogica permea in maniera significativa ogni aspetto dell’accoglienza, dalla scelta delle attività quotidiane, sportive e di utilizzo del tempo libero per il minore, al continuo confronto degli affidatari sull’educazione e la quotidianità in famiglia, nella consapevolezza che occorre ricostruire una modalità funzionale e stabile per ciascun bambino di vivere e concepirsi.

A tale dimensione è collegata la dimensione psicologico-terapeutica anch’essa sia per gli affidatari che per i minori.

Proprio per il lavoro educativo, che viene svolto in sinergia con le famiglie, negli anni è stato evidente come fosse necessario occuparsi anche dell’aspetto psicologico dei bambini e delle famiglie proprio per le dinamiche relazionali che si innescano nell’accoglienza.

Come evidenziato anche nella bibliografia presente nella literature review ogni minore porta con sé la rappresentazione profonda dei legami con la famiglia di origine, che nella maggior parte dei casi non sono stati funzionali (da qui l’allontanamento e la richiesta di affido). Quando il bambino entra in un’altra famiglia tende a rimettere in atto tali comportamenti, talvolta esasperandoli e quasi sempre mettendo duramente alla prova le famiglie affidatarie.

A fronte di questo naturale processo occorre formare le famiglie affinché riconoscano tali dinamiche nella consapevolezza che sono parte integrante e naturale del processo di accoglienza. L’aiuto che viene offerto si struttura in due modalità: con la formazione mensile delle famiglie su tematiche

87 trasversali, e attraverso colloqui che aiutino, nella situazione specifica, ad affrontare le problematiche che emergono. Gli psicoterapeuti che collaborano con l’équipe svolgono tali funzioni e sostengono le famiglie nella apertura e comprensione delle dinamiche psico-relazionali.

Inoltre ogni bambino che viene allontanato dalla propria famiglia e collocato in un'altra porta con sé quello che il letteratura è chiamato “conflitto di lealtà” e necessita, nella maggior parte dei casi e fin da subito, di un percorso di sostegno psicologico dove poter trattare il dolore dal distacco dal nucleo di origine ed elaborare le motivazioni e il le deprivazioni che lo hanno condotto fin lì, oltre che accettare la nuova situazione.

L’aspetto psicologico-terapeutico è uno strumento potente e utilissimo solo nella misura in cui la famiglia, il bambino e la comunità siano “educanti” ovvero impegnati a creare una modalità di vita quotidiana stabile ed educativa per tali bambini altrimenti anche il lavoro psicologico non si radica e non produce i frutti sperati. L’esperienza dell’associazione Cometa è che l’educazione degli adulti in primis e dei ragazzi di conseguenza sia la conditio

sine qua non della riuscita di un percorso di affido.

La terza dimensione è la cornice dentro la quale ci si muove, ovvero il frame di riferimento che occorre conoscere e far conoscere per muoversi adeguatamente e agire correttamente in materia di affido e accoglienza.

L’équipe lavora con le famiglie fin dai primi incontri per formare e informare relativamente alla cornice istituzionale che definisce le motivazioni degli allontanamenti, gli obiettivi istituzionali, le richieste delle istituzioni per le famiglie accoglienti e le prassi di svolgimento di un percorso di affido.

E’ bene che le famiglie siano informate su cosa ci si aspetti da loro, su come vengano prese le decisioni riguardo ai minori nonché sulla tutela giuridica apprestata ai diversi soggetti coinvolti nella pratica di affido.

Nello specifico l’équipe affido incontra le famiglie sia per approfondire e puntualizzare il frame giuridico peculiare a ciascuna situazione sia per

88 prepararle a colloquiare con gli assistenti sociali referenti del caso o i giudici del Tribunale per i minorenni.

La formazione giuridica permette che le famiglie abbiano sempre chiaro il contesto in cui si muovono e ciò è estremamente funzionale per orientare il pensiero e l’azione educativa.

Un’altra importante funzione che svolge l’équipe è la comunicazione con i bambini e ragazzi in affido. Fin dall’inserimento i minori conoscono i membri dell’équipe affido, che si affiancano ai servizi sociali e alla famiglia affidataria, fungendo da collante tra i diversi attori dell’affido rendendosi interlocutori prossimi del minore (in affido), il quale spesso utilizza tali figure per comunicare aspetti e richieste che non può/vuole dire agli affidatari né desidera comunicare direttamente al servizio sociale.

Essendo l’operatore dell’équipe una figura più vicina e quotidiana per il bambino è più semplice esplicitare proprie richieste e desideri, ancora informi e abbozzati, piuttosto che esporsi a figure accuditive troppo vicine o a figure istituzionali troppo significative. In tal modo avviene una mediazione importante per il minore il quale può richiedere nuovamente informazioni sui motivi dell’allontanamento nonché manifestare la volontà di avere notizie sui genitori, sui fratelli o su altre figure importanti. L’operatore in tal caso aiuta il minore a ricollocare la sua richiesta nel contesto adeguato sostenendolo nel proprio desiderio espresso.

Tale prossimità alle famiglie e ai minori è inoltre facilitata dalle “visite domiciliari”, che vengono svolte periodicamente durante l’anno e hanno lo scopo di raccogliere nella quotidianità elementi della vita famigliare e la situazione specifica di ogni bambino e famiglia.

L’équipe affido inoltre garantisce la prossimità anche con la famiglia di origine del minore; per esempio in accordo con i servizi sociali i genitori biologici possono chiamare in Associazione per avere notizie del bambino, incontrare gli affidatari e gli operatori, oppure incontrare lo stesso minore nell’ambito di visite protette laddove sia richiesto dal servizio sociale.

89 Tutte le diverse azioni che coinvolgono la famiglia di origine sono estremamente importanti per il minore in affido poiché, in tal modo, è aiutato nella composizione e definizione degli affetti e delle figure significative. Esplorate le tre dimensioni costitutive, un aspetto metodologico importante e fondante l’équipe è il continuo confronto vicendevole su ciascuna situazione nella consapevolezza che occorre continuamente paragonarsi per cogliere i cambiamenti, le diverse esigenze degli attori in gioco e le modifiche giuridico- istituzionali e relazionali che continuamente sono in gioco.

Lo scopo, il quale regge e indirizza il lavoro dell’équipe, è la centralità del bambino, un aspetto, quest’ultimo, condiviso sin dalla fase iniziale con le famiglie e per cui l’équipe si adopera e dialoga costantemente con tutti gli attori coinvolti.

2. La tipologia di collocamento (comunità famigliare e famiglia in rete)